[Pagina precedente]... non si perdendo punto, sta in cervello, e accennando di volere uscire o di qui o di qua, tutti i gesti che fa ella, fanno anche coloro; i quali se la lasciano scappare de l'unghie senza avvedersi come.
BALIA. Dieci volte ho visto quel che tu dici.
COMARE. Ma tu ti credi forse che colei, de la quale mi parse fuggir la furia, si corrucciasse da senno? Niente, Balia: ella ricolse la lettera squarciata da lei e calpestata e sputacciata e ricongiugnendola insieme, la lesse e rilesse mille volte; e da la finestra la mostrò a colui che mi mandò a portargnele. E perché io il credessi, il suo amante mi fece veder con gli occhi propi come ella diventò sua senza altri mezzi: e un dì, doppo desinare, mi fece stare nascosta in un luogo, del quale la viddi spogliare ignuda e colcarsi seco. Sendo il caldo grande, e perché la camera rispondeva in uno orto, le cicale, che in quella ora facevano a gara, non mi lasciavano udire ciò che madonna gli diceva: ma viddi lei, sì viddi bene, io la viddi per certo, perché egli la contemplò in ogni parte. Ella si aveva rivolti i capegli in capo senza velo niuno, onde le sue trecce le facevano tetto a la bella fronte: i suoi occhi ardevano e ridevano sotto l'arco de l'un ciglio e de l'altro; le guance parevano propio latte spruzzato di grana di colore dolce dolce; oh il bello naso, sorella, oh il bel mento che ella aveva! Sai perché io non ti favello de la bocca e dei denti? Per non iscemare la lor riputazione favellandone. Un collo, Iddio, un petto, Balia, e due pocce da far corrompere i vergini e da sfratare i martiri: io mi smarrii nel vedere il corpo con la sua gioia per belico in mezzo; e mi perdei ne la vaghezza di quella cosa bontà de la quale si fanno tante pazzie, tante nimicizie, tante spese e tante parole; ma le cosce, le gambe, i piedi, le mani e le braccia lodino per me chi sa lodarle. E son fole le parti dinanzi: lo stupore che mi cavò fuor del sentimento, uscì da le spalle, da le reni e da l'altre sue galantarie. Io ti giuro per il mio mobile, e lo do a sacco, al fuoco e ai ladri e ai birri, se non mi posi nel vederlo la mano a la cotale, menandomela non altrimenti che si menino i cotali da chi non ha dove intignergli.
BALIA. Nel tuo dirmi ciò che mi hai detto, ho sentito di quella dolcezza che si sente nel sognare di avere a dosso il tuo amante onde ti desti nel compire.
COMARE. Doppo il cianciare si gittarono in letto: e abbracciatosi insieme, facevano disperare l'aria, che non aveva più luogo fra loro. E standosi così, le cicale per mia bona ventura si acquetarono, e ne ebbi gran piacere, perché degli innamorati non son meno dolci le parole che i fatti. Prima che venissero ai ferri, il giovane tanto vertuoso quanto nobile le ficcò gli occhi negli occhi e mirandola fiso, disse questi versi (i quali volli da lui scritti, e messimigli ne la fantasia con de l'altre rime che ti dirò accadendo):
Non si curi del Ciel che in terra vive
felice amando e del suo amor contento;
né lassù brami fra le cose dive
sentir la gioia ove ogni spirto è intento:
perché al sommo diletto par che arrive
solo il gioco amoroso; e in quel momento
che de la donna sua si bascia il viso,
s'ha quasi un dei piacer del paradiso.
O beati color che hanno duo cori
in un sol core, e due alme in una alma
due vite in una vita, e i loro ardori
quetano in pace graziosa ed alma.
Beatissimi quei che hanno i fervori
con par desire scarchi d'ogni salma
né invidia o gelosia né avara sorte
gli nega alcun piacer fino a la morte.
BALIA. L'anima, l'anima mi hanno tocca: oh son dolci, oh sono soavi!
COMARE. Recitate le due stanze, de le quali si cibarono le orecchie de la fanciulla, ecco darci drento. Già i lor petti si congiungano sì fervidamente insieme, che i cori di tutti due si basciarono con uguale affetto. In quello essi si beeano dolcemente gli spiriti corsi ne le labbra per diletto; e beendosigli, gustano le dolcezze del Cielo: e i sopradetti spiriti fecero segno di allegrezza, mentre gli "ahi, ahi", gli "oimè, oimè", e "vita" e "anima" il "cor mio", il "moro", lo "aspetta che io fo" finirono. Onde cadde questo e quella lentamente, spirandosi l'un l'altro in bocca l'anima con un sospiro.
