[Pagina precedente]...ndosi la favella, sempre sul fondamento o radice di quelle prime convenzioni, cioè di quelle prime parole che la componevano. Queste erano dappertutto uniformi, ma le favelle formate non poterono essere uniformi, nè conservarsi l'unità della lingua fra gli uomini. Primieramente dipendendo la formazione della favella in massima parte dall'arbitrio, o dal caso, e da convenzione o arbitraria o accidentale, gli arbitri e gli accidenti, non poterono essergli stessi nelle diversissime società stabilitesi nelle diversissime parti del globo, quando anche esse avessero tutte conservato gli stessi costumi, le stesse opinioni, le stesse qualità che aveva la primitiva e ristrettissima società da cui derivavano; e quando anche tutte le parti del globo avessero lo stesso clima e influissero per ogni conto sopra i loro abitatori in un modo affatto uniforme.
Secondariamente il genere umano diviso, e diffuso pel mondo, si diversificò nelle sue parti infinitamente, non solo quanto a tutte le altre appartenenze della vita umana, e de' caratteri ec. ma anche quanto alle pronunzie, alle qualità de' suoni articolati, e degli alfabeti parlati, diversissimi secondo i climi ec. ec. come vediamo. Queste infinite [1266]differenze sopravvenute al genere umano, già diviso in nazioni, e distribuito nelle diverse parti della terra, fecero sì che la formazione delle lingue presso le nazioni primitive, differisse sommamente, quantunque tutte derivassero da una sola e stessa radice, e conservassero nel loro seno i pochi e rozzi elementi della loro prima madre, diversamente alterati collo scambio delle lettere, secondo le inclinazioni degli organi di ciascun popolo, colle inflessioni, colle significazioni massimamente, colle composizioni, e derivazioni, e metafore infinite e diversissime di cui l'uomo naturalmente si serve a significare le cose nuove o non ancora denominate ec. ec.
Nel terzo luogo, la lingua primitiva, dovette immancabilmente servirsi delle stesse parole per significare diversissime cose, scarseggiando di radici, e mancando o scarseggiando d'inflessioni, di derivati, di composti ec. La lingua ebraica, l'una delle lingue scritte più rozze, e lingua antichissima, serve di prova di fatto a questo ch'io dico, e che è chiaro abbastanza per la natura delle cose. Ora i diversi popoli nella formazione progressiva delle lingue, trovando qual per un verso, qual per un altro, il modo di significar le cose più distintamente, conservarono alle loro prime parole radicali dove uno [1267]dove un altro de' sensi che ebbero da principio, o fossero propri, o traslati. Così che non è da far maraviglia se bene spesso in diversissime lingue si trovano tali e tali radici uniformi o somiglianti nel suono, ma disparatissime nel significato. Nè la disparità del significato è ragion sufficiente per decidere che non hanno fra loro alcuna affinità . Ci vuole il senno e la sottigliezza del filosofo, e la vasta erudizione e perizia del filologo, dell'archeologo, del poliglotto, per esaminare se e come quella tal radice potesse da principio riunire quei due o più significati diversi. Chi non vede p.e. che wolf, voce che in inglese e in tedesco significa lupo, è la stessa che volpes o vulpes, che significa un altro quadrupede pur selvatico, e dannoso agli uomini? Frattanto la detta osservazione dimostra la immensa differenza che appoco appoco dovette nascere fra le varie lingue, e l'infinita oscurazione che ne dovette seguire del linguaggio primitivo e comune una volta, ma già non più intelligibile nè riconoscibile. (V. la p.2007. principio.)
Nel quarto luogo che dirò della scrittura?
