[Pagina precedente]...la ragione e dal GENIO (la lingua francese è perfetta dalla parte della ragione, ma non da quella del genio), così ella può servire di scala per misurare il grado della ragione e del GENIO ne' vari popoli. (Con questa scala il genio francese sarà trovato così scarso e in così basso grado, come in alto grado la ragione di quel popolo.) Se per esempio non avessimo altri monumenti che attestassero il GENIO FELICE de' Greci, la loro lingua pur basterebbe. (Lo stesso potremo dire degl'italiani avuto riguardo alla proporzione de' tempi moderni, che [1087]non sono quelli del genio, coi tempi antichi.) Quando una lingua, generalmente parlando, (cioè non di una o più frasi, di questa o quella finezza in particolare, ma di tutte in grosso) è insufficiente a rendere in una traduzione le finezze di un'altra lingua, egli è una prova sicura che il popolo per cui si traduce ha lo spirito men coltivato che l'altro. (Che diremo dunque dello spirito de' francesi dalla parte del genio? La cui lingua è insufficiente a rendere le finezze non di una sola, ma di tutte le altre lingue? Che la Francia non abbia avuto mai, v. p.1091. nè sia disposta per sua natura ad avere geni veri ed onnipotenti, e grandemente sovrastanti al resto degli uomini, non è cosa dubbia per me, e lo viene a confessare implicitamente il Raynal. Dico geni sviluppati, perchè nascerne potrà certo anche in Francia, ma svilupparsi non già , stante le circostanze sociali di quella nazione.) Sulzer ec. l. cit. qui dietro. p.97.
(25. Maggio 1821.)
Alla p.1080. marg. Lo stesso diremo delle costituzioni, de' regolamenti, delle legislazioni, de' governi, degli statuti (o pubblici o particolari di qualche corpo o società ec.); i quali per ottimamente e minutamente formati che possano essere, e dagli uomini i più esperti e previdenti, non può mai fare che nella pratica non soggiacciano a più o meno inconvenienti; [1088]che non s'incontrino dei casi dalle dette legislazioni ec. non preveduti, o non provveduti, o non potuti prevedere o provvedere; e che anche supposto che il tutto fosse provveduto, e preveduto tutto il possibile, la pratica non corrisponda perfettamente all'intenzione, allo spirito e alla stessa disposizione dei detti stabilimenti. Insomma non v'è ordine nè disposizione nè sistema al mondo, così perfetto, che nella sua pratica non accadano molti inconvenienti, e disordini, cioè contrarietà con esso ordine. Ed uno degli errori più facili e comuni, e al tempo stesso principali, è di credere che le cose, come vanno, così debbano andare, e così sieno ordinate perchè così vanno; e dedurre interamente l'idea di quel tal ordine o sistema, da quanto spetta ed apparisce nel suo uso, andamento, esecuzione ec. Nella quale non possono mancare moltissimi accidenti e sconvenienze, non per questo imputabili al sistema. Accidenti e sconvenienze che sono molto maggiori, e più gravi e sostanziali, e più numerose nei sistemi, ordini, macchine ec. che son opera dell'uomo (per ottima che possa essere), artefice tanto inferiore alla natura e per arte e per potenza. Maggiori però e più numerosi proporzionatamente, cioè rispetto alla piccolezza e poca importanza, [1089]durata ec. di detti sistemi umani, paragonati colla immensità ec. del sistema della natura. Nel quale, assolutamente parlando, possono occorrere e occorrono inconvenienti accidentali molto maggiori e numerosi che in qualunque sistema umano, sebbene assai minori relativamente.
(26. Maggio 1821.)
