[Pagina precedente]...re i rischi... le malannate!... Lasciateci l'osso, caro don Gesualdo! tappateci la bocca... Abbiamo denti, e sappiamo mordere! Andremo a rotta di collo noialtri e voi pure!...
Don Gesualdo scrollava il capo, sogghignando, come a dire: - Nossignore! Andrete a rotta di collo voialtri soltanto! - Seguitava a ripetere:
- Forse che io voglio cacciare il naso nei vostri scartafacci?
Poi, vedendo che il notaro diventava verde dalla bile, volle offrirgli una presa lui.
- Vi spiego il mistero in due parole, giacché vedo che mi parlate col cuore in mano. Piglierò in affitto le terre del comune... e quelle della Contea pure... tutte quante, capite, signor notaro? Allora comando ai prezzi e all'annata, capite?... Ve lo dico perchè siete un amico, e perché a far quel che dico io ci vogliono molti capitali in mano, e un cuore grande quanto il piano di Santamargherita, caro notaro. Perciò spingerò l'asta sin dove voialtri non potrete arrivare. Ma badate! a un certo punto, se non mi conviene, mi tiro indietro, e vi lascio addosso il peso che vi rompe la schiena...
- E questa è la conclusione?...
- Eh? eh? Vi piace?
Il notaro si volse di qua e di là, come cercasse per terra, si calcò il cappello in capo definitivamente, e volse le spalle:
- Salute a chi rimane!... Ce ne andiamo... Non abbiamo più nulla da fare.
Il canonico, ch'era stato ad ascoltare a bocca aperta, si strinse al socio con entusiasmo, appena rimasero soli.
- Che botta, eh? don Gesualdo! Che tomo siete voi!... La mia mezzeria ci sarà sempre?
Don Gesualdo rassicurò il canonico con un cenno del capo, e disse a Margarone:
- Signor don Filippo, andiamo avanti...
- Io non vo niente affatto! - rispose finalmente Margarone adirato. - La legge dice... Non c'è più concorrenza!... Non trovo garanzia!... Devo consultare i miei colleghi. - E si mise a raccogliere gli scartafacci in fretta e in furia.
- Ah! così si tratta?... è questa la maniera?... Va bene! va benone! Ne discorreremo poi, signor don Filippo... Un memoriale a Sua Maestà!... - Il canonico col mantello sul braccio come un oratore romano, perorava la causa dell'amico minaccioso. Don Gesualdo invece, più calmo, riprese il suo denaro e il taccuino zeppo di cifre: - Io sarò sempre qua signor don Filippo, quando aprite di nuovo l'asta.
- Signori miei!... guardate un po'... a che siam giunti! - brontolava Margarone. Per la scala del Palazzo di Città e per tutto il paese era un subbuglio, al sentire la lotta che c'era stata per levare di mano al barone Zacco le terre del comune che da quarant'anni erano nella sua famiglia e il prezzo a cui erano salite. La gente si affacciava sugli usci per veder passare mastro-don Gesualdo.
- Guardate un po', signori miei, a che s'era arrivati!... - Fresco come un bicchier d'acqua, quel mastro-don Gesualdo che se ne andava a casa, colle mani in tasca... In tasca aveva più denari che capelli in testa! e dava da fare ai primi signori del paese! Nell'anticamera aspettava don Giuseppe Barabba, in livrea: - Signor don Gesualdo, c'è di là la mia padrona a farvi visita... sissignore! - Donna Mariannina in gala era seduta sul canapè di seta, sotto lo specchio grande, nella bella sala gialla.
- Nipote mio, l'avete fatta grossa! Avete suscitato l'inferno in tutto il parentado!... Sicuro! La moglie del cugino Zacco è venuta a farmi vedere i lividori!... Sembra ammattito il barone!... Prende a sfogarsi con chi gli capita... Ed anche la cugina Rubiera... dice ch'è un proditorio! che il canonico Lupi vi aveva messi d'amore e d'accordo, e poi tutt'a un tratto... E' vero, nipote mio? Son venuta apposta a discorrerne con Bianca... Vediamo, Bianca, aiutami tu. cerchiamo d'accomodarla. Voi, don Gesualdo, le farete questo regalo, a vostra moglie. Eh? che ne dite?
Bianca guardava timidamente ora lei ed ora il marito, rannicchiata in un cantuccio del canapè, colle braccia sul ventre e il fazzoletto di seta in testa, che s'era messo in fretta onde ricevere la zia. Aprì la bocca per rispondere qualche cosa, messa in soggezione da donna Mariannina, la quale continuava a sollecitarla:
- Eh? che ne dici? Adesso sono anche affari tuoi.
