[Pagina precedente]...na cortigiana, che la morte; e l'amico a volerla acquetar con gli scudi; e mettendo mezzi di qua e mezzi di là , tanto adoprò amici e padroni, che io venni a lo accordo, non mi lasciando mai vedere se non da un certo monsignor di fava sbaccellata che il praticava. Insomma cinquecento ducati si sborsarono per il danno e cinquanta tra medico e medicine, e io gli perdonai, cioè promessi di non perseguitarlo col governatore, volendo da lui pace e mallevadore: e questi furono denari che io spesi in questa casa, senza il giardino che io ci ho aggiunto di poi.
PIPPA. Voi foste un valente uomo, mamma, nel farne una così fatta.
NANNA. Ella non è anco a le alleluia, e non ne verrei a capo uguanno se io te le volesse contar tutte: che in buona fé io non ho scialacquato il tempo che io son vissa, meffé no, che io non lo ho scialacquato, or và .
PIPPA. Ce si conosce a l'uscio.
NANNA. Or via: non mi parendo che i cinquecento con i cinquanta appresso avesser tocco il palato al mio appetito, trovai una malizia puttanesca, puttanissimamente: e a che modo, tu? Io feci nascere un napolitano mariuolo dei mariuoli: e con nome di aver un segreto da levare ogni segno di taglio che nel volto altrui fosse stato lasciato per ricevere di ferita, venne a me dicendo: "Quando sia che si dipositino cento scudi, io farò sì che vi apparirà tanto d'immargine quanto ne appare qui", e aprendo la palma de la mano, la mostrò. Io mi scontorco, e dico con un sospir finto: "Andate e contate questo miracolo a chi è cagione che io non sia...", e volendo dir "più dessa" mi volto in là piagnendo gatton gattone. Il mariuolo con troppo onorevoli drappi a torno, si parte e va a l'ufficiale condotto fra male branche: e pongli inanzi la prova ch'egli frappa di fare. Or pensal tu se il crocifisso, nel disperar di non mi aver mai più a godere, depositò il centinaio. Ma a che fine alungartela? Il segno che non ci era se ne andò con l'acqua santa che sei volte mi spruzzò nel viso, con alcune parole che, parendo che dicessero mirabilium, non dicevan nulla: talché i cento piaceri (disse il Greco) vennero in man mia.
PIPPA. Benvenuti e buono anno.
NANNA. Aspetta pure. Sparso il romor del mio esser rimasta senza un segno al mondo, ognun che aveva fregi sul mostaccio correva a la stanza del mariuolo come le sinagoghe correrebbono intorno al Messia s'egli fosse smontato in piazza Giudea; e il traditore, empita piena la borsa d'arre, tolse su i mazzi: parendogli che la discrezione che doveva avere io in premiarlo dei ducati che mi fece guadagnare, avessi avuto altri.
PIPPA. L'ufficiale seppelo, inteselo e credettelo?
NANNA. Lo seppe e non lo seppe, lo intese e non lo intese, il credette e nol credette.
PIPPA. Basta dunque.
NANNA. Ne la coda sta il veleno.
PIPPA. Che ce n'è anco?
NANNA. E del buono ci è. Il mestolone, doppo tanti sborsamenti, per i quali si disse che vendette un cavalierato, si riconciliò meco per mezzo dei mezzani e per via de le sue lettere e imbasciate che mi cantarono il suo passio; e venendo a me per gittarmisi ai piedi con la coreggia al collo, componendo per la via alcune parole da rificcarmisi in grazia, passò da la bottega del dipintore che mi aveva dipinto la tavoletta col miracolo, che io diceva di portare in persona a Loreto: e affisandoci gli occhi, si vidde ritratto ivi col pugnale in mano, e sfregiar me poverina; e questo era niente, se non avesse letto di sotto:
IO SIGNORA NANNA
ADORANDO MESSER MACO,
BONTÀ DEL DIAVOLO CHE GLI ENTRÒ NEL BICCHIERE,
IN PREMIO DEL MIO ADORARLO,
EBBI DA LUI IL BARLEFFO
CHE MI HA GUARITO QUELLA MADONNA
A LA QUALE IO APPICCO QUESTO BOTO.
PIPPA. Ah! ah!
NANNA. Altro viso fece egli leggendo il caso suo, che non fanno i vescovi ai patafi, sotto i piedi dei demoni che gli bastonano, quando sono scommunicati: e ritornatosi a casa tutto fuor dei gangari, con una vesta mi fece consentire a levare il suo nome de la tavoletta.
PIPPA. Ah! ah! ah!
