[Pagina precedente]...a che, all'opposito, il farsi (come veggiamo) il moto distrugge la posizione del vacuo; e 'l suo progresso è tale. Fa due supposizioni: l'una è di mobili diversi in gravità , mossi nel medesimo mezzo; l'altra è dell'istesso mobile mosso in diversi mezzi. Quanto al primo, suppone che mobili diversi in gravità si muovano nell'istesso mezzo con diseguali velocità , le quali mantengano tra di loro la medesima proporzione che le gravità ; sì che, per esempio, un mobile dieci volte più grave di un altro si muova dieci volte più velocemente. Nell'altra posizione piglia che le velocità del medesimo mobile in diversi mezzi ritengano tra di loro la proporzione contraria di quella che hanno le grossezze o densità di essi mezzi; talmente che, posto, v. g., che la crassizie dell'acqua fusse dieci volte maggiore di quella dell'aria, vuole che la velocità nell'aria sia dieci volte più che la velocità nell'acqua. E da questo secondo supposto trae la dimostrazione in cotal forma; Perché la tenuità del vacuo supera d'infinito intervallo la corpulenza, ben che sottilissima, di qualsivoglia mezzo pieno, ogni mobile che nel mezzo pieno si movesse per qualche spazio in qualche tempo, nel vacuo dovrebbe muoversi in uno istante; ma farsi moto in uno instante è impossibile; adunque darsi il vacuo in grazia del moto è impossibile.
SALV. L'argomento si vede che è ad hominem, cioè contro a quelli che volevano il vacuo come necessario per il moto: che se io concederò l'argomento come concludente, concedendo insieme che nel vacuo non si farebbe il moto, la posizion del vacuo, assolutamente presa e non in relazione al moto, non vien destrutta. Ma per dire quel che per avventura potrebber rispondere quegli antichi, acciò meglio si scorga quanto concluda la dimostrazione d'Aristotele, mi par che si potrebbe andar contro a gli assunti di quello, negandogli amendue. E quanto al primo, io grandemente dubito che Aristotele non sperimentasse mai quanto sia vero che due pietre, una più grave dell'altra dieci volte, lasciate nel medesimo instante cader da un'altezza, v. g., di cento braccia, fusser talmente differenti nelle lor velocità , che all'arrivo della maggior in terra, l'altra si trovasse non avere né anco sceso dieci braccia.
SIMP. Si vede pure dalle sue parole ch'ei mostra d'averlo sperimentato, perché ei dice: Veggiamo il più grave; or quel vedersi accenna l'averne fatta l'esperienza.
SAGR. Ma io, Sig. Simplicio, che n'ho fatto la prova, vi assicuro che una palla d'artiglieria, che pesi cento, dugento e anco più libbre, non anticiperà di un palmo solamente l'arrivo in terra della palla d'un moschetto, che ne pesi una mezza, venendo anco dall'altezza di dugento braccia.
SALV. Ma, senz'altre esperienze, con breve e concludente dimostrazione possiamo chiaramente provare, non esser vero che un mobile più grave si muova più velocemente d'un altro men grave, intendendo di mobili dell'istessa materia, ed in somma di quelli de i quali parla Aristotele. Però ditemi, Sig. Simplicio, se voi ammettete che di ciascheduno corpo grave cadente sia una da natura determinata velocità , sì che accrescergliela o diminuirgliela non si possa se non con usargli violenza o opporgli qualche impedimento.
SIMP. Non si può dubitare che l'istesso mobile nell'istesso mezzo abbia una statuita e da natura determinata velocità , la quale non se gli possa accrescere se non con nuovo impeto conferitogli, o diminuirgliela salvo che con qualche impedimento che lo ritardi.
SALV. Quando dunque noi avessimo due mobili, le naturali velocità de i quali fussero ineguali, è manifesto che se noi congiugnessimo il più tardo col più veloce, questo dal più tardo sarebbe in parte ritardato, ed il tardo in parte velocitato dall'altro più veloce. Non concorrete voi meco in quest'opinione?
SIMP. Parmi che così debba indubitabilmente seguire.
