[Pagina precedente]...tto! zitto, ubbriacone! - gli diede sulla voce l'Avvocato fiscale. - Piuttosto andiamo a vedere il fuoco.
Adesso dal corridoio, dalla scala dell'orto, tutti portavano acqua. Compare Cosimo era salito sul tetto, e dava con la scure sui travicelli. Da ogni parte facevano piovere sul soffitto che fumava, tegole, sassi, cocci di stoviglie. Burgio, sulla scala a piuoli, sparandovi schioppettate sopra, e dall'altro lato Pelagatti, appostato accanto al fumaiuolo, caricava e scaricava il pistolone senza misericordia. Don Luca che suonava a tutto andare le campane; la folla dalla piazza vociando e gesticolando; tutti i vicini alla finestra. I Margarone stavano a vedere dalla terrazza al di sopra dei tetti, dirimpetto, le figliuole ancora coi riccioli incartati, don Filippo che dava consigli da lontano, dirigendo le operazioni di quelli che lavoravano a spegnere l'incendio colla canna d'India.
Don Ferdinando, il quale tornava in quel momento carico di scartafacci, batté il naso nel corridoio buio contro Giacalone che andava correndo.
- Scusate, don Ferdinando. Vado a chiamare il medico per la sorella di vossignoria.
- Il dottor Tavuso! - gli gridò dietro la zia Macrì una parente povera come loro, ch'era accorsa per la prima. - Qui vicino, alla farmacia di Bomma.
Bianca era stata presa dalle convulsioni: un attacco terribile; non bastavano in quattro a trattenerla sul lettuccio. Don Diego sconvolto anche lui, pallido come un cadavere, colle mani scarne e tremanti, cercava di ricacciare indietro tutta quella gente. - No!... non è nulla!... Lasciatela sola!...- Il Capitano si mise infine a far piovere legnate a diritta e a manca, come veniva, sui vicini che s'affollavano all'uscio curiosi. - Che guardate? Che volete? Via di qua! fannulloni! vagabondi! Voi, don Liccio Papa, mettetevi a guardia del portone.
Venne più tardi un momento il barone Mèndola, per convenienza, e donna Sarina Cirmena che ficcava il naso da per tutto; il canonico Lupi da parte della baronessa Rubiera. La zia Sganci e gli altri parenti mandarono il servitore a prender notizie della nipote. Don Diego, reggendosi appena sulle gambe, sporgeva il capo dall'uscio, e rispondeva a ciascheduno:
- Sta un po' meglio... E' più calma!... Vuol esser lasciata sola...
- Eh! eh! - mormorò il canonico scuotendo il capo e guardando in giro le pareti squallide della sala: - Mi rammento qui!... Dove è andata la ricchezza di casa Trao!...
Il barone scosse il capo anche lui, lisciandosi il mento ispido di barba dura colla mano pelosa. La zia Cirmena scappò a dire:
- Sono pazzi! Pazzi da legare tutti e due! Don Ferdinando già è stato sempre uno stupido... e don Diego... vi rammentate! Quando la cugina Sganci gli aveva procurato quell'impiego nei mulini!... Nossignore!... un Trao non poteva vivere di salario!... Di limosina sì, possono vivere!...
- Oh! oh! - interruppe il canonico, colla malizia che gli rideva negli occhietti di topo, ma stringendo le labbra sottili.
- Sissignore!... Come volete chiamarla: Tutti i parenti si danno la voce per quello che devono mandare a Pasqua e a Natale... Vino, olio, formaggio... anche del grano... La ragazza già è tutta vestita dei regali della zia Rubiera.
- Eh! eh!... - Il canonico, con un sorrisetto incredulo, andava stuzzicando ora donna Sarina ed ora il barone, il quale chinava il capo, seguitava a grattarsi il mento discretamente, fingeva di guardare anch'esso di qua e di là, come a dire: - Eh! eh! pare anche a me!...
Giunse in quel mentre il dottor Tavuso in fretta, col cappello in capo, senza salutar nessuno, ed entrò nella camera dell'inferma.
Poco dopo tornò ad uscire, stringendosi nelle spalle, gonfiando le gote, accompagnato da don Ferdinando allampanato che pareva un cucco. La zia Macrì e il canonico Lupi corsero dietro al medico. La zia Cirmena che voleva sapere ogni cosa e vi piantava in faccia quei suoi occhialoni rotondi peggio dell'Avvocato fiscale.
