DISCORSI E DIMOSTRAZIONI MATEMATICHE, di Galileo Galilei - pagina 1
DISCORSI E DIMOSTRAZIONI MATEMATICHE
INTORNO A DUE NUOVE SCIENZE
ALLO ILLUSTRISSIMO SIGNORE
IL SIGNORE
CONTE DI NOAILLES
Consiglier di sua Maestà Cristianissima, Cavalier dell'Ordine di Santo Spirito, Mariscalco de' suoi campi ed esserciti, Siniscalco e Governatore di Roerga e Luogotenente per Sua Maestà in
Overgna, mio Signore e Padrone colendissimo
Illustrissimo Signore,
Riconosco per uno effetto della magnanimità di V.
S.
Illustrissima quanto gli è piaciuto disporre di questa opera mia; non ostante che (come ella sa), confuso e sbigottito da i mal fortunati successi di altre mie opere, avendo meco medesimo determinato di non esporre in pubblico mai più alcuna delle mie fatiche, ma solo, acciò del tutto non restassero sepolte, essendomi persuaso di lasciarne copia manuscritta in luogo conspicuo al meno a molti intelligenti delle materie da me trattate, e per ciò avendo fatto elezzione, per il primo e più illustre luogo, di depositarle in mano di V.
S.
Illustrissima, sicuro che, per sua particolare affezzione verso di me, averebbe avuto a cuore la conservazione de' miei studii e fatiche; e per ciò nel suo passaggio di qua, ritornando dalla sua ambasciata di Roma, fui a riverirla personalmente, sì come più volte avevo fatto per lettere; e con tale incontro presentai a V.
S.
Illustrissima la copia di queste due opere che allora mi trovavo avere in pronto, le quali benignamente mostrò di gradire molto e di essere per farne sicura conserva, e, col participarle in Francia a qualche amico suo, perito di queste scienzie, mostrare che, se bene tacevo, non però passavo la vita del tutto ociosamente.
Andavo dipoi apparecchiandomi di mandarne alcune altre copie in Germania, in Fiandra, in Inghilterra, in Spagna, e forse anco in qualche luogo d'Italia, quando improvvisamente vengo da gli Elzevirii avvisato come hanno sotto il torchio queste mie opere, e che però io deva prendere risoluzione circa la dedicatoria e prontamente mandargli il mio concetto sopra di ciò.
Mosso da questa inopinata ed inaspettata nuova, sono andato meco medesimo concludendo che la brama di V.
S.
Illustrissima di suscitare ed ampliare il nome mio, col participare a diversi miei scritti, abbia cagionato che sieno pervenuti nelle mani de' detti stampatori, li quali, essendosi adoperati in publicare altre mie opere, abbiano voluto onorarmi di mandarle alla luce sotto le loro bellissime ed ornatissime stampe.
Per ciò questi miei scritti debbono risentirsi per aver avuta la sorte d'andar nell'arbitrio d'un sì gran giudice, il quale, nel maraviglioso concorso di tante virtù che rendono V.
S.
Illustrissima ammirabile a tutti, ella con incomparabile magnanimità, per zelo anco del ben publico, a cui gli è parso che questa mia opera dovesse conferire, ha voluto allargargli i termini ed i confini dell'onore.
Sì che, essendo il fatto ridotto in cotale stato, è ben ragionevole che io con ogni segno più cospicuo mi dimostri grato riconoscitore del generoso affetto di V.
S.
Illustrissima, che ha avuto a cuore di accrescermi la mia fama con farli spiegar le ale liberamente sotto il cielo aperto, dove che a me pareva assai dono che ella restasse in spazii più angusti.
Per tanto al nome vostro, Illustrissimo Signore, conviene che io dedichi e consacri questo mio parto; al che fare mi strigne non solo il cumulo de gli oblighi che gli tengo, ma l'interesse ancora, il quale (siami lecito così dire) mette in obligo V.
S.
Illustrissima di difendere la mia riputazione contro a chi volesse offenderla, mentre ella mi ha posto in steccato contro a gli avversarii.
Onde, facendomi avanti sotto il suo stendardo e protezzione, umilmente me le inchino, con augurarle per premio di queste sue grazie il colmo d'ogni felicità e grandezza.
D'Arcetri, li 6 Marzo 1638.
Di V.
S.
