[Pagina precedente]...a per percuotermi?
FANNY (commossa molto, ritira la mano con dolcezza). Devi darne la colpa a te stesso.
EMILIA Volete che me ne vada?
FANNY (piú dura). Non ve n'è assolutamente bisogno.
SILVIO (guarda lungamente in aria di rimprovero e di minaccia Emilia, poi a Fanny). Credi sia proprio mia la colpa? Tutti ne sono tanto convinti che comincio a convincermene anch'io. Ho tentato di convincere Alfonso della mia innocenza. Non ci fu verso. È partito burlandomi. (Tenta di riprenderle la mano.)
FANNY (ritirandola). Te ne prego.
SILVIO Capisco! Vuoi evitare ogni contatto con me (Con affettazione si ritira molto lontano.) Parliamo allora. Parliamo calmi, sereni! Dacché sei partita è la prima volta che riesco ad ordinare le mie idee in modo da veder sino in fondo agli orribili fatti che mi sono avvenuti. Io ormai capisco tutto. Guarda, la tua presenza per quanto passeggera ha già servito a calmarmi. Sta ora a vedere se riuscirò a comunicare a te la stessa mia chiarezza.
FANNY Io non desidero altro che di crederti. Parla francamente. Dimmi tutto. Darei qualche anno della mia vita per poter convincermi. Ma la verità , te ne prego! Quanto finora mi mandasti a dire aveva l'aspetto tanto evidente di bugia.
SILVIO So! So! Sei andata anche in collera per una parola: Cumulo di circostanze! Ma come ho da chiamarlo questo... cumulo? Devi pur permettermi di usare le parole proprie!
FANNY Provami tu che sono proprie e non andrò piú in collera.
SILVIO Ebbene! Cercherò di provartelo. Procediamo con ordine ma però per farti entrare meglio nel viluppo degli avvenimenti andiamo a ritroso e cominciamo dalla fine. Esaminiamo perciò prima di tutto quello che avvenne a te. Almeno su quanto avvenne a te non posso mentire. Tu esci di casa. Vai diritta diritta in via Corsi N.4 1° piano a sinistra a scoprirmi in quello stato che sai. Dimmi! Sei stata tu avvisata che mi avresti trovato in quella stanza?
FANNY No. Ma la cosa è semplice. La mia sarta sta al primo piano stesso. (Piú violenta.) Non sbagliai neppure di quartiere perché tutto il piano appartiene alla mia sarta. Sbagliai soltanto la porta perché quella a sinistra non è destinata alle clienti. È il quartiere privato della mia sarta. Della mia sarta; capisci?
SILVIO (avvilito). Allora tu Emilia avevi ragione quando dicesti che quello era il quartiere della sua sarta. Può dire Emilia quale non fu la mia sorpresa all'apprenderlo. E credevo essa s'ingannasse perché ricordo che la tua sarta abitava in tutt'altra parte della città . Deve essere andata a stare in via Corsi da poco?
FANNY Era la prima volta ch'io dava una commissione a quella sarta. (Guardandolo indagando in faccia.) Però essa veniva a lavorare in casa nostra. Ebbe non so da chi i denari per mettere su un laboratorio ed io fui la sua prima cliente.
SILVIO Puoi dirmi quale aspetto avesse questa tua sarta?
FANNY Una biondina... magra... alta... elegante...
SILVIO (urlando). E tu non hai visto la donna ch'era a me da canto?
FANNY (sdegnosa). No. Era oscuro ed io non mi degnai di esaminare una simile donna.
SILVIO (con rabbia). E cosà sono condannato. Non solo ti tradisco ma ti tradisco con la tua sarta. Tu non ti degnasti di guardare ma ti degni di condannare, di uccidere. Oh! Avessi tu guardato! Avresti visto che quella donna non era e non poteva essere la tua sarta. Né magra, né alta, né elegante. Un piccolo elefante. E non bionda...
FANNY Bionda sÃ. Un raggio di luce pioveva nell'oscurità giusto sui suoi capelli ch'erano biondi, proprio biondi.
SILVIO Neppur io la vidi tanto bene. Ma bionda non era. Devi pensare, Fanny, che ogni raggio di luce nell'oscurità è piuttosto biondo che bruno. Ammetto sia stata di un colore indeciso né biondo né bruno ma una bionda, una vera bionda, no! Cerca di ricordare, Fanny.
FANNY (indecisa). Ammetto che io possa essermi ingannata sul colore di quei capelli.
SILVIO (decisissimo). Dunque è evidente che non si trattava della tua sarta. E ne puoi avere un'altra prova. Va dalla tua sarta e fatti mostrare il suo quartiere. Vedrai ch'esso non ha che un ingresso a sinistra e che a destra abita tutt'altra gente.
