[Pagina precedente]...e in casa mia moglie. Io la conosco. Quando è gelosa dice... tutto. Poveretta quella tua figliuola; deve sentirne di grosse. Bisogna assolutamente che tu m'aiuti.
ALFONSO Ed io sono pronto di farlo.
SILVIO Io ti domando una cosa semplicissima. A me basta che tu dica a Fanny che sai che da molto tempo io mi trovo in cura per una grave malattia nervosa; di tutto il resto m'incarico io.
ALFONSO Io non dico delle bugie.
SILVIO Ed io non voglio delle bugie. Vieni con me dal dottor Cirri ed egli ti confermerà che già da tre mesi mi fa delle applicazioni elettriche.
ALFONSO Quel dottor Cirri col quale tu passi le notti quando Fanny è ai bagni?
SILVIO Uff! che uomo! Il dottor Cirri è mio amico ed io ti prego di non mettere in dubbio la sua onestà.
ALFONSO Sai che tu fai a me l'impressione di un uomo corto di mente? Ti arrovelli a combinare delle bugie che in nessun caso ti potrebbero condurre allo scopo. Perché piuttosto non confessi? Siamo giusti; mia sorella ha ragione. Essa dice: Lo vedessi pentito di quanto ha fatto, volesse scusarsi e cercare di meritarsi il mio perdono. Invece mi deride. Se gli perdono - date le premesse - ricomincerà domani se non addirittura oggi. Ebbene! Io le do ragione.
SILVIO Eh! già! tu vuoi rovinarmi!
ALFONSO Voglio salvarti invece! Io, sai, contadino arricchito non ho che un solo grande amore a questo mondo: La verità. Essa è la grande purificatrice e pacificatrice. Io l'amo! Dove essa è passata là c'è pace, dolcezza e virtú ed ogni mio sforzo è fatto per farla entrare in casa mia.
SILVIO Ti assicuro che anche io l'amo.
ALFONSO Dàlle albergo in casa tua e in te stesso e vedrai come la tua vita diverrà lieta e semplice. Un altro al mio posto potrebbe domandarti non so che atti di contrizione. Io invece convincerò mia sorella di non domandarti altro che la verità. Quella sola sarà l'espressione dei tuo pentimento. E quando la dirai sarai nello stesso tempo perdonato e corretto. Confessa! Racconta tutta la tua vita passata. Piú misfatti racconterai non costretto come per quest'ultimo ma di tua libera volontà e maggiore sarà la commozione di mia sorella che correrà al perdono. Ne sono certo! Di' una parola e fra pochi minuti essa sarà qui.
SILVIO (guardandolo con ammirazione). Sei un grande poeta, tu. Quasi, quasi...
ALFONSO (accorgendosi di aver trionfato). Di' questa parola ed io corro da mia sorella.
SILVIO (risoluto). Ebbene! Dille che venga e saprà il mio delitto il mio nero delitto. A patto che tu poi mi aiuti ad ottenere il suo perdono.
ALFONSO Ma io in questo caso sarò tutto tuo. Fra un quarto d'ora al piú sono di ritorno con lei. (Via.)
SCENA TERZA
SILVIO e LUIGI
SILVIO Luigi! Luigi!
LUIGI Comanda?
SILVIO T'avevo detto di fischiare soltanto quando viene mia moglie.
LUIGI A me parve piú prudente di fischiare anche quando venne il fratello suo. O che sono d'accordo forse loro due?
SILVIO (guardandolo ammirato). Ha ragione il briccone. Il fischio però non mi piace. Per mettermi in guardia quando viene qualcuno basterà che tu chiuda con grande forza la porta di casa.
LUIGI Trovo anch'io che sia meglio. Quando fischiai il signor Bertet mi guardò a lungo per capire la melodia che volevo esprimere.
SILVIO Eh! perché sei poco accorto. C'è modo e modo di fischiare. (Suono di campanello.) Che mia moglie sia già qui? Impossibile! La verità non potrebbe poi darle le ali! (Luigi esce e subito dopo si ode un gran fracasso di porta che si chiude.)
SCENA QUARTA
EMILIA e SILVIO
EMILIA (indignata). Che maniera!
SILVIO (alza guardingo la testa e resta stupito al vedere Emilia). Tu! Ma è un po' troppo.
EMILIA Che cosa è troppo?
SILVIO (un tempo). Non hai incontrato tuo marito?
EMILIA L'ho visto ma era tanto agitato che gesticolava parlando da sé come un pazzo. Non ho creduto di dover fermarlo; forse m'avrebbe impedito di venire da te. Come hai fatto ad agitarlo tanto?
SILVIO Ho io agitato lui? Credo sia stato piuttosto lui ad agitare me.
