[Pagina precedente]... ruinata. (Torvo.) Arianna riconoscerà d'aver avuto torto credendo di trovarmi piú vile con altra di quanto lo sia stato con sua figlia.
AUGUSTO Oh! ci pensi prima! Lungamente ci pensi!
FEDERICO E dimmi un po'! Se a tua moglie non fosse riuscito di convincerti della sua innocenza, che cosa avresti fatto, tu? Che cosa avresti fatto se tu l'avessi sorpresa in colpa?
AUGUSTO (imbarazzato). Io? Sa, io non sono mica un uomo di società ! Io sono un uomo semplice che non può dare norma.
FEDERICO (lo guarda lungamente). Un uomo semplice che somiglia molto ad un uomo complicato. Mi pare di sentire Reali. Io non ti domando di servirmi di norma. Che c'è di comune fra me e te? Per una semplice curiosità di osservatore, ti domando di dirmi quello che allora avresti fatto.
AUGUSTO Sono anche molto vecchio io per saper dire quello che avrei fatto quando mi correva per le vene tutt'altro sangue.
FEDERICO (spazientito). E ancora! Non ti rammenti le idee di vendetta che avesti allora? Fa uno sforzo di memoria.
AUGUSTO È vero! Mi passarono dei bagliori rossi dinanzi agli occhi! Pensai anch'io di uccidere! Ma ora, ora (con grande slancio) ringrazio il cielo che m'abbia fatto credere a quanto mia moglie mi disse e m'abbia impedito d'uccidere quella ch'è ora la mia buona, la mia dolce infermiera.
FEDERICO Insomma per essere esatti nell'idea e nella parola: Tu non avresti ucciso e tu non uccideresti!
AUGUSTO (con sorriso mite). Sono paralitico a metà ! Come potrei uccidere?
FEDERICO (iroso). La parola esatta! Eccoci di nuovo nella piena menzogna! Dunque a me non si può dire la verità pura, intera, in faccia? Ma lasciamo stare. Vi rinunzio!
AUGUSTO (chiedendo indulgenza). Signor Federico!
FEDERICO Non spaventarti! Non ti chiederò piú che quelle cose che potrai dirmi con parola franca. E le altre che non hai potuto dirmi, le ho già intese; ti dirò anzi una cosa, oh! uomo semplice!, una cosa che deve servire di risposta alle cose che tu non mi dicesti. Vedi, con lieve sforzo, io posso comprenderti e... scusarti. Voglio dire che il fatto che tu non avresti ucciso una moglie colpevole non eccita il mio disdegno. Io ti stimo e ti amo come prima. Saresti tu altrettanto intelligente d'intendere me che ho ucciso e che ucciderò?
AUGUSTO Speriamo di no! (Con fervore.)
FEDERICO (con disdegno). Speriamolo! Ma rispondi a quanto ti domando. Puoi intendere me come io intendo te?
AUGUSTO (bonariamente). Oh! io so che in certi casi bisogna uccidere... Io non ho voluto perché... io sono fatto cosà e poi perché si provò che mia moglie era innocente.
FEDERICO (iroso). C'è fra me e te un abisso, un intero profondo abisso che non si può varcare. (Ravvedendosi.) Del resto capisco. Il torto è mio; ho finito col tirarti con le domande proprio dove avevo già capito di non poter trovare da te una risposta franca. Lasciamo stare!
AUGUSTO (domandando indulgenza). Signor Federico!
FEDERICO Ma se ti dico che la colpa è mia! Senti! Io voglio servirmi di te proprio per quei servigi che la tua mite natura può dare. Donde proviene la mia inquietudine? Ho paura di me stesso! Ho paura di essere troppo pronto. E tu frenami! A te l'intera libertà di parola! Il nostro sia anzi un patto formale dal quale io non mi riterrò libero che quando tu non avrai piú la piú lieve obbiezione da fare.
AUGUSTO (spaventato). Ma in tale modo finirò coll'essere io colui che uccide.
FEDERICO (lo guarda studiandolo). Capisco! Fra noi due non ci può essere relazione di sorta!
AUGUSTO Oh! signore! SÃ! Ci può essere relazione fra noi. Ella è un uomo onesto e anch'io lo sono. Può essere che io non sarei stato tanto sensibile a certe offese ma tuttavia io merito la Sua fiducia. Ecco! Mi permetta di suggerirle i passi che io farei al posto suo; perché non comincerebbe col fare quello che farei io al posto Suo? Io che ho il sangue tanto freddo? Oh! Si lasci consigliare da me e non avrà a pentirsene. Perché vuole soffrire tanto? Vada dalla signora Bice, le faccia vedere quelle lettere ed essa, forse, con una sola parola saprà ridarle la pace.