1. O della sua mancanza (giacchè è più che verisimile che quando gli uomini e le lingue si divisero e sparsero, non si avesse ancora nessuna notizia della scrittura alfabetica, nè di segno alcuno de' suoni, trattandosi che la lingua stessa allora parlata, era così bambina come abbiamo probabilmente conghietturato dagli effetti); mancanza che toglieva ogni [1268]stabilità , ogni legge, ogni forma, ogni certezza, ogni esattezza, alle parole, ai modi, alle significazioni; e lasciava la favella fluttuante sulle bocche del popolo, e ad arbitrio del popolo, senza nè freno, nè guida, nè norma. Dal che quante variazioni derivino, lo può vedere chiunque osservi i dialetti ne' quali sempre o quasi sempre si divide una stessa lingua parlata, quantunque già formata e applicata alla scrittura; e insomma le infinite diversità che a seconda de' tempi e de' luoghi patisce quella lingua che il popolo parla, ancorchè ella stessa sia pure scritta ec. Che se da questo che noi vediamo, rimonteremo a quello che doveva essere in quei tempi, dove l'ignoranza dell'uomo era somma, somma l'incertezza e l'ondeggiamento di tutta la vita, ec. ec. potremo facilmente vedere, che cosa dovessero divenire, e quante forme prendere o la lingua primitiva o le sottoprimitive, mancanti dell'appoggio, e dell'asilo non pur della letteratura, ma della stessa scrittura alfabetica.
2. Che dovrò dire dell'invenzione della scrittura? Pensate voi stesso, nella prima imperfezione di quest'arte prodigiosa e difficilissima; nella differenza degli alfabeti, o nella inadattabilità dell'alfabeto scritto di un popolo, all'alfabeto parlato di un altro; [1269]nella imperizia de' lettori, e degli scrittori, e de' primi copisti ec. ec. pensate voi quali incalcolabili e inclassificabili alterazioni dovessero ricevere le prime lingue, sì come scritte, sì come parlate, cominciando a influir la scrittura sulla favella.
Notate cosa notabilissima. Tutte le lingue antiche non ci possono essere pervenute se non per mezzo della scrittura, giacchè quando anche non sieno interamente morte, il corso de' secoli porta sì enormi variazioni alle lingue, che dal modo in cui ora si parli una lingua antichissima, chi può sicuramente argomentare delle sue antiche proprietà , ancor dopo formata? Ora egli è certo che le lingue scritte differirono sommamente dalle parlate, stante la difficoltà che nel principio si dovè provare per rappresentare esattamente ciascun suono ec. Difficoltà che produsse infallibilmente eccessive differenze fra le antiche parole scritte e le pronunziate. Differenze che appoco appoco si stabilirono; e malgrado le cure che si posero per una parte ad uniformare più esattamente i segni scritti ai suoni inventando nuovi segni ec. ec.; malgrado l'influenza che acquistarono le scritture sulle modificazioni del parlare ec. certo è che tali differenze dove più dove meno dovettero perpetuarsi e sempre conservarsi.
[1270]Quindi considerate i pericoli che si corrono nell'argomentare le proprietà di un'antica parola, e la sua prima forma, dal modo in cui solamente ella ci può esser nota, dal modo cioè nel quale è scritta. Come chi argomentasse della lingua inglese o francese ec. dal modo in cui sono scritte. Non c'è regola per sapere precisamente qual fosse il valore e la pronunzia di un tal carattere in una lingua antica, e massime antichissima, e massime antichissimamente ec. ec. Quindi è ben verisimile che moltissime parole d'antiche lingue, che vedendole scritte ci paiono diversissime e disparate, ci dovessero parere del tutto affini, se sapessimo qual vera e primitiva pronunzia si volle antichissimamente rappresentare con quei tali segni che vediamo. V. p.1283.
