[Pagina precedente]...oco che posso... fra parenti... Parlate pure...
Ma egli non poteva, no! colle fauci strette, la bocca amara, alzando ogni momento gli occhi su di lei, e aprendo le labbra senza che ne uscisse alcun suono. Infine, cavò di nuovo il fazzoletto per asciugarsi il sudore, se lo passò sulle labbra aride, balbettando:
- E' accaduta una disgrazia!... Una gran disgrazia!...
La baronessa ebbe paura di essersi lasciata andare troppo oltre. Nei suoi occhi, che fuggivano quelli lagrimosi del cugino, cominciò a balenare la inquietudine del contadino che teme per la sua roba.
- Cioè!... cioè!...
- Vostro figlio è tanto ricco!... Mia sorella no, invece!...
A quelle parole la cugina Rubiera tese le orecchie, colla faccia a un tratto irrigidita nella maschera dei suoi progenitori, improntata della diffidenza arcigna dei contadini che le avevano dato il sangue delle vene e la casa messa insieme a pezzo a pezzo colle loro mani. Si alzò, andò ad appendere la chiave allo stipite dell'uscio, frugò alquanto nei cassetti del cassettone. Infine, vedendo che don Diego non aggiungeva altro:
- Ma spiegatevi, cugino. Sapete che ho tanto da fare...
Invece di spiegarsi don Diego scoppiò a piangere come un ragazzo, nascondendo il viso incartapecorito nel fazzoletto di cotone, con la schiena curva e scossa dai singhiozzi ripetendo:
- Bianca! mia sorella!... E' capitata una gran disgrazia alla mia povera sorella!... Ah, cugina Rubiera!... voi che siete madre!...
Adesso la cugina aveva tutt'altra faccia anche lei: le labbra strette per non lasciarsi scappar la pazienza, e una ruga nel bel mezzo della fronte: la ruga della gente che è stata all'acqua e al sole per farsi la roba - o che deve difenderla. In un lampo le tornarono in mente tante cose alle quali non aveva badato nella furia del continuo da fare: qualche mezza parola della cugina Macrì; le chiacchiere che andava spargendo don Luca il sagrestano; certi sotterfugi del figliuolo. A un tratto si sentì la bocca amara come il fiele anch'essa.
- Non so, cugino, - gli rispose secco secco. - Non so come ci entri io in questi discorsi...
Don Diego stette un po' a cercare le parole, guardandola fisso negli occhi che dicevano tante cose, in mezzo a quelle lagrime di onta e di dolore, e poi nascose di nuovo il viso fra le mani, accompagnando col capo la voce che stentava a venir fuori:
- Sì!... sì!... Vostro figlio Ninì!...
La baronessa stavolta rimase lei senza trovar parola, con gli occhi che le schizzavano fuori dal faccione apoplettico fissi sul cugino Trao, quasi volesse mangiarselo; quindi balzò in piedi come avesse vent'anni, e spalancò in furia la finestra gridando:
- Rosaria! Alessi! venite qua!
- Per carità ! per carità ! - supplicava don Diego a mani giunte, correndole dietro. - Non fate scandali, per carità ! - E tacque, soffocato dalla tosse, premendosi il petto.
Ma la cugina, fuori di sé, non gli dava più retta. Sembrava un terremoto per tutta la casa: gli schiamazzi dal pollaio; l'uggiolare del cane; le scarpaccie di Alessi e di Rosaria che accorrevano a rotta di collo, arruffati, scalmanati, con gli occhi bassi.
- Dov'è mio figlio, infine? Cosa t'hanno detto alla Vignazza? Parla, stupido! - Alessi dondolandosi ora su di una gamba e ora sull'altra, balbettando, guardando inquieto di qua e di là , ripeteva sempre la stessa cosa: - Il baronello non era alla Vignazza. Vi aveva lasciato il cane, Marchese, la sera innanzi, ed era partito: - A piedi, sissignora. Così mi ha detto il fattore. - La serva, rassettandosi di nascosto, a capo chino, soggiunse che il baronello, allorché andava a caccia di buon'ora, soleva uscire dalla porticina della stalla, per non svegliar nessuno: - La chiave?... Io non so... Ha minacciato di rompermi le ossa... La colpa non è mia, signora baronessa!... - Come le pigliasse un accidente, alla signora baronessa. - Poi sgattaiolarono entrambi mogi mogi. Nella scala si udirono di nuovo le scarpaccie che scendevano a precipizio, inseguendosi.