FEDERICO Ma non ti pare che avvisandola la metto in guardia e mi tolgo la possibilità d'arrivare piú presto ad una soluzione?
AUGUSTO Oh! signore! Io sono vecchio e ho dimenticata la gioventú, ma una cosa ricordo: In certe circostanze non è mica vero il detto che uomo avvisato è mezzo salvato!
FEDERICO (subito convinto). In fondo è questa l'indagine piú facile! Mi salvo dallo spionaggio vigliacco e vado innanzi, diritto, diritto al mio scopo.
AUGUSTO È quello che Le dicevo io.
FEDERICO (con un sorriso). No! No! Non è come la intendi tu. Io voglio la verità , non la calma. La verità e caschi il mondo. (Va alla porta a sinistra.) Bice! (Ad Augusto che s'avvia) No! Anzi! Aspettami! Va nella mia stanza e magari ascolta; io non te lo proibisco! (Inquietissimo.) Non viene ancora! Bice! (Attende ancora e s'inquieta.) Bice! Bice!
SCENA SETTIMA
BICE e FEDERICO, poi AUGUSTO
BICE (di fuori). Vengo! Vengo! (Entra.) Quanta insolita premura!
FEDERICO (improvvisamente molto abbattuto; evita di guardarla negli occhi). Siedi! Te ne prego! Ho da parlarti! (Le porge una sedia e ne prende una evidentemente per guadagnare tempo.) Ascoltami, Bice. (Con sforzo e guardando altrove.) Io ho da dirti una cosa molto importante per me e per te. Ho forse torto di fare cosÃ, ma cosà ho deciso. La fiducia nella sincerità umana non mi ha mai abbandonato. Io dunque m'appello a te, direttamente a te e a nessun altro. Ecco di che si tratta! (Cerca parole che non trova e poi, sempre esitante, trae dalla tasca le due lettere.) Anzi facciamo cosÃ! Tu hai qui queste lettere. Guardale! Io, nel frattempo, guarderò te! (Bice prende le lettere e le guarda con grande freddezza.) Non son tue? Io ne dubitavo, sai! Non possono essere tue. (Sollevato.) Ma chi può aver avuto un vantaggio a danneggiarti e falsificare tali lettere?
BICE Non sono falsificate! Perché ritenevi fossero falsificate?
FEDERICO (stupito). Son tue dunque? (Nella massima collera.) Son tue e lo confessi!
BICE Perché no? Dacché son mie non posso mica attribuirle ad altri!
FEDERICO E perché le scrivesti?
BICE Ah! di ciò non credo di dover renderti ragione.
FEDERICO (stringendosi la testa fra le mani). Non capisco piú. Vediamo! Se non è un giuoco della mia fantasia tu hai detto: Di ciò non credo di dover renderti ragione. (Pausa.) Ma hai visto di quali lettere si tratti? Guardale meglio! Tu credi, forse, sieno lettere innocenti dirette a qualche amico... o che so io...
BICE Le ho viste! Sono dirette ad un uomo.
FEDERICO (fuori di sé, urla). Ma intendi tu quello ch'io dico o son io che son pazzo e non capisco?
BICE (calma va a chiudere la porta di fondo). Non urlare; si può anche uccidere facendo meno rumore.
FEDERICO (tenta di calmarsi). È la sorpresa, la prima, la prima sorpresa. Poi sarà piú facile... (Ironico.) Vengo da quel buon figliuolo che sono a domandarti se queste lettere sieno tue. Sono anticipatamente convinto che non lo sono. Tu mi potevi dire: No, non sono mie. Io le avrei stracciate e non se ne sarebbe parlato piú. Volevo darti questo segno della piú assoluta fiducia.
BICE E indifferenza!
FEDERICO No! Cosà non si può chiamare il mio stato d'animo! Rammento d'essere stato già un'altra volta nel corso della mia vita altrettanto indifferente. La mia indifferenza fece correre sangue! (Calmandosi e con mestizia.) Poi seguirono anni di lutto e di tristezza.
BICE Durante i quali noi due ci sposammo. (Con amarezza.)
FEDERICO (rizzandosi). Dunque al fatto. Bisogna pur rendersi ragione delle cose. Queste lettere sono tue. Bisogna pur rassegnarsi a crederlo: La sorella di Alfredo Reali ha scritte queste lettere!
BICE (scattando). E perché no? Ma credevi davvero che avrei acconsentito di lasciar seppellire in tale tristo modo la mia giovinezza? Avevo bisogno di vita, di amore, io e me lo sono procurato... (Un gesto di gravissima minaccia da parte di Federico la spaventa; parla perciò piú celermente) fino al punto in cui un marito quale sei tu non possa trovarci offesa!
