[Pagina precedente]...Nulla!... nulla m'avete fatto sapere!... Non son più nulla... un'estranea!... Fuori, dalla casa e dal cuore!... fuori!... da per tutto!
- Zitta!... - balbettò don Ferdinando mettendo il dito tremante sulla bocca. - Poi!... poi!... Adesso taci!... Tanta gente, vedi!...
- Bianca! Bianca!... - supplicavano gli altri abbracciandola, spingendola, tirandola per le vesti.
- Portatela via!... - gridò la zia Macrì dall'uscio. - Nello stato in cui è, la poveretta... succederà qualche altra tragedia!...
Frattanto giunse donna Sarina Cirmena, scalmanata, in un bagno di sudore.
- L'ho saputo or ora! - balbettò lasciandosi cadere sul seggiolone di cuoio in mezzo ai parenti riuniti nella gran sala. - Che volete? con quel parapiglia che c'è stato nel paese! Se non era pel viatico che vidi venire da queste parti...
Il marchese indicò l'uscio dell'altra stanza con un cenno del capo. La zia Cirmena, accasciata sul seggiolone, col fazzoletto agli occhi, piagnucolò:
- Io non ci reggo a queste scene!... Sono tutta sottosopra!... - E siccome continuava a interrogare cogli occhi or questo e or quello, donna Agrippina rispose sottovoce, compunta, facendo il segno della croce:
- Or ora!... cinque minuti fa!
Don Giuseppe venne recando in fascio le bandiere:
- Ecco!... Il falegname è avvertito.
Il barone Mèndola s'alzò per andare a sentire cosa volesse.
- Va bene, va bene, - disse Mèndola. - Or ora si pensa a tutto. Don Luca? ehi? don Luca?
Appena il sagrestano affacciò il capo all'uscio, si udirono delle strida che laceravano il cuore.
- Povera Bianca!... sentite?
- Fa come una pazza! - confermò don Luca. - Si strappa i capelli!...
Il barone Mèndola lo interrogò dinanzi a tutti quanti:
- Avete pensato a ogni cosa, eh, don Luca?
- Sissignore. Il catafalco, le bandiere, tante messe quanti preti ci sono. Ma chi paga?
- Andate! andate! - interruppe vivamente la Cirmena spingendo per le spalle il sagrestano verso la camera del morto, dove cresceva il trambusto.
- Mi dispiace! - osservò la zia Macrì alzandosi per vedere dov'era arrivato il sole. - Mi dispiace che si fa tardi e a casa mia non c'è nessuno per preparare un boccone.
Uscì don Luca dalla camera del morto, turbato in viso.
- E' un affar serio... Bisognerà portarla via per amore o per forza!... Vi dico ch'è un affar serio!
- E' permesso? Si può?
Era il vocione del cacciatore che accompagnava la baronessa Mèndola, col cappello piumato, le calze imbottite di noci. La vecchia, senza bisogno di udir altro, diritta e stecchita come un fuso, andò a prendere il suo posto fra i parenti che al suo apparire s'erano taciuti, seduti intorno sui seggioloni antichi, col viso lungo e le mani sul ventre. La baronessa guardava intorno, gridando a voce alta:
- E la Rubiera? e la cugina Sganci? Ora che si fa? Bisogna avvertire il parentado per le esequie...
- Eccola lì! - disse donna Sarina all'orecchio della Macrì. - Cascasse il mondo... non manca mai!... Avete visto il subbuglio che c'è per le strade?
La cugina rispose con un sorriso pallido, facendo segno che la vecchia non aveva paura di nulla perché era sorda.
- Il fatto è... - cominciò il barone.
Ma in quel momento portavano Bianca svenuta, le braccia penzoloni, donna Agrippina e il sagrestano rossi, ansanti, e col fiato ai denti. - Quasi fosse morta! - sbuffò il sagrestano.
- Gli pesano le ossa!... - La zia Macrì consigliò: - Lì, lì, nella sua camera!...
- Il fatto è... - riprese il barone Mèndola sottovoce, tirando in disparte il cugino Limòli e donna Sarina Cirmena, - il fatto è che bisogna concertarsi pel funerale. Adesso vedrete che spuntano fuori i parenti del cognato Motta... Faremo un bel vedere!... al fianco di Burgio e di mastro Nunzio Motta!... Ma il marito non si può lasciarlo fuori... E' una disgrazia, non dico di no... ma bisogna sorbirsi mastro-don Gesualdo, eh?...
- Sicuro! sicuro! - rispose la zia Cirmena.