A quello che ho detto altrove della ragionevolezza, anzi necessità di un sistema a chiunque pensi, e consideri le cose; si può aggiungere, che infatti poi le cose hanno certo un sistema, sono ordinate secondo un sistema, un disegno, un piano. Sia che si voglia supporre tutta la natura ordinata secondo un sistema, tutto legato ed armonico, e corrispondente in ciascuna sua parte; ovvero divisa in tanti particolari sistemi, indipendenti l'uno dall'altro, ma però ben armonici e collegati e corrispondenti nelle loro parti rispettive; certo è che l'idea del sistema, cioè di armonia, di convenienza, di corrispondenza, di relazioni, di rapporti, è idea reale, ed ha il suo fondamento, e il suo soggetto nella sostanza, e in ciò ch'esiste. Così che gli speculatori della natura, e delle cose, se vogliono arrivare al vero, bisogna che trovino sistemi, giacchè le cose e la natura sono infatti sistemate, e ordinate armonicamente. Potranno errare, prendendo per sistema reale e naturale, un sistema immaginario, o anche [1090]arbitrario, ma non già nel cercare un sistema. Sarà falso quel tal sistema, non però l'idea ch'esso include, che la natura e le cose sieno regolate e ordinate in sistema. Chi sbandisce affatto l'idea del sistema, si oppone all'evidenza del modo di esistere delle cose. Chi dispera di trovare il sistema o i sistemi veri della natura, e però si contenta di considerare le cose staccatamente (se pur v'ha nessun pensatore che, non dico si contenga, ma si possa contenere in questo modo), sarà compatibile, ed anche lodevole. Ma oltre ch'egli ponendo per base la disperazione di conoscere il vero sistema, ha posto per base la disperazione di conoscere la somma della natura, e il più rilevante delle cose, si ponga mente al pensiero seguente, che farà vedere un altro capitalissimo inconveniente del rinunziare alla ricerca del sistema naturale e vero delle cose.
(26. Maggio 1821.)
Non si conoscono mai perfettamente le ragioni, nè tutte le ragioni di nessuna verità , anzi nessuna verità si conosce mai perfettamente, se non si conoscono perfettamente tutti i rapporti che ha essa verità colle altre. E siccome tutte le verità e tutte le cose esistenti, sono legate fra loro assai più strettamente ed intimamente ed essenzialmente, di quello che creda o possa credere [1091]e concepire il comune degli stessi filosofi; così possiamo dire che non si può conoscere perfettamente nessuna verità , per piccola, isolata, particolare che paia, se non si conoscono perfettamente tutti i suoi rapporti con tutte le verità sussistenti. Che è come dire, che nessuna (ancorchè menoma, ancorchè evidentissima e chiarissima e facilissima) verità , è stata mai nè sarà mai perfettamente ed interamente e da ogni parte conosciuta.
(26. Maggio 1821.)
Così, senza la condizione detta qui sopra, non si conoscono mai, nè tutte le premesse che conducono a una conseguenza, cioè alla cognizione di una tal verità , nè tutta la relazione e connessione, o tutte le relazioni e connessioni che hanno le premesse anche conosciute, colla detta conseguenza.
(26. Maggio 1821.)
Alla p.1087. Eccetto alcuni ben pochi, come Descartes, Pascal ec. ed altri tali, nessuno de' quali appartiene propriamente alla provincia del genio, anzi a quelle cose che lo distruggono, cioè alle scienze, ed al vero, tanto più nemico del genio, quanto più profondo e riposto, benchè non iscavato nè scoperto, se non dal genio.
(26. Maggio 1821.)
[1092]Alla p.894. marg. Riferite pure agli stessi principii il danno, le stragi, la miseria, l'impotenza p.e. dell'Italia ne' bassi tempi, di quell'Italia ch'era per altro animata di sì vivo, sì attivo, e spesso sì eroico amor di patria. Ma di patria oscura, debole, piccola, cioè le repubblichette, e le città , e le terre nelle quali era divisa allora la nazione, formando tante nazioni, tutte, com'è naturale, nemiche scambievoli. Dal che nasceva l'oscurità , la debolezza, la piccolezza delle virtù patrie, e il poco splendore dello stesso eroismo esistente. Riferite agli stessi principii, cioè alla soverchia divisione e piccolezza, e alla conseguente moltiplicità delle nimicizie, il famosissimo danno, e l'estrema miseria del sistema feudale. Riferitevi parimente il danno riconosciuto da tutti i savi oggidì nel soverchio amore delle patrie private, cioè delle città , ovvero anche delle provincie natali. Danno pur troppo ed evidente e gravissimo oggi in Italia, per naturale conseguenza della sua divisione non solo statistica o territoriale, (come ogni regno ec.) ma politica. Ed è osservabile che l'amor patrio (intendo delle patrie private) regna oggi in Italia tanto più fortemente e radicatamente, quanto è maggiore o l'ignoranza, o il poco commercio, o la piccolezza di ciascuna città , o terra, o provincia (come la Toscana); insomma in proporzione [1093]del rispettivo grado di civiltà e di coltura. E in alcune delle più piccole città d'Italia l'amor patrio, e l'odio de' forestieri è veramente accanito. E così proporzionatamente in Toscana, paese pur troppo rimaso indietro nella coltura artificiale, non si sa come. E lo stesso dico degl'individui più ignoranti ec.