- Eh? Cos'è stato? Lo sapete voi? Adesso si chiamano nervi... malattia di moda... Vi mandano a chiamare per un nulla quasi potessero pagare le visite del medico! - rispose Tavuso burbero. Quindi, piantando anche lui gli occhiali in faccia a donna Sarina:
- Volete che ve la dica? Le ragazze a certa età bisogna maritarle!
E voltò le spalle soffiando gravemente, tossendo, spurgandosi. I parenti si guardarono in faccia. Il canonico, per discrezione, prese a tenere a bada il barone Mèndola, dandogli chiacchiera e tabacco, sputacchiando di qua e di là, onde cercare di sbirciar quello che succedeva dietro l'uscio socchiuso di donna Bianca, stringendo le labbra riarse come inghiottisse ogni momento: - Si capisce!... La paura avuta!... Le avevano fatto credere d'avere i ladri in casa!... povera donna Bianca!... E' così giovine!... così delicata!...
- Sentite, cugina! - disse donna Sarina tirando in disparte la Macrì. Don Ferdinando, sciocco, voleva accostarsi per udire lui pure: - Un momento! Che maniera! - lo sgridò la zia Cirmena. - Ho da dire una parola a vostra zia!... Piuttosto andate a pigliare un bicchiere d'acqua per Bianca, che le farà bene...
Tornò a scendere Santo Motta di lassù, fregandosi le mani, coll'aria sorridente: - E' tutta rovinata la cucina! Non c'è più dove cuocere un uovo!... Bisognerà fabbricarla di nuovo! - Come nessuno gli dava retta, fissava in volto or questo ed ora quello col suo sorriso sciocco.
Il canonico Lupi, per levarselo dai piedi, gli disse infine:
- Va bene, va bene. Poi ci si penserà...
Il barone Mèndola, appena Santo Motta volse le spalle, si sfogò infine:
- Ci si penserà?... Se ci saranno i denari per pensarci! Io gliel'ho sempre detto... Vendete metà di casa, cugini cari... anche una o due camere... tanto da tirare innanzi!... Ma nossignore!.. Vendere la casa dei Trao?... Piuttosto, ogni stanza che rovina chiudono l'uscio e si riducono in quelle che restano in piedi... Così faranno per la cucina... Faranno cuocere le uova qui in sala, quando le avranno... Vendere una o due camere:... Nossignore... non si può, anche volendo... La camera dell'archivio: e ci son le carte di famiglia!... Quella della processione: e non ci sarà poi dove affacciarsi quando passa il Corpus Domini!... Quella del cucù:... Ci hanno anche la camera pel cucù, capite!
E il barone, con quella sfuriata, li piantò tutti lì, che si sganasciavano dalle risa.
Donna Sarina, prima d'andarsene, picchiò di nuovo all'uscio della nipote, per sapere come stava. Fece capolino don Diego, sempre con quella faccia di cartapesta, e ripeté:
- Meglio... E' più calma!... Vuol esser lasciata sola...
- Povero Diego! - sospirò la zia Macrì. - La Cirmena fece ancora alcuni passi nell'anticamera, perché non udisse don Ferdinando il quale veniva a chiuder l'uscio, e soggiunse sottovoce:
- Lo sapevo da un pezzo... Vi rammentate la sera dell'Immacolata, che cadde tanta neve?... Vidi passare il baronello Rubiera dal vicoletto qui a due passi... intabarrato come un ladro...
Il canonico Lupi attraversò il cortile, rialzando la sottana sugli stivaloni grossi in mezzo alle erbacce, si voltò indietro verso la casa smantellata, per veder se potessero udirlo, e poi, dinanzi al portone, guardando inquieto di qua e di là, conchiuse:
- Avete udito il dottore Tavuso? Possiamo parlare perché siamo tutti amici intimi e parenti... A certa età le ragazze bisogna maritarle!
II
Nella piazza, come videro passare don Diego Trao col cappello bisunto e la palandrana delle grandi occasioni, fu un avvenimento: - Ci volle il fuoco a farvi uscir di casa! - Il cugino Zacco voleva anche condurlo al Caffè dei Nobili: - Narrateci, dite come fu... - Il poveraccio si schermì alla meglio; per altro non era socio: poveri sì, ma i Trao non s'erano mai cavato il cappello a nessuno. Fece il giro lungo onde evitare la farmacia di Bomma, dove il dottor Tavuso sedeva in cattedra tutto il giorno; ma nel salire pel Condotto, rasente al muro, inciampò in quella linguaccia di Ciolla, ch'era sempre in cerca di scandali:
- Buon vento, buon vento, don Diego! Andate da vostra cugina Rubiera?