BALIA. Un Sasso, un Tibaldeo, non che il Petrarca, non saprebbe raccontarlo così bene. Ma non ne contar più di loro, e lasciami con la bocca dolce.
COMARE. Che ti sia fatta la grazia: benché faccio torto al sonno il quale gli piovve negli occhi a poco a poco; onde si gli aprivano e serravano, togliendogli e rendendogli la luce come toglie e rende il lume al sole un nuvoletto che ora se gli atraversa e ora se gli leva dinanzi.
BALIA. A sua posta.
COMARE. Un qualificato uomo, una reputata persona, il quale aveva più vertù che la bettonica, adocchiò una vedova né vecchia né giovane, molto bella e molto polita, la quale ogni mattina quasi veniva a la messa; e io, per far correre qualcuno, come io feci, sempre inanzi a lei compariva a la chiesa; e mi poneva appunto ne la predella del suo altare: e ciò usai nel principio per darle via di parlarmi, se non con altro, col dirmi "Levati di qui"; e mi venne fatto: e sempre che mi vedeva, per sua grazia mi salutava, diman
domi spesso come io la faceva, s'io aveva marito, e quanto pagava di pigione, e altre novelle. Onde colui che la vagheggiava, prese per partito di farmi mezzana del suo amore; e una sera se ne viene a me solitario, e con una maniera onesta mi richiede; e io, latina di bocca, prometto e sprometto: prometto con dire "Una mia pari dee servire a un par vostro", e sprometto dicendo "Io dubito, pure io le favellarò, siatene certo". E così lo faccio venire a la chiesa; e accostandomi a la vedova, parlo d'altre cose; e voltandomi a lui, accenno: cioè gli dico coi cenni che ella, la qual rideva de le mie ciance, ride nel sentirlo mentovare; ed egli contento.
BALIA. Capassone.
COMARE. Finissi l'uffizio, e me ne vengo a casa: ed egli comparisce; onde gli tocco la mano, e dico: "Buon pro' vi faccia il ben che ella vi vòle; non le poteva ragionare di cosa che più le piacesse. Ma per la prima volta, non si è arrischiata a dirmi l'animo suo: ma chi non lo conoscerebbe? Scrivetele una lettera con qualche sonettino, perché se ne diletta: e io gliene darò". Come sente de la lettera, un paio di ducatuzzi venner via: "E non ve li do per pagamento" disse egli, "ma per arra di quelli che vi ho a dare; e istasera portarò la lettera". Partisi, torna e me la porta ravolta in un poco di velluto nero, legata con fili di seta verde; e basciata che l'ebbe, me la dà: e io la ribascio e la piglio.
BALIA. Cerimonie per cerimonie.
COMARE. E pigliatela, gli do licenzia con promettergli darla a lei la mattina seguente. E vado a la chiesa: e la trovo e non le parlo, mostrando una fante seco, la quale non ci soleva venire; e non facendo altro, mi scuso con lui; ed egli: "Sta bene, quello che non si pò, non si può: purché mi aviate a mente, mi basta"; "Come avervi a mente? Io la darò oggi o morrò; lasciate, io voglio andarle a casa. Siate qui a due ore, che vi saperò dir qualcosa". Egli mi ringrazia e proferisce; e dà uno altro ducatetto, e partisi. E io, ivi a un buon pezzo, vado a casa de la vedova: le chieggo, se non lino, stoppa o capecchio da filare (perché, se ti ricordi bene, io ti ho detto che ne le case ricche andava vestita da povera, e da ricca ne le povere). Io ebbi lino e ciò che volsi; e tornando a me l'uomo, gli dico: "Io gnele ho data col più bel modo, con la più nuova astuzia del mondo"; e contatagli una filostroccola né vera né in quel lato, gli faccio credere che doman da sera vado per la risposta. Vien l'altra mattina, e mi conviene essere a convertire una di queste innaspaseta, bella giovanetta e povera al possibile: onde lascio una mia nepotina in casa; e non mi rammento de la lettera (che io non aveva data, né era per dare) lasciata ne la cassetta de la tavola. E mi fu per rovinare cotale smemoraggine: perché la persona che me la diede venne a casa mia, non ci essendo io, e la bambina gli aprì; e andando suso, razzolò per la cassetta, e trovò la sua lettera; e portossela seco, con dire: "Io vo' vedere ciò che dirà la ruffiana ribalda, in risposta del mio servigio".
