[Pagina precedente]...poco dal sopraddetto, e si possa considerare come l'epoca di un risorgimento dalla barbarie. Risorgimento incominciato in Europa dalla rivoluzione francese, risorgimento debole, imperfettissimo, perchè derivato non dalla natura, ma dalla ragione, anzi dalla filosofia, ch'è debolissimo, tristo, falso, non durevole principio di civiltà . Ma pure è una specie di risorgimento; ed osservate che malgrado la insufficienza de' mezzi per l'una parte, e per l'altra la contrarietà ch'essi hanno colla natura; tuttavia la rivoluzione francese (com'è stato spesso notato), ed il tempo presente hanno ravvicinato gli uomini alla natura, sola fonte di civiltà , hanno messo in moto le passioni grandi e forti, hanno restituito alle nazioni già morte, non dico una vita, ma un certo palpito, una certa lontana apparenza vitale. Quantunque ciò sia stato mediante la mezza filosofia, strumento di civiltà incerta, insufficiente, debole, e passeggera per natura sua, perchè la mezza filosofia, tende naturalmente a crescere, e divenire perfetta filosofia, ch'è fonte di barbarie. Applicate a questa osservazione le barbare e ridicolissime e mostruose mode (monarchiche e feudali), come guardinfanti, pettinature d'uomini e donne ec. ec. che regnarono, almeno in Italia, fino agli ultimissimi anni del secolo passato, e furono distrutte in un colpo dalla rivoluzione (V. la lettera di Giordani a Monti §.4.) E vedrete che il secolo presente è l'epoca di un vero risorgimento da una vera barbarie, anche nel gusto; e qui può anche notarsi quel tale raddrizzamento della letteratura in Italia oggidì.
(23. Maggio 1821.). V. p.1084.
Altro esempio e conseguenza dell'odio nazionale presso gli antichi. Ai tempi antichissimi, quando il mondo non era sì popolato, che non si trovasse [1079]facilmente da cambiar sede, le nazioni vinte, non solo perdevano libertà , proprietà ec. ma anche quel suolo che calpestavano. E se non erano portate schiave; o tutte intere, o quella parte che avanzava alla guerra, alla strage susseguente, e alla schiavitù, se n'andava in esilio. E ciò tanto per volontà loro, non sopportando in nessun modo di obbedire al vincitore, e volendo piuttosto mancar di tutto, e rinunziare ad ogni menoma proprietà passata, che dipendere dallo straniero: parte per forza, giacchè il vincitore occupava le terre e i paesi vinti non solo col governo e colle leggi, non solo colla proprietà o de' campi o de' tributi ec. ma interamente e pienamente col venirci ad abitare, colle colonie ec. col mutare insomma nome e natura al paese conquistato, spiantandone affatto la nazione vinta, e trapiantandovi parte della vincitrice. Così accadde alla Frigia, ad Enea ec. o se non vogliamo credere quello che se ne racconta, questo però dimostra qual fosse il costume di que' tempi.
(23. Maggio 1821.)
Alla p.366. In una macchina vastissima e composta d'infinite parti, per quanto sia bene e studiosamente fabbricata e congegnata, non possono non accadere dei disordini, massime in lungo spazio di tempo; disordini [1080]che non si possono imputare all'artefice, nè all'artifizio; e ch'egli non poteva nè prevedere distintamente nè impedire. V. p.1087. fine. Di questo genere sono quelli che noi chiamiamo inconvenienti accidentali nell'immenso e complicatissimo sistema della natura, e nella sua lunghissima durata. Che sebben questi non ci paiano sempre minimi, bisogna considerarli in proporzione della detta immensità , e complicazione, e della gran durata del tempo.