FANNY E come va che anche sulla porta a destra c'è il nome della sarta? Io distrattamente mi lasciai condurre da quel nome e sono entrata in quella stanza. Tant'è vero che aperta la porta e trovatami nell'oscurità guardai due volte quel nome prima di varcare la soglia.
SILVIO (stupefatto). Ma ne sei proprio sicura? Oh! Fanny! Cerca di ricordare. Hai tu visto quel nome e per di piú due volte?
FANNY (subito dubbiosa). Ma io credo di sÃ.
SILVIO E non è possibile che tu abbia letto quel nome a destra, due o piú volte e sii entrata tuttavia a sinistra?
FANNY (accasciata). Io credo di no. Sarebbe stato un eccesso di distrazione. Io credo di averlo visto proprio a sinistra.
SILVIO Eccesso di distrazione! Io ammetto qualsiasi eccesso di distrazione. Anche a proposito del posto a cui è situato quel nome, l'eccesso di distrazione c'è stato di sicuro, vale a dire che fosti tu a caderci od io. La tua sicurezza mi rende dubbioso. (Riflettendo.) Vuoi che facciamo quello che in questi frangenti è la cosa piú semplice e piú logica? Andiamo ad accertarcene! Vieni?
FANNY (freddamente). Oh! A quest'ora...
SILVIO (avvilito). Già ! A quest'ora io mi sarei messo d'accordo con la tua sarta per trasportare a sinistra il nome che si trovava a destra.
FANNY Non dico questo...
SILVIO E allora perché non vuoi venire ad accertarti di un fatto che senza la tua diffidenza potrebbe essere verificato con sà piccola fatica? Se tu m'impedisci di provarti i fatti piú evidenti allora è vano ch'io tenti di convincerti della realtà di un viluppo ch'io stesso che ne sono stato l'eroe e la vittima stento di ammettere.
FANNY (impaziente). Già quel nome non ha tutta l'importanza che tu gli accordi.
SILVIO (esitante ricomincia l'esposizione). Ebbene! Dove eravamo rimasti? Io ti diceva... (S'arresta.) Non posso! M'è impossibile! Lasciamo stare. Io non mi difendo piú. Sono colpevole! Dal momento che ad ogni piè sospinto m'imbatto nella tua diffidenza, non posso difendermi. Mi hai condannato ed io mi rassegno. Lo dissi anche ad Emilia: La nostra felicità sarà anche maggiore di prima se sarà basata su di una fede assoluta. Se non altro per riconoscenza per la sua fede io l'adorerò piú di prima.
FANNY Ma io ti credo a condizione che tu mi convinca di tutto il resto.
SILVIO (con fuoco). Ripensaci, Fanny. Cerca di ricordare ogni movimento che facesti prima di varcare quella soglia. Aiutami almeno cercando di ricordare ogni tuo gesto ogni tuo movimento in quell'istante. È certo che mentre afferrasti la maniglia guardasti dietro di te verso la porta di destra. Non è cosÃ, Fanny?
FANNY (pensierosa). Devo ammettere che possa essere stato cosÃ.
SILVIO Ancora dubiti... Io, invece non ho piú dubbii di sorta. Quel nome non c'è a destra. La tua sarta non ha nulla da fare in quella casa ove abita, come sentirai, tutt'altra razza di gente. Ma io cominciai a parlarti solo di quanto facesti tu in quella giornata per dimostrarti che c'era in quel giorno campata in aria una specie di congiura contro di me. Ammettiamo pure per un momento che io sia stato colpevole. Non è un caso atroce che giusto in quel preciso istante tu ti sia pensata di andare dalla tua sarta? E non è anche piú meraviglioso che tu sii entrata in un quartiere dove la tua sarta non ha nulla a vederci?
FANNY È infatti un caso...
SILVIO (interrompendola). Tanto meraviglioso ch'io i primi giorni pensai si sia trattato di un tranello di qualche nemico. La spiegazione piú semplice sarebbe stata infatti che qualche nemico m'abbia propinato un sonnifero, mi abbia adagiato in quella bella posizione che sai e sia poi corso a chiamarti. Ma tu mi assicuri che sei venuta da te e che nessuno t'ha chiamata...
FANNY Oh! Certo! Nessuno m'ha chiamata.
