[Pagina precedente]...a, forse l'ergastolo, ma quello di Clara e del vostro amore. Mi baciaste la gonna e i piedi... Ve ne ricordate?
FEDERICO (vivamente commosso). Io piangevo la moglie fedele che avevo perduto prima, molto tempo prima della sua morte. Volete che la piangiamo insieme ancora?
ARIANNA (alzando le mani al cielo). Oh! Oh! turpe proposta!
FEDERICO (domando la propria commozione, dopo breve pausa). Se non erro siete venuta per comunicarmi qualche cosa di nuovo?
ARIANNA Sí! Lasciate però che vi dica ancora una cosa che potrà sembrarvi nuova. Voi commetteste non uno ma due misfatti. Avete uccisa Clara e tentaste di convincere me, sua madre, ch'essa aveva meritata la morte. Piangere Clara insieme a me? Cominciate dal dichiarare che oramai capite d'averla uccisa in un accesso di pazzia e allora sarà possibile piangere insieme la vostra follia. Ma ciò non avverrà! Vi sposaste! Passate le vie salutando sereno e superbo come se accordaste un onore! Voi non provate rimorsi.
FEDERICO No! Non ne provo e attendo con qualche impazienza di sapere quello che avete a dirmi.
ARIANNA Avete ancora le lettere di Clara? Quelle che dicevate dirette al suo amante?
FEDERICO (spazientito ma pur rispettoso). Comprenderete signora Arianna che le vostre parole su tale argomento m'arrecano una sofferenza grande. Ve ne prego, perciò, non pensate ad una mancanza di rispetto, se vi domando di cessare da questo colloquio. Ditemi in brevi parole quello che vi condusse qui e io, se lo potrò, vi compiacerò. Domandate! Domandate!
ARIANNA Io non vi domando altro fuori che mi lasciate gustare un po' la mia vendetta.
FEDERICO (incredulo). La vostra vendetta?
ARIANNA Vi meraviglia? Anch'io ne sono stupita. È la mano di Dio questa, di Dio in cui voi non credete e che vi colpisce e mi libera. (Gravemente.) State a sentire, Federico, come fui levata dal letto ove volevo morire. L'unica mia amica, la vecchia French che voi ricorderete venne da me e mi disse con voce pacata: La signora Arcetri tradisce suo marito. Io che di solito stavo a sentire e anche quello meno che fosse possibile per poter seguire i miei pensieri tanto dolorosi e cari, mi destai interamente e gridai: Anche voi credete quello che l'assassino divulgò? Pensavo a mia figlia, io. E allora appresi che la vostra seconda moglie faceva quello che voi avevate sospettato della prima. Vi tradiva!
FEDERICO (incredulo). Davvero? E lo scopo di questa vostra visita era di darmi tale nuova?
ARIANNA Sí! Ma anche di consegnarvi le prove di quanto dico. Eccovele! (Gli consegna due lettere.) Sono soltanto due ma, se avete pazienza, potrò procurarvene delle altre. (Trionfante.) Perciò vi domandavo se avevate conservate le lettere che dicevate di Clara acché possiate confrontarle con queste.
FEDERICO (che legge febbrilmente quelle lettere). Da chi le avete avute?
ARIANNA Che cosa può importare a voi di sapere da chi le abbia avute? Sono sue?
FEDERICO (balbettando). Credo! Mi pare! (Scoppiando.) Ma sí! Sono sue! Sono di Bice! Oh! incredibile! (Ritorna nel dubbio.) Perché? Perché? Tutto si ripete dunque?
ARIANNA Non tutto! Nelle lettere di Clara vi irritava tanto di trovare ch'essa vi compiangeva; qui non troverete nulla di simile.
FEDERICO (riprende le lettere e si rimette a leggerle). Una chiacchiera stupida! E poi? (Legge.)
ARIANNA Non vi bastano?
FEDERICO (cessa di leggerle, guarda le lettere, guarda Arianna). Io non so! (Con voce roca, poi con certa solennità s'erge.) Questo so che la vostra denunzia mi sconvolse in modo ch'io non sono ora al caso di giudicare. Andatevene e lasciatemi qui queste lettere. Le leggerò attentamente. (Rimettendosi con grande sforzo ancora meglio.) Andatevene! Io... vi ringrazio d'aver vegliato sul mio onore.
ARIANNA Mi ringraziate? Non voglio i vostri ringraziamenti perché io venni qui per farvi del male.
FEDERICO E invece mi faceste del bene! Andatevene!
