[Pagina precedente]...zo bastante per tale effetto, non concederete voi che sia necessario introdurne altra? Aiutatelo, Sig. Simplicio, già che egli sta ambiguo sopra quello che debba rispondere.
SIMP. È forza che la sospensione del Sig. Sagredo sia per altro rispetto, non restando luogo di dubitare sopra sì chiara e necessaria consequenza.
SAGR. Voi, Sig. Simplicio, l'avete indovinata. Andavo pensando se, non bastando un million d'oro l'anno, che vien di Spagna, per pagar l'esercito, fusse necessario far altra provisione che di danari per le paghe de' soldati. Ma seguitate pur, Sig. Salviati, e supponendo ch'io ammetta la vostra consequenza, mostrateci il modo di separare l'operazione del vacuo dall'altre, e misurandola fateci vedere come ella sia scarsa per l'effetto di che si parla.
SALV. Il vostro demonio vi assiste. Dirò il modo dell'appartar la virtù del vacuo dall'altre, e poi la maniera del misurarla. E per appartarla, piglieremo una materia continua, le cui parti manchino di ogni altra resistenza alla separazione fuor che di quella del vacuo, quale a lungo è stato dimostrato in certo trattato del nostro Accademico esser l'acqua: talché, qualunque volta si disponesse un cilindro d'acqua, e che, attratto, si sentisse resistenza allo staccamento delle sue parti, questo da altra cagione che dalla repugnanza al vacuo non potrebbe riconoscersi. Per far poi una tale esperienza mi son immaginato un artifizio, il quale con l'aiuto di un poco di disegno, meglio che con semplici parole, potrò dichiarare [v. figura 4]. Figuro, questo CABD essere il profilo di un cilindro di metallo o di vetro, che sarebbe meglio, voto dentro, ma giustissimamente tornito, nel cui concavo entri con esquisitissimo contatto un cilindro di legno, il cui profilo noto EGHF, il qual cilindro si possa spignere in su e 'n giù; e questo voglio che sia bucato nel mezzo, sì che vi passi un filo di ferro, oncinato nell'estremità K, e l'altro capo I vadia ingrossandosi in forma di cono o turbine, facendo che il foro fatto nel legno sia nella parte di sopra esso ancora incavato in forma di conica superficie, aggiustata puntualmente per ricevere la conica estremità I del ferro IK, qualunque volta si tiri giù dalla parte K. Inserto il legno, o vogliamolo chiamar zaffo, EH nel cavo cilindro AD, non voglio ch'arrivi sino alla superior superficie di esso cilindro, ma che resti lontano due o tre dita; e tale spazio deve esser ripieno di acqua, la quale vi si metterà tenendo il vaso con la bocca CD all'in su e calcandovi sopra il zaffo EH, col tenere il turbine I remoto alquanto dal cavo del legno per lasciar l'esito all'aria, che nel calcare il zaffo se n'uscirà per il foro del legno, che perciò si fa alquanto più largo della grossezza dell'asticciuola di ferro IK. Dato l'esito all'aria e ritirato il ferro, che ben suggelli su 'legno col suo turbine I, si rivolterà il vaso tutto con la bocca all'in giù, ed attaccando all'oncino K un recipiente da mettervi dentro rena o altra materia grave, si caricherà tanto, che finalmente la superior superficie EF del zaffo si staccherà dall'inferiore dell'acqua, alla quale niente altro la teneva congiunta che la repugnanza del vacuo; pesando poi il zaffo col ferro col recipiente e con ciò che vi sarà dentro, aremo la quantità della forza del vacuo: e se, attaccato a un cilindro di marmo o di cristallo, grosso quanto il cilindro dell'acqua, peso tale che, insieme col peso proprio dell'istesso marmo o cristallo, pareggi la gravità di tutte le nominate bagaglie, ne seguirà la rottura, potremo senza verun dubbio affermare, la sola ragion del vacuo tener le parti del marmo e cristallo congiunte; ma non bastando, e che per romperlo bisogni aggiugnervi quattro volte altrettanto peso, converrà dire, la resistenza del vacuo esser delle cinque parti una, e l'altra quadrupla di quella del vacuo.
