[Pagina precedente]...ccorrendoti il voler ciurmare e infregiare alcuno, essendo il nome del tuo non bestemmiare e del tuo non giurare, subito che per farla bere ad altrui bestemmi o giuri, ti sarà data più fede che non danno l'usure ai pegni d'oro e d'ariento.
BALIA. Prego la mia memoria che mi faccia prima scordare il memento mei che un sì buono avviso.
COMARE. A la suora mo'. Un di questi che si dilettano col malanno di por le corna ai monisteri, stava a lo stillato per amore d'una monichetta graziosina, dolciatina, galantina; e per il dirieto rimedio viene a me, e mi piagne intorno, mi conta i suoi guai e dammi parole e denari. Per la qual cosa io, a la usanza dei ceretani che tolgano a guarire ogni fistola in otto dì, prometto di andar a parlarle; e vado ancora: ma ne lo alzar gli occhi al monistero, considero il sagrato del luogo, le mura alte, il pericolo ne lo entrarvi, la santità de le suore; onde mi fermo dicendo a me stessa: "Che farai, Comare: andrai o non andrai?"; "Sì sì, io andrò, anzi non andrò miga"; "E perché no?"; "E perché sì?"...
BALIA. Tu sei dessa.
COMARE. ..."A la fede che io mi voglio tornare a casa"; "Come a casa? È questa la prima?". In cotal contrasto stava meco medesima tosto che io squadrai il monistero; e avendo in mano alcuni collarini di rensa, lavorati di quel refe sottile il qual non si cura, me gli ripongo in seno, e apro un libricciuolo de la Donna tutto scritto a penna e miniato con ori, con azzurri, con verdi e con pavonazzi violati: cotal uffizio ebbi io da un malanotte mio amico, che lo furò a quel vescovo da 'Melia la rogna del quale ha lasciato nome di sé in Roma, e lo teneva inguluppato in un velo, e con nome di venderlo mi conduceva a favellare a le suore di tutti i conventi. Aperto che io l'ebbi e guardatolo, con istupirmi lo riserro e me lo reco sotto il braccio; e poi ritorno a risquadrare lo albergo de le rinchiuse. E nel raccontarlo a un che era stato in campo, mi disse che io pareva un capitano il qual vòl dar la battaglia a una terra: che va guardando il più forte dei muri, il più cupo e il più largo dei fossi, e dove i merli son men calcati di gente, e poi dà l'assalto. Ma ciò che io mi paressi, o a quel che mi rassimigliassi, io entrai ne la chiesa: e per non far torto al biscio del quale mi vestiva ogni volta che intrideva le mie ruffianezze con le onestà suoresche, tolsi prima l'acqua santa, e poi mi gittai inginocchioni; e pispigliato un pezzetto, datomi alcune maxima culpa nel petto, allargando le braccia nel congiugnere insieme le palme, inchinato il capo, bascio la terra; poi rizzatomi suso, picchio a la ruota. E picchiato che io ho così pian piano, odo una "ave" che mi risponde; e rispondendomi apre la grata: e io stringo le spalle e dimando se ci è niuna suora che voglia comprare il libro del Salmista.
BALIA. Tu dicesti poco fa che egli era l'ufficiolo de la Donna.
COMARE. Non si pò dire una bugia e starci?
BALIA. Così ce si potesse stare a dir due veri.
COMARE. Or basta, dunque. Come la portinaia udì che io voleva vendere il libro, corse suso: e non stette molto che ritornò a me con una schiera di suore giovani; e fattami venir drento, ecco che io lancio un sospiro, e dico: "Io non cà pito mai nei monasteri, che non mi si racapricci l'anima; e solamente l'odore che di santità e di verginità esce de la vostra chiesa, mi converte e mi fa sospirare i miei peccati. Infine voi siate in paradiso, né avete impaccio di figliuoli, né di mariti, né de le mondanità : i vostri uffici, i vostri vespri vi bastano; e val più lo spasso che vi dà l'orto e la vigna vostra, che quanti piaceri godiamo noi". Ciò detto, mi pongo a sedere allato a quella per la quale sono andata ivi, e sviluppo il libro, e trovo la prima dipintura e gliene mostro: intanto elle gli fanno una capannella intorno.
BALIA. Io le veggo mirare il libro, e sento favellarne.
