[Pagina precedente]...di pratica gli dico: "La signora è contenta di contentarvi: e non crediate che ciò faccia per i vostri denari, che denari non le mancano; ma la vostra grazia, la vostra bona presenzia l'ha mal condotta". E così, fattogli credere che ella verrà in casa mia e che per buon rispetti non lo lascia condursi ne la sua, la faccio comparire: e si aviticchiano insieme. E l'ebbe alcune volta furon furoni, e le fece de bei presenti, credendosi perciò che ella per star mal di lui venisse ne la mia casetta, e anche perché un grande uomo che la teneva non se ne accorgesse (mi era uscito di mente). Il mercatante tanto pregò, tanto giurò e tanto donò, che la sforzò e costrinse a dormire due notti nel mio letticciuolo; onde ella, avezza ne le piume, nei matarazzi, nei lenzuoli di rensa con la coperta di seta e fra le cortine di velluto, nel voltarsi a lui con abbracciarlo disse: "L'amore che io vi porto mi fa dormire dove non dormirebbe la più trista fante che io avessi mai; ma gli spini, gli spini mi diventano morbidi, essendoci voi"; e dandogli un basciuzzo, segue: "Doman da notte delibero che veniate nel mio; e che più, se me ne riuscissi male?".
BALIA. La polvere lavora drento, e scoppiarà lo scoppio.
COMARE. Udita la promessa, il corre-corre le manda da cena: fasciani e cose. E nel primo tocco de l'una ora, l'entra in casa; e messo il piè drento, al lume d'un torchio bianco monta la scala: e giunto in sala, la vede parata, la vede larga; condotto in camera, stupito dei suoi paramenti, dice fra se stesso: "E con che le pagarò i disagi sofferti per me mentre ha dormito nel letto che ella ha dormito?". Per abbreviarla, cenarono e andà rsene a riposare; e poco poi de lo spegner de la candela, anzi appunto nel chiudere gli occhi al primo sonno, ecco sfracassare ogni cosa da un mattone avventato; onde ella si ristrigne a lui con dire "Oimè". Intanto la coperta del letto è levata via e quasi rimasero scoperti: e nel tirarsela a dosso scoppiano molte risa. Il mercatante tutto sospeso le dice: "Sarebber mai spiriti?".
BALIA. Io mel pensava.
COMARE. "Messer sì, signor mio" rispose ella, "e oltra un che mi ha fatta quel che io sono il quale non pò patire che le mosche mi guardino, e perciò robbo la commodità che io do ai vostri compiacimenti, lo spirito d'un mio amoroso poverello impiccatosi per amor mio mi perseguita: e sempre sempre, quando io dormo con qualcuno, mi fa de le tresche che tu odi; dormendo sola, si quieta". In questo una fanticella sua, che si aguattava sotto il letto, ritorna a scoprirgli e a ridere.
BALIA. O Iddio, le son pur belle truffe.
COMARE. Ne l'udire parlar lei e nel sentire gli scherzi de la fante, il mercatante spiritava: e se non che ella gli faceva animo, era forza di menarlo a la colonna. E levatosi la mattina, fece segnare e benedire la camera, la sala, la cocina, la cella dal vino, dove si tengano le legne, il tetto, e per tutto; e trovato un prete dei manco tristi che poté, disse col dargli un ducato: "Dite le messe di san Gregorio per l'anima de lo spirito che sta in casa de la signora tale".
BALIA. Ah! ah!
COMARE. La bestiaccia, la quale faceva del sacente e del pratico, si lasciò ficcare in mente che lo spirito non aveva fatto mai le pazzie che fece dormendo egli con lei: e questo avveniva perché mai ella amò con il core che amava lui.
BALIA. Caprone.
COMARE. Il bello è che il balordo, contando la trama de lo spirito, sendo ripreso del dar fede a così fatti cianciumi, voleva combattere con tutti coloro che non credevano.
BALIA. Mercatante di bucce d'anguille.
COMARE. Egli era ricco, il pappa-lasagne.
BALIA. Tanto peggio.
COMARE. Si mi ricordo bene, io promessi dirti in che modo le puttane ci rendono l'onore che ci hanno usurpato.
BALIA. Tu mi hai detto non so che di man ritta.
