[Pagina precedente]...ino: frappò tanto ne le orecchie d'una disgraziata, che ella si cosse al fume de le sue chiacchiare ben bene. Egli durò un quattro mesi a donarle alcune coselline: come saria a dire anelluzzi, pianellette di raso e di velluto frusto, guanti ingarofanati, velaregli, scuffiette e, una volta in dieci, un paio di capponi magri, una filza di tordi, un baril di corso e cotali presentuzzi da fottiventi: e ci spese, fa conto, venti scudi in tutto il tempo che la maneggiò come gli parve. Ella che era accommodata al par d'ogni altra, non si curando se non de la sua grazia pidocchiosa, si lasciò uscir di sotto quanti amici che aveva; e solo attendendo al cortigiano, tanto ringrandiva quanto il vedeva grandeggiare.
PIPPA. A che modo grandeggiava egli?
NANNA. Del cardinal suo, la reverendissima Signoria del quale lo teneva in collo ogni dì due volte, né mangiava cosa che non la partissi seco, e tutti i suoi secreti gli sgoluppava; e come aveva anfanato di regressi, conserve e spettative, mostrando avvisi di Spagna, di Francia e de la Magna, si dava a biscantare con voce di campana fessa:
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi,
e
Sì è debile il filo, oh,
avendo sempre piena la sacchetta del saio e il seno di madricali di mano dei poeti, i nomi dei quali contava nel modo che raccontano le feste i preti di contado: e il Calendario non le sa sì appuntino come gli sapeva già io; e gli imparai per cagion d'una certa comedia, e basta; e mi fecero utile, e basta, e feci credere a uno che io fosse poetessa, e basta.
PIPPA. Insegnatemegli anche a me: che, accadendomi di far quel che voi faceste, io possa farlo.
NANNA. Coi nomi puoi tu ben praticare, ma con le persone no.
PIPPA. Perché co' nomi, e non con le persone?
NANNA. Perché i lor denari hanno la croce di legno, e pagano di gloria patri, e sono, perdonimi loro, una gabbia di pazzi, e come ti dissi ieri, aprigli, accarezzagli, mettegli in capo di tavola: ma non gliene dare, se non te ne vuoi pentirte. E per tornare al cortigiano profumatino, mongrellino, anebbiatino, eccolo una sera picchiar l'uscio a la sua signora; e messo il piè drento, spicca un te deum laudamus su le grazie; e salite le scale con quella sollecitudine che le sale un che porta buone novelle, bascia lei che gli è venuta incontra, e basciatala le dice: "Il diavolo ha pur voluto che io esca di povertà al dispetto de le corti e de le lunghe, le quali danno a chi serve i reverendi schiericati". La corriva tutta si scuote al suo parlare, e come colei che pensa di avergli dato a usura i piaceri fatti, con una sforgiata baldezza gli dice: "Che cosa hai tu di buono?"; "Egli è morto quel mio zio riccone, il qual non aveva figliuoli né figliuole, né altro nipote che me", "Ah, ah" disse, "la Signoria vostra parla del vecchio misero che mi ha conto più volte", "Così è" rispose egli. Ella, da cattiva, gli cominciò a dare del signor nel ceffo, tosto che intese de la redità; ed egli si arrischiò a darle del tu, pare
dogli che tale arte bastasse per farle credere la sua nuova grandezza.
PIPPA. Vedi ghiottarelli.
NANNA. La cosa andò dove il cortigiano pose la mira, ciurmandola di sorte che la fece andare sopra le vette de l'alboro. Egli le favellò tali chiacchiare: "Padrona mia, io non ho fin qui potuto mostrarvi con gli effetti l'amore che io vi porto, per avere speso l'anima in servigio di monsignore: spettando pure che la discrezione venisse da lui. Ora Iddio ha voluto col tirare a sé il fratello di mio padre, farmi conoscere che egli è, son suto per dire, tanto misericordioso quanto sono ingrati i ladroni. Quello che io ti vo' dire è che io sono ereditario di cinquantamilia ducati tra case, possessioni argenti e contanti, e non ho padre, né madre, né fratelli, né sirocchie: per la qual cosa io eleggo te per legittima sposa, e perché io ti voglio remunerare, e perché io mi voglio contentare", e ciò detto, il veramente degno famigliare d'un prete la basciò: e cavatosi uno anelletto di dito lo mise nel suo. Or pensa tu se la trama la fece diventar lieta e rossa e si, abbracciandolo, le lagrime stettero ferme a le mosse: ella voleva ringraziarlo, e non poteva. Intanto il traforello spiega la lettera de lo avviso fatto di suo inchiostro e a suo modo; e postosi a sedere, le disse: "Ecco la carta che canta"; e spianolle il tutto.