(26. Maggio 1821.)
La letteratura di una nazione, la quale ne forma la lingua, e le dà la sua impronta, e le comunica il suo genio, corrompendosi, corrompe conseguentemente anche la lingua, che le va sempre a fianco e a seconda. E la corruzione della letteratura non è mai scompagnata dalla corruzione della lingua, influendo vicendevolmente anche questa sulla corruzione di quella, come senza fallo, anche lo spirito della lingua contribuisce a determinare e formare lo spirito della letteratura. Così è accaduto alla lingua latina, così all'italiana nel 400, nel 600, e negli ultimi tempi, così pure nel 600, e negli ultimi tempi alla spagnuola: tutte corrotte al corrompersi della rispettiva letteratura. Eppure la lingua greca, con esempio forse unico, corrotta, anzi, dirò, imputridita la letteratura, si mantenne incorrotta [1094]più secoli, e molto altro spazio poco alterata, come si può vedere in Libanio, in Imerio, in S. Gregorio Nazianzeno, e altri tali sofisti più antichi o più moderni di questi, che sono corrottissimi nel gusto, e non corrotti o leggermente corrotti nella lingua. Tanta era per una parte la libertà , la pieghevolezza, e dirò così la capacità della lingua greca formata, che poteva anche essere applicata a pessimi stili, senza allontanarsi dall'indole della sua formazione, e senza perdere le sue forme proprie, e il suo naturale; ed essere adoperata da una letteratura guasta senza guastarsi essa stessa, adattandosi tanto al buono come al cattivo, e ricevendo nella immensa capacità delle sue forme, e nella sua varietà , copia e ricchezza, sì l'uno come l'altro. Simile in ciò all'italiana, dove si può scrivere purissimamente cose di pessimo gusto, ed usare un pessimo stile, in ottima o non corrotta lingua, come ho detto altrove. Dal che nasce la difficoltà di scriver bene in italiano, a differenza del francese, che avendo una sola lingua, ha anche un solo stile, e chiunque scrive in francese, non può non iscrivere in istile appresso a poco, buono. E però non dobbiamo farci maraviglia di quello che dicono, che tutti i francesi più o meno scrivono bene.
[1095]Tanta per l'altra parte (ritornando al proposito) era l'alienazione della letteratura greca da ogni cosa straniera. Giacchè anche la corruzione della lingua italiana che accadde nel 400. e poi nel 500. siccom'era corruzione italiana, non mutò le forme sostanziali, e il genio proprio della lingua; com'è accaduto per lo contrario in questi ultimi tempi, dove la corruzione è derivata da influsso straniero.
E se vogliamo vedere l'influenza straniera sulla lingua greca, e come subito la corruppe, per incorruttibile che paia, come abbiamo dimostrato; sebbene è difficile trovar cosa straniera in detta letteratura, consideriamo l'unico (si può dir) libro straniero che introdotto in Grecia (o ne' paesi greci) abbia influito sopra i suoi scrittori, e che sia stato ai greci oggetto di studio. Lasciamo l'influenza del latino nel greco dopo Costantino, influenza che tardò molto a propagarsi e a guastare definitamente la lingua, perchè si esercitò piuttosto sul parlato che sullo scritto, e dal parlato arrivò solo dentro lungo spazio, alla letteratura. Io voglio parlare della Bibbia. Esaminiamo i padri greci da' primi fino agli ultimi, e vi troveremo immediatamente una visibilissima e sostanziale corruzione di lingua e di stile, derivata dagli ebraismi, dall'uso dello stile profetico, sa...
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