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BICE (con malizia). Ella ha troppo spirito per poter capire. Tanto spirito che schiaccia tutto, anche la passione.
PAOLO (riflette lungamente). Questa dovrebbe essere una spiegazione. Ma non basta! Se Ella avesse sentito qualche cosa per me, avrebbe ben presto capito che in me anzi la passione si converte in spirito proprio come lo zucchero in alcool. Il mio spirito è passione. (Riflette lungamente.) Eppure prima di troncare un colloquio tanto importante per me, dico per me, potrei darle la prova che io, oltre allo spirito ch'Ella con tanta bontà m'attribuisce, so, talvolta, dico talvolta, anche pensare e osservare. Ecco: Ella non mi ama e per capire un tanto non mi occorse di grande sforzo. Ma Ella non mi ama non mica perché io abbia troppo spirito, come Ella dice, o troppo poco come fa intendere. Ella ne ama un altro, povera signora Bice. SÃ! disgraziata signora, Ella è innamorata del grande, formidabile, geniale Federico Arcetri.
BICE (ridendo troppo). Ah! Ah! Come bon mot passa; prova sempre di quello spirito...
PAOLO Senta, signora Bice! Se ci fosse qui un fonografo e mi ripetesse tutte le parole che ho dette finora, arrossirei di vergogna. Diamine! Mi trovo in una posizione difficile e faccio vani sforzi per congedarmi con qualche grazia. Ma quando il fonografo con la sua voce reumatizzata ripetesse: Ella ama suo marito, il suo formidabile e geniale marito, respirerei e penserei: Ho un cervello che lavora con discreta esattezza. Ella non lo vuol riconoscere ed è da cattiva, sÃ, cattiva. Mi riuscirebbe di tale sollievo se Ella me lo confessasse! Me ne andrei leggero, leggero, senza il peso di alcun rancore! Me lo confessi! Ella ama Suo marito! In fondo non c'è niente di male. A me pare un po' ridicolo; mi pare di veder Amelia, ma insomma non posso dir nulla perché sta in legge! Se me lo confessa mi sarà facile di perdonarle d'aver usato di me come di un mezzo per prendere il povero Federico con la gelosia; anzi sarò sempre disposto di ricominciare.
BICE (sorridendo). Vada! Vada signor Paolo! Amelia l'attende.
PAOLO Dunque è vero? Ella mi tradisce con lui?
SCENA TERZA
FEDERICO e DETTI
FEDERICO (entra, il soprabito abbottonato, il cappello in testa; si ferma esitante alla porta). Buona sera!
BICE Buona sera! Cosà di buon'ora!
FEDERICO SÃ. Veramente assai di buon'ora. (Non guarda Bice in faccia, ella s'avvicina a lui per aiutare a togliergli il soprabito. Egli è titubante.) Non occorre. Sono venuto per... per prendere un atto che avevo dimenticato nella mia stanza. (Detto questo, si risolve e s'avvia verso la propria stanza a destra.)
PAOLO (sorpreso del contegno di Federico). Buona sera, Federico...
FEDERICO Buona sera! (Poi si volge per un attimo.) Ah! vuoi andar via! A rivederci! (Esce.)
PAOLO Mi pare alquanto strano! Che abbia udita la mia ultima frase? (Pensieroso.) Quale era veramente? Ah! sÃ: «Ella mi tradisce con lui!». È una frase che non può compromettere nessuno perché il suo carattere scherzoso salta agli occhi. Ma tuttavia non vorrei lasciarla qui sola nell'ora del pericolo. Mi permetta di rimanere qui. Se ce ne fosse di bisogno potrei, pur troppo, dare tutte le prove della Sua innocenza.
BICE Vada! Vada! Non ho bisogno di testimonianze.
PAOLO (appassionato). Potrei dare la prova che le nostre relazioni somigliano quelle di fratello e sorella. Il fratello portava il buon umore, la sorella il riso dolce, perlato, sonoro, - oh! come ne farò senza! - La sorella era l'ingenuità fatta persona ed il fratello anche, salvo che sognava l'incesto.
BICE Dato il pericolo ch'Ella corre, non c'è male! Ma La prego, vada a tranquillare Amelia. Per quanto si trattenesse io compresi ch'essa era eccitatissima.
PAOLO Vado subito! Mi dia la mano anche una volta. Oh! Bice! Potessi esprimere la passione come la sento! Dovrebbe pur essere una prova del mio amore il fatto che accanto a quell'uomo ch'Ella dice sanguinario cioè amante di sangue anche maschile, sono capace di ricordare tutta la mia passione.
BICE Ma anche tutto il Suo spirito.