SILVIO (guardandola). Dici la verità ? Posso fidarmi? (Fanny protesta.) Perché se ci fosse un terzo, un nemico, tutto sarebbe facilmente spiegato. Ma già ... anche cosà tutto si spiega e tutto s'è già spiegato... pur troppo! Devi però ammettere che si tratta di un vero e proprio cumulo di circostanze. Cumulo di circostanze tanto piú sorprendente quando si pensa che poche ore prima io parlai con Emilia qui presente raccontandole tutti i miei segreti. Essa subito mi disse che se nella stessa giornata io non t'avessi detto tutto essa sarebbe venuta da te a dirtelo lei perché essa riteneva non si dovesse tener celata una cosa simile ad una moglie. Pensa dunque che quello stesso giorno io sarei venuto da te a dirti tutto perché vi ero obbligato. Pensa! (Con ira.)
FANNY (spaventata). Ma di che cosa si tratta infine?
SILVIO E pensa come le cose avrebbero camminato diversamente se io fossi venuto da te a confidarmi. Tu, quel giorno, non saresti certo andata dalla tua sarta. Certo, adesso è difficile di convincerti della mia innocenza.
FANNY Ma, Emilia, parla tu levami di pensiero. È avvenuta qualche sventura che finora mi si celò?
SILVIO Non inquietarti! La sventura tocca a me e non a te. Tu non c'entri!... Se ti fossi soffermata a guardar meglio le cose e le persone saresti arrivata da te stessa alle giuste conclusioni. Hai visto tanto male e esaminato tutto tanto superficialmente che per amore alla stessa verità dovresti cercare di dimenticare tutto e tutto apprendere dalla mia bocca. (Dopo una pausa.) Hai l'ostinazione impronta in faccia... Ma io debbo parlare... (Dopo un'altra pausa.) Non posso piú avere dei riguardi e debbo dirtelo: Io, come mi vedi, sono un uomo condannato... probabilmente.
FANNY Non capisco.
SILVIO (quasi piangendo). Io sono un ammalato, un povero ammalato e probabilmente senza rimedio. Finché ho potuto te l'ho nascosto ma ora è impossibile.
FANNY Malato? E me lo dici a questo proposito! Che c'entra?
SILVIO Ti perdono la calma con la quale ricevi questa notizia perché capisco che non ci credi. Ma almeno di questo posso fornirti le prove. Oggi, dovendo partire, pagai questo conto del dottor Cirri. Centoventotto applicazioni elettriche. Eccolo. (Prende dal tavolo una carta e gliela dà .)
FANNY Cirri non è quello ch'è stato all'Università con te?
SILVIO No! Suo fratello. E del resto se anche fosse stato lui si sarebbe fatto pagare lo stesso! Nell'ultimo tempo avevo abbandonata l'elettricità . Diffidavo del Cirri e volevo avere la parola sicura di uno scienziato. Consultai il dottor Seppi, primario all'ospitale.
FANNY (spaventata). Ma che malattia hai dunque?
SILVIO Finora nessuno lo sa. Non lo so io, non lo sa il Cirri e non lo sa il dottor Seppi che, come sai, è ora gravemente malato. Quest'ultimo dubitava si trattasse di una paralisi progressiva, incipiente però. Ciò significa che di qui a un mese o circa si saprà se la malattia farà il suo corso o no.
FANNY Ed è per curarti della tua malattia ch'eri là in via Corsi N. 4? Ah! Ah! Ah! Rido per non piangere.
SILVIO (violentemente). Ebbene! Dividiamoci pure! Non piú spiegazioni! Dividiamoci! Tu fingi di non credermi perché vuoi arrivare al tuo scopo. Ho piacere di avere tenuta qui Emilia per testimonia. Essa può oramai giudicare fra di noi. Anche se essa dubitasse della mia innocenza darebbe certo torto a te e non a me. Ha visto un saggio del tuo amore. Apprendi la malattia incurabile di tuo marito e ti metti a ridere. (Sempre piú veemente.) Oh! Deploro di non averti tradita perché una donna amante come sei tu non merita di meglio. (Gridando.) E quando m'arrovello per convincerti, il mio male si ridesta. Lo sento camminare per tutto il corpo quasi volesse uscirne e gridare: SÃ, è vero, egli è malato, sono io la causa di tutto. (Si getta esausto sulla sedia mentre Fanny lo guarda titubante; poi con voce fioca.) Te ne prego, Fanny. Là su quel tavolo c'è una fiala e un bicchierino. Versane dieci goccie in un po' d'acqua. (Fanny eseguisce.) Presto, te ne prego. Ho la fronte sudata... sudori freddi. Presto.
FANNY (con un grido). Dio mio! Credo di aver versate quindici goccie in luogo di dieci.
SILVIO Fa niente! Dammele tuttavia. Ne berrò la metà . (Fanny eseguisce.) Quest...
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