[Pagina precedente]...to de la voglia che mi è venuta più volte di essere uomo.
NANNA. Una altra infamia ci è posta a tortissimo.
PIPPA. Quale è?
NANNA. La colpa che ci si dà quando si ferisce o ammazza insieme qualcuno che ci vien drieto: che diavolo potiam far noi de le lor gelosie e de le lor bestialità ? E quando ben fossemo cagion degli scandoli, dicamisi un poco qual son più: i fregi che si veggano ne la faccia de le puttane che stanno al comando degli uomini, o i tagli che appaiono nel volto degli uomini che si dilettano de le puttane? Oimè che ella non va come doverebbe andare.
PIPPA. Non certo.
NANNA. Il mal francioso ne vien via ora. Io mi consumo quando sento dire ad alcun sorcone: "Il tale è stroppiato bontà de la tale"; altro ci è che squarta e crocifigge con le bestemmie la puttanaccia, con dire: "Ella ha guasto il poverino". Io ho speranza, poi che s'è trovato che nacque prima la gallina o l'uovo, che si trovarà anco se le puttane hanno attaccato il mal francioso agli uomini, o gli uomini a le puttane; ed è forza che ne domandiamo un dì messer san Giobbe, altrimenti ne uscirà quistione. Perché l'uomo fu il primo a stuzzicar la puttana, la quale si stava chiotta, e non la puttana a stuzzicar l'uomo: e questo si vede tuttodì per i messi, per le lettere e per le imbasciate che mandano, e i Pontesisti si vergognano a correr drieto a le persone; e s'eglino sono i primi a richiederci, furono anco i primi ' attaccarcelo.
PIPPA. Voi ne cavate la macchia per ogni verso.
NANNA. Ritorniamo a le leggende che si potrebbero fare dei tradimenti che ci fanno. Una donzella di una gran gran signora, la più gentile e la più dolce cosetta che si vedesse ai nostri di, si stava servendo la sua madama, la quale non aveva il maggior piacere che vedersela raggirare inanzi, sì erano cari i suoi modi e le sue acuratezze: e nel darle bere, nel vestirla e ne lo spogliarla mostrava una così aggraziata maniera, che innamorava la gente, non senza invidia de l'altre cameriere infi
garde. A costei pose l'occhio a dosso un conte di Feltro, il qual si portava tutta la sua entrata nei ricami del saio ne le mercerie de la berretta, nei cordoni de la cappa e ne la la guaina de la spada. Dico che il conte se ne imbriacò; e perché egli aveva domestichezza in corte, le parlava spesso, e spesso ballava seco: e tanto parlò e ballò con lei, che il fuoco appicciò l'esca. E avvistosene il conte da due bagari, fece fare un sonetto in sua laude, e mandognele serrato in una letteruccia piena dei suoi sospiri, dei suoi guai, dei suoi fuochi e de le sue fornaci, e puntellando le bellezze de la giovanetta con le frappe de le sue giornee, diceva dei suoi capegli, del suo viso de la sua bocca, de le sue mani e de la sua persona cose de l'altro mondo: ed ella, che aveva più de lo scemo che i granchi fuor di luna, gongolacchiava credendosi esser per ciò l'Angelica d'Orlando da Montalbano.
PIPPA. Rinaldo voleste dir voi.
NANNA. Io dico Orlando.
PIPPA. Voi errate, perché Orlando fu d'uno altro paese.
NANNA. Suo danno s'ei fu; io, per me, ho studiato tutta la vita mia in avanzar denari, e non leggende e detti quisiti: e Orlando mi <è> drieto; e ho mentovato Angelica e colui per avergli uditi cantare da un ragazzo che ogni notte a quattro ore passava dal nostro uscio. Come si fosse, la donzella, che sapeva de la scrittura, si imbertonava di se stessa mentre leggeva le dicerie false come chi gnele mandava; e così standosi la cervellina, tanto si vedeva lieta quanto il vagheggiava e aveva dei suoi scartabelli. Talvolta egli veniva a corte: e appoggiatosi al muro là in un cantone, stiracchiava il fazzoletto coi denti, e gittandolo un poco in alto, lo ripigliava con mano in atto di sdegno, e non altrimenti che la sorte facesse nottumia del suo fegato, minacciava il ciel con le fica. Talora ballava con una altra, non facendo se non sospirare; e sempre era in campo un suo paggetto indivisato dei colori datigli da lei per favore. Ma la fortuna traditora non si contentò fino a tanto che non gli condusse in un modo strano ad aboccarsi insieme: onde ella aguluppata da le promessioni, da lo amore e dal mondo che il dà , con un pezzo di fune datale da lui si spendolò giù da la finestra a la qual faceva tetto lo sporto d'un verroncello che riusciva drieto il palazzo; e perché la fune non giugneva a un pezzo a terra, fu per fiaccarsi le gambe lasciandosi andar giù. Come ella scese, il conterello, il contuzzo, il contaccio se la fe' porre in groppa da un suo famiglio che, montato a cavallo, seguitò il padrone il quale staffetteggiava con la preda presa.