COMARE. Fattogli intorno capannella, nel riconoscer Adamo ed Eva, ecco una che dice: "Maladetto sia quel fico traditore e questo serpe ladro, il qual tentò la donna che è qui"; e toccandola col dito, sospira. E questa risponde a quella, che dice "Noi vi
vamo sempre, se la gola d'un frutto non era": "Se non si morisse, ci manicaremmo l'un l'altro, e ci verrebbe a noia il vivere; e perciò Eva fece bene a mangiarlo"; "Non fe', no" grida il resto, "morire, ah? Oimè, il ritornar polvere"; "E io per me" dice una suora argutetta, "vorrei viverci ignuda e scalza, non pur calzata e vestita; la morte a chi la vòle". Intanto io volgo carte e trovo il deluvio, e trovatolo, sento dirgli: "Oh come è naturale l'arca di Noè: paiano vivi costor che fuggano su per gli alberi e suso le cime dei monti"; altra loda le saette, le quali tra i fuochi e i nuvoli par che caschino; altra, gli uccelli impauriti da la pioggia; altra, quelli che si sforzano di aggrapparsi a l'arca; e altra l'altre cose.
BALIA. De la Cappella è furata cotesta dipintura.
COMARE. Così si dice. Considerato che ebbero il diluvio, gli mostro il bosco dove piovve la manna; ed elleno, nel veder cotanta gente e femine e maschi, le quali se ne empieno il grembo, il seno, le mani e i canestri, tutte facevano festa. In questo la badessa vien giuso, e tosto che esse la viddero, corsero a lei con il libro in mano; e occupandola a vedere le dipinture miniate, io mi rimango sola con quella che io voleva; e vedendo il bello, cavo fuora i collarini lavorati finamente, e le dico: "Che vi pare di questo lavorio?"; "Oh egli è galante", mi risponde ella; "Galante è il padron loro" dico io, "e vi voglio recare domani alcune sue camisce lavorate d'oro, che vi faranno stupire; come anco vi faria stupire la grazia e la gentilezza sua. Oh che giovane discreto, che ricca persona; io vi accusarò il mio peccato: io vorrei esser come già fui, e basta". Mentre io le dico cotali cose, la guardo negli occhi; e vedendognele a mio modo, muto verso e dico: "Iddio il perdoni a vostra madre e a vostro padre, che vi imprigionarono qui; e so ben quel che mi ha detto il gentiluomo dai collari...".
BALIA. Che bella via.
COMARE. "...Egli spasima, more e si disfà per amor vostro: voi sète savia, e so che pensate al vostro essere di carne e d'ossa, e al perdere de la gioventù". Infin, Balia, la dolcezza del sangue de le donne passa quella del mèle, ma la dolcitudine di quello de le suore vince il mèle, il zuccaro e la manna: e perciò ella prese bellamente una lettera che io le portava da parte di chi me la diede, e si conchiuse; e si trovò via e mezzo onde egli poté andare a lei ed ella a lui. E l'astuzia mia fu il lasciar del libro: per la qual cosa mi si spalancavano gli usci; e sempre fingeva di volergliene non vendere, ma donare, e mai sì serrava il mercato.
BALIA. Ah! ah!
COMARE. In due dì imbertonai tutte le moniche de la mia ciancia: io gli contava le più nuove trame del mondo; e facendo ora la matta e ora la savia, beata chi mi poteva più accarezzare. Io gli diceva quello che si pensava di Milano, e chi ne sarebbe duca; le certificava se il papa era imperiale o francioso; gli predicava la grandezza dei Veniziani, e come son savi e come son ricchi; poi gli entrava ne la tale e nel tale, contandogli i loro amici, e gli diceva chi era pregna e chi non faceva figliuoli, e qual fosse colui che trattava bene e male la moglie; e gli spianava fino a le profezie di santa Brigida e di fra Giacopone da Pietrapana.
BALIA. Che cervello.
COMARE. Eccomi a l'uscio d'una madonna nobile e ricca (maritata in un gran gentiluomo, il quale si spettava di dì in dì), con la corona in mano, masticando paternostri e sospiri, con una letterina in seno, e con certa accia sottile in una sacchetta che io teneva in grembo; e bussandolo lente lente, prego la fante, che di su la finestra mi dice "Chi è?", che faccia imbasciata a la padrona che sono io, e gli porto accia da dirgli "voi", e per un mercato disfatto. Come si andasse, io sento aprirmi, ed entro drento con quel propio avvedimento del ladro il quale coi grimaldelli e con le lime sorde ha schiavato la bottega appostata da lui un mese prima. Salgo di sopra, e con un inchino che toccava d'inginocchiatura le dico: "Iddio vi mantenga cotesta grazia, cotesta beltà e cotesta persona fiorita di vertù, di gentilezze e di costumi".