SIMP. Non si può negare che l'invenzione non sia ingegnosa, ma l'ho per soggetta a molte difficoltà , che me la rendono dubbia: perché, chi ci assicura che l'aria non possa penetrar tra 'l vetro e 'l zaffo, ancorché si circondi bene di stoppa o altra materia cedente? e così, acciò che il cono I saldi bene il foro, forse non basterebbe l'ugnerlo con cera o trementina. In oltre, perché non potrebbero le parti dell'acqua distrarsi e rarefarsi? perché non penetrare aria, o esalazioni, o altre sustanze più sottili, per le porosità del legno, o anche dell'istesso vetro?
SALV. Molto destramente ci muove il Sig. Semplicio le difficoltà , ed in parte ci sumministra i rimedii, quanto alla penetrazion dell'aria per il legno, o tra 'l legno e 'l vetro. Ma io, oltre di ciò, noto che potremo nell'istesso tempo accorgerci, con acquisto di nuove cognizioni, se le promosse difficoltà aranno luogo. Imperò che, se l'acqua sarà per natura, se ben con violenza, distraibile, come accade nell'aria, si vedrà il zaffo calare; e se faremo nella parte superiore del vetro un poco di ombelico prominente, come questo V, penetrando, per la sustanza o porosità del vetro o del legno, aria o altra più tenue e spiritosa materia, si vedrà radunare (cedendogli l'acqua) nell'eminenza V: le quali cose quando non si scorgano, verremo assicurati, l'esperienza esser con le debite cautele stata tentata; e conosceremo, l'acqua non esser distraibile, né il vetro esser permeabile da veruna materia, benché sottilissima.
SAGR. Ed io mercé di questi discorsi ritrovo la causa di un effetto che lungo tempo m'ha tenuto la mente ingombrata di maraviglia e vota d'intelligenza. Osservai già una citerna, nella quale, per trarne l'acqua, fu fatta fare una tromba, da chi forse credeva, ma vanamente, di poterne cavar con minor fatica l'istessa o maggior quantità che con le secchie ordinarie; ed ha questa tromba il suo stantuffo e animella su alta, sì che l'acqua si fa salire per attrazzione, e non per impulso, come fanno le trombe che hanno l'ordigno da basso. Questa, sin che nella citerna vi è acqua sino ad una determinata altezza, la tira abbondantemente; ma quando l'acqua abbassa oltre a un determinato segno, la tromba non lavora più. Io credetti, la prima volta che osservai tale accidente, che l'ordigno fusse guasto; e trovato il maestro acciò lo raccomodasse, mi disse che non vi era altrimente difetto alcuno, fuor che nell'acqua, la quale, essendosi abbassata troppo, non pativa d'esser alzata a tanta altezza; e mi soggiunse, né con trombe, né con altra machina che sollevi l'acqua per attrazzione, esser possibile farla montare un capello più di diciotto braccia: e siano le trombe larghe o strette, questa è la misura dell'altezza limitatissima. Ed io sin ora sono stato così poco accorto, che, intendendo che una corda, una mazza di legno e una verga di ferro, si può tanto e tanto allungare che finalmente il suo proprio peso la strappi, tenendola attaccata in alto, non mi è sovvenuto che l'istesso, molto più agevolmente, accaderà di una corda o verga di acqua. E che altro è quello che si attrae nella tromba, che un cilindro di acqua, il quale, avendo la sua attaccatura di sopra, allungato più e più, finalmente arriva a quel termine oltre al quale, tirato dal suo già fatto soverchio peso, non altrimente che se fusse una corda, si strappa?