SALV. Ma se questo è, ed è insieme vero che una pietra grande si muova, per esempio, con otto gradi di velocità , ed una minore con quattro, adunque, congiugnendole amendue insieme, il composto di loro si moverà con velocità minore di otto gradi: ma le due pietre, congiunte insieme, fanno una pietra maggiore che quella prima, che si moveva con otto gradi di velocità : adunque questa maggiore si muove men velocemente che la minore; che è contro alla vostra supposizione. Vedete dunque come dal suppor che 'l mobile più grave si muova più velocemente del men grave, io vi concludo, il più grave muoversi men velocemente.
SIMP. Io mi trovo avviluppato, perché mi par pure che la pietra minore aggiunta alla maggiore le aggiunga peso, e aggiugnendole peso, non so come non debba aggiugnerle velocità , o almeno non diminuirgliela.
SALV. Qui commettete un altro errore, Sig. Simplicio, perché non è vero che quella minor pietra accresca peso alla maggiore.
SIMP. Oh, questo passa bene ogni mio concetto.
SALV. Non lo passerà altrimente, fatto ch'io v'abbia accorto dell'equivoco nel quale voi andate fluttuando: però avvertite che bisogna distinguere i gravi posti in moto da i medesimi costituiti in quiete. Una gran pietra messa nella bilancia non solamente acquista peso maggiore col soprapporgli un'altra pietra, ma anco la giunta di un pennecchio di stoppa la farà pesar più quelle sei o dieci once che peserà la stoppa; ma se voi lascerete liberamente cader da un'altezza la pietra legata con la stoppa, credete voi che nel moto la stoppa graviti sopra la pietra, onde gli debba accelerar il suo moto, o pur credete che ella la ritarderà , sostenendola in parte? Sentiamo gravitarci su le spalle mentre vogliamo opporci al moto che farebbe quel peso che ci sta addosso; ma se noi scendessimo con quella velocità che quel tal grave naturalmente scenderebbe, in che modo volete che ci prema e graviti sopra? Non vedete che questo sarebbe un voler ferir con la lancia colui che vi corre innanzi con tanta velocità , con quanta o con maggiore di quella con la quale voi lo seguite? Concludete pertanto che nella libera e naturale caduta la minor pietra non gravita sopra la maggiore, ed in consequenza non le accresce peso, come fa nella quiete.
SIMP. Ma chi posasse la maggior sopra la minore?
SALV. Le accrescerebbe peso, quando il suo moto fusse più veloce: ma già si è concluso che quando la minore fusse più tarda, ritarderebbe in parte la velocità della maggiore, tal che il loro composto si moverebbe men veloce, essendo maggiore dell'altra; che è contro al vostro assunto. Concludiamo per ciò, che i mobili grandi e i piccoli ancora, essendo della medesima gravità in spezie, si muovono con pari velocità .
SIMP. Il vostro discorso procede benissimo veramente: tuttavia mi par duro a credere che una lagrima di piombo si abbia a muover così veloce come una palla d'artiglieria.
SALV. Voi dovevi dire, un grano di rena come una macina da guado. Io non vorrei, Sig. Simplicio, che voi faceste come molt'altri fanno, che, divertendo il discorso dal principale intento, vi attaccaste a un mio detto che mancasse dal vero quant'è un capello, e che sotto questo capello voleste nasconder un difetto d'un altro, grande quant'una gomona da nave. Aristotele dice: «una palla di ferro di cento libbre, cadendo dall'altezza di cento braccia, arriva in terra prima che una di una libbra sia scesa un sol braccio»; io dico ch'ell'arrivano nell'istesso tempo; voi trovate, nel farne l'esperienza, che la maggiore anticipa due dita la minore, cioè che quando la grande percuote in terra, l'altra ne è lontana due dita: ora vorreste dopo queste due dita appiattare le novantanove braccia di Aristotele, e parlando solo del mio minimo errore, metter sotto silenzio l'altro massimo. Aristotele pronunzia che mobili di diversa gravità nel medesimo mezzo si muovono (per quanto depende dalla gravità ) con velocitadi proporzionate a i pesi loro, e l'esemplifica con mobili ne i quali si possa scorgere il puro ed assoluto effetto del peso, lasciando l'altre considerazioni sì delle figure come de i minimi momenti, le quali cose grande alterazione ricevono dal mezzo, che altera il semplice effetto della sola gravità : che perciò si vede l'oro, gravissimo sopra tutte l'altre materie, ridotto in una sottilissima foglia andar vagando per aria; l'istesso fanno i sassi pestati in sottilissima polvere. Ma se voi volete mantenere la proposizione universale, bisogna che voi mostriate, la proporzione delle velocità osservarsi in tutti i gravi, e che un sasso di venti libbre si muova dieci volte più veloce che uno di due; il che vi dico esser falso, e che, cadendo dall'altezza di cinquanta o cento braccia, arrivano in terra nell'istesso momento.