Essa voleva fare qualche altra obiezione. Ma il marchese Limòli disse il fatto suo:
- Lasciate correre, cugina cara!... Tanto!... il morto è morto, e non parla più.
- Allora!... - ribatté la Cirmena diventando rossa, - è una bella porcheria che mastro-don Gesualdo non si sia fatto neppur vedere!
Mèndola uscì sul pianerottolo per dire a Barabba di correre a casa Sganci.
- Ci vogliono denari, - disse piano tornando indietro. - Avete sentito il sagrestano? Le spese chi le fa?
La zia Macrì finse di non udire, discorrendo sottovoce colla Cirmena:
- Povera Bianca!... in quello stato! Quanti mesi sono? lo sapete?...
- Sette... devono esser sette... Insomma un affar serio!...
Il marchese Limòli, che discuteva insieme a Mèndola e a Barabba sui preparativi del funerale conchiuse:
- Io inviterei l'Arciconfraternita dei Bianchi trattandosi di una persona di riguardo...
- Sicuro... Bisogna far le cose con decoro... senza risparmio!...
Ma ciascuno vogava al largo quando si parlava di anticipare un baiocco. Nella camera del morto durava intanto il contrasto fra la moglie del sagrestano, che voleva farne uscire don Ferdinando, e lui che si ostinava a rimanere: come un guaiolare di cagnuolo, e la voce aspra della zia Grazia, la quale strillava:
- Madonna santa! non capite proprio nulla?... Siete un ragazzo tale e quale! Il mio ragazzo avrebbe più giudizio di voi, guardate!
E tutt'a un tratto, in mezzo al crocchio dei parenti che discorrevano sottovoce, si vide capitare don Ferdinando strascicando le gambe, coi capelli arruffati, la camicia aperta, il viso di un cadavere anch'esso, recando uno scartafaccio che andava mostrando a tutti quanti:
- Ecco il privilegio!... Il diploma del Re Martino... Bisogna metterlo nell'iscrizione mortuaria... Bisogna far sapere che noi abbiamo diritto di esser seppelliti nelle tombe reali... una cum regibus! Ci avete pensato alle bandiere collo stemma? Ci avete pensato al funerale?
- Sì, sì, non dubitate...
Come ciascuno evitava di impegnarsi direttamente, voltandogli le spalle, don Ferdinando andava dall'uno all'altro biascicando, colle lagrime agli occhi:
- Una cum regibus!... Il mio povero fratello!... Una cum regibus!...
- Va bene, va bene, - gli rispose il marchese Limòli. - Non ci pensate.
Il barone Mèndola, che era stato a confabulare con della gente, fuori sul pianerottolo, rientrò gesticolando:
- Signori miei!... se sapeste!... Casco dalle nuvole!...
- Zitto! - gli fece segno il marchese, - zitto! Che cos'è adesso?...
Nella camera di Bianca udivasi un gran trambusto; delle voci affannose e supplichevoli; un tramenìo come di gente in lotta; grida deliranti di dolore e di collera; poscia un urlo che fece trasalire tutti quanti. L'uscio fu sbatacchiato con impeto, e ne uscì all'improvviso il marchese stravolto. Un momento dopo si affacciò la zia Macrì gridando:
- Un medico! Presto! presto!
Giungevano allora altri parenti in processione, compunti coi guanti neri. In mezzo al rumore delle seggiole smosse la zia Macrì tornò a gridare:
- Presto! un medico! presto!
IV
"Se agglomerate cerimonie tema non forman delle mie verghe non ne traligna l'ossequio. Sì che sorgenti men fallaci e più stabili le sole preci ne reputo. Il favor di un vostro sguardo è quel che anelo, e lo ambisco mercé delle melenzose mie riga.
L'ore 7 del 17.
" Barone Antonino Rubiera."
- Sicuro! - aggiunse mastro Titta che stava sull'uscio del palchetto, mentre donna Fifì compitava la letterina. - Me l'ha data lui stesso, il baronello, per consegnarla di nascosto alla prima donna. Ma, per carità ! Son padre di famiglia!... Non mi fate perdere il pane.
Donna Fifì, gialla dalla bile, non rispose neppure. Di nascosto, dietro il parapetto, spiegazzava la lettera con mano febbrile. Indi la passò alla mamma che balbettava.
- Ma sentiamo... Cosa dice?...
- Me ne vo, - riprese il barbiere umilmente. - Torno sul palcoscenico perché adesso lei ammazza il primo amoroso, e devo pettinarla coi capelli giù per le spalle... Mi raccomando, donna Fifì!... Non mi tradite!...
- Ma che dice? - ripeté la mamma.
