[Pagina precedente]...ra sì che l'hai dette tutte.
COMARE Credi tu che la ruffiana entri in cicalamento con tante brigate per piacere? Tu non ci sei: ella il fa per il compre
domine che cerca di avere con tutte le qualità degli uomini e de le donne, e per farsi conoscere da bosco e da riviera. E ti ho detto cosettine che la ruffiana fa di dì: a quelle di notte mo'.
BALIA. Sì, di grazia.
COMARE. La ruffiana la notte è come una nottola che non si ferma mai; e i gufi, i barbagianni, gli alocchi e le civette escano de le lor buche: così la ruffiana esce del suo nido, e scopa i monisteri, i conventi, le corti, i bordelli e ogni taverna; di qui cava una suora, di colà un frate, a colui mena una cortigiana, a costui una vedova, a questo una maritata e a quello una donzella; contenta i famigli con le fanti di messere, consola spenditori con la moglie del tale, incanta ferite, coglie erbe, scongiura spiriti, smascella morti, discalza impiccati, consacra carte, lega stelle, scioglie pianeti, e qualche volta tocca le sode bastonate.
BALIA. Co' così, bastonate?
COMARE. È impossibile a poter contentar ognuno, e anche a farle tutte nette: ma pacienzia, disse il lupo a lo asino. Bisogna, sorellina, recarci a la forgia de le volpi, le quali le sanno non pur tutte tutte, ma più ancora: nientedimeno or son cacciate de le tane col fume, ora spellicciate ne le reti, e ora carpite con la bocca del sacco; e quante ce ne sono che lasciano mezza la pelle e parte de la coda e de le orecchie fra i denti al cane? Né resta perciò che esse non vadino per le case scopando i pollai. E sappi che, doppo il rassimigliare la ruffiana al medico, la simiglio anco a la volpe; ecco, la ruffiana non travaglia né vedova, né donzella, né maritata, né monica (de le puttane non parlo) in vicinato: e la volpe non becca pulcino de la sua contrada; e lo fa con inganno, perché saria appostata in un tratto.
BALIA. Malizia volpina, ah?
COMARE. La volpe, giunta fra i polli balordi, la prima cosa ammazza il gallo, acciò che il suo cò cò cò non desti le galline che dormano: e la ruffiana con le sue avvertenze taglia, mozza e stronca ogni scandolo che, trovata dal fratello, dal marito e dal padre a favellar con madonna Spantina, potesse roversciarsele in su le spalle. E perché la volpe si arrischia ad arrischiare il rischio dei suoi vizi, acciò che la ruffiana, con il suo essempio inanzi, si assicuri a fare de le prove, ti contarò una ribaldaria, bontà de la quale fece dare al diavolo e scoppiar de le risa insieme alcuni mulattieri.
BALIA. Ah! ah! Io rido inanzi che tu la conti.
COMARE. Io mi sento cader l'animo di fra le dita pensando come la felice beatitudine de la ruffiana ci sia robbata da le donne e da le madonne, dai seri e dai messeri, dai cortigiani e da le cortigiane, e dai confessori e da le moniche; e sappi Balia, che a questi tempi i tabacchini governano il mondo: essi son duchi essi son marchesi, essi sono conti ed essi son cavalieri, e mi farai dire re, papi, imperadori, gran Turchi, cardinali, vescovi, patriarchi, sofì e ogni cosa; e la riputazione nostra è andata a spasso, e non siamo più desse. Io mi ricordo quando la nostra arte era in fiore.
BALIA. O non è ella in fiore, facendola le persone che tu conti?
COMARE. Sì, per loro, ma non per noi; e ci è rimaso a dosso solamente la infamia del nome di ruffiana, e loro se ne vanno gonfiati di gradi, di favori e di entrate. E non ti credere che sieno le vertù quelle che ingrandiscano altrui in questa Roma porca e per tutto: ma la tabacchinaria si fa tener la staffa; si fa vestir di velluto, si fa empire la borsa e fassi sberrettare. E benché io sia una di quelle che hanno polso, legge la soprascritta de l'altre: e perciò governati come si dee. Tu hai buon principio, buona appariscenzia, galante maniera, una ciarlia viva, arguta, a tempo; il tuo "verbigrazia" in sommo, alcune cosette dolci nei motteggi; sei piena di motti, di proverbi, prosuntuosetta, doppia, spiatrice di quel che ognun fa; sai dar la quadra, negar da ladro; la bugia è il tuo occhio dritto, ti confai con ogni generazione, sei tenace del tuo, sai imbriacare a la botte d'altri e sfamarti a l'altrui tavola, e sai digiunar senza vigilia a casa tua: e tra queste tue vertù e quel poco o assai che torrai a le mie, ci potremo stare.