BALIA. Eccoti peste l'ossa.
COMARE. Adagio. Io ritorno, e perché il core mi diceva "qualcosa ci è", guardo la cassetta e non veggo la lettera; dimando la putta: ella mi dice "Messere tale ci è stato", e io a pensare la scusa. In questo, eccolo a me: e non si guasta punto, anzi vien via con i suoi ghigni a l'ordine e con le sue parolette in sommo. Ma la tua Comare cattiva non ci sta; e fattosigli incontra, comincia a dirgli: "Io so che sapete non lasciar dormire, né far pro' la cena, a le vostre servitrici: per l'anima mia, che io ho avuta una de le pessime sere, una de le triste notti che si possa avere. È vero che vi dissi di aver data la lettera, io nol nego, e non ho fatto per dirvi bugia: ma non avendo avuto commodità di darla, sendo certa di poterlo fare istasera, dissi meco "questo dirgli di averlo servito potendolo servire a otta, non importa". Così voi avete ritolta la vostra lettera, e son chiara che non mi crederete più la verità: ma datemela, e vedrete non domani, ma l'altro, ciò che io so fare.
BALIA. Odi tresca.
COMARE. Egli tutto soave e tutto buono si trae la lettera di seno e ridammela, con dire: "Certamente io era un poco in collera, perché mi pareva esser trattato da goffo, ma io sono uomo ragionevole, e perciò accetto le scuse vostre: e ogni ruggine è andata via, ed emendesi l'errore con la prestezza"; e io a lui: "Io so bene quanto importi a dir quel che non è, a un tal signore; ella è fatta: al rimedio". E con queste traforellerie se ne va: e io a ridere e a dispiegar la lettera. Balia, mai si vidde la più bella cosa, ogni lettera pareva una perla, e non saria donna sì dura e sì villana che le parole scritteci non movessero: oh che bei trovati, che bei modi di pregare, e che belle vie di rintenerire e di fare ardere altrui. Io ebbi uno spasso mirabile nel leggere e rileggere questo madricalino, il quale ci era drento:
Donna, beltà sopra ogni meraviglia
è bella, perché a voi sola simiglia;
ma, per crescerle onore,
scemate il ghiaccio in voi, e in me l'ardore:
e sarete più bella a meraviglia,
quanto più la pietade vi simiglia.
Che alfin biasmo vi sia
s'indarno spera la speranza mia;
e dirassi: "È crudele a meraviglia
crudeltà, perché a voi sola simiglia".
BALIA. Gentile.
COMARE. Tosto che io l'ebbi letta a mio modo, la riposi; e feci del velluto, nel quale era ingoluppata, due brevicini da tenere al collo, ridendomi de lo aspettatore de la risposta: che venne come udirai. Nel ritornare io a casa de la vedova, sento che si grida per non so che collana rotta, nel tirare, in quattro pezzi: e perché la più bella facitura non si vidde mai, né in Roma era chi sapesse lavorarne, la madonna faceva uno schiamazzo grande; e io trincata, penso la malizia e dico: "Non vi scandalizzate, perché vi farò, come venite a la messa, favellare a un maestro, il quale potreste avere veduto altre volte, che ve la riconciarà di sorte che sarà più bella dove è spezzata che dove è intera". Ed ella tutta riavuta, mi dice: "Fate che domattina veniate a la chiesa senza fallo"; e doppo lo averle promesso, trotto a casa: e non stette un benedir di tavola a comparir lo amico. E io: "Si vòle esser donna, e aver volontà di servire come ho servito voi: la lettera è piaciuta, e tanto tanto che vi parrà di nuovo: pianti e cose, sospiri non vi dico, e qualche risetto ancora; dieci volte ha letto i versi, lodatigli non si pò dire; e non senza basciarla e ribasciarla, se l'ha riposta fra quelle sue pocce di neve e di rose. E la conclusione è che domattina, partito ognuno di chiesa, vi vuol favellare". Ed egli udendo ciò, volse ringraziarmi ad alta boce; e io: "Piano ai mali passi", "Come ai mali passi?", risponde egli; "Vi dirò" gli dico io, "ella non si fida de la sua fante; e perché non si scopra il vostro segreto, aviamo trovato una bella strada: la gentildonna ha rotta una c...
[Pagina successiva]