Illustrissima
Devotissimo Servitore
GALILEO GALILEI
LO STAMPATORE A I LETTORI
Trattenendosi la vita civile mediante il mutuo e vicendevole soccorso de gli uomini gli uni verso gli altri, ed a ciò servendo principalmente l'uso delle arti e delle scienzie, per questo gl'inventori di esse sono sempre stati tenuti in grande stima, e molto riveriti dalla savia antichità; e quanto più eccellente o utile è stata qualche invenzione, tanto maggior laude ed onore ne è stato attribuito a gl'inventori, fin ad essere stati deificati (avendo gli uomini, per commun consenso, con tal segno di supremo onore voluto perpetuare la memoria de gli autori del loro bene essere).
Parimente quelli i quali con l'acutezza de i loro ingegni hanno riformato le cose già trovate, scoprendo le fallacie e gli errori di molte e molte proposizioni portate da uomini insigni e ricevute per vere per molte età, sono degni di gran lode ed ammirazione; atteso medesimamente che tale scoprimento è laudabile, se bene i medesimi scopritori avesseno solamente rimossa la falsità, senza introdurne la verità, per sé tanto difficile a conseguirsi, conforme al detto del principe de gli oratori: Utinam tam facile possem vera reperire, quam falsa convincere.
Ed in fatti il merito di questa lode è dovuto a questi nostri ultimi secoli, ne i quali le arti e le scienzie, ritrovate da gli antichi, per opera di perspicacissimi ingegni sono, per molte prove ed esperienzie, state ridotte a gran perfezzione, la quale ogni dì va augumentandosi: ed in particolare questo apparisce nelle scienze matematiche, nelle quali (lasciando i diversi che ci si sono adoperati con gran lode e gran successo) al nostro Signore Galileo Galilei, Accademico Linceo, senza alcun contrasto, anzi con l'applauso e l'approbazione universale di tutti i periti, meritamente sono dovuti li primi gradi, sì per aver mostrato la non concludenza di molte ragioni intorno a varie conclusioni, con salde dimostrazioni confermate (come ne sono piene le opere sue già publicate), sì anco per aver col telescopio (uscito prima di queste nostre parti, ma da esso ridotto poi a perfezzione molto maggiore) scoperto e data, primo di tutti, la notizia delle quattro stelle satelliti di Giove, della vera e certa dimostrazione della Via Lattea, delle macchie solari, delle rugosità e parti nebulose della Luna, di Saturno tricorporeo, Venere falcata, della qualità e disposizion delle comete; tutte cose non conosciute mai da gli astronomi né da i filosofi antichi, di maniera che puote dirsi, esser per esso con nuova luce comparsa al mondo e ristorata l'astronomia: dall'eccellenza della quale (in quanto ne' cieli e ne i corpi celesti con maggiore evidenza ed ammirazione che in tutte le altre creature risplende la potenza sapienzia e bontà del supremo Fattore) risulta la grandezza del merito di chi ce ne ha aperta la conoscenza, con aversi resi tali corpi distintamente conspicui, non ostante la loro distanza, quasi infinita, da noi; poi che, secondo il dire volgato, l'aspetto insegna assai più e con maggior certezza in un sol giorno che non potriano fare i precetti, quantunque mille volte reiterati, la notizia intuitiva (come disse un altro) andando del pari con la definizione.
Ma molto più si fa manifesta la grazia concedutagli da Dio e dalla natura (per mezzo però di molte fatiche e vigilie) nella presente opera, nella quale si vede, lui essere stato ritrovatore di due intere scienzie nuove, e da i loro primi principii e fondamenti concludentemente, cioè geometricamente, dimostrate: e, quello che deve rendere più maravigliosa questa opera, una delle due scienzie è intorno a un suggetto eterno, principalissimo in natura, speculato da tutti i gran filosofi, e sopra il quale ci sono moltissimi volumi scritti; parlo del moto locale, materia d'infiniti accidenti ammirandi, nessuno de' quali è sin qui stato trovato, non che dimostrato, da alcuno: l'altra scienzia, pure da i suoi principii dimostrata, è intorno alla resistenza che fanno i corpi solidi all'essere per violenza spezzati; notizia di grande utilità, e massime nelle scienzie ed arti mecaniche, ed essa ancora piena d'accidenti e proposizioni sin qui non osservate.