Aggiungete un'osservazione che cresce forza all'argomento. L'invenzione dell'alfabeto è sì maravigliosa e difficile, che è ben verisimile, che quel primo alfabeto che fu inventato passasse dalla nazione e dalla lingua che l'inventò, a tutte o quasi tutte le altre; e quindi o tutti o quasi tutti gli alfabeti derivino da un solo alfabeto primitivo. Quello ch'è certo e costante si è che l'alfabeto Fenicio, il Samaritano, l'Ebraico, il Greco, l'arcadico, il pelasgo, l'Etrusco, il latino, il Copto, senza [1271]parlare di non pochi altri (come il Mesogotico, il Gotico, e il tedesco, l'Anglosassone, il russo) dimostrano evidentemente l'unità della loro comune origine. Or quali lingue più disparate che p.e. l'ebraica e la latina? (Pur ebbero, come vediamo, lo stesso alfabeto in principio.) Tanto che Sir W. Jones, il quale fa derivare da una stessa origine le lingue, e le religioni popolari della prima razza de' Persiani e degli Indiani, dei Romani, dei Greci, dei Goti, degli antichi Egizi o Etiopi, tiene per fermo che gli EBREI, gli Arabi, gli Assirii, ossia la seconda razza Persiana, i popoli che adoperavano il Siriaco, ed una numerosa tribù d'Abissinii, parlassero tutti un altro dialetto primitivo, diverso affatto dall'idioma pocanzi menzionato, cioè di quegli altri popoli. Così che, eccetto quella prima nazione, dove fu ritrovato l'alfabeto, in qualunque modo ciò fosse, tutte le altre, o tutte quelle che immediatamente o mediatamente lo ricevettero da lei, scrissero con alfabeto forestiero. Ed essendo infinita in tante nazioni la varietà de' suoni ec. ec. vedete che immense alterazioni dovè ricevere ciascuna lingua nell'essere applicata a un solo alfabeto, per lei più o meno, e bene spesso estremamente forestiero. V. p.2012. 2619.
A tutte le sopraddette cose aggiungete le alterazioni molto maggiori che ricevettero le lingue sottoprimitive nel suddividersi, e risuddividersi secondo le vicende infinite delle nazioni, e del genere umano; aggiungete le alterazioni che ricevettero e quelle e queste lingue appoco appoco, non solo col corso de' secoli e indipendentemente ancora da ogni altra circostanza, ma coll'esser finalmente ridotte più o meno a lingue gramaticali, col raddolcimento delle parole prodotto e dalla civiltà crescente, e dai letterati, secondo i diversi geni degli orecchi nazionali ec.; coll'essere applicate non più solamente alla scrittura, ma alla letteratura, della cui estrema influenza sul modificare e formare le lingue, che accade ora ripetere quello che s'è tante volte ripetuto? Bensì osservo che le lingue antiche non ci sono pervenute se non per mezzo, non già della semplice scrittura, ma della letteratura. Delle alterazioni che le parole soffrono nel significato v. p.1505. fine. e 1501.-2.
[1272]E dopo tutto ciò non vi farà maraviglia se tanto deve stentarsi, e se bene spesso è impossibile a riconoscere nelle diversissime e quasi innumerevoli lingue del mondo l'unità dell'origine; e se la lingua o le lingue assolutamente primitive, o piuttosto quella o quelle prime poverissime e rozzissime nomenclature, che furono la base delle lingue tutte, e che formano ancora le radici delle loro parole; annegate nelle derivazioni, inflessioni, composizioni diversissime secondo i casuali accidenti delle formazioni delle lingue, i caratteri, i geni, i climi, le letterature che formarono esse lingue, le opinioni, i costumi, le circostanze diversissime della vita che v'influirono, le cognizioni, le disposizioni della terra, del cielo ec. ec. e modificate e svisate secondo le differenze degli organi nelle diverse nazioni, secondo l'ignoranza de' parlatori primitivi, la corruzione che inevitabilmente soffrono le parole anche nelle lingue le più stabilite e perfette; non vi maraviglierete, dico, se tali primitive radici benchè comuni a tutte le lingue, si nascondono per la più parte agli occhi degli osservatori più fini, fanno disperare l'etimologista, e considerare come un frivolo sogno l'investigazione delle origini delle lingue, e lo studio delle etimologie, e dell'analogia delle parole di tutte le favelle (intrapresa però a svolgere da parecchi, ed ultimamente, secondo che odo, da non so qual francese); insomma la primitiva unità di origine e analogia di tutte le lingue. (Riferite tutte queste osservazioni a quello che altrove ho detto della necessaria varietà delle lingue, e vicendevolmente riferite quei pensieri a questi.)
[1273]Malgrado tutto ciò, ella è cosa certissima che tali investigazioni (per quanto elle possono avvicinarsi al vero) sono delle più utili che mai si possano concepire sì alla storia come alla filosofia. Le origini delle nazioni (oltre ai progressi dello spirito umano, e la storia de' popoli, cose tutte fede...
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