NANNA. La conclusione è questa: il bravo-a-suo-costo mi diede anco i denari per andare là dove io non mi botai: né bastò che io non ci volsi andare, che gli fu forza di farmi assolvere dal papa.
PIPPA. È possibile ch'egli fosse sì insensato, che venendo a voi non vedessi che nel vostro viso non ci fu mai fregio?
NANNA. Io ti dirò, Pippa: io tolsi non so che cosa, simile a la costala d'un coltello, e me lo fasciai ne la gota stretto stretto; e ve lo tenni suso la notte, e tosto che egli comparse me la sfasciai. Onde per un pezzo tu ti aresti creduto, vedendo il livido ch'era intorno a la carne infranta, che fosse stato un taglio risaldato.
PIPPA. Così sì.
NANNA. Ti vo' dir quella da la grue, e poi ti finirò il proposito che ti ho a finire.
PIPPA. Ditela pure.
NANNA. Io finsi di volerla far segnata per la volontà di mangiare una grue con le pappardelle; e non se ne trovando da comperare, fu forza che uno mio innamorato mandassi a mazzarne una con lo scoppietto: e così l'ebbi. Ma che ne feci io? La mandai a un pizzicagnolo, il quale conosceva tutti i miei suditi (o "vasalli" che Gian Maria Giudeo chiamassi quei di Verucchio e de la Scorticata). Mi era scordato: io feci giurare a colui che me la donò di non dir nulla; ed egli dimandandomi ciò che importassi il dirlo, gli risposi che io non voleva esser tenuta ghiotta.
PIPPA. Gli facesti il dovere. Ora al pizzicagnolo.
NANNA. Io gli feci intendere che non la vendesse se non a chi la comprassi per me; ed egli, che mi aveva servito in cotal vendite de l'altre volte, mi intese a la bella prima: e a pena l'appiccò in bottega, che un di quelli che sapevano la mia impregnaggine le fu a dosso con dirgli: "Quanto ne vuoi?", "Ella non si vende", rispose il trincato per fargliene venir più voglia, anzi perché gli costasse cara; ed egli a scongiurarlo con dir "Costi ciò che vuole"; a la fine ne ritrasse un ducato. E mandatemela a casa per il famiglio, si credette che io mi credessi che gliene avesse donata un cardinale: e io, facendone festa, la rimando partito che si fu, a rivenderla. Che più? La grue fu comperata da tutti i miei amici, e sempre un ducato: e poi mi rivenne a casa. Or pà rti, Pippa, che sia burla il sapersi mantener puttana?
PIPPA. Io stupisco.
NANNA. Veniamo ormai a la via che tu debbi tenere in pigliar pratiche.
PIPPA Sì, che importa il tutto.
NANNA. Verranno a te cinque o sei uccelli nuovi, e saranno in compagnia di qualche tuo domestico; fagli una accoglienza signorile: ponendoti seco a sedere, entrando in ragionamenti piacevoli e quanto più onesti che tu puoi; e mentre favelli e ascolti squadra i garbi loro, e ritrae dai modi che tu gli vedi tenere quel che se ne può ritrarre, e scantucciato con galantaria il tuo conoscente, dimanda de la condizione di ciascuno; poi ritorna a bomba, e al più ricco affige il guardo, e con gesto lascivo il vagheggia facendo il morto di lui; e non levar mai i tuoi occhi dai suoi senza sospiri, e imparato solamente il nome suo, nel dipartirsi digli "Io bascio la mano a vostra Signoria tale"; agli altri "Io mi vi raccomando". E fatti a la gelosia tosto che ti escano di casa, né ti lasciar rivedere se non quando egli si rivolge indrieto donneandoti, e in quello che stai in perderlo di vista, spigneti tutta tutta fuore, e mordendoti il dito minacciandolo, fagli segno che ti abbia insaponato il core con la sua divina presenzia, e vedrai che ti ritornarà a casa solo, con altra sicurtà che non venne accompagnato: e fà tu, Pippa, poi.
PIPPA. Bello vedervi favellare.
NANNA. Ti vo' dire una cosa ora che io l'ho ne la mente: non rider mai col parlare ne l'orecchia a chi ti siede a lato, né a tavola, né al fuoco, né altrove, perché è una de le cattive pecche che possino aver le donne, e da bene e puttane, né si cade mai in cotal menda, che ognuno non sospetti che tu ti facci beffe di lui: ed escene spesso di matti scandoli. Doppo questo, non comandare a le fanti in presenzia de la gente, facendo la reina; anzi quello che puoi far da te fallo: che ben si sa che tu hai de le serve e che, avendole, gli puoi comandare; e non gli comandando con grandezza, ne acquisti benivolenzia; e chi ti vede, dice "Oh che gentil creatura, con che grazia ella si adatta a fare ogni cosa". Caso che ti sentano fumare e minacciarle, non si spacciando in ricoglierti uno stecco che ti sia caduto di mano o in forbirti una pianella, fanno giudizio che guai a chi tu ti cogli sotto mostrandosi l'uno a l'altro la tua superbia coi cenni.