Nicolino cacciò il capo fra di loro, e si buscò una pedata. Agli strilli accorse don Filippo, che stava passeggiando nel corridoio, perché il palco era pieno zeppo.
- Che c'è?... Al solito! Facciamo ribellare tutto il teatro... soltanto noi!...
Canali cacciò anche lui il capo dentro il palchetto.
- State attenti! Ora c'è la scena in cui s'ammazzano!...
- Magari! - borbottò fra i denti Fifì.
- Eh? Che cosa?
- Nulla. Fifì ha mal di capo, - rispose don Filippo. Quindi piano alla moglie: - Si può sapere che cosa c'è?
- Si soffoca! - aggiunse Canali. - Mi fate un po' di posto?... Guardate lassù!... quanta gente! Quasi quasi mi metto in maniche di camicia.
C'era una siepe di teste. Dei contadini ritti in piedi sulle panche della piccionaia, che si tenevano alle travi del soffitto per guardar giù in platea; dei ragazzi che si spenzolavano quasi fuori della ringhiera, come stessero a rimondar degli ulivi; una folla tale che la signora Capitana, nel palco dirimpetto, minacciava di svenirsi ogni momento, colla boccetta d'acqua d'odore sotto il naso.
- Perché non si fa slacciare dal Capitan d'Arme? - disse Canali che aveva di tali uscite.
Il barone Mèndola, il quale stava facendo visita a donna Giuseppina Alòsi nel palco accanto, si voltò colla sua risata sciocca che si udiva per tutta la sala. Donna Giovannina si fece rossa. Mita sgranò tanto d'occhi, e la mamma spinse Canali fuori dell'uscio. Poi disse a Fifì:
- Bada! La Capitana ti guarda col cannocchiale!...
- No! Non guarda me! - rispose lei facendo una spallata.
- Ne volete sentire una nuova? - seguitò il barone ostinandosi a cacciare il capo nel vano dell'uscio. - C'è un casa del diavolo, dalla Capitana!... Fa sorvegliare la locanda dov'è alloggiata la prima donna!... Suo marito stesso, poveretto!... Pare che ne abbia scoperto delle belle!... - Il Capitan d'Arme, seccato, fu costretto a rimbeccargli: - Perché non badate a quel che succede in casa vostra, caro collega?
- Ehm! ehm! - tossì don Filippo gravemente. Dalla platea intimarono pure silenzio, giacché s'alzava il sipario. Donna Bellonia allora cavò fuori gli occhiali per leggere il biglietto, dietro le spalle di Fifì.
- Ma che dice? Io non ci capisco niente!...
- Ah, non capite?... Non me ne ha scritta mai una così bella!... l'infame! il traditore!...
Il fatto è che Ciolla, il quale si piccava di letteratura, ci s'era stillata la quintessenza del cervello, chiusi tutti e due a quattr'occhi col baronello nella retrobottega di Giacinto. Don Filippo tornò a domandare:
- Ma che c'è? Si può sapere?
- Ssst!!! - zittirono dalla platea.
Si sarebbe udita volare una mosca. La prima donna, tutta bianca fuorché i capelli, sciolti giù per le spalle, come l'aveva pettinata mastro Titta, faceva accapponar la pelle a quanti stavano a sentirla. Alcuni, dall'ansia, s'erano anche alzati in piedi, malgrado le proteste di quelli ch'erano seduti dietro e non vedevano niente. Lo stesso Canali, commosso, si soffiava il naso come una tromba.
- Guardate! guardate!... adesso!...
"Io!... io stessa!... con questa destra che tu impalmasti, giurandomi eterna fé!..."
L'amoroso, un mingherlino che lei si sarebbe messo in tasca, indietreggiava a passi misurati, con una mano sul giustacuore di velluto, e l'altra, in atto di orrore, fra i capelli arricciati.
- Non ci reggo, no! - borbottò Canali. E scappò via, giusto nel momento che risuonavano gli applausi.
- Che comica, eh? Che talento? - esclamò don Filippo smanacciando lui pure. - Peste!... maleducato!...
Nicolino impaurito sgambettava e cacciavasi verso l'uscio a testa in giù, strillando che voleva andarsene. Un terremoto giù in platea. Tutti in piedi, vociando e strepitando. La prima donna ringraziava di qua e di là , dimenando i fianchi, saettando il collo a destra e a sinistra al pari di una testuggine, mandando baci e sorrisi a tutti quanti sulla punta delle dita, colle labbra cucite dal rossetto, il seno che le scappava fuori tremolante ad ogni inchino.
- Sangue di!... corpo di!... - esclamò Canali che era tornato ad applaudire. - Son maritato!... son padre di...
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