EMILIA In qual modo?
SILVIO M'indusse a promettergli di dire tutta la verità a mia moglie...
EMILIA (ridendo). Ah! Ah! Ci sei cascato! Finalmente potrai raccontare anche a me come la è andata. Mi piace di sentire anche l'altra campana. Scommetto che tua moglie esagera un pochino le tue colpe senza dubbio molto gravi. Dice per esempio che al vederla tu avevi l'aria piuttosto di uomo seccato che addolorato. Quella povera Fanny! Mi dispiace le sia accaduto un fatto simile ma giacché fu tale il suo destino m'avrebbe piaciuto di vedere il viso che fece al momento.
SILVIO Brava, volevi esserci anche tu.
EMILIA Ma come hai potuto dimenticare di chiudere quella porta?
SILVIO La chiave non girava ed io non avevo tempo. Eppoi! Noi siamo in questa città centosettantamila persone circa: centosessantanovemila e novecento e novantanove avrebbero potuto entrare ed io non avrei alzata la testa. Giusto quell'una cui l'ingresso era proibito capita da un miglio di distanza, passa dinanzi a migliaia di case ed entra giusto in quella. E in quella casa ci sono cinque piani e mia moglie s'arresta al primo. E al primo piano ci sono due porte e mia moglie infila giusto quella a sinistra. Non a destra ma a sinistra! Che casi!
EMILIA Io non lo so ma si dice che i casi sieno ridotti ad uno soltanto. Pare che il caso abbia voluto che la donna con la quale ti trovavi fosse la sarta di tua moglie. Certo che allora si capirebbe perché tua moglie abbia trascurate tutte quelle case e sia entrata proprio in quella.
SILVIO Giuro che non è vero.
EMILIA E non hai promesso a mio marito di dire la verità?
SILVIO Sí, anzi! la verità, la pura verità. Visto che ho promesso dovete tutti credermi. Ma credi che io sia uomo capace di sedurre la sarta di mia moglie? (Emilia ha un gesto espressivo.) E perché credi ciò?
EMILIA Ne so di peggio sul tuo conto.
SILVIO (dopo un istante di riflessione). Ah! Già! Perché una volta feci la corte a te che sei mia cognata? Che relazione c'è fra te e una sarta? Anzi come puoi credere che l'uomo che amò te possa abbassarsi fino ad una sarta? Pensi poco altamente di te stessa. Mi avvilisci e nel tempo stesso avvilisci anche te stessa. E poi tu non crederai mica che io abbia voluto tradire quel povero Alfonso. Ohibò! Io volevo arrivare a un'intima comunione di pensieri con te, a un'intesa intellettuale che m'avrebbe portato di nuovo alla poesia.
EMILIA E cominciavi col toccarmi i piedi sotto la tavola.
SILVIO Non ricordo! Non ricordo! Deve essere stato un caso. Non vedi come sono irrequieto coi piedi, io?
EMILIA E dire che sei in vena di dire la verità!
SILVIO Sempre! Sempre la santa verità: Io offenderti coll'attaccarti dai piedi in su? Io che miravo al tuo intelletto? Prendevo la strada piú lunga in questo modo. E tu naturalmente hai raccontata questa storia a mia moglie?
EMILIA No! Io non sono affatto obbligata di dire a Fanny una verità che aumenterebbe la sua disgrazia. Non sono mica sposata con essa.
SILVIO E a tuo marito l'hai raccontata?
EMILIA (arrossendo). No! Neppure! Io non avevo nulla da rimproverarmi. Era una cosa che riguardava te solo e non volevo mettere male fra mio marito e la famiglia di sua sorella.
SILVIO (riflessivo). Dunque ci sono delle verità che vanno taciute?
EMILIA Per me, sí, per mio marito no. A sua giustizia debbo dirtelo: Egli dice sempre tutta la verità. Ne ho le prove.
SILVIO Diancine! Tientelo caro quell'uomo straordinario. E cosí tu sai di essere stata tradita?
EMILIA (con ira). Come lo sai? Mio marito racconta anche agli altri le sue avventure?
SILVIO Oh! No! Ma se ti dice la verità... in quindici anni di matrimonio...
EMILIA Capisco! Giudichi da te e da... lui. (Con disprezzo.)
SILVIO (guardandola). Povero Alfonso!
EMILIA Non m'ha tradita ma quasi. Se tardavo qualche giorno di ritornare a casa chissà cosa sarebbe avvenuto.
SILVIO E questo "quasi" egli te lo ha raccontato? Dio benigno! Esiste dunque una cosa simile? Ma se io mi fossi dedicato a raccontare a mia moglie tutti i "quasi" della mia vita non ci sarebbe stato del tempo per parlare d'altro. Come anche tu lo sai, io sono fortissimo nei "quasi".