Bianca tornò a guardare il marito, e tacque imbarazzata. Ma egli la tolse d'impiccio.
- Io dico di no, - rispose semplicemente.
- Ah? ah? Dite così?...
Donna Mariannina rimase a bocca aperta lei pure un istante.
Poscia divenne rossa come un gallo: - Ah! dite di no?... Scusatemi... Io non c'entro. Ero venuta a parlarne con mia nipote, perché non vorrei liti e questioni fra parenti... Anche coi tuoi fratelli, Bianca... quel che non ho fatto per indurli... don Diego specialmente ch'è così ostinato!... Una disgrazia... un gastigo di Dio!
- Che volete farci? - rispose don Gesualdo. - Non tutti i negozi riescono bene. Anch'io, se avessi saputo... Non parlo per la moglie che ho presa, no! Non me ne pento!... Buona, interessata, ubbidiente... Glielo dico qui, in faccia a lei... Ma quanto al resto... lasciamo andare!
- Dite bene, lasciamo andare. Apposta son venuta a parlare con Bianca, perché so che le volete bene. Adesso siete marito e moglie, come vuol Dio. Anch'essa è la padrona...
- Sissignore, è la padrona. Ma io sono il marito...
- Vuol dire che ho sbagliato, - disse la Sganci punta al vivo.
- No, non avete sbagliato vossignoria. E' che Bianca non se ne intende, poveretta. E' vero, Bianca, che non te ne intendi, di'?
Bianca disse di sì, chinando il capo ubbidiente.
- Sia per non detto. Non ne parliamo più. Ho fatto il mio dovere da buona zia, per cercare di mettervi d'accordo... Anche oggi, laggiù, al Municipio, avete visto?... quello che vi feci dire dal canonico Lupi?...
- Lupus in fabula! - esclamò costui entrando come in casa propria, col cappello in testa, il mantello ondeggiante dietro, fregandosi le mani. - Sparlavate di me, eh? Mi sussurravano le orecchie...
- Voi piuttosto, buonalana! Avete la cera di chi ha preso il terno al lotto!
- Il terno al lotto? Mi fate il contrappelo anche? Un povero diavolo che s'arrabatta da mattina a sera!...
- Si discorreva della gabella delle terre... - disse don Gesualdo tranquillamente, tirando su una presa, - così, per discorrere...
- Ah! ah! - rispose il canonico; e si mise a guardare in aria. La zia Sganci osservava lei pure i mobili nuovi, voltando la testa di qua e di là.
- Belli! belli! Me l'aveva detto la cugina Cirmena. Peccato che non mi sentissi bene la sera del matrimonio...
- E gli altri pure, signora donna Mariannina! - rispose il canonico con una risatina. - Fu un'epidemia!...
- No! no! Posso assicurarvelo! in fede mia!... La Rubiera, poveretta!... E anche suo figlio... Lo sento sempre che si lagna... - Zia, come potrei?... - Donna Mariannina s'interruppe. - Ma abbiamo detto di non parlarne più. Lui però si duole di non poter venire a fare il suo dovere... Dissidi ce n'è sempre, dico io, anche tra fratelli e sorelle... Ma passeranno, coll'aiuto di Dio... Sai, Bianca? tuo cugino si marita. Ora non c'è bisogno di far misteri perché tutto è combinato. Don Filippo dà la tenuta alla Salonia, trenta salme di terra! Una bella dote.
Bianca ebbe un'ondata di sangue al viso, indi divenne smorta come un cencio; ma non si mosse né disse verbo.
Il canonico rispose lui invece, masticando ancora l'amaro.
- Lo sappiamo! lo sappiamo! L'abbiamo capita oggi, al Municipio!... - Infine non seppe più frenarsi, quasi bruciasse a lui la ferita.
- La baronessa Rubiera ha cercato di dare il gambetto a me pure!... a me che le avevo proposto l'affare!... Si è messa d'accordo cogli avversari! Tutti contrari!... I parenti della moglie schierati contro il marito!... Uno scandalo che non s'è mai visto... Hanno bandito un nuovo appalto per il ponte onde fargli perdere la cauzione a questo disgraziato! Tutte le angherie!... Per la costruzione delle nuove strade fanno venire i concorrenti sin da Caltagirone e da Lentini!... - Di là almeno non ci capita addosso qualche altro parente!...- ha detto il barone Mèndola, colla sua stessa bocca nella farmacia.