PIPPA. Io sarei caduta, sendo in groppa del cavallo che correva.
NANNA. Ella era atta come un ragazzino da barbari, e cavalcava meglio che non fa una soldata: e perciò giunse col poltrone, che tanto traversò di via in via, che si assicurò da quelli che potevano corrergli dirieto. Il capo de la cosa è che in .XXII. dì ella gli venne a noia; e una sera, per due paroline date in risposta a un suo ragazzo che il governava, toccò il premio de le promesse speranzali, cioè un monte di mazzate, e ivi a un otto dì la lasciò di secco in secco, con quella sottanella di raso giallo logaro, sfrangiato di ermisino verde, e con la cuffia da la notte che ella se ne portò. E così colei che da la sua padrona saria suta maritata a qualche degna e ricca persona, diede ne le mani di una brigata di giovanastri, i quali se la prestarono l'un l'altro: ma come fu vista tutta fiorita de le bolle attaccatele dal conte, non trovò mai più can né gatta che la fiutasse, e solo il bordello ne ebbe misericordia.
PIPPA. Ch'ei sia benedetto.
NANNA. Dice chi ce la vidde, che l'altre sue cittadine stupivano a sentirla favellare, e che quella certa onestà portata seco da la corte ne la quale si allevò, faceva parere il bordello un convento: e non ci è dubbio che la onestà che acostuma una puttana, siede in mezzo del chiasso con più onore che non ha un prete parato posto fra le nozze de la sua messa novella.
PIPPA. Se l'onestà è bella fra le puttane, che debbe essere fra le verginità ?
NANNA. Una dea de le dee, un sol del sole e un miracolo dei miracoli.
PIPPA. Onestà buona, onestà santa.
NANNA. Odi la crudeltà d'uno uomo mentovato, bontà de le sue vertù, di là da Caligutte un mondo di miglia: e l'ho cavata de la pentola or ora, onde è calda calda. L'uomo famoso che io vo' dire, per mala ventura vidde una giovane de .XVII. anni gittatasi con tutto il lato manco su la finestrella de la picciola casetta che sua madre teneva a pigione: la bona grazia de la quale valeva più che le bellezze di sei de le belle d'Italia; ella aveva gli occhi e i capegli sì vivi e sì biondi che averieno potuto ardere e legare altro core e altra libertà che d'uomini di carne; le dolcezze de' suoi movimenti ammazzavano altrui, né si potria stimare quanta vaghezza le aggiugneva la mansuetudine di che ella era composta; e la povertade la quale la vestiva d'una saia lionata (pare a me) listata di saia pure, ma gialla, campeggiava meglio, ne la persona de la poveretta, che non fanno i ricci sopra ricci e i panni di seta e d'oro fregiati di perle indosso a le reine. È ben vero che le fattezze de le sue membra, per il patire che ella faceva non mangiando né bevendo né dormendo a bastanza, non potevano dimostrarsi ne la perfezion loro: e quello che più la faceva rilucere, era la onestà che la guardava, standosi a la finestra o facendosi in su l'uscio. Di cotante sue qualità si invaghì l'amico, anzi s'impazzì (perdonami sua Signoria); e non trovando luogo, si diede a trovar mezzani, e gli trovò con poca briga, mercé de la fama del suo nome e bontà de la superbia dei vestimenti che ogni dì si mutava: le quali mutazioni sono l'esche che infregiano le balorde. Tu vai cercando: egli si condusse a parlamento con una Lucia compagna de l'Angela (che così ha nome la buona fanciulla), e se non frappò seco, non vaglia. Ei la basciò, la tenne per mano, le donò le promesse, e per più farla sua, le diè la fede di cresemarle un sol figliuolino che ella ha: onde la camiscia non le toccava l'anche. E così frastagliata da le promesse del compare, in due colpetti aterrò la sirocchia di colei che fiaccò il collo: come ella fu convertita, in un soffio si conchiuse il parentado.