COMARE. Quando le puttane, le quali ci disprezzano circa l'onorarci, hanno bisogno di noi che, se scoppiassino, non ponno far senza, ci vengano incontra, ci menano in camera, e ponendoci di sopra ci danno del voi, ci si raccomandano, ci promettano, ci donano e ci basciano; e la minor parola che ci dicano, "Voi sète la mia speranza" e "La nostra vita è in man vostra" e noi sempliciacce ce gli gittiamo drieto. Ma è forza di mutar natura, e di non andarsene così a la buona: e quando spasimano di martello, di morbo e di necessità , lasciarle spasimare e non dargli il rimedio ad ogni cosa; e se pur gliene diamo, far che gli costi o vero che ci rendino il grado. E non conosco uomo, parlo di signori e di principi, che non lasci il favellare de lo Stato, non che il mangiare, tosto che gli è fatto sapere de la ruffiana: e si riserrano con noi, e a la domestica ci trattano, e sempre a man ritta.
BALIA. Non ti darei nulla de le tue man ritte.
COMARE. Tu sei pazza per ciò: io ho veduto fare a le pugna insieme per il luogo de la predica dal rettore de lo Studio; e quando il papa cavalca in pontificale, ogni persona di dignità combatte il suo lato; i camerieri son da più che gli scudieri, gli scudieri degli staffieri, e gli staffieri dei famigli di stalla, e i famigli di stalla dei guattari; e che fatica si dura a diventare messere di sere, e di messere signore. Tutte le cose denno andar per l'ordine; ci son le gentildonne, le cittadine e le popolane: ed essendoci nel caminar insieme o nel sedere, la gentildonna si porrà in mezzo, la cittadina a la man ritta e la popolana a la man mancina. Sì che la ruffiana ha ragione; e se non che il litigare è uno smagra-litigatori e uno ingrassa-avvocati o procuratori che si chiamino, io litigarei questo passo con qual puttana si voglia: ma le ladroncellarie loro mi fanno star così così.
BALIA. Litigare, ah? È meglio avere a dare che ad avere.
COMARE. De la coscienzia ruffianesca non ti ho favellato: non, che io non te ne ho favellato.
BALIA. No.
COMARE. Ipocresie e coscienzie sono orpellamenti de le nostre cattività . Eccomi passare da una chiesa: ed ecco che io entro, e intingo la polpa del dito ne l'acqua santa, e me ne faccio una croce in fronte; e dico un pater e una ave, e vado via. Veggo una figura dipinta per la strada, e dommi d'un "renditi in colpa" ne la bocca e seguo il mio viaggio: saluto i sacerdoti facendo due parti d'un moccolo, e dollo per limosina, e due morsi di pane, un danaio e una cipolletta ancora. Sempre porto la sacchetta sotto il braccio, e quando ci ho .XX. fichi secchi, quando dieci noci mezze forate, quando una cocitura di fava infranta, quando una scodella di cicerchie, e quando tre capi d'aglio, alcuni fusi, alcuni tozzi e alcune scarpacce; sempre tengo in mano de le candeluzze, degli agnusdei; qualche volta mentre camino, volgo una carta de la confessione, mando giuso de la corona; se cade un poverino, lo aiuto ad arizzarlo; insegno le feste a chi me ne dimanda; do in iscritto il conoscere il dì di San Pavolo converso, cioè:
S'è sole o solicello,
noi siamo a mezzo il verno;
se fulmina o se piove,
del verno siamo fore;
s'è nebbia o nebbiarella,
carestia o coticella.
Io non me ne rammento più, tanto è che non la dissi. Che bel vedermi la stomana santa darla per tutto con la sportella piena di cose; e senza mai sputar in sacrato, udire il passio con la mia candela accesa e la palma de lo olivo; al basciar de la croce, i pianti celati mi rigavano le gote soavi soavi; il sabito santo stava a tutto l'uffizio; a la predica de la Passione onorava il frate con i gridi che io, spigolistra e picchia-petto, cacciava. E acquistai un gran credito per una berta che io feci.
BALIA. Come berta?
COMARE. Io mi imbatto un giorno a passare da una strada ne la quale si stavano forse da dodici donne filando il fiore de la bambagia; e salutatele e riveritele, mi fecero seder giuso; e cominciando a entrarmi nei miei fatti, gli cacciai le più belle carote del mondo: io gli dissi d'un mio compare che, per avermi promesso prima che morisse, mi era venuto a trovare e non mi aveva fatto paura; gli feci credere che una strega mi aveva menata non solo a la noce, ma, senza bagnar mai i piedi, sotto i fiumi e sopra il mare; gli contai in che modo si possano intendere le favelle de le bestie di Beffania, e quante vertù hanno le vie in croce; e dato a tutte co
sigli, ammaestramenti e rimedi fin per il riscaldato, nel levarmi su per andarmene lascio cadere una pezza ne la quale era inguluppata la disciplina: e tosto che fu veduta, la brigata mi tenne una magnificatte, non pure una santificetur e un alleluia.