Donna Marianna diventava di cento colori e si mordeva le labbra per non spifferare il fatto suo. Don Gesualdo invece se la rideva tranquillamente, sdraiato sul suo bel canapè soffice, e a un certo punto gli chiuse anche la bocca colla mano al canonico.
- Lasciate stare!... Queste son chiacchiere che non vanno al mulino. Ciascuno fa il suo interesse.
- Dico per rispondere a donna Mariannina. Volete sentirne un'altra, eh? la più bella? Si sono pure messi d'accordo per vendere il grano a rotta di collo, e far cascare i prezzi. Una camorra! Il baronello Rubiera ha detto che non gliene importa di perdervi cent'onze, pur di farne perdere mille a don Gesualdo che ha i magazzini pieni... Al marito di sua cugina! Vergogna! Ce n'ho venti salme anch'io, capite, vossignoria! Una birbonata!
Il canonico andava scaldandosi maggiormente di mano in mano, rivolto a mastro-don Gesualdo: - Bel guadagno avete fatto a imparentarvi con loro. Chi l'avrebbe detto... eh? L'avete sbagliata!... Scusate, donna Bianca! non parlo per voi che siete un tesoro!... Allora, cara donna Mariannina!... allora, quand'è così, muoia Sansone con tutti i Filistei.
- E lasciamoli morire, - disse la signora Sganci alzandosi. - Già il mondo non finirà per questo. - Come la nipote s'era alzata anch'essa dal canapè, mortificata da tutti quei discorsi, colle braccia incrociate sul ventre, donna Mariannina continuò ridendo e fissandole gli occhi addosso: - E' vero, Bianca che il mondo non lo lascerai finire, tu? - Bianca tornò a farsi rossa. - Evviva! Mi congratulo. Ora che avete questa bella casa dovete fare un bel battesimo... con tutti i parenti... d'amore e d'accordo. Se no, perché li avrete spesi tanti denari?
Don Gesualdo non voleva darla vinta ai suoi nemici, ma dentro si rodeva, perché davvero non gli servivano gran cosa tutti quei denari spesi. - Eh, eh, - rispose con quel certo buon umore che voleva sfoggiare allora. - Pazienza! Serviranno per chi verrà dopo di noi, se Dio vuole! - E batteva affettuosamente sulla spalla della moglie, amorevole e sorridente, mentre pensava pure che se i suoi figliuoli avessero avuto la stessa sorte, erano proprio denari buttati via, tante fatiche, i guadagni stessi, sempre con quel bel risultato! Poi, quando la zia Sganci se ne fu andata, prese a brontolare contro di Bianca, che non si era messo il vestito buono per ricevere la zia: - Allora a che serve aver la roba? Diranno che ti tengo come una serva. Bel gusto spendere i denari, per non goderne né noi né gli altri!
- Lasciamo stare queste sciocchezze, e parliamo di cose serie! - interruppe il canonico che s'era riannuvolato in viso. - C'è un casa del diavolo. Cercano di aizzarvi contro tutto il paese, dicendo che avete le mani lunghe, e volete acchiappare quanta terra si vede cogli occhi, per affamare la gente... Quella bestia di Ciolla va predicando per conto loro... Vogliono scatenarci contro anche i villani... a voi e a me, caro mio! Dicono che io tengo il sacco... Non posso uscir di casa...
Don Gesualdo scrollava le spalle. - Ah, i villani? Ne riparleremo poi, quando verrà l'inverno. Voi che paura avete?
- Che paura ho, per... mio!... Non sapete che a Palermo hanno fatto la rivoluzione.
Andò a chiudere l'uscio in punta di piedi, e tornò cupo, nero in viso.
- La Carboneria, capite!... Anche qui hanno portato questa bella novità! Posso parlare giacché non l'ho avuta sotto il suggello della confessione. Abbiamo la sètta anche qui!
E spiegò cos'era la faccenda: far legge nuova e buttar giù coloro che avevano comandato sino a quel giorno.
- Una setta, capite? Tavuso, mettiamo, al posto di Margarone; e tutti quanti colle mani in pasta! Ogni villano che vuole il suo pezzo di terra! pesci grossi e minutaglia, tutti insieme. Dicono che vi è pure il figlio del Re, nientemeno! il Duca di Calabria.
Don Gesualdo, ch'era stato ad ascoltare con tanto d'occhi aperti, scappò a dire:
- S'è così... ci sto anch'io! non cerco altro!... E me lo dite con quella faccia? Mi avete fatto una bella paura, santo Dio!
L'altro rimase a bocca aperta: - C...
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