EMILIA (ride, poi). Sono stata mandata qui da tua moglie. Appena partito Alfonso essa ebbe una nuova idea. Non le basta piú la confessione ma la vuole in iscritto e firmata. Allora soltanto ritornerà a te e promette che non se ne parlerà altro.
SILVIO È pazza! Io scrivere e firmare. È una condizione avvilente. Che ne dici?
EMILIA A me pare che quando si è peccato bisogni fare la penitenza.
SILVIO E non faccio penitenza io da otto giorni a questa parte? Oh! tu non puoi immaginare quello che passo chiuso qui fra queste quattro mura in attesa di dire questa verità che ha da liberare tutti. E faccio una vita esemplare. (Emilia ride di gusto.) Ah! Tu ridi birichina! Se sapessi come penso con rancore a te. Perché se tu avessi voluto non sarei capitato in simili frangenti. Probabilmente Fanny sarebbe andata in quella casa mentre io mi sarei trovato in tutt'altra.
EMILIA (ridendo). Chissà? Dopo un anno e piú.
SILVIO Oh! Te lo giuro! Tu saresti stata la donna che avrebbe saputo incatenarmi per sempre. Oh! Se tu avessi un po' di cuore! Se vedendomi tanto abbattuto ti venisse il desiderio di risollevare un uomo che pure voglio o non voglio ha qualche valore.
EMILIA Ricominci mi pare.
SILVIO Pensa come sarebbe interessante un legame fra due persone di spirito come siamo noi due in un ambiente improntato all'amore di verità di tuo marito e di mia moglie. E se la nostra relazione cominciasse dall'accordarmi un po'.... (Suono di campanello seguito presto dal solito rumore.) un po' di aiuto per imbrogliare quell'energumena di mia moglie... (Si getta disperatamente al tavolo e si copre gli occhi col fazzoletto.)
SCENA QUINTA
ALFONSO e DETTI
ALFONSO (guardando dietro di sé). Asinaccio! Quasi mi schiacciava il piede nella porta.
EMILIA Anch'io ho osservato che quel tuo cameriere ha un modo di chiudere la porta addirittura pericoloso. Che sia ubbriaco?
SILVIO Certo no! Soffre della follia del dubbio. Crede sempre di non avere chiusa la porta e per accertarsene la sbatte a quel modo. Ma non occupiamoci d'inezie. Che cosa apporti tu Alfonso?
ALFONSO Lasciami pigliar fiato. (Siede, poi a Emilia.) E tu hai raggiunto il tuo scopo? Hai la confessione scritta?
EMILIA Non volle darmela.
SILVIO Ma Fanny?
ALFONSO Non ha voluto venire. Chi vi capisce voi due? Tu ti sei ostinato per tanto tempo in una bugia stupida e colpevole; lei, poi, al sentire la verità... (Piglia fiato). Vado da lei sicuro del fatto mio e le dico: Adesso puoi andare da tuo marito perché mi ha confessato tutto e non vuole altro che vederti subito per ripetere la sua confessione anche a te e ottenere il tuo perdono... Santi del paradiso! Saltò su come una furia e corse in cerca del cappello. Capii che non voleva correre a perdonarti ma bensí venire a cavarti gli occhi. Gridò per ben cinque minuti le cose piú pazze e contraddittorie. Si strappò di testa il cappello come se le avesse pesato. Rideva e piangeva. S'arrabbiò perché io non m'ero fermato a ricevere la tua confessione intera. Parlava il desiderio della verità fin là e lo capivo. Ma poi mi saltò al collo piangendo e gridò: Vedi se avevo ragione vedi se avevo capito. Non esitai a dirle che non ne avevo mai dubitato. Ah! finalmente anche tu mi dai ragione. La sola che ancora sembri di tenere per quel vile assassino è quell'acqua cheta di tua figlia. Aveva dunque raccontato tutto a quell'innocente. Mi arrabbiai anch'io e la rimproverai acerbamente di esser venuta ad educare a quel modo la mia figliuola. Lagrime, svenimenti, urla! Pareva ti avesse sorpreso in quel momento una seconda volta. Quando finalmente si arrivò a parlare da cristiani io continuai a farle dei rimproveri per avermi indotto a venire qui per strapparti una confessione verso promessa di perdono. Altri pianti: Le doleva ma non era possibile. Aveva creduto di poter perdonare e s'era ingannata. Non ti avrebbe rivisto mai piú. Ci credi tu? Io non lo credo e sono anzi convinto che la cosa potrebbe ben presto comporsi ove tu volessi seguir...
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