PIPPA. Al verbo de lo al-quia (disse la Betta).
NANNA. La signora, doppo il tirarselo a dosso un trattuccio, gli diede licenzia che egli andasse a mettersi a ordine di partir seco come le aveva intestata; e non fu sì tosto fuor de l'uscio, che ella apre una cassetta dove, fra gioie, denari, collane e bacini, era il valor di più di trenta centinaia di scudi; e le sue vesti e massarizie passavano milleducento. E spalancato ogni cosa là, eccolo a casa; ed ella a lui: "Consorte mio, questa è la povertà mia e non ve la do per dota, ma per un segno d'amorevolezza". Il traditoraccio prese le cose di valuta, e riposele nel luogo dove stavano e chiusele di man sua. La matta spacciata, che non sapeva che via trovarsi da ficcarsigli in grazia, volse che la chiave stesse appresso di lui; e mandati per i Giudei, fece oro di qualunche robba e massarizia che aveva. Ed egli con i denari de la vendita si vestì da paladino; e comperati in Campo di Fiore due chinee da camino, senza far motto, vestitela da uomo la menò via: né volse in lor compagnia se non le gioie e l'altre importanzie de la cassetta. E avviatosi inverso Napoli...
PIPPA. Pur là, mariuoli.
NANNA. ...per due o tre alloggiamenti la trattò da marchesana: e la notte la teneva in braccio con le maggior cacarie del mondo. A la fine egli la volse stroncare: e dandole non so che opio, che portò da Roma, nel vino, nel più bello del ronfare la piantò nel letto de l'oste cortigianescamente; e tolto il suo cavallo, ci fe' montar suso un ragazzo, che appunto ne lo spuntar de l'osteria vidde apparire: dandola per le peste di così fatta maniera, che non si seppe mai più dove si fosse.
PIPPA. Che fece la sventurata, desta che fu?
NANNA. Messi a rimore tutto quel paese, e corsa a la stalla, prese la cavezza de la sua chinea, appiccossi a la rastelliera de la mangiatoia: e si disse che l'oste, per guadagnare i panni, si stette a vedere.
PIPPA. Chi è menchiona, suo danno.
NANNA. Un di quelli che fa sacrificio giuntando una puttana: come le puttane avessero a esser tutte sante Nafisse; e non altrimenti che le puttane non pagassero pigion di casa, né comprassero pan né vino né legne né olio né candele né carne né polli né uova né cascio né acqua e fin entro al sole, e andassero ignude o, vestendo, i fondachi le donassero panni, sete, velluti e broccati, e di che hanno elleno a vivere, di spirito santo? e perché hanno esse a darsi in preda a ognuno in dono? I soldati vogliono la paga da chi gli manda in campo; i dottori dicano de le parole per la lite bontà dei soldi, i cortigiani avelenano i lor padroni s'egli non gli provede di benefizi; i palafrenieri hanno il suo salario e la sua colazione, e perciò trottano a la staffa: e si ogni esercizio faticando è sodisfatto, perché doviam noi entrar sotto a chi ci richiede per nonnulla? Belle gentilezze, bei discorsi, bei trovati: al sacramento mio che ella è mal fatta, e doveria il governatore mandare un bando "a la pena del fuoco" a chi ci rubassi o piantasse.
PIPPA. Forse che lo mandaranno.