FEDERICO (per quanto celata traspare una certa soddisfazione di vederla spaventata). Aha! Adesso neghi! Finalmente neghi! Sta bene! Fino al punto in cui un marito quale son io non possa trovarci offesa? Io indagherò quale offesa mi sia stata fatta ed io giudicherò.
BICE Se anche mi trovassi colpevole non mi uccideresti!
FEDERICO (terribile). Bada! Bada, oh, Bice! Tu scherzi col fuoco! Ma non sai che sentendoti parlare cosà mi passano dinanzi agli occhi dei bagliori rossi e che vorrei correre all'azione?
BICE Vorresti ma non puoi!
FEDERICO (ghigna lungamente). Non posso! Non posso! Ma perché non potrei? Nessuno piú di me ha dimostrato di poterlo. Ah! non posso! Dice che non posso! (Ghigna ancora.) Io potrò quando saprò, quando non avrò piú dubbi.
BICE Perché mi uccideresti? Per l'onore del tuo nome! Via! Uccidere per un nome! Il nostro sangue ha importanza e corre nelle vene del piú miserabile fra noi, ma il nostro nome? Fra pochi anni, piú o meno bruttato che sia, sarà stato lavato dall'oblio.
FEDERICO (ridendo ironicamente). Continua! Continua! Queste teorie, del tutto nuove per me, altamente m'interessano. Chissà che tu non abbia a convincermi? Intanto mi sorprendono e ciò è già divertente.
BICE Io so perché ti sorprendono!
FEDERICO (c.s.) E posso saperlo anch'io questo perché?
BICE Oh! SÃ! (Un po' esitante.) Va da sé che con Clara le cose procedettero altrimenti. L'amavi ed essa lo sapeva. Io, invece... so il contrario.
FEDERICO (serio). Amore a te, a te che proclami altamente il tuo diritto di trascinare il mio nome nel fango. Odio, il piú intenso, come per un animale sozzo che morde.
BICE Le ragioni per amare o non amare non mancano mai. Amavi Clara ad onta... (Augusto si mostra sulla soglia e fa segno di preghiera a Bice che non vede.)
FEDERICO Non nominare Clara, tu.
BICE Amavi Clara e l'ami ad onta che...
FEDERICO (urlando). Non nominarla, ti dico!
BICE (con ira). Ma è dunque divenuta una santa la donna che uccidesti?
FEDERICO (resta stupito, poi infuriato). Oltre a tutto ti diletti dunque di torturarmi? (Va per lanciarsi su lei.)
BICE (vedendo Augusto). To'. Il signor Augusto! Che cosa fa qui il signor Augusto?
FEDERICO (guarda Augusto e rimane interdetto per un istante) Ebbene! l'ho chiamato io! Che m'importa della pubblicità a me? Non ho mai temuto quella, io. L'ho chiamato perché non mi bastavano piú i miei occhi, le mie orecchie. Volevo che altri mi sapesse confermare l'esattezza delle mie conclusioni.
BICE (ridendo). Ah! dunque io ho piú di un giudice alla volta. Se avrò da essere uccisa lo sarà con la collaborazione di piú persone. Una ti diede le lettere, un'altra ti aiuta nel giudizio. Spero che mi farai l'onore d'uccidermi con le tue stesse mani.
FEDERICO (mordendosi le mani). Già quest'ironia meriterebbe la piú dura punizione.
AUGUSTO (interponendosi). Signor Federico!
BICE Ma a me questa pubblicità non piace e intendo di evitarla. Me ne vado, ma non temere; non mi allontano di troppo. Mi reco nella mia stanza... a tua disposizione. Non hai che da chiamarmi quando vorrai esaminarmi da solo. (Via.)
SCENA OTTAVA
FEDERICO e AUGUSTO
FEDERICO (vuole seguirla con impeto). Mi deride!
AUGUSTO (timidamente). Signor padrone!
FEDERICO (furibondo). Ah! Osi arrestarmi ancora! Per la seconda volta! E le facevi dei cenni per avvertirla del pericolo che correva! Credi che non me ne sia avvisto?
AUGUSTO Ma crede Lei, signor Federico, che la signora stessa non s'avvedeva del pericolo che correva?
FEDERICO (forsennato). Tu menti! Tu menti! Via di qua! Lasciami passare! (Lo atterra.)
AUGUSTO (piangendo). Signor padrone, signor padrone.
FEDERICO (che sta per andare oltre, si ravvede; esita ancora un istante e va ad Augusto). T'ho fatto male?
AUGUSTO (si capisce che esagera ad arte il male). SÃ! sÃ! molto male. La mia vecchia gamba!
FEDERICO Oh! t'ho fatto male; perdonami! (Lo aiuta a rizzarsi.)
AUGUSTO (barcollante). Nulla, nulla, signor padrone.
FEDERICO (gli pulisce le vesti; s'avvede che sta male in piedi e lo accompagna ad una sed...
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