BALIA. Il mondo è dei gabba-dèi.
COMARE. È e sarà . Sappia pur fingere la santità chi vuol còrcigli tutti, vadisi a messe, vadisi a vespri e vadisi a compiete, e stiasi le belle ore inginocchioni: che, se ben non si crede altro, sei padron de le lodi e de le glorie. Quante donne conosco io vestite di bigio, digiunatrici lemosiniere, che se lo tolgano dove gli è messo; e quanti graffia-indulgenzie ho io veduti imbriacare, sodomitare e puttaneggiare: e per sapere torcere il collo e far di boto di non mangiar storione né carne che passi tre soldi la libbra, governano e Roma e Romagna. E perciò una ruffiana catolica è una corgnuola apprezzata da ognuno.
BALIA. Chi non ti crede è eretico.
COMARE. Al tenere scola mo'.
BALIA. A che fare scola?
COMARE. Per far più cose: per passar tempo, per esser tenuta d'assai, e per beccar qualche avanzetto. Io ti poteva mostrar già , ora no, quindici o sedici bambine sotto il mio comando, insegnandogli a contare il pane che vien dal forno, a piegare i panni de la bocata sciutta, a fare inchini, a portar le cose in tavola e a benedirla, a rispondere a madonna e a messere, a segnarsi, a inginocchiarsi, a tenere lo ago in mano, e così fatte vertuette da fanciulline.
BALIA. Che donna.
COMARE. Acconciava garzoni, dava ricapito a omini fatti. Ma dove lascio le fanti? Sempre ne teneva cinque o sei in conserva: e poi che io ne aveva tratto il sugo con il farle provare a questo e a quello, a chi le dava per figliuole d'anima, a chi per vergini e a chi per la sacentaria: e nel partirsi di casa mia, gli dava ricordi e gli faceva ammonizioni che una madre non poteva migliorare; e sopra tutto le confortava a serrar gli occhi agli andamenti de le padrone: "Siate secrete" gli diceva io in segreto, "perché se sarete, elleno vi diventaranno fanti e voi gli diventarete padrone: il lor letto sarà comune, le lor camisce il lor pane, il lor vino, beendo sempre di quel dolce che smaglia".
BALIA. Tu gli ricordavi la pura verità .
COMARE. Io salto, con il cervello che vola, a un fratacchione grasso, paffuto, con una chierica tonda, vestito del più fino panno che si possa trovare: egli cercò di farmisi amica, e me si fece e facendomisi, mi presentava di alcuni cordonucci molto artifiziosi, d'insalatucce, di qualche susina e, che so io, di alcune altre fantasticarie fratine; e come mi vedeva in chiesa, lasciava ognun per venire a me. E io, che ben mi accorgeva da qual piede zoppicava il mio mulo, sto sempre ne la contrizione, nel far del bene per l'anima con tutti i mali del corpo. Al tratto de le fini egli mi si scopre: e mi fa consapevole del suo innamoramento, e mi vòl mandare a fare una imbasciata la quale averebbe messo pensieri agli imbasciadori, che non portano pena di quanto gli è commesso che dichino.
BALIA. Anco ai frati piace il menare de le calcole?
COMARE. A loro sa egli buono, e che sapor che gli danno.
BALIA. Fuoco di san Bano, il qual si spegne coi sassi.
COMARE. Io, che non posso mancare a la paterna Paternità del padre, ne lo aprirmi del suo core dico: "Non dubitate che farò più assai; domattina sono a voi"; e con questo il lascio. E vado pensando, lasciato che io l'ebbi, in che modo io ho a cavargli de l'anima cento ducati, dei quali mi faceva pala spesso spesso non per altro che per farmi volare per contentarlo: e non lo andai molto pescando, che io lo trovai.
BALIA. Possi dire come il pescasti?
COMARE. Ben sai.
BALIA. Or dillo.
COMARE. Ecco che io imbrocco la fantasia a una poltrona che, circa le fattezze e le membra grosse e grasse, si assimigliava, cioè al buio, a la matrona che sua Reverenzia cercava; ma ne l'altre cose, il demonio n...
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