Lui si fece rosso. Sembrava che tutti gli leggessero in viso il suo segreto! Si voltò ancora indietro esitante, guardingo, prima d'entrare nel vicoletto, temendo che Ciolla stesse a spiarlo. Per fortuna colui s'era fermato a discorrere col canonico Lupi, facendo di gran risate, alle quali il canonico rispondeva atteggiando la bocca al riso anche lui, discretamente.
La baronessa Rubiera faceva vagliare del grano. Don Diego la vide passando davanti la porta del magazzino, in mezzo a una nuvola di pula, con le braccia nude, la gonnella di cotone rialzata sul fianco, i capelli impolverati, malgrado il fazzoletto che s'era tirato giù sul naso a mo' di tettino. Essa stava litigando con quel ladro del sensale Pirtuso, che le voleva rubare il suo farro pagandolo due tarì meno a salma, accesa in volto, gesticolando con le braccia pelose, il ventre che le ballava: - Non ne avete coscienza, giudeo?... - Poi, come vide don Diego, si voltò sorridente:
- Vi saluto, cugino Trao. Cosa andate facendo da queste parti?
- Veniva appunto, signora cugina... - e don Diego, soffocato dalla polvere, si mise a tossire.
- Scostatevi, scostatevi! Via di qua, cugino. Voi non ci siete avvezzo - interruppe la baronessa. - Vedete cosa mi tocca a fare? Ma che faccia avete, gesummaria! Lo spavento di questa notte, eh?...
Dalla botola, in cima alla scaletta di legno, si affacciarono due scarpacce, delle grosse calze turchine, e si udì una bella voce di giovanetta la quale disse:
- Signora baronessa, eccoli qua.
- E' tornato il baronello?
- Sento Marchese che abbaia laggiù.
- Va bene, adesso vengo. Dunque, pel farro cosa facciamo, mastro Lio?
Pirtuso era rimasto accoccolato sul moggio, tranquillamente, come a dire che non gliene importava del farro, guardando sbadatamente qua e là le cose strane che c'erano nel magazzino vasto quanto una chiesa. Una volta, al tempo dello splendore dei Rubiera, c'era stato anche il teatro. Si vedeva tuttora l'arco dipinto a donne nude e a colonnati come una cappella; il gran palco della famiglia di contro, con dei brandelli di stoffa che spenzolavano dal parapetto; un lettone di legno scolpito e sgangherato in un angolo; dei seggioloni di cuoio, sventrati per farne scarpe; una sella di velluto polverosa, a cavalcioni sul subbio di un telaio; vagli di tutte le grandezze appesi in giro; mucchi di pale e di scope; una portantina ficcata sotto la scala che saliva al palco, con lo stemma dei Rubiera allo sportello, e una lanterna antica posata sul copricielo, come una corona. Giacalone, e Vito Orlando, in mezzo a mucchi di frumento alti al pari di montagne, si dimenavano attorno ai vagli immensi, come ossessi, tutti sudati e bianchi di pula, cantando in cadenza; mentre Gerbido, il ragazzo, ammucchiava continuamente il grano con la scopa.
- Ai miei tempi, signora baronessa, io ci ho visto la commedia, in questo magazzino, - rispose Pirtuso per sviare la domanda.
- Lo so! lo so! Così si son fatti mangiare il fatto suo i Rubiera! E ora vorreste continuare!... Lo pigliate il farro, sì o no?
- Ve l'ho detto: a cinque onze e venti.
- No, in coscienza, non posso. Ci perdo già un tarì a salma.
- Benedicite a vossignoria!
- Via, mastro Lio, ora che ha parlato la signora baronessa! - aggiunse Giacalone, sempre facendo ballare il vaglio. Ma il sensale riprese il suo moggio, e se ne andò senza rispondere. La baronessa gli corse dietro, sull'uscio, per gridargli:
- A cinque e vent'uno. V'accomoda?
- Benedicite, benedicite.
Ma essa, colla coda dell'occhio, si accorse che il sensale si era fermato a discorrere col canonico Lupi, il quale, sbarazzatosi infine del Ciolla, se ne veniva su pel vicoletto. Allora, rassicurata, si rivolse al cugino Trao, parlando d'altro:
- Stavo pensando giusto a voi, cugino. Un po' di quel farro voglio mandarvelo a casa... No, no, senza cerimonie... Siamo parenti. La buon'annata deve venire per tutti. Poi il Signore ci aiuta!... Avete avuto il fuoco in casa, eh? Dio liberi! M'hanno detto che Bianca è ancor...
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