Don Diego, cadaverico, col fazzoletto sulla bocca per frenare la tosse, continuava a balbettare soffocato delle parole senza senso.
- Era lì... dietro quell'uscio!... Meglio m'avesse ucciso addirittura... allorché mi puntò le pistole al petto... a me!... le pistole al petto, cugina Rubiera!...
La baronessa si asciugava le labbra amare come il fiele col fazzoletto di cotone: - No! questa non me l'aspettavo!... dite la verità , cugino don Diego, che non me la meritavo!... Vi ho sempre trattati da parenti... E quella gatta morta di Bianca che me la pigliavo in casa giornate intere... come una figliuola...
- Lasciatela stare, cugina Rubiera! - interruppe don Diego, con un rimasuglio del vecchio sangue dei Trao alle guance.
- Sì, sì, lasciamola stare! Quanto a mio figlio ci penserò io, non dubitate! Gli farò fare quel che dico io, al signor baronello... Birbante! assassino! Sarà causa della mia morte!...
E le spuntarono le lagrime. Don Diego, avvilito, non osava alzare gli occhi. Ci aveva fissi dinanzi, implacabili, Ciolla, la farmacia di Bomma, le risate ironiche dei vicini, le chiacchiere delle comari, ed anche insistente e dolorosa, la visione netta della sua casa, dove un uomo era entrato di notte: la vecchia casa che gli sembrava sentir trasalire ancora in ogni pietra all'eco di quei passi ladri: e Bianca, sua sorella, la sua figliuola, il suo sangue, che gli aveva mentito, che s'era stretta tacita nell'ombra all'uomo il quale veniva a recare così mortale oltraggio ai Trao: il suo povero corpo delicato e fragile nelle braccia di un estraneo!... Le lagrime gli scendevano amare e calde a lui pure lungo il viso scarno che nascondeva fra le mani.
La baronessa, infine, si asciugò gli occhi, e sospirò rivolta al crocifisso:
- Sia fatta la volontà di Dio! Anche voi, cugino Trao, dovete aver la bocca amara! Che volete: Tocca a noi che abbiamo il peso della casa sulle spalle!... Dio sa se della mia pelle ho fatto scarpe, dalla mattina alla sera! se mi son levato il pan di bocca per amore della roba!... E poi tutto a un tratto, ci casca addosso un negozio simile!... Ma questa è l'ultima che mi farà il signor baronello!... L'aggiusterò io, non dubitate! Alla fin fine non è più un ragazzo! Lo mariterò a modo mio... La catena al collo, là ! quella ci vuole!... Ma voi, lasciatemelo dire, dovevate tenere gli occhi aperti, cugino Trao!... Non parlo di vostro fratello don Ferdinando, ch'è uno stupido, poveretto, sebbene sia il primogenito... ma voi che avete più giudizio... e non siete un bambino neppur voi! Dovevate pensarci voi!... Quando si ha in casa una ragazza... L'uomo è cacciatore, si sa!... A vostra sorella avreste dovuto pensarci voi... o piuttosto lei stessa... Quasi quasi si direbbe... colpa sua!... Chissà cosa si sarà messa in testa?... magari di diventare baronessa Rubiera...
Il cugino Trao si fece rosso e pallido in un momento.
- Signora baronessa... siamo poveri... è vero... Ma quanto a nascita...
- Eh, caro mio! la nascita... gli antenati... tutte belle cose... non dico di no... Ma gli antenati che fecero mio figlio barone... volete sapere quali furono?... Quelli che zapparono la terra!... Col sudore della fronte, capite? Non si ammazzarono a lavorare perché la loro roba poi andasse in mano di questo e di quello... capite?...
In quel mentre bussarono al portone col pesante martello di ferro che rintronò per tutta la casa, e suscitò un'altra volta lo schiamazzo del pollaio, i latrati del cane; e mentre la baronessa andava alla finestra, per vedere chi fosse, Rosaria gridò dal cortile:
- C'è il sensale... quello del grano...
- Vengo, vengo! - seguitò a brontolare la cugina Rubiera, tornando a staccare dal chiodo la chiave del magazzino. - Vedete quel che ci vuole a guadagnare un tarì a salma, con Pirtuso e tutti gli altri! Se ho lavorato anch'io tutta la vita, e mi son tolto il pan di bocca, per amore della casa, intendo che mia nuora vi abbia a portare la sua dote anch'essa...