ARIANNA (s'avvia, poi s'arresta e ritorna a lui). Io ricordo che in carcere prima di scoppiare in pianto fosti anche cosí freddo e duro ed è perciò che io so quante lagrime s'ascondano in quegli occhi! Eri là stecchito per non piegarti e improvvisamente t'abbattesti a terra! (Federico la guarda con uno sguardo supplichevole.) E cosí mi guardasti anche allora perché volevi ch'io ti accordassi pietà senza che tu me la domandassi. Ed io te l'accordai; ricordi? (Federico s'abbatte su una sedia e singhiozza dapprima lottando col dolore poi abbandonandosi tutto.) Proprio cosí! (Senza sorpresa va a lui e gli pone la mano sul capo.) E come è importante il tuo pianto per me! Divenisti il mio figliuolo cosí piangendo. Ricordi? Clara era ammalata e noi due passammo insieme al suo letto otto giorni trascorrendo ad ogni ora dalla disperazione alla speranza. Quando essa guarí a te dalla gioia venne la febbre come a un debole fanciullo. Ed io ti curai, io ch'ero tanto forte. E nella febbre piangevi Clara morta e singhiozzavi cosí, proprio cosí. Ed io oltre alle medicine che i medici ti prescrivevano, te ne diedi una suggeritami dal mio cuore di madre. Ti passavo questa stessa mano su questi stessi capelli e allora i tuoi singhiozzi s'attenuavano e l'affanno della febbre ti dava tregua. Cosí! proprio cosí! E non era la febbre che ti faceva piangere; era l'amore ch'era stato minacciato tanto duramente che piangeva in te.
FEDERICO Ma siete convinta ch'essa mi ha tradito e ch'io non lo meritavo?
ARIANNA (gravemente). Sí! figliuolo mio! Essa ci ha traditi ed io non glielo avrei perdonato mai piú se tu non l'avessi uccisa. Sai! Noi madri non diamo punizioni eterne come vorreste voi mariti! Io le avrei detto: Hai fatto male e devi vivere per farti perdonare, ma vivere, vivere, non irreparabilmente morire. Invece tu la uccidesti e allora io non seppi piú se ti amavo o odiavo e oggi ancora non lo so. Ed ogni parola di conforto che ti dico ora diverrà per me un rimorso, eterno. Ma come fare? Io, madre, t'apportai un castigo irreparabile e me ne sanguina il cuore. (Dopo una pausa portandosi le mani alla testa.) Dio mio! La forza che mi sostenne fin qui mi abbandona. Vorrei essere nel mio letto. (Cade svenuta.)
FEDERICO (spaventato). Mamma! Mamma! Augusto! Soccorso!
CALA LA TELA
ATTO SECONDO
Stanza in casa dell'avvocato Arcetri. Stanza semplice di ricevimento. Mobili comodi e serii. Tavolo con su dei libri, una boccia d'acqua e una lampada accesa. Un sofà con lo schienale rivolto all'ingresso di fondo. Due porte laterali di cui quella a destra conduce alla stanza di Federico e quella a sinistra a quella di Bice.
SCENA PRIMA
BICE e la CAMERIERA
CAMERIERA (aiutando Bice a levarsi il mantello). No! il signore non è ancora rientrato. È stato il signor Reali; l'ha aspettato un poco e se n'è andato dicendo che sarebbe ritornato piú tardi. Poi è stata qui (esitante) la signora Amelia.
BICE Mi aveva lasciata poco prima per accompagnare Guido a casa. Che il bimbo sia ammalato? (Cessando di spogliarsi.)
CAMERIERA (esitante). Non credo.
BICE Perché non crede?
CAMERIERA Signora! Io veramente non volevo dirglielo. Ma poi è troppo strano! La signora Amelia mi sembrava agitata molto. Quando io le dissi che la signora non era ancora rientrata non voleva crederlo. Mi diede del denaro perché le dicessi la verità. Sembrava credere non solo che la signora fosse rientrata ma che... ma che...
BICE Ma che?
CAMERIERA Ma che fosse accompagnata dal signor Paolo.
BICE (dopo una breve esitazione). Avrà creduto che abbiamo voluto farle uno scherzo.
CAMERIERA A me non parve ch'essa scherzasse e rifiutai il denaro dicendo che non ebbi giammai dalla signora l'incarico dire delle bugie.
BICE Avete fatto bene, Giovanna.
CAMERIERA (esce e ritorna). C'è il signor Paolo Mansi!
BICE Entri, entri.
SCENA SECONDA
PAOLO e BICE
PAOLO (entra cauto, guarda d'intorno con attenzione, e poi sotto il sofà). Non c'è! Coraggio!
BICE Che fa?
PAOLO Sst! La porta è socchiusa! (Va a chiudere con cautela la porta.)
BICE (spazientita). Ma che cosa fa dunque?