Per iscusarne da una parte la natura, e dall'altra parte, per conoscere se sieno veramente accidentali e contrari al sistema e non derivati da esso, basta vedere se si oppongono all'andamento prescritto e ordinato primitivamente dalla natura alle cose, e se ella vi ha opposti tutti gli ostacoli compatibili, che spesso possono riuscire insufficienti come nella macchina la meglio immaginata e lavorata. Quando noi dunque nella infelicità dell'uomo troviamo una opposizione diretta col sistema primitivo, e scopriamo che la natura vi aveva opposti infiniti e studiatissimi ostacoli, e che ci è bisognato far somma forza alla natura, all'ordine primitivo ec. e lunghissima serie di secoli per ridurci a questa infelicità ; allora essa infelicità per grande, e universale, e durevole, ed anche irrimediabile ch'ella sia, non si può considerare [1081]come inerente al sistema, nè come naturale. Nè dobbiamo lambiccarci il cervello per metterla in concordia col sistema delle cose (il che è impossibile), nè immaginare un sistema sopra questi inconvenienti, un sistema fondato sopra gli accidenti, un sistema che abbia per base e forma le alterazioni accidentalmente fatteci, un sistema diretto a considerare come necessarie e primitive, delle cose accidentali e contrarie all'ordine primordiale: ma dobbiamo riconoscere formalmente l'opposizione che ha la nostra infelicità col sistema della natura; e la differenza che corre fra esso, fra gli effetti suoi, e gli effetti della sua alterazione e depravazione parziale e accidentale.
Lasciando che molti inconvenienti che son tali per alcuni esseri, non lo sono per altri; e molti che lo sono per alcuni sotto un aspetto, non lo sono per li medesimi sotto un altro aspetto ec. ec.
Dimostrando dunque i diversissimi e gagliardissimi ostacoli opposti dalla natura al nostro stato presente, io vengo a dimostrare che questo (e l'infelicità dell'uomo che ne deriva) è accidentale, e indipendente dal sistema della natura, e contrario all'ordine delle cose, e non essenziale ec.
(23. Maggio 1821.). V. p.1082.
[1082]Se fosse veramente utile, anzi necessario alla felicità e perfezione dell'uomo il liberarsi dai pregiudizi naturali (dico i naturali, e non quelli figli di una corrotta ignoranza), perchè mai la natura gli avrebbe tanto radicati nella mente dell'uomo, opposti tanti ostacoli alla loro estirpazione, resa necessaria sì lunga serie di secoli ad estirparli, anzi solamente a indebolirli; resa anche impossibile l'estirpazione assoluta di tutti, anche negli uomini più istruiti, e in quelli stessi che meglio li conoscono; e finalmente ordinato in guisa che anche oggi (lasciando i popoli incolti) in una grandissima, anzi massima parte degli stessi popoli coltissimi, dura grandissima parte di tali pregiudizi che si stimano direttamente contrari al ben essere ed alla perfezione dell'uomo? Anzi perchè mai gli avrebbe solamente posti nella mente dell'uomo da principio?
(24. Maggio 1821.).
Alla p.1081. fine. Per lo contrario, dimostrando come le illusioni ec. ec. ec. sieno state direttamente favorite dalla natura, come risultino dall'ordine delle cose ec. ec. vengo a dimostrare ch'elle appartengono sostanzialmente al sistema naturale, e all'ordine delle cose, e sono essenziali e necessarie alla felicità e perfezione dell'uomo.
(24. Maggio 1821.)
[1083]Alla considerazione della grazia derivante dallo straordinario, spetta in parte il vedere che uno de' mezzi più frequenti e sicuri di piacere alle donne, è quello di trattarle con dispregio e motteggiarle ec. Il che anche deriva da un certo contrasto ec. che forma il piccante. E ancora dall'amor proprio messo in movimento, e renduto desideroso dell'amore e della stima di chi ti dispregia, perch'ella ti pare più difficile, e quindi la brami di più ec. E così accade anche agli uomini verso le donne o ritrose, o motteggianti ec.
(24. Maggio 1821.)
Stante l'antico sistema di odio nazionale, non esistevano, massime ne' tempi antichissimi, le virtù verso il nemico, e la crudeltà verso il nemico vinto, l'abuso della vittoria ec. erano virtù, cioè forza di amor patrio. Da ciò si vede quanto profondi filosofi e conoscitori della storia dell'uomo, sieno quelli che riprendono Omero d'aver fatto i suoi Eroi troppo spietati e accaniti col nemico vinto. Egli gli ha fatti grandissimi e virtuosissimi nel senso di quei tempi, dove il nemico della nazione era lo stesso, che oggi è per li Cristiani il Demonio, il peccato ec. Nondimeno Omero che pel suo gran genio ed anima sublime e poetica, concepiva anche in que' suoi tempi antichissimi la bellezza della misericordia verso il nemico, della generosità verso il vinto ec. considerava però questo bello come figlio della sua immaginazione, e fece che Achille con grandissima difficoltà si piegasse ad usar misericordia a Priamo supplichevole nella sua tenda, e al corpo di Ettore. Difficoltà che a noi pare assurda. (E quindi incidentemente inferite l'autenticità [1084]di quell'Episodio, tanto controverso ec.) Ma a lui, ed a' suoi tempi pareva nobile, naturale e necessaria. E notate in questo proposito la differenza fra Omero e Virgilio.