Di queste due nuove scienzie, piene di proposizioni che in infinito saranno accresciute col progresso del tempo dagl'ingegni specolativi, in questo libro si aprono le prime porte, e con non piccolo numero di proposizioni dimonstrate si addita il progresso e trapasso ad altre infinite, sì come da gl'intelligenti sarà facilmente inteso e riconosciuto.
TAVOLA DELLE MATERIE PRINCIPALI
CHE SI TRATTANO NELLA PRESENTE OPERA
I.
Scienzia nuova prima, intorno alla resistenza de i corpi solidi all'essere spezzati.
Giornata prima
II.
Qual potesse esser la causa di tal coerenza.
Giornata seconda
III.
Scienzia nuova altra, de i movimenti locali, cioè dell'equabile, del naturalmente accelerato.
Giornata terza
IV.
Del violento, o vero de i proietti.
Giornata quarta
V.
Appendice di alcune proposizioni e dimostrazioni attenenti al centro di gravità de i solidi
GIORNATA PRIMA
INTERLOCUTORI
Salviati, Sagredo e Simplicio
SALV.
Largo campo di filosofare a gl'intelletti specolativi parmi che porga la frequente pratica del famoso arsenale di voi, Signori Veneziani, ed in particolare in quella parte che mecanica si domanda; atteso che quivi ogni sorte di strumento e di machina vien continuamente posta da numero grande d'artefici, tra i quali, e per l'osservazioni fatte dai loro antecessori, e per quelle che di propria avvertenza vanno continuamente per se stessi facendo, è forza che ve ne siano de i peritissimi e di finissimo discorso.
SAGR.
V.
S.
non s'inganna punto: ed io, come per natura curioso, frequento per mio diporto la visita di questo luogo e la pratica di questi che noi, per certa preminenza che tengono sopra 'l resto della maestranza, domandiamo proti; la conferenza de i quali mi ha più volte aiutato nell'investigazione della ragione di effetti non solo maravigliosi, ma reconditi ancora e quasi inopinabili.
È vero che tal volta anco mi ha messo in confusione ed in disperazione di poter penetrare come possa seguire quello che, lontano da ogni mio concetto, mi dimostra il senso esser vero.
E pur quello che poco fa ci diceva quel buon vecchio è un dettato ed una proposizione ben assai vulgata; ma però io la reputava in tutto vana, come molte altre che sono in bocca de i poco intelligenti, credo da loro introdotte per mostrar di saper dir qualche cosa intorno a quello di che non son capaci.
SALV.
V.
S.
vuol forse dire di quell'ultimo pronunziato ch'ei profferì mentre ricercavamo d'intendere per qual ragione facevano tanto maggior apparecchio di sostegni, armamenti ed altri ripari e fortificazioni, intorno a quella gran galeazza che si doveva varare, che non si fa intorno a vasselli minori; dove egli rispose, ciò farsi per evitare il pericolo di direnarsi, oppressa dal gravissimo peso della sua vasta mole, inconveniente al quale non son soggetti i legni minori?
SAGR.
Di cotesto intendo, e sopra tutto dell'ultima conclusione ch'ei soggiunse, la quale io ho sempre stimata concetto vano del vulgo; cioè che in queste ed altre simili machine non bisogna argumentare dalle piccole alle grandi, perché molte invenzioni di machine riescono in piccolo, che in grande poi non sussistono.
Ma essendo che tutte le ragioni della mecanica hanno i fondamenti loro nella geometria, nella quale non veggo che la grandezza e la piccolezza faccia i cerchi, i triangoli, i cilindri, i coni e qualunque altre figure solide, soggette ad altre passioni queste e ad altre quelle; quando la machina grande sia fabricata in tutti i suoi membri conforme alle proporzioni della minore, che sia valida e resistente all'esercizio al quale ella è destinata, non so vedere perché essa ancora non sia esente da gl'incontri che sopraggiugner gli possono, sinistri e destruttivi.
SALV.
Il detto del vulgo è assolutamente vano; e talmente vano, che il suo contrario si potrà profferire con altrettanta verità, dicendo che molte machine si potranno far più perfette in grande che in piccolo: come, per esempio, un oriuolo, che mostri e batta le ore, più giusto si farà d'una tal grandezza che di un'altra minore.
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