[Pagina precedente]...o specchio; deve essersi nel frattempo cambiato vestito. A pena entra Rosa senza prima salutare Adolfo la sgrida.) Non sentivi il campanello? (A Adolfo.) Io l'ho sentito due volte e credeva che dopo la prima, con la solita calma della signorina, si fosse mossa ad aprirle. Scusi, sa.
ADOLFO Scusi me, anzi, che sono un poco impaziente! (Rosa sorte.)
ADOLFO (le stringe la mano e si china per baciarla, ella gliela ritira). Volevo soltanto guardarla, ella poteva lasciarmela; era uno studio che da sé potrebbe completare un'educazione artistica.
ELENA Grazie! Avevo paura anzi di rovinarle il gusto.
ADOLFO (ridendo). Certamente perché a noi veristi piacciono piú le mani ossute dei quasi scheletri. (Le offre da sedere e le si siede accanto.)
ELENA Lei mi fece un piacere che non può credere, venendo; sono sola affatto. Per curiosità soltanto le chiedo qual buon vento la conduca a quest'ora.
ADOLFO (rimane un istante sorpreso.) Passavo di qua. Ho veduto lume (accentuando) sulla sua finestra e sono venuto. Ho fatto bene a quanto lei mi disse.
ELENA (con complimento). Benissimo!
ADOLFO (dopo una piccola pausa). Eccoci di nuovo signora nel tono di conversazione, quel noiosissimo che veramente stona, qui, in questa camera, in un duetto.
ELENA Duetto?
ADOLFO Mi comprenda, ossia, voglio spiegarmi meglio. Sa perché esiste l'etichetta? Esiste in riguardo ai terzi. Perché, vede, una parola piú franca, un accento sincero non offende mai la persona alla quale è diretto. È il terzo, l'invidioso, che se ne offende. Qui di terzi non ne vedo.
ELENA (ridendo). Lei parla bene ma ho paura che dimentichi il significato che solitamente si dà a duetto.
ADOLFO Via, signora Elena, non mi ricacci nuovamente da un terreno che ho conquistato tanto difficilmente. Io credeva di essere entrato nella sua intimità e perciò la parola duetto mi sembrava adatta.
ELENA Insomma lei è tanto abile che talvolta riesce a divenire poco accorto. Entra, si scusa di aver suonato il campanello, loda le mie mani, non parla francamente del lume che ho posto là sulla finestra per chiamarla; ha seguito l'invito.
ADOLFO Grazie della buona lezione. (Le bacia la mano piú volte.)
ELENA Basta! (Dopo una piccola pausa.) Io parto la prossima settimana.
ADOLFO Ah! Per pochi giorni?
ELENA Per sempre!
ADOLFO Lei scherza?
ELENA Non scherzerei di cosa tanto seria. Mio marito va a stabilirsi a Venezia ed io debbo seguirlo.
ADOLFO Ma questa è una disgrazia per me!
ELENA Seriamente?
ADOLFO Oh! Signora! ne può dubitare? (Le bacia nuovamente la mano ch'essa dolcemente ritira.) Tanto grande disgrazia! Io non posso seguirla!
ELENA Senta! abbiamo stabilito di parlarci francamente. Per me è forse una fortuna che parto.
ADOLFO (ridendo e tentando di attirarla a sé). Causa mia signora? Oh! dica di sí! la scongiuro.
ELENA (ritirandosi). La prego di non toccarmi. Lei pensa che io abbia confessato di partire volentieri per una semiconfessione da civetta. Oh! via! lei mi fa torto! Abbiamo detto di parlare francamente; io parlo francamente e sinceramente. Lei è un giovinetto, piú giovine di me e so che cosa pensi avvicinandomisi; mi creda, io ho pensieri piú seri lasciandola avvicinare. Lei, giovinetto, non provò mai un'ora di quello sconforto, di quella sfiducia che fa dire a se stessi: Io sono inutile, a me e agli altri. Forse non comprenderà perciò quello che io senta.
ADOLFO Oh! me lo dica! di certo la comprenderò.
ELENA Dovrebbe avere già compreso! A che cosa servo io in questa vita? A chi? Ragazzina, io pensavo che la vita avesse ad essere ben diversa per me. Mi vedevo attiva, tendente a qualche scopo, o aiutando qualcuno a raggiungere qualche scopo. Già allora sentiva che quando mi vedeva troppo utile, necessaria, era una sciocca illusione da cervello giovine. Ma cosí, cosí, inutile, vivente solo per vivere, no, non poteva mai credere di divenire.
ADOLFO (sorridendo). In verità, non so risolvermi a vederla inutile.