BALIA. Bel saluto.
COMARE. Ed ella: "Sedete, poverina; sedete, dico"; e io seggo, e sedendo sospiro forte, e con due lagrimucce secche e affamatine mi rannicchio in me stessa, e le conto i miei guai e le carestie e le poche limosine che si fanno. Onde la movo a compassione; e mossa che io l'ho, sciorino con boce affannata: "Se come voi fessero l'altre, la povertà parrebbe ricchezza a una mia pari. Che vale una donna crudele? che laude se le pò dare? che paradiso è il suo? Quante meschine muoiono per le strade, senza essere sovvenute da niuna? quante per gli spedali, non visitate mai da l'opra de la misericordia? Ma lasciamo stare le poverette: quanti uomini serrano le pugna, bontà di questa crudeltà , di questa durezza indemoniata nel mezzo del core de chi potria aiutare gli afflitti; e con le parole e con gli sguardi, non pur con i fatti, cavargli di stento e di miseria? Siate voi benedetta, siate voi adorata, poiché voi pietosa e compassionevole non patite che io gitti via questa accia". E ponendognele in mano, sorrido con dire: "Egli mi interviene oggi quello che non mi intervenne mai ai miei dì".
BALIA. L'arte de l'arte de la ruffiania de la ruffiana, è tua discepola.
COMARE. La madonna mi si volta e dicemi: "Che vi interviene?"; io le rispondo: "Mentre guardo i giri dei vostri occhi, e come alcune ciocche di capegli vi escano fuor del velo, lo spazio de la fronte, il rado de le ciglia, il vermiglio de le labbra, e tutte l'altre divinitadi de la Signoria vostra, sento maggior consolazione che non sentiva doglia inanzi che la mia sorte e la vostra cortesia si degnasse che io vi comparissi inanzi"; ed ella, tenendosene bona, mi dice: "E per vostra grazia", "Pur per vostra, signora mia", le rispondo io, "e ha ragione di adorarvi e di ardere per voi...": e qui mi fermo, ed entro ne l'accia, e dimando tanto de la libbra, più e meno, come piace a lei. Che cosa è la donna, e di quanta poca levata: appena le toccai de lo "ha ben ragione di adorarvi e di ardere per voi", che tutta diventò rossa, e inviluppandosi nel mercatare de l'accia, non dava in nulla; e io accorgendomi del suo volere entrare ne la materia, la quale era di più importanza de l'accia e del refe, ritocco dove le dole, dicendo: "Chi non ha giudizio, suo danno: val più il disperarsi per voi che il contentarsi per altri"; e parendomi che ella fosse abbattuta da la lancia del mio ciurmare, mi cavo la lettera di seno, e le ne pianto in mano; ed ecco che mi si volta con un "A me, ah? a me, eh? e chi ti paio io? e chi ti credi che io sia? Egli mi vien voglia di trarti gli occhi con le dita, con le dita mi vien voglia di trartegli, scommunicata, ruffianaccia poltrona che tu sei, vatti con Dio, escimi di casa: e se mai più ti avezzi di venirmi inanzi, ti pagarò di queste e di quelle. A questo modo, ah? a questa forgia, eh?".
BALIA. Io mi scompiscio di paura in tuo servigio.
COMARE. Or pensa ciò che feci io, vedendomi sospignere giù per la scala: e nel volere scappar fuora, eccoti venire il marito; ed ecco la madre corsa al rimore, e un suo fratello ancora il quale non soleva mai uscire de lo studio. Io, essendo a così maligni partiti, mi rassetto l'animo nel core e le bugie in su la lingua e lo sfacciato ne la fronte; e in un tempo alzo le grida e dico a la giovane: "Se vi è parso che io abbia chiesto troppo de l'accia, dite "non fa per me", senza villanie"; e a la vecchia: "Chi sa meglio di voi quanto si vende la libbra?"; e al fratello: "Voi ve ne potete con meco"; e al marito, il quale con gridare "Che fai tu qui?" mi urta: "Io ho errato la porta, vostra Signoria mi perdoni"; e con tali avvisi scappai da la mala ventura.
BALIA. Una altra si saria perduta.
COMARE. In simili casi bisogna usare la malizia che usa la volpe quando si vede giunta fra i cani, i bastoni, le reti e il fuoco: ella,...
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