SALV. Così puntualmente cammina il negozio; e perché la medesima altezza delle diciotto braccia è il prefisso termine dell'altezza alla quale qualsivoglia quantità d'acqua, siano cioè le trombe larghissime o strette o strettissime quanto un fil di paglia, può sostentarsi, tutta volta che noi peseremo l'acqua contenuta in diciotto braccia di cannone, sia largo o stretto, aremo il valore della resistenza del vacuo ne i cilindri di qualsivoglia materia solida, grossi quanto sono i concavi de i cannoni proposti. E già che aviamo detto tanto, mostriamo come di tutti i metalli, pietre, legni, vetri, etc., si può facilmente ritrovare sino a quanta lunghezza si potrebbono allungare cilindri, fili o verghe di qualsivoglia grossezza, oltre alla quale, gravati dal proprio peso, più non potrebber reggersi, ma si strapperebbero. Piglisi, per esempio, un fil di rame di qualsivoglia grossezza e lunghezza, e fermato un de' suoi capi ad alto, si vadia aggiungendo all'altro maggior e maggior peso, sì che finalmente si strappi; e sia il peso massimo che potesse sostenere, v. g., cinquanta libbre: è manifesto che cinquanta libbre di rame, oltre al proprio peso, che sia, per esempio, un ottavo d'oncia, tirato in filo di tal grossezza, sarebbe la lunghezza massima del filo che se stesso potesse reggere. Misurisi poi quanto era lungo il filo che si strappò, e sia, v. g., un braccio: e perché pesò un ottavo d'oncia, e resse se stesso e cinquanta libbre appresso, che sono ottavi d'oncia quattro mila ottocento, diremo, tutti i fili di rame, qualunque si sia la loro grossezza, potersi reggere sino alla lunghezza di quattro mila ottocento un braccio, e non più. E così, una verga di rame potendo reggersi sino alla lunghezza di quattro mila ottocento un braccio, la resistenza che ella trova dependente dal vacuo, rispetto al restante, è tanta, quanto importa il peso d'una verga d'acqua lunga braccia diciotto e grossa quanto quella stessa di rame; e trovandosi, v. g., il rame esser nove volte più grave dell'acqua, di qualunque verga di rame la resistenza allo strapparsi, dependente dalla ragion del vacuo, importa quanto è il peso di due braccia dell'istessa verga. E con simil discorso ed operazione si potranno trovare le lunghezze delle fila o verghe di tutte le materie solide ridotte alla massima che sostener si possa, ed insieme qual parte abbia il vacuo della loro resistenza.
SAGR. Resta ora che ci dichiate in qual cosa consista il resto della resistenza, cioè qual sia il glutine o visco che ritien attaccate le parti del solido, oltre a quello che deriva dal vacuo: perché io non saprei imaginarmi qual colla sia quella che non possa esser arsa e consumata dentro una ardentissima fornace in due, tre e quattro mesi, né in dieci o in cento; dove stando tanto tempo argento oro e vetro liquefatti, cavati, poi tornano le parti loro, nel freddarsi, a riunirsi e rattaccarsi come prima. Oltre che, la medesima difficoltà che ho nell'attaccamento delle parti del vetro, l'arò io nelle parti della colla, cioè che cosa sia quella che le tiene così saldamente congiunte.
SALV. Pur poco fa vi dissi che 'l vostro demonio vi assisteva. Sono io ancora nelle medesime angustie; ed ancor io, toccando con mano come la repugnanza al vacuo è indubitabilmente quella che non permette, se non con gran violenza, la separazione delle due lastre, e più delle due gran parti della colonna di marmo o di bronzo, non so vedere come non abbia ad aver luogo ed esser parimente cagione della coerenza delle parti minori e sino delle minime ultime delle medesime materie: ed essendo che d'un effetto una sola è la vera e potissima causa, mentre io non trovo altro glutine, perché non debbo tentar di vedere se questo del vacuo, che si trova, può bastarci?
SIMP. Se di già voi avete dimostrato, la resistenza del gran vacuo, nel separarsi le due gran parti di un solido, esser piccolissima in comparazion di quella che tien congiunte le particole minime, come non volete tener più che per certo, questa esser diversissima da quella?
SALV. A questo rispose il Sig. Sagredo, che pur si pagavano tutti i particolari soldati con danari raccolti da imposizioni generali di soldi e di quattrini, se bene un million d'oro non bastava a pagar tutto l'esercito. E chi sa che altri minutissimi vacui non lavorino per le minutissime particole, sì che per tutto sia dell'istessa moneta quello con che si tengono tutte le parti congiunte? Io vi dirò quello che tal ora mi è passato per l'imaginazione, e ve lo do non come verità risoluta, ma come una qual si sia fantasia, piena anco d'indigestioni, sottoponendola a più alte contemplazioni: cavatene se nulla vi è che vi gusti; il resto giudicatelo come più vi pare. Nel considerar tal volta come, andando il fuoco serpendo tra le minime particole di questo e di quel metallo, che tanto sal...
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