SIMP. Forse da grandissime altezze di migliaia di braccia seguirebbe quello che in queste altezze minori non si vede accadere.
SALV. Se Aristotele avesse inteso questo, voi gli addossereste un altro errore, che sarebbe una bugia; perché, non si trovando in terra tali altezze perpendicolari, chiara cosa è che Aristotele non ne poteva aver fatta esperienza: e pur ci vuol persuadere d'averla fatta, mentre dice che tale effetto si vede.
SIMP. Aristotele veramente non si serve di questo principio, ma di quell'altro, che non credo che patisca queste difficoltà .
SALV. E l'altro ancora non è men falso di questo; e mi maraviglio che per voi stesso non penetriate la fallacia, e che non v'accorghiate che quando fusse vero che l'istesso mobile in mezzi di differente sottilità e rarità , ed in somma di diversa cedenza, quali, per esempio, son l'acqua e l'aria, si movesse con velocità nell'aria maggiore che nell'acqua secondo la proporzione della rarità dell'aria a quella dell'acqua, ne seguirebbe che ogni mobile che scendesse per aria, scenderebbe anco nell'acqua: il che è tanto falso, quanto che moltissimi corpi scendono nell'aria, che nell'acqua non pur non descendono, ma sormontano all'in su.
SIMP. Io non intendo la necessità della vostra consequenza; e più dirò che Aristotele parla di quei mobili gravi che descendono nell'un mezzo e nell'altro, e non di quelli che scendono nell'aria, e nell'acqua vanno all'in su.
SALV. Voi arrecate per il Filosofo di quelle difese che egli assolutamente non produrrebbe, per non aggravar il primo errore. Però ditemi se la corpulenza dell'acqua, o quel che si sia che ritarda il moto, ha qualche proporzione alla corpulenza dell'aria, che meno lo ritarda; ed avendola, assegnatela a vostro beneplacito.
SIMP. Halla, e ponghiamo ch'ella sia in proporzione decupla; e che però la velocità di un grave che descenda in amendue gli elementi, sarà dieci volte più tardo nell'acqua che nell'aria.
SALV. Piglio adesso un di quei gravi che vanno in giù nell'aria, ma nell'acqua no, qual sarebbe una palla di legno, e vi domando che voi gli assegniate qual velocità più vi piace, mentre scende per aria.
SIMP. Ponghiamo che ella si muova con venti gradi di velocità .
SALV. Benissimo. Ed è manifesto che tal velocità a qualche altra minore può avere la medesima proporzione che la corpulenza dell'acqua a quella dell'aria, e che questa sarà la velocità di due soli gradi; tal che veramente, a filo e a dirittura, conforme all'assunto d'Aristotele, si doverebbe concludere che la palla di legno, che nell'aria, dieci volte più cedente dell'acqua, si muove scendendo con venti gradi di velocità , nell'acqua dovrebbe scendere con due, e non venir a galla dal fondo, come fa: se già voi non voleste dire che nell'acqua il venir ad alto, nel legno, sia l'istesso che 'l calare a basso con due gradi di velocità ; il che non credo. Ma già che la palla del legno non cala al fondo, credo pure che mi concederete che qualche altra palla d'altra materia, diversa dal legno, si potrebbe trovare, che nell'acqua scendesse con due gradi di velocità .
SIMP. Potrebbesi senza dubbio, ma di materia notabilmente più grave del legno.
SALV. Questo è quel ch'io vo cercando. Ma questa seconda palla, che nell'acqua descende con due gradi di velocità , con quanta velocità descenderà nell'aria? Bisogna (se volete servar la regola d'Aristotele) che rispondiate che si moverà con venti gradi: ma venti ...
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