Don Diego, sgambettando più lesto che poteva dietro alla cugina Rubiera, per gli anditi e gli stanzoni pieni di roba seguitava:
- Mia sorella non è ricca... cugina Rubiera... Non ha la dote che ci vorrebbe... Le daremo la casa e tutto... Ci spoglieremo per lei... Ferdinando ed io...
- Appunto, vi dicevo!... Badate che c'è uno scalino rotto... Voglio che mio figlio sposi una bella dote. La padrona son io, quella che l'ha fatto barone. Non l'ha fatta lui la roba! Entrate, entrate, mastro Lio. Lì, dal cancello di legno. E' aperto...
- Vostro figlio però lo sapeva che mia sorella non è ricca!...- ribatteva il povero don Diego che non si risolveva ad andarsene, mentre la cugina Rubiera aveva tanto da fare. Essa allora si voltò come un gallo, coi pugni sui fianchi, in cima alla scala:
- A mio figlio ci penso io, torno a dirvi! Voi pensate a vostra sorella... L'uomo è cacciatore... Lo manderò lontano! Lo chiudo a chiave! Lo sprofondo! Non tornerà in paese altro che maritato! colla catena al collo! ve lo dico io! La mia croce! la mia rovina!...
Quindi, mossa a compassione dalla disperazione muta del poveraccio, il quale non si reggeva sulle gambe, aggiunse, scendendo adagio adagio:
- E del resto... sentite, don Diego... Farò anch'io quello che potrò per Bianca... Sono madre anch'io!... Sono cristiana!... Immagino la spina che dovete averci lì dentro...
- Signora baronessa, dice che il farro non risponde al peso, - gridò Alessi dalla porta del magazzino.
- Che c'è? Cosa dice?... Anche il peso adesso? La solita rinculata! per carpirmi un altro ribasso!...
E la baronessa partì come una furia. Per un po' si udì nella profondità del magazzino un gran vocìo: sembrava che si fossero accapigliati. Pirtuso strillava peggio di un agnello in mano al beccaio; Giacalone e Vito Orlando vociavano anch'essi, per metterli d'accordo, e la baronessa fuori di sé, che ne diceva di tutti i colori. Poscia vedendo passare il cugino Trao, il quale se ne andava colla coda fra le gambe, la testa infossata nelle spalle, barcollando, lo fermò sull'uscio, cambiando a un tratto viso e maniere:
- Sentite, sentite... l'aggiusteremo fra di noi questa faccenda... Infine cos'è stato?... Niente di male, ne son certa. Una ragazza col timor di Dio... La cosa rimarrà fra voi e me... l'accomoderemo fra di noi... Vi aiuterò anch'io, don Diego... Sono madre... son cristiana... La mariteremo a un galantuomo...
Don Diego scosse il capo amaramente, avvilito, barcollando come un ubbriaco nell'andarsene.
- Sì, sì, le troveremo un galantuomo... Vi aiuterò anch'io come posso... Pazienza!... Farò un sagrificio...
Egli a quelle parole si fermò, cogli occhi spalancati, tutto tremante: - Voi!... cugina Rubiera!... No!... no!... Questo non può essere...
In quel momento veniva dal magazzino il sensale, bianco di pula, duro, perfino nella barba che gli tingeva di nero il viso anche quand'era fatta di fresco: gli occhietti grigi come due tarì d'argento, sotto le sopracciglia aggrottate dal continuo stare al sole e al vento in campagna.
- Bacio le mani, signora baronessa.
- Come? Così ve ne andate? Che c'è di nuovo? Non vi piace il farro?
L'altro disse di no col capo anch'esso, al pari di don Diego Trao, il quale se ne andava rasente al muro, continuando a scrollare la testa, come fosse stato colto da un accidente, inciampando nei sassi ogni momento.
- Come? - seguitava a sbraitare la baronessa. - Un negozio già conchiuso!...
- C'è forse caparra, signora baronessa?
- Non c'è caparra; ma c'è la parola!...
- In tal caso, bacio le mani a vossignoria!
E tirò via, ostinato come un mulo. La baronessa, furibonda, gli strillò dietro:
- Sono azionacce da pari vostro! Un pretesto per rompere il negozio... degno di quel mastro-don Gesualdo che vi manda... ora che s'è pentito...
Giacalone e Vito Orlando gli correvano dietro anch'essi scalmanandosi a fargli sentire la ragione. Ma Pirtuso tirava via, senza rispondere neppure, dicendo a don Diego Trao che non gli dava retta:
- La baronessa ha un bel dire... come se al caso non avrebbe fatto lo stesso lei pure!... Ora che il barone Zacco ha cominciat...
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