(24. Maggio 1821.)
Alla p.1078. Riferite a questo (per altro effimero e debole e falso) risorgimento della civiltà , la mitigazione del dispotismo, e la intolleranza del medesimo più propagata: il perfezionamento di quello che si chiama sentimentale, perfezionamento che data dalla rivoluzione: il risorgimento di certe idee cavalleresche, che come tali si mettevano in pieno ridicolo nel 700, e in parte del 600 (come nei romanzi di Marivaux ec.); al qual proposito è noto che il Mariana attribuisce al Don Chisciotte (che è quanto dire al ridicolo sparso sulle forti e vivaci e dolci illusioni) l'indebolimento del valore (e quindi della vita nazionale, e gli orribili progressi del dispotismo) fra gli spagnuoli. Ho detto il Mariana, e così mi pare. Trovo però lo stesso pensiero nel P. d'Orléans Rivoluz. di Spagna lib.9. Ma il Mariana mi par citato a questo proposito dalla march. Lambert, Réflex. nouvelles sur les femmes. e così di tante altre opinioni e pregiudizi sociali, ma nobili, dolci e felici ec. che ora non si ardisce di porre in ridicolo, com'era moda in quei tempi: un certo maggiore rispetto alla religione de' nostri avi ec. ec. Cose tutte che dimostrano un certo ravvicinamento del mondo alla natura, ed alle opinioni e sentimenti naturali, ed alcuni passi fatti indietro, sebbene languidamente, e per miseri e non vitali, anzi mortiferi principii, cioè il progresso della ragione, della filosofia, de' lumi.
(24. Maggio 1821.)
Una delle prove evidenti e giornaliere che il bello non sia assoluto, ma relativo, è l'essere da tutti riconosciuto che la bellezza non si può dimostrare [1085]a chi non la vede o sente da se: e che nel giudicare della bellezza differiscono non solo i tempi da' tempi, e le nazioni dalle nazioni, ma gli stessi contemporanei e concittadini, gli stessi compagni differiscono sovente da' compagni, giudicando bello quello che a' compagni par brutto, e viceversa. E convenendo tutti che non si può convincere alcuno in materia di bellezza, vengono in somma a convenire che nessuno de' due che discordano nell'opinione, può pretendere di aver più ragione dell'altro, quando anche dall'una parte stieno cento o mille, e dall'altra un solo. Tutto ciò avviene sì nelle cose che cadono sotto i sensi, e queste o naturali, o, massimamente, artificiali, sì nella letteratura ec. ec. V. a questo proposito il P. Cesari, Discorso ai lettori premesso al libro De ratione regendae provinciae, Epistola M. T. Cic. ad Q. Fratrem, cum adnott. et italica interpretat. Jacobi Facciolati; accedit nupera eiusdem interpretatio A. C.. Verona, Ramanzini. Ovvero lo Spettatore di Milano, Quaderno 75. p.177. dove è riportato il passo di detto discorso che fa al mio proposito.
(25. Maggio 1821.)
Parecchi filosofi hanno acquistato l'abito [1086]di guardare come dall'alto il mondo, e le cose altrui, ma pochissimi quello di guardare effettivamente e perpetuamente dall'alto le cose proprie. Nel che si può dire che sia riposta la sommità pratica, e l'ultimo frutto della sapienza.
(25. Maggio 1821.)
Della difficilissima invenzione di una lingua che avesse pure qualche forma sufficiente al discorso, e come questa debbe essere stata opera quasi interamente del caso, v. le Osservazioni ec. del Sulzer nella Scelta di Opusc. interessanti. Milano. 1775. Vol.4. p.90-100.
(25. Maggio 1821.)
Siccome la perfezione gramaticale di una lingua dipende dal...
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