PAOLO (fa come se rinvenisse da un sogno, poi con tristezza). Eccomi nella realtà! Ero nel sogno! Finché Ella non me ne trasse con la Sua rude domanda, potevo benissimo ritenermi un amante atteso con impazienza. E come godevo! Chiudevo la porta, guardavo in tutti i piú reconditi cantucci se ci fosse qualcuno. Non c'era nessuno!!! (Va ad aprire la porta e le parla.) Resta, resta aperta; sei talmente inutile. Nessuno avrà mai bisogno di spezzarti i cardini per aprirti. Stupida porta! Addobbo superfluo di un passaggio qualunque!
BICE (ridendo). Com'è peccato che sono obbligata di toglierle anche questo innocente divertimento! Ma vi sono obbligata!
PAOLO Che cosa va dicendo? E i nostri patti?
BICE Cera un patto, scritto anzi mi pare. Promisi infatti di ammettere ufficialmente la sua corte. Era un patto spiritoso e gentile; qualche cosa di simile si faceva anche alle corti d'amore medievali. Solo che nel nostro c'era una clausola modernamente umana ed è a quella che m'appello.
PAOLO Non ricordo le clausole, ma denunzio il patto in genere. Troppo duro!
BICE Bravo signor Paolo. Era questo che le domandavo.
PAOLO E ne facciamo un altro?
BICE Sí! di buoni amici!
PAOLO Allora preferisco il patto vecchio. Signora Bice! Abbia compassione di me! Avevo accettato un contratto per se stesso tanto duro. Se adesso capitano a complicarlo delle clausole che non ricordo, allora facilmente mi trovo ridotto alla disperazione.
BICE (ridendo). Quel facilmente è bellissimo.
PAOLO Ho sbagliato! Diavolo! Sono sconcertato in un modo! Ho sempre pensato che non v'è nulla di piú bestiale che di adirarsi quando una bella donna non vuole saperne di voi. Ma questa volta la cosa è troppo grave.
BICE Perché grave?
PAOLO Grave perché la donna di cui si tratta è troppo bella. Ella commette una mala azione.
BICE (ridendo). Non credo. La cosa mi divertiva e mi diverte ancora ma ho dovuto risolvermi a rinunziarvi. Rammenta che L'avvertii che quando la Sua corte avrebbe fatto soffrire qualcuno non L'avrei accettata piú?
PAOLO Diamine... Federico, forse?
BICE No! No! Non Federico! Egli non s'accorse di nulla. Anzi la Sua corte tanto spiritosa che mi divertiva sempre, diveniva seducente, appassionata in sua presenza soltanto. E... a dire il vero, Ella m'accordò ben di rado tale compiacenza.
PAOLO Me lo creda, signora Bice, che si trattava non di paura ma di riguardo.
BICE Riguardo per me?
PAOLO Ella dovrebbe rammentare che il signor Federico ha l'abitudine d'ammazzare le donne e non gli uomini.
BICE (con un'esclamazione di ribrezzo). Come il Suo spirito in tali frangenti inacidisce. Non ammazzò che la donna perché - al solito - l'uomo era fuggito.
PAOLO Mi perdoni se ho offeso un membro della Sua famiglia ma mi passa tutta la voglia di ridere sentendo che Lei, signora Bice, proprio Lei, m'attribuisce vigliaccheria. Vuole una prova del mio coraggio? Facciamoci sorprendere in flagrante!
BICE (ridendo). Un po' ardito ma non c'è male. Peccato ch'io abbia poca voglia di farmi sorprendere in flagrante. E non mica per paura, sa... (Interrompendosi.) Ma non ho nessuna voglia di avvilirla perché anzi desidererei di vederla ridivenire il mio buon vecchio amico ch'era stato prima. (Con calore.) Amelia soffre del Suo contegno. Me lo diede a capire. Io ho sbagliato; non ci avevo mai pensato ad Amelia.
PAOLO E neppur io. Adesso che son costretto di pensarci debbo confessare che non mi fa piacere.
BICE (ride). Sia pure! Abbiamo finito ridendo. Continuiamo a ridere e non se ne parli piú.
PAOLO Ella desidera che Le restituisca quelle lettere che Ella ebbe la bontà d'indirizzarmi quando ero a Roma?
BICE Oh! no! Le tenga per memoria o le distrugga! Badi che non cadano in mano a Amelia; è la sola persona che temo. In quanto alle Sue lettere, non so davvero dove le ho messe.
PAOLO Cosí almeno abbiamo trovato il vero tono per dividerci. A sentirci - dica la verità - sembrerebbe davvero che stessimo sciogliendo un nodo ed il nostro infatti era difficilissimo a sciogliere. Era veramente il nodo gordiano... dopo tagliato. Io, posso dirlo con piena sincerità, non ci ho capito ni...
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