PIPPA. So che niuno ci arìa colto me sì presto.
NANNA. Colto te, ah? Santa Petornella non staria salda a le percosse de la sirocchia, quando ti mette in pugno le beatitudini, le contentezze e i denari; e chi non alzarebbe i panni udendo dirsi: "Egli è il più caro uomo, il più piacente, il più bello e il più liberale che sia; egli ti ama e ti adora, e hammi detto che val più una tua treccia e un tuo occhio che tutti i tesori; e giura che tosto che si chiarisce che non gli vogli bene, che si farà romito"?
PIPPA. Ed ella il credette?
NANNA. Dio non voglia che tu abbi gli sproni di simili roffiane ai fianchi, che vederesti se si crede o no: sorelle, vicine e speranza di arricchirsi e grandezza di uomini? Cagna!
PIPPA. Ditemi, prima che seguiate altro: fassene mai frate niuno per amor nostro?
NANNA. Il mal punto che gli giunga: con le parole si impiccano, con i sagramenti si avelenano, con il ridersi di chi il crede piangono; essi fan vista di volersi uccidere col pugnale, accennano di trarsi de le cime dei tetti, di gittarsi nei fiumi, fingano di andarsene in luogo dove non si sappia mai novella di loro: e vorrei che tu gli vedessi inginocchiarsi ai piedi de le corrive con la coreggia al collo e con pianti che gli affogano i singhiozzi. Oh! oh! oh! ribaldi, come sapete voi dar del capo nel muro per farci credere ciò che vi pare.
PIPPA. Aprir gli occhi bisogna, sendo così.
NANNA. Al parentado conchiuso: dico che la colomba fu cavata del nido e menata in casa d'una graziosa e gentile comare del valente Cesto, e postagli fino in grembo di propia mano de la sorella, sotto la parola de la fedaccia che la cosa andrebbe invisibile.
PIPPA. Non andò segreta?
NANNA. Se fosse andata segreta, come il saperei io? I trombetti, i campanai, i canta-in-banca, i mercati, la ruota, i vespri, i cantarini e le fiere son più segrete che non fu egli; e qualunche bestia incontrava, a tutte diceva: "Non mi favellate, che io sono in paradiso: una puttetta di latte e di sangue sta mal di me; e domattina inanzi dì consumaremo il matrimonio, perché la madre a cotal ora va per boto a San Lorenzo fuor de le mura". Ma todo è nada (dice lo spagnardo), a petto ai te deum laudamus che ei fece ritrovandosela in collo: e voleva far quistione con quel fremitar che fa il toro il quale ha visto la giovenca.
PIPPA. Che noia gli dava il fremitare?
NANNA. Gli interrompeva, col non potere spiccar la favella, le frappe che voleva fare con le promessioni. E la sempliciona, toccandogli la veste di broccato, il saio fregiato d'oro massiccio, i coscioni di tela d'argento, e maneggiandogli la gran collana, pareva un contadino di quei salvatichi che hanno appena veduto i tabarri di grigio e i gonnellini di romagnuolo: il quale accostatosi, per gli urti de la turba che lo spigne, al domine che dà le candele, sdrucciola e frega la man terrosa su per il morbido del piviale di vellutaccio che gli ha indosso. Tanto è: ella, doppo il giocarsi coi suoi ricami, si acconciò come altri volse; e consentì di suo consentimento a la tentazione più e più volte, di modo che il fuoco cominciò a lavorar drento al seno di tutti due: e pareva a la senza-un-vizio-al-mondo, avendo l'amicizia di così fatto personaggio, di essere da più che il settecento, non pur del sei. Ma lo avanzo che ne fece la sua bontà , fu il demonio che prese per i capegli la bizzarria de lo innamorato, al quale non bastava averne, de le quattro parte, le tre: ma volendola tutta, fece profetizzare al proverbio del "chi tutto vuol tutto perde".
PIPPA. Ben gli stette.
NANNA. Se lo dice egli che ben gli sta, lo puoi dire anche tu. Or per aprirti il tutto, la giovane aveva marito in questo modo: un garzonastro, già guasto, d'una sorella sua, se l'aveva tolta per moglie, e impalmatala con pensiero di indugiar più che poteva a dar...
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