BALIA. Ti piace di ben dire, e non travario sì che io non vegga come in me non è vertù veruna: ho bene speranza di farmi da qualcosa per grazia de le tue.
COMARE. Tu la puoi avere. Ma dove eravam noi?
BALIA. A la volpe dei mulattieri.
COMARE. Ah! ah! la fu pur bella. Una volpa canuta, bianca e cattiva e maliziosa e trista più che non fu quella che disse al compare lupo, mentre il pecorone piombava giù ne la secchia cavando lei del pozzo, "Il mondo è fatto a scale, perciò chi scende e chi sale"...
BALIA. La ce lo colse, vuoi tu altro?
COMARE. ...una volpe de le volpi, avendo voglia di mangiare una scorpacciata di pesce, se ne andò al lago di Perugia con la maggior ladroncelleria che si imaginasse mai ladro; e stata così un pezzetto a pensare sopra un greppo, con la coda in pace, con quel suo muso aguzzo in fuora e con le orecchie tese, vede venire di pian passo una frotta di mulattieri, i quali chiacchiaravano (mentre i muli infilzati tutti a una fune rodevano una manciata di paglia postagli in quella baia che portano intorno a la bocca) de la carestia che era de le lasche e l'abondanza dei lucci, dando gran laude a non so che tinca, la quale avevano la mattina divorata col cavolo e col savore, ordinando anche di dar la stretta a una anguilla grossa tosto che scaricassero le some; e visti che monna volpe gli ebbe, fece un certo atto da ridere e gittossi là a traverso de la strada, propio propio come fosse morta; e nel sentire arrivarsi sopra, tenne il fiato come lo tiene uno che si tuffa sotto acqua: e distese le gambe e allargatele, non si moveva né più né meno che s'ella fosse passata. I muli che alquanto da lungi la viddero, si scansarono da lei avendo più sentimento che i mulattieri: che vistala, con quello "oh! oh! oh!" il quale esce di bocca a colui che vede scarpinare la lepre per un campo di grano alto una spanna, corsero in frotta a pigliarla per guadagnar la pelle, e perché la ciuffà r tutti in un tratto, volendola per sé e questo e quello, poco mancò che non si tagliassero a pezzi insieme, dicendo con boce mulattieresca "Io la viddi in prima" e "Io la ricolsi inanzi a te", e se non che un dei più vecchi ci riparò con tòrre una pietra nera e il resto bianche, e mettendole col diguazzarle un pezzo sottosopra drento un cappello, onde toccata la sorte a chi ella toccò si acquetà r gli altri, senza dubbio se ne davano parecchi.
BALIA. Molte volte le ciance riescano a le spade e a le lanci.
COMARE. Quello al quale per ventura venne la volpe, atastandola la senti calda; onde disse: "Per Dio, che ella è morta adesso adesso e di grassezza, secondo che io posso comprendere". E ciò detto, l'acconciò sopra le ceste d'un suo mulo, e ritornato a la compagnia, passata ognun la stizza, mossero il passo con i patti vecchi e con i modi usati, non senza commodità de la buona spesa de la volpe: la quale, non essendo veduta, si voltò pian piano e, tra la fame e la voglia che ella ne aveva, fece una buca nel pesce, de le maladette; e guastato lo avanzo de tutte due le ceste, spiccò un salto di quelli che sogliano spiccare saltando un fosso, avendo il buffe baffe biffe a le calcagne; e accorgendosene uno dei mulattieri, gridò "Oimè, la volpe": e corsi ove fu posta quella giudicata per morta, non la vedendo, con iscorno di quel bravo che voleva combattere per lei, furono per far le risa di Morgante.
BALIA. Margutte volesti dir tu.
COMARE. O Morgante?
BALIA. Margutte, Margutte.
