[Pagina precedente]...i che nol poté mai placare per via di accordo niuno, con la moglie e con una sola figliuola che aveva, s'era fuggito. Ora, durante la guerra, il re che voleva pigliar la città si poteva dibattere: perché era sì forte che il signor Giovanni di Medici, iddio Marte, non l'averebbe presa, sbombarda, scoppietta, archibusa quanto sai. Ma che accasca? Il re che la combatteva faceva cose di fuoco ne le scaramucce: a chi fendeva il capo, a chi spiccava un braccio, a chi mozzava una mano, e chi gittava, d'uno incontro di lancia, in alto un miglio; di modo che amici e nimici ne avevano che dire. Onde la fama prosuntuosa, fattasegli guida, menatolo pel campo trionfalmente, se ne andò drento; e trovò la figliuola del re sventurato, e le dice: "Viene in su le mura, e vederai il più bello, il più valente e il più bene armato giovane che nascesse mai". Appena gnele disse, che ella ci corse sopra: e conosciutolo a le penne terribili che svolazzavano in sul cimiere e a le sopraveste di tela d'ariento le quali abagliavano i razzi del sole mentre lo splendor suo ci feriva drento, uscì di se stessa; e vagheggiandogli il cavallo, l'armadure e i gesti, eccolo fino in su le porte: e nel brandire la spada per uccidere un soldato che gli arancava inanzi, si ruppe la coreggia de l'elmo e sbalzogli fuor di capo. Per la qual cosa ella vidde quella faccia di rose, fatte tutte vermiglie nel combattere: e il sudore che ci spruzzava la fatica, simigliava la rugiada che le bagna quando l'alba incomincia ' aprirle.
PIPPA. Scortiamola.
NANNA. Ella se ne infiammò così fattamente, che ne divenne cieca; e senza più curarsi di quel che avesse fatto o volesse fare al padre, più lo amava che egli non odiava chi la ingenerò: meschina, che sapeva pure che tutto quel che luce non è oro. Come si fosse, amor la fece si animosa, che una notte aprì lo sportello segreto del suo palagio; il quale sportello era fatto per i bisogni dei tempi, e potevasi andare e venire senza esser veduto: ella che aveva le chiave di cotale uscietto, sbucò fuora e sola sola si condusse dinanzi a lo ingordo del sangue suo.
PIPPA. Come trovò ella la via al buio?
NANNA. Dicano che il fuoco del suo core le fece lume.
PIPPA. Ti so dire che ella ardeva come si dee.
NANNA. Ella ardeva di sorte che, senza altro rispetto, non pur si diede a conoscere al perfido e disleale, ma giacque con lui, lasciandosi sciloppare dal suo dire: "Ecco, signora, io vi accetto per moglie, e voglio per mio socero e signore il padre vostro: con questo patto, che a me che, non per nimicizia, ma per brama di gloria, guerreggio con sua Maestade; apriate le porte de la città ; e subito che arò vinto il tutto, gli farò dono d'ogni mia vittoria e del mio reame ancora".
PIPPA. Come ella svolse lui, ed egli lei, sarebbe stupendo a udirlo da lor medesimi.
NANNA. Pènsate che ella, avvertita, consigliata e mossa da lo amore, formò, ritenne e disse tutto quello che le concesse formare, ritenere e dire; e si dee stimar che paresse non fanciulla inesperta e vile, ma donna cauta e ardita: usando ogni parola che rintenerisce i cori gentili, mescolando tra i detti alcune di quelle lagrime e alcuni di quei sospiri asinghiozzati e di quelle accoratagini per il mezzo de le quali si ottiene ciò che si desidera. E si dee anco credere che l'amico, pietoso di fuora e di drento crudele, il quale tanto more quanto vive suo padre, inzuccarasse la chiacchiara: e con giuramenti e con promessioni la conducesse a spalancargli quelle porte che la scempia gli spalancò. Onde il traditore la prima cosa prese il vecchio e la vecchia del quale seme ella nacque, scannando l'una e l'altro in sua presenzia.
PIPPA. E non morì?
NANNA. Non si mor di doglia.
PIPPA. Avemaria.
NANNA. Morti loro, cacciò fuoco a le case, a le chiese, ai palagi e a le botteghe; e parte del popolo lasciò abbrusciare, e parte mandò a fil di spade: non facendo differenzia da piccini a grandi, né da maschi a femine.
PIPPA. Ed ella non si impiccava?