PIPPA. Ricordi santi, ricordi buoni.
NANNA. Ma dove lascio io il tuo sapere essere a un convito dove sarà una mandra di cortigiane, la natura de le quali fu sempre invidiosa, ritrosa, scandolosa e fastidiosa? Tu mi conoscerai quando tu non mi averai.
PIPPA. Perché mi dite voi cotesto?
NANNA. Per non te lo avere a dire, te lo dico. Eccoti a un pasto dove sono invitate, sendo il carnasciale, parecchi e parecchi signore: le quali compariscano in sala tutte in mascara, ballano, seggano e parlano senza volersela cavar dal viso; e fan bene a star così mentre la turba che non ha a cenar con loro si sta godendosi del suono e del ballo; ma fanno poi male, quando si lava le mani, a non voler mangiar a la tavola apparecchiata per ognuno, e chi va in qua e chi va in là , e bisognaria fare le camere per negromanzia per contentar tutte quelle che vogliono mangiar sole con gli amorosi, scompigliando la cena, la festa la casa, i servidori, gli scalchi, i cuochi e il malanno e la mala pasqua che Iddio gli dia: e ogni dì sia anno e pasqua per loro.
PIPPA. Fastidiose.
NANNA. Speranza, io ti vo' insegnar qui a cavar con la tua gentilezza il core a ognuno.
PIPPA. Certo?
NANNA. Certissimo.
PIPPA. Ditemi come e pagatevi.
NANNA. Spiegati là , senza fartene punto pregare, e assèttati in quel luogo che ti si mostra; e dì: "Eccomi qui, tale quale mi ha fatto chi mi fece"; tu toccarai così dicendo il ciel col dito, bontà de le laude che ti daranno fino agli spedoni di cocina.
PIPPA Perché si fuggano elleno per le camere?
NANNA. Perché si vergognano dei paragoni. Chi è grimma non vuol parer d'essere; chi è brutta non patisce che una bella gli stia presso; chi ha i denti fracidi non vuole aprir la bocca dove sia chi gli abbia scasciati; altra che non ha la veste, la collana, la cinta e la scuffia che ha questa e quella, parendole essere il seicento e da più di tutte ne l'altre cose, starebbe prima a patto di morire che farsi vedere in publico. Alcuna il fa per dapocaggine, altra per pazzia, e altra per malizia, e più oltra ti dico che, staendosi da loro stesse, dicano il peggio che sanno o che possono l'una de l'altra e "Quella filza di perle non è la sua, quella cotta è de la moglie del tale, quel rubino è di messer Picciuolo, e del Giudeo la cotal cosa", e così si imbriacano di maldire e di più ragion vino. Ma se gli rende agresto per prugnole da chi cena dove te: alcuno dice "La signora tale fa bene a nascondere la sua malagrazia", altri grida "O signora cotale, quando pigliate voi l'acqua del legno?"; altri ride a più potere del marchese ch'egli ha conosciuto negli occhi di colei e di costei, altri loda per uomo d'un grande animo il buon lasciami-stare per arrischiarsi a dormire a canto de la sua diva più simile al satanasso che a la versiera: a la fine, voltandosi tutti a te, ti offeriranno l'anima e il corpo.
PIPPA. Io vi ringrazio.
NANNA. Quando tu sarai dove ti dico, fatti onore: che a te facendolo, a me lo fai. Accaderà che andrai al Popolo, a la Consolazione a San Pietro, a Santo Ianni e per l'altre chiese principali e di solenni: onde tutti i galanti signori, cortigiani, gentiluomini, saranno in ischiera in quel luogo che gli sarà più commodo a veder le belle, dando la sua a tutte quelle che passano o pigliano de l'acqua benedetta con la punta del dito, non senza qualche pizzicotto che cuoca. Usa, in passare oltra, gentilezza: non rispondendo con aroganza puttanissima; ma o taci, o dì con reverenzia o bella o brutta: "Eccomivi servitrice", che, ciò dicendo ti vendicarai con la modestia. Onde, al ritornare indirieto, ti faranno largo e te si inchineranno fino in terra: ma volendo tu da...
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