PAOLO Ne ho fatto? Non lo ricordo. Ogni parola che indirizzo a Lei, a me pare suggerita dalla sola passione. Ella trova la mia passione risibile perché non la divide. Perciò Le sembra tutta un brutto bon mot. Io vado ma ripensi a me talvolta. Se Lei sapesse come il cuore femminile talvolta è strano... Non è affatto escluso ch'Ella senta di nuovo bisogno di me e del mio brutto spirito. Mi chiami senz'esitazioni. Io accorrerò ad onta di tutte le Amelie di questo mondo. (Prendendo un tono di società .) La prego, signora, di riverire da parte mia Federico e di scusarmi con lui se non ho potuto attenderlo.
BICE (lietamente). Cosà va bene! La prego di salutarmi tanto Amelia e... di tranquillarla. (Paolo esce dalla porta di fondo, Bice a destra. Federico entra dopo brevissimi istanti dalla porta di sinistra e si ferma sulla soglia con un rotolo di carte sotto il braccio, sempre ancora in soprabito e il cappello in testa.)
SCENA QUARTA
FEDERICO e poi BICE
FEDERICO (perplesso). Indagare, adesso?
BICE (rientra). Ancora sempre in soprabito? (Federico fa un lieve movimento di spavento.)
FEDERICO Infatti! Fa caldo! Se avessi da uscire di nuovo, lo riprenderei. (Lo leva. Beatrice lo aiuta. Poi rimangono un istante a guardarsi, lui lo sguardo incerto, essa indagatore.) Chi era qui or ora?
BICE (stupita). Non lo hai visto? Mi parve vi siate salutati. Paolo Mansi.
FEDERICO Ho tanti affari per la testa. Non lo vidi. Lo salutai macchinalmente.
BICE (fissandolo). Hai voluto ricevere quella donna...
FEDERICO (con evidente aspetto di mentitore). Quale donna! Ah! quella! Non è venuta! Sono molto occupato. Ho avuto molte visite e... e... non ho potuto evadere gli atti per cui non vi ho accompagnato a Villa Luisa. Anzi adesso mi metterò qui, e non mi muovo di qua per molto tempo. Scusa se non ti faccio compagnia. (Siede al tavolo, apre gli atti, poggia la testa fra le mani e finge di leggere. Bice lo guarda lungamente non comprendendo, poi esce.)
SCENA QUINTA
FEDERICO poi la CAMERIERA
FEDERICO (stringendo la testa con le mani). Calma! Calma! Calma!
CAMERIERA Signore! (Movimento di spavento di Federico.)
FEDERICO Che volete?
CAMERIERA Il signor Reali è passato dal portinaio ad avvisare che non rientrerà per la cena.
FEDERICO Sta bene! (La cameriera sta per andarsene.) Giovanna!
CAMERIERA Comandi!
FEDERICO (si guarda d'intorno ed esita, poi). Ditemi... il signor Reali stesso è passato dal portinaio?
CAMERIERA Cosà mi fu detto dal portinaio stesso. (S'inchina e avvia.)
FEDERICO (risoluto). Giovanna! Da quanti anni siete in questa casa?
CAMERIERA (un po' stupita). Quattro anni, signore!
FEDERICO Quattro anni! Un periodo di tempo già molto considerevole.
SCENA SESTA
FEDERICO, la CAMERIERA, poi AUGUSTO
AUGUSTO (a bassa voce alla cameriera in cui s'imbatte). Senta! C'è il signor Reali in casa?
GIOVANNA No! Ma il signore è là . (Via.)
FEDERICO (s'è levato in piedi). Chi cerca Lei, qui?
AUGUSTO (confuso). Io cercava...
FEDERICO Io so già chi Lei cercava. Reali! Che cosa voleva da lui?
AUGUSTO (sempre piú confuso). Volevo...
FEDERICO (minaccioso, ma sempre a bassa voce). Anche lei dunque mi tradisce?
AUGUSTO Io, signor padrone?
FEDERICO Non me lo rivela forse la Sua confusione? Ella ha cominciato dall'origliare alle porte e poi è corso qui a prevenire mia moglie o mio cognato. Tutti tradiscono dunque. I benefici continuati non salvano dal tradimento; i suoi capelli canuti non Le impediscono di cooperare alla mia infamia!
AUGUSTO Signor Federico!
FEDERICO Non si vergogna d'insozzare in tale modo i suoi ultimi giorni?
AUGUSTO Mi perdoni!
FEDERICO Domanda perdono! Ella ha già parlato e domanda perdono!
AUGUSTO Io non ho parlato con nessuno, signor Federico! Glielo giuro! Io non ho origliato alle porte. Ella m'incaricò d'accompagnare a casa sua la signora Arianna e in carrozza essa stessa, con poche parole che le sfuggirono nella semi inconsapevolezza in cui si trovava mi rivelò tutto. Ho avuto torto però di aver voluto parlare con altri che con Lei. Mi permette di parlare con Lei signor avvocato?