ELENA E a chi sono utile? A me? Io mi annoio, mi annoio tanto, sempre. Figli, la natura mi volle negare. Mio marito, per me, a dirittura non esiste che in quanto mi annoia. (Si sente un piccolo rumore nel gabinetto.)
ADOLFO Sia utile a me se ha bisogno di essere utile a qualcuno. Ma non sa che tutto il mondo desidererebbe di avere vantaggi da lei? (Le bacia la mano.) Senta, io il suo sentimento non lo provai giammai ma me ne posso figurare l'intensità da un sentimento simile che io provai di spesso e provo. Io sento il bisogno di venir appoggiato, di venir aiutato, di venir amato infine. Io lavoro, penso, e non ho nessuno che a questi miei lavori, pensieri, prenda parte. Sarà sentimento da fanciullo ma io con orrore mi avvio alla carriera che mi sono scelta perché penso che il giorno in cui sdrucciolassi, diventassi ridicolo, non vi sarebbe nessuno per il quale rimanessi non ridicolo, stimabile.
ELENA È meglio che io parta perché quest'uno di cui lei parla sarei potuta essere io.
ADOLFO E perciò è meglio che lei parta?
ELENA Sí (dopo una piccola pausa). Io so con quali intenzioni lei si avvicinò a me; non mi faccio illusioni.
ADOLFO (caldo). Io queste intenzioni non gliele ho nascoste. So che per lei esse sono un'offesa. Naturalmente! Lei prova per me amicizia, ma nemmeno l'ombra del sentimento che io provo per lei.
ELENA (con calore). Naturalmente, io non ho la parola facile quanto lei.
ADOLFO (allacciandola). Ma il sentimento? Ma il cuore? (Elena guarda a terra, egli si alza e guarda le porte per vedere se sono chiuse, poi le si avvicina, le mette un braccio intorno alla vita.)
ELENA Adolfo!
ADOLFO Hai letto la mia commedia?
ELENA Ne ho letto i due primi atti! Lasciami te ne prego! (Si svincola.)
ADOLFO (raddrizzandosi). E come ti sono piaciuti?
ELENA Affatto!
ADOLFO Come affatto? Perché?
ELENA Davvero che da quella commedia si direbbe che l'autore è un pazzo. Come si può pensare che il pubblico rimanga tante ore a vedere quei personaggi che vanno su e giú per la scena al solo scopo di dirsi sciocchezze? (Con convinzione.) Devi cambiare metodo, sai! Io ti parlo franca. Manca d'intreccio eppoi è sucida. Con il tempo non dubito che riuscirai a fare qualche cosa, ma intanto (allegramente) quella non vale nulla.
ADOLFO (sforzandosi a ridere). Sai che per giudicare una commedia bisogna intendersene.
ELENA (lo guarda un momento sorpresa e offesa). Io non me ne intenderò! Lei sa che noi donne non possiamo intendercene come loro!
ADOLFO (come pentendosi). Ma io non voleva offenderla! Come è che tutto ad un tratto ha cambiato parere? L'aveva pur convinta ieri! Lei diceva che non si sarebbe lasciata influenzare dal giudizio dato dalla Società Drammatica!
ELENA E non mi sono lasciata influenzare.
ADOLFO Capirà che di questo suo giudizio debbo sorprendermi. Ieri le ho parlato per mezz'ora per farle comprendere il mio sistema. Pare che sia stata fatica sprecata.
ELENA (adirandosi). Oh! basta! Non mi piace, non leggerò avanti. Lei mi parlò di ambiente, di verità, ma non mi parlò di tanta, oh, di tanta noia e sconcezza.
ADOLFO (guardandosi attorno). Non occorre che gridi! ho compreso! Il suo giudizio ora lo conosco! Procurerò di ottenerne anche qualche altro da altra parte.
ELENA Potrà essere diverso, non ne dubito; io, però dedicherò tutta la mia disistima a chi glielo darà.
ADOLFO Ho avuto il torto di chiedere questo giudizio ad una donna. Già le donne d'oggidí sono perdute per la natura.
ELENA (lo guarda adirata, corre nel gabinetto, ove è rinchiuso Penini, dà un grido di sorpresa vedendolo, si ricompone con fatica; porta un copione). Ecco il suo copione. Adesso è tardi; mi scusi se debbo congedarla.
ADOLFO (prende il copione, lo guarda e se lo caccia in tasca). Signora!
ELENA Signore! (Adolfo via. Elena apre il gabinetto.) Tu qui?
PENINI Ero geloso e mi pare non senza fondamento! Eravate giunti abbastanza innanzi.