NANNA. Non ti dico io che amore l'aveva accecata e tolta di sé per ogni verso? e perciò come insensata ferneticava nei lamenti: e ogni volta che ella affiggeva gli occhi al suo più nimico che marito, non altrimenti che gli avesse obligo lo contemplava.
PIPPA. La sua era pazzia e non amore.
NANNA. Dio ne guardi i cani, Pippa, Dio ne scampi i Mori da così fatti casi; certissimamente amore è una bestial novella: e credilo a chi lo ha provato, credilo figliuola; amore, ah? Io per me vorrei prima morire che stare un mese nel tormento d'uno il quale non ha più speranza di riavere la donna che egli adora. Febbre a suo modo, il non si trovare un soldo, non è nulla; nimicizia, ciance: crudeltà si può chiamare quella d'un che amando non dorme, non bee, non mangia, non sta fermo, non siede e con la fantasia sempre fitta a lei, si stracca in pensare come i suoi pensieri non si straccano nel pensamento.
PIPPA. E pure ognuno si innamora.
NANNA. È vero; ma ne cavano quel viso che, del puttanare, le mandre, gli stuoli e la infinità de le furiose. E sì come de le cento le novantanove puttane son di prospettiva (diceva Romanello), e il puttanesimo tutto insieme simiglia una speziaria fallita in segreto, la quale ha le sue cassette a l'ordine, i suoi vaselli in fila, con le lettere che dicano "treggea", "anisi" "mandorle confette", "noci conce", "pepe sodo" "zafferano", "pinocchiati"; aprendo poi quelle e questi non ci è drento covelle: perché le catenuzze, i ventaglini, gli anelletti, le vesticciuole e i cuffioni de le più profumate, sono le scritte dei vaselli e de le cassette vote che io ti dico. Così, per uno innamorato che riesca a bene de lo innamoramento, ce ne son millanta che ci si disperano.
PIPPA. Tornate ormai a la leggenda, se non volete che si dica che la vostra accia sia liccio.
NANNA. Non si dirà miga: perché le donne son donne, e quando contrafanno la lor naturalità , ponno dire a chi le riprende: "Voi ve lo beccate". Orsù, la tradita fanciulla se ne va con colui che ha spianato il suo paese e ucciso il padre e la madre sua; e andandosene con seco, ecco venir il tempo che ella, gravida di lui, vuol partorire: intendendolo il dispietato comandò che fosse gittata ignuda sopra una siepe di spine, acciò che le lor punte stracciassero lei e il suo parto. Oimè che ella, assicurata ne la disperazione, si spogliò da se stessa, con dire: "O ingrato, è questa la mercé de la mia fede? pà rti che una reina meriti così fatta morte? u' si udì mai che il padre ammazzassi il figliuolo prima che peccasse e che nascesse?".
PIPPA. Misericordia.
NANNA. Dicendo ella tai parole, le spine, rintenerite per ciò, le fecero luogo: onde l'erbe verdi e fresche, cresciute sotto le spini, la riceverono in grembo; nel quale fece un bambino che aveva tutte le fattezze di chi lo acquistò. In questo eccoti un servo con viso di demonio che piglia la creatura pel braccio e dice: "Il re mio vuole che io l'uccida, acciò che finisca in un tratto il suo odio, la tua vita e il seme vile"; ciò ditto, il coltello che mi passò il core aperse le membra non rassodate ancora; e lo spiritello il qual vidde prima il Cielo che il sole, sciolse lo stame del vivere appunto nel far del nodo. E questa è la morte più dolce che la vita: il morire quando altri non sa ciò che si sia vita, è simile a la beatitudine dei santi.
PIPPA. Ve lo credo; ma chi sopporta così crude crudeltà ?
NANNA. Doppo questo ella fu rivestita, e nel volere sfogarsi col piagnere, ecco in un bacin d'oro il laccio, il veleno e il pugnale. Quando la sciagurata ode dirsi "Eleggi uno di questi fini, i quali per tre vie ti traranno di impaccio l'anima e il corpo", non si sbigottendo e non si movendo, preso la corda, il tosco e il coltello, isforzossi di tòrsi la vita con tre morti in un tratto: e non potendo, si dolse del Cielo il quale non consenti che in un tempo potesse e impiccarsi e avelenarsi e ferirsi.
PIPPA. O Iddio mio.