COMARE. Ma eccotene una mia, non meno astuta de l'astuzia volpina, che, senza averci veruna vecchia paura, mi riuscì. Un gentil gentiluomo, giovane di .XXIX. anni fino in .XXX., stava male malissimo d'una vedova bella e da bene, assai ricca e molto vertuosa, con la quale io aveva domestichezza via là , via loro; e sapendosi la fama del mio esser famosa ne la nostra arte, viene a me sconquassato, magro e di sorte malcontento, che non lo averia fatto far bocca di ridere uno di quei Todeschi vestiti da prelato, con la mitera in capo, suso una mula in illo tempore; e io che lo veggo e non lo veggo, lo conforto dicendogli: "Adunque vostra Signoria si lascia cincischiar da la disperazione; e che doveriano fare i disgraziati, quando un grazioso, un ricco in canna si avilisce?"; ed egli, non potendo rispondermi per la moresca che gli facevano intorno a le parole i sospiri, con guardare il cielo, con arotare i denti e con dirmi "Ei si sia", si consumava. In questo ecco una rondinella che volando mi caca in seno; e io a lui "Buono augurio, buono augurio"; ed egli alzando la testa, tutto riavuto mi dice: "E perché buono augurio?"; "Perché la rondine, che ha per costume di travagliar sempre, mi ha fatto segno che il vostro travaglio averà fine".
BALIA. Che tu credi agli auguri?
COMARE. Ai sogni sì che io do fede, ma se io penso agli auguri, che mi venga la moria: ma bisogna esercitargli per far che altri gli dia credito. Io non veggo mai cornacchia, né corbo, che non dia interpretazione a il lor aver volta la coda inverso il culo o no. Se cade una penna di uccello che vola o di gallo il qual canta, subito la grappo su e la ripongo per mille ribaldarie che io do ad intendere agli sciocchi che io so fare. Se si scortica becco o capra, io son ivi per portarmene il grasso. Se si sotterra alcuno, io gli straccio un poco di qualche sua cosa. Se si spicca impiccati, io gli rubacchio e capelli e peli. E con tali capestrerie scortico questo e quel menchione che per via di fatture vòle tutte le belle che ei vede; e ti insegnerò, spetta pure, lo incanto de le fave, e come si gittano, e l'orazione e ogni sua favola.
BALIA. Tu me l'hai cavato di bocca.
COMARE. Faccio anco professione di dar la ventura con altro garbo che non hanno i zingani nel guardarti la palma de la mano; e che ladri pronostichi che io faccio nel conoscere de le filosomie; e non si trova male che io non guarisca e con parole e con ricette, né si tosto mi dice altrui "Io ho il tal male" che io gli do ìl cotal rimedio: e santa Pollonia non ha tanti boti attaccati ai piedi, quante ho talvolta io richieste per il duol dei denti. E se tu hai mai visto la ciurma la quale spetta che il guattaro dei fratacci venga via con le caldaie di broda, vedi quella che la mattina a buona otta corteggia il mio uscio: e chi vuole che io parli a una la quale vidde due dì fa nel tal luogo, chi vuol che io gli porti una lettera, altra manda la fante per lo scorticatoio dal viso, altra vien in persona perché io le faccia una malia. Ma io entro nel pettine di sete, volendoti contare tutto quello al qual sono adoperata.
BALIA. Io ne disgrazio Lanciano, Ricanati e quante fiere ha il mondo.
COMARE. Io sono uscita del viottolo per entrare nel seminato: dico che ti cominciai a dire di colui che si attaccò a la speranza de lo schizzo de la rondine che mi cacò in seno.
BALIA. Quel "cacare" ti disdice in bocca: e par che a questi tempi bisogni sputar manna, chi non vòl dare nei biasimi de le assorda-forni-e-mercati; ed è una strana cosa che non si possa dire cu', po' e ca'.
COMARE. Cento volte ho pensato per che conto noi ci aviamo a vergognare di mentovare quello che la natura non s'è vergognata di fare.
BALIA. E così ho pensato io, e più oltre ancora: e mi parria che fosse più onesto di mostrare il ca', la po' e il cu' che le mani, la bocca e i piedi.
COMARE. Perché?
BALIA. Perché il ca', la po' e il cu' non bestemmiano, non mordano e non isputano ne la faccia come fanno le bocche, né danno dei calci come danno i piedi, e non giurano il falso, non bastonano, non furano e non ammazzano come le mani.
COMARE. Sempre si dee favellar con ogni sorte di gente, perché da tutti si impara qualcosa. Tu hai discorso, tu hai cervello, tu sei in una buona via, ed è fatto un gran torto a la po' e al ca' i quali mertano di essere adorati e...
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