NANNA. A lor posta. Dico che fu uno di cotali truffa-femine, il quale si stava in casa come un signorotto: mangiava a la franciosa, beeva a la todesca, e in una sua credenzietta faceva mostra di un bacino e un boccale d'ariento molto bello e grande: e il bacino e il boccale stava in mezzo di quattro tazzoni pur d'ariento, di due confettiere e tre saliere. Costui saria morto se ogni stomana non avesse mutato puttana: e aveva trovata, per chiavar senza costo, la più nuova tresca e la più bella ragia che se pensasse mai da forca e da capestro che viva. Il poltrone in questo, ne l'altre cose persona da bene, aveva una veste di raso cremesi senza busti, e subito che menava una signora a dormir seco, nel fin de la cena entrava a dirle: "Vostra Signoria ha forse inteso il piantone che mi ha dato la tale: al corpo, al sangue, che non si fa così, e meritaria altro che parole", e non era mo' ver nulla di ciò che diceva. La buona donna, dando ragione al frappatore, si sforzava tuttavia di fargli credere di non esser di quelle; e giurando di non aver mai promesso cosa che non avesse osservata, il galante uomo le teneva la mano dicendo: "Non giurate, che io ve lo credo e so che sète una di coloro che non si trovano". A la fine, chiamato un suo famiglio che era, figliuola mia, ti-so-dire, faceva cavar del forziere la sopradetta vesta, e levatosi da tavola, la provava a la signora, dandole ad intendere che voleva donargliene a ogni modo. La vesta, per non aver i busti, stava dipinta in sul dosso d'ognuna: e perciò si confece benissimo a quello de la puttana che io dico; onde il fàlla-a-tutte grida rigogliosamente al famiglio con dir: "Trotta per il mio sarto, e digli che porti da tòr la misura a la signora; e che venga mo' mo', perché io sono stracco di i suoi "testé testé"". Il ragazzon vola, non pur trotta: e in men che non si sciuga una caccia, torna col maestro, il quale era secretario de le burle de la vesta; e salito la scala con quello ansciare che fa chi ha corso, dice con una sberrettatina: "Che comanda vostra Signoria?".
PIPPA. Odi baia.
NANNA. "Voglio" risponde egli, "che tu trovi tanto raso cremesi che faccia i busti a questa": e mostragli la roba anco indosso de la cacozza; il sarto mastica un dire: "Sarà fatiga a trovar di cotal raso; ma vo' servirvi, e credo far tanto che aremo di quel proprio che è avanzato a le pianete di monsignore, le quali ha fatto per dar in gola ai suoi peccati, e quando pur pure non si potessi aver di quello, arò del taglio dei cappelli dei cardinali da le quattro tempora che vengano". "Maestro, vi sarò schiava se lo farete", sfodera vezzeggiando madonna-da-lagonnella-di-verde-indugio; ed egli, lasciandola con uno "non dubitate", finge di portar la vesta a bottega, e vassene via. Ed ella rimane a stuccare de le sue frutta il baionaccio: la ciancia del quale, tenutola quanto gli pare con la speranza di "Istasera l'arete: se non, domattina senza niun fallo", piglia il tratto inanzi e corrucciasi con seco fuor di tutti i propositi; e fingendo collera grande: "Presto" dice al garzone, "rimenala a casa a questa forgia, ah?" e serratosi in camera, può gracchiare lo scusarsi di lei, che non ci si dà udienza.
PIPPA. La mia secchia non atigne anco di questa acqua.
NANNA. Mandala giuso ne la fonte, e l'empirai del sapere come egli faceva provare la veste e venire il detto sarto per tutte le puttane malmenate da lui in casa sua; e godutele lesse e aroste, veniva con loro in corruccio a posta e le rimandava via senza dargli nulla: parendogli aver fatto assai a pagarle de la speranza de la veste, che a ognuna promesse e a niuna diede.
PIPPA. Che razza!
NANNA. Propio razza da non volerne poledro. Io ti vado toccando ciancette in qua e in là, perché le tristizie degli sputa-inferni e mangia-paradisi sono tali che non le ritrovarebbono le negromanzie, le quali ritrovano gli spiriti: oh che pericolose bestie, oh che mèle-in-bocca-e-rasoio-in-manica! Noi donne, se ben siamo astute, cattive, tenaci, ladre e sfeducciate, non usciamo di donnarie; e chi ci pon mente a le mani, ci conosce meglio che non conoscano i pratichi pel mondo gli ascondaregli di coloro che giocano di bicchieri e di pallottole di sugaro. E poi è da metterci la scusa: perché siamo avare per amor de la viltà de la natura nostra, e ci crediamo tuttavia morirci di fame, e perciò trafughiamo, chiediamo, tentiamo; e ogni piccola cosetta ci s'ataglia, e le formiche non procacciano come procacciamo noi: e così così ci va ella busa, de le cento volte, le novantanove. Ma gli uomini, che fanno miracoli con le lor vertù e diventano, di un pochetto di esser che gli è dato "illustri" e "illustrissimi", "reverendi" e "reverendissimi", son sì d...
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