FEDERICO (con grandissima improvvisa gioia). Ebbene! Sia pure! Con te parlerò, mio vecchio amico! La possibilità di parlare con qualcuno mi ridona la forza. E perché non dovrei fidarmi di te? Ho bisogno di parlare io, per avere un giusto, sicuro concetto dei miei diritti e dei torti altrui. (Con effusione.) Io m'appoggio a te. Sei cosà sereno tu sotto ai tuoi capelli bianchi che quando t'avrò detto il risultato delle indagini che farò, leggerò nella tua faccia la sentenza e potrò eseguirla senza dubbi, senza esitazioni. Sia! Le esitazioni, i dubbi che sento muoversi in me m'obbligano a ciò. Sii tu il suo difensore! Io non domando, non domando che di essere giusto. (Confidandosi.) Hai udito, ah!... (Ridendo sinistramente.) La seconda volta in mia vita! Quale destino ridicolo! Ma dimmi un po', Augusto: Che cosa ci ho io nella mia figura di turpe o di ridicolo, perché le migliori donne sieno irresistibilmente portate a tradirmi?
AUGUSTO Ma noi della signora Bice non sappiamo nulla. La deposizione di una sua nemica non prova nulla.
FEDERICO E le lettere che mi furono consegnate?
AUGUSTO Se ho avuto tale desiderio di parlarle è per metterla in guardia proprio a proposito di quelle lettere. Le parole della signora Arianna erano tanto strane! Non si sapeva piú se fosse lieta o disperata di aver consegnate quelle lettere. Si frugava il petto cercando. Vedendo ch'essa non riusciva a trovare quello che cercava, le domandai che cosa cercasse. Ella mi rispose: Le lettere. Poi, chiaramente ma molto chiaramente, aggiunse: Non voglio dargliele; sarebbe un'infamia. Perciò è evidente che quelle lettere sono falsificate.
FEDERICO Oh! non crederlo! Io so le ragioni per cui Arianna parlava cosÃ! Ogni qualvolta essa poté farmi del male, ne ebbe subito rimorso.
AUGUSTO Quale caso strano che quelle lettere, se autentiche, abbiano da cadere in mano della signora Arianna. È da non credersi che sieno vere.
FEDERICO Eppure sono vere! Ne riconobbi il carattere e il modo d'esprimersi di Bice e persino la carta e l'inchiostro di cui si serve.
AUGUSTO (ostinato). Possono essere state falsificate molto bene. Madonna Santissima! Le cose non sono mai sicure. Vede! Un giorno mi furono date delle lettere che mi dissero essere di mia moglie. Parevano proprio scritte da lei. Avevano il carattere suo e contenevano persino gli errori di grammatica in cui essa incorre di solito. Indagai per bene le cose e si trovò poi che non erano sue.
FEDERICO (intensamente attento). E come giungesti a un tanto?
AUGUSTO Essa stessa m'assicurò che non erano sue, ma con accento di tale sincerità che non ho potuto dubitarne un istante.
FEDERICO (lo guarda lungamente). E queste furono le tue indagini?
AUGUSTO SÃ!
FEDERICO (convinto che Augusto parla seriamente). Sta bene! Ognuno indaga a modo suo!
AUGUSTO Ma io credo che il modo mio sia il giusto. Se Lei prende queste lettere, va dalla signora Bice e le domanda se sieno sue o no, quello che a Lei, signor avvocato, non sarà rivelato dalla bocca della signora, Le sarà rivelato dai suoi occhi. (Tutto con qualche vivacità .)
FEDERICO (con l'intenzione di rabbonirlo). Capisco! Capisco! Ma io non posso seguire il tuo esempio. Le lettere stesse - le ho studiate - non provano ancora abbastanza. Non contengono una parola che equivalga ad una confessione. Io debbo sorvegliare, spiare, sorprendere! Ma è tale una tortura quest'ufficio da morirne. Perciò silenzio! Assoluto silenzio! Una parola imprudente potrebbe prolungare la mia agonia! Poi la risoluzione s'imporrà da sé! (Cammina agitato, poi si ferma esaminandosi.) Eccomi ritrovato intero. Ho la forza, la risoluzione e l'ira. (Ad Augusto.) Però le lettere non provano nulla e nulla posso fare.
AUGUSTO Ma io sono beato che le cose stieno cosÃ.
FEDERICO Ed io no! Le lettere provano già una colpa se sono sue. Sconciamente spiritose, rivelano un'intimità non permessa con la persona cui sono indirizzate. In tutti i casi la mia felicità domestica è...
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