ELENA Io non mi scuso! Hai inteso ciò che ho detto di te? Quella è la mia scusa! Fa' ora ciò che vuoi!
PENINI Io so ciò che farò! Prima di tutto ti condurrò a Venezia... e poi... e poi... ti chiederò consigli.
CALA LA TELA
Prima del Ballo
CLARA (verso l'ingresso). Sí, cara mamma, sarò modesta, non farò chiasso, dirò che tutto e tutti mi piacciono, e non ballerò molto. (Verso il pubblico.) Già in collegio mi dicevano ch'era una buona figliuola e come tale quando mammà consiglia è mio dovere di stare a udire e promettere obbedienza. Cosí ella dorme quieta qui ed io ballo con la coscienza tranquilla là. È il mio secondo ballo appena, ma siamo già tanto lontane per esperienza una dall'altra che non è piú possibile d'intenderci. Povera mamma! Ha frequentati tanti balli e... non ne ha mai capito niente. A meno che i balli ed i cavalieri del tempo di mamma non fossero stati differenti!
(In ascolto.) La carrozza! No! è passata! La signora zia ha l'abitudine di andarci tardi al ballo, per chic, e per quest'idea d'altri tempi o degli sciocchi del nostro, si perdono i veri ballerini, che son pochi a dire il vero.
A forza di modestia e di riguardi come mi sono annoiata all'altro ballo! Delle grandi illusioni non vi portai e rideva già prima dell'ingenuità di mamma che andava descrivendomi a modo suo il divertimento che mi aspettava. Ma la realtà istessa mi sorprese. Costoro né sanno fare la corte, né vogliono, costoro vengono al ballo per accompagnare la sorella o la cognata o magari la moglie o vi vengono trascinati dall'amico che vi ha la sorella o la cognata o la moglie, ma non ci sono mai trascinati da un proprio desiderio. Ponete loro di fronte una ragazzina modesta e tranquilla ed essi non domanderanno di meglio. La lasceranno in un cantuccio e andranno pei fatti loro.
E non sono soltanto le mie esperienze che mi fanno pensare cosí quantunque basterebbero anche solo quelle. Osservai come vengono trattate quelle di cui si dice che sono le piú corteggiate. Hanno molti uomini d'intorno, ma tutti sembrano disposti piuttosto a farsi far la corte che a corteggiare. La Finelli, per esempio, una delle piú nominate. Asserí ad una vecchia che mi stava accanto, che non aveva preferenze, e che tutti le erano indifferenti, e visto che c'era dell'ira nella sua voce io le credetti. Devono essere certe corti quelle che le vengono fatte! Scommetto che valeva meglio un'occhiatina del mio professore di letteratura al collegio! È vero che la Finelli, a quanto ne dicono, è molto stupida, ma non ve ne sono altre di corteggiate. Ah! sí! ha fama di esserlo quella bionda color gran turco di cui non rammento il nome, e quell'altra di cui ammirano la figura, un vero manico di scopa. Perché gli uomini moderni quando poi dimostrano delle preferenze dimostrano nello stesso tempo un certo gusto...! Il signor Mastroni me le lodava tutt'e tre ed io interruppi le sue parole entusiastiche dicendo: «Sí, vestite bene, molto bene!». Poi dissi che della Finelli mi piaceva il naso, un certo naso curioso che fa la guardia alla bocca; del manico di scopa le orecchie... a vela, e dell'altra il fronte perché almeno quello non si vede, coperto com'è da una chioma scapigliata che vuol cacciarsi negli occhi della gente ma inutilmente. (Toccandosi la testa.) Non occorrono mica tanti capelli quando hanno il voluto colore!
Per un primo ballo e con le raccomandazioni di mammà in corpo non c'è male.
In quanto a me, ho il conforto di non venir corteggiata, né bene, né male. Ecco il carnet dell'altra volta; povero cadaverino! Due contraddanze vuote e le altre male riempite. Voglio serbarlo per godere di piú della rivincita che saprò prendermi!. (Tenta di leggere nel carnet.) Nome illeggibile, il mio primo ballerino, ma individuo indimenticabile. Per non dover perdere il mio tempo al ballo con lui, modestamente, ma con tutta risolutezza, gli ho levato intanto ieri il saluto! Imbecille! Mi portò al posto senza aprir bocca, ma sorridendo come se promettesse delle cose molto spiritose. Durante la prima figura mi disse: «Come si diverte?». Poi tacque per mezz'ora. Poi mi disse: «Questa è la prima quadriglia!». E nuovamente tacque meditabondo. E, infine, poco prima di lasciarmi, sempre sorridendo ...
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