NANNA. Ella si cinse il collo con la fune: e attaccatela, si gittò giuso, e quella si ruppe, e non poté morire; bevve l'arsenico, e non l'offese: perché, sendo bambina, suo padre le aveva dato i ripari contra il tosco; e pigliando il pugnale, alzò il braccio per trapassarsi il core: e in quello che volse ficcarci la punta, Amore entrato tra il ferro e il seno, gli mostrò il ritratto del suo idolo falso, il quale aveva di varia seta ricamato nel petto; onde le cadde il colpo di mano, avendo più riguardo a la sua imagine dipinta che egli non aveva a la sua vita.
PIPPA. Mai più non si udì cose sì stranie.
NANNA. Né ti credere che egli, che per esser lei del sangue del suo nimico la odiava più che la morte, per la pietà mostrata inverso la sua effigie diventassi compassionevole; anzi la fece avventare nel mare vicino: e le sue dee la riportarono a la riva sana e salva.
PIPPA. Voglio accendere a le dee che dite due candele.
NANNA. Come il serpente la vidde su la riva, chiamò uno uomo terribile e disse: "Isfodera cotesta spada e mozzale il collo"; egli è ubidito: la spada è in aria, la piomba giuso, e la nostra Donna l'aiuta.
PIPPA. Come?
NANNA. Col far che la colga di piatto.
PIPPA. Lodato sia Iddio.
NANNA. La non finisce qui: anzi il crudelaccio fece appicciare un gran fuoco e trarvela drento per forza: ma non abbrusciò, perché in quello che ella ci fu per cader sopra, il cielo che ne ebbe misericordia, oscuratosi in un tratto, versò tanta acqua che aria spento le fornaci de lo inferno, non che un capannello di scope e di frasconi.
PIPPA. Ciel da bene, ciel pietoso.
NANNA. Tosto che la fiamma, che si voleva col fume levare in alto, fu spenta, il popolo disse col grido: "Deh! signore, non volete quel che non vuole chi sta colassuso; deh! perdonate a la inocente, la quale pur troppo vi ama: e il suo troppo amarvi vi ha fatto vendicare e vincere".
PIPPA. E non si piegava a simili prieghi?
NANNA. Piegansi gli immetriati ai bisogni dei vertudiosi?
PIPPA. Pacienzia.
NANNA. Tolta del luogo spento dal piovere, a onta di coloro che pregavano per lei, fu messa dove si stava rinchiuso un lione: e fu pure il vero che egli appena la fiutò, e lo fece per aver rispetto a la nobiltà sua, e anco per non degnarsi con donna sì misera.
PIPPA. Dio gli faccia di bene.
NANNA. Hai tu mai visto uno cane arrabbiato, il qual morde fino a le sue zampe?
PIPPA. Sì ho.
NANNA. Se tu l'ha visto, vedi il diavolo incarnato manicarsi le mani per la disperazione del non poter saziarsi de la morte sua: egli la prese per le trecce e strascinolla in un fondo di torre, e la fece stare ivi otto dì senza voler che niuno le desse mangiar né bere: ma ella mangiò e bevve a suo marcio dispetto.
PIPPA. A che modo?
NANNA. Dimandane il duolo e il pianto suo, i quali ti diranno in che modo gli diventarono pane e vino. Ora, aperta la prigione e ritrovatasi viva, il mastino rinegato ne diede col capo per tutti i muri; e poi che se l'ebbe rotto in dispregio di se stesso, la legò di sua mano al busto d'uno albero, e la fece saettare con gli archi. Ma chi crederà che il vento, per la compassione che ne aveva, alontanava i colpi da lei, e dividendo il nuvolo de le frecce, la metà ne cadeva di qua e la metà di là ?
PIPPA. Vento gentile.
NANNA. Ora ne viene la crudeltà : perché egli, gonfiato di quel tosco che gonfia colui il qual non pò sfogare il fuoco che drento al petto gli ha acceso la stizza, comandò che ella fosse gittata de la più alta torre; e così fu presa e portata lassuso; ma vedendosi legar le mani, gridò: "Adunque le nate dei re hanno a morire come serve?". La torre toccava quasi il cielo coi merli; e non era niuno dei manigoldi che l'avevano a trar giuso, che gli bastassi l'animo di mirar la gente, la quale con le ciglia tese aspettava il volo che suo malgrado doveva far colei che, in migliore stato, tutta si racapricciava guardando ogni poco di profondità . Il sole che a quella otta luceva in tutta bellezza, per non vederla rovinare si nascose fra le nugole; ed ella, datasi a piagnere, fece con gli occhi un Tevere e uno Arno. Ma non piagneva per la paura de lo avere a fiaccarsi e a rompersi cadendo: ella si verg...
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