[Pagina precedente]...a difficoltà nessuna, sì che ogni mediocre artefice lo saprà fare. Potrebbesi anco con l'aiuto delle linee geometriche segnate su 'l compasso del nostro amico, senz'altra fattura, andar su l'istessa faccia del prisma punteggiando la linea medesima.
Abbiamo sin qui dimostrate tante conclusioni attenenti alla contemplazione di queste resistenze de i solidi all'essere spezzati, con l'aver prima aperto l'ingresso a tale scienza col suppor come nota la resistenza per diritto, che si potrà consequentemente camminar avanti, ritrovandone altre ed altre conclusioni, e loro dimostrazioni, di quelle che in natura sono infinite. Solo per ora, per ultimo termine de gli odierni ragionamenti, voglio aggiugnere la specolazione delle resistenze de i solidi vacui, de i quali l'arte, e più la natura, si serve in mille operazioni, dove senza crescer peso si cresce grandemente la robustezza, come si vede nell'ossa de gli uccelli ed in moltissime canne, che son leggiere e molto resistenti al piegarsi e rompersi: che se un fil di paglia, che sostien una spiga più grave di tutto 'l gambo, fusse fatto della medesima quantità di materia, ma fusse massiccio, sarebbe assai meno resistente al piegarsi ed al rompersi. E con tal ragione ha osservato l'arte, e confermato l'esperienza, che un'asta vota o una canna di legno o di metallo è molto più salda che se fusse, d'altrettanto peso e della medesima lunghezza, massiccia, che in consequenza sarebbe più sottile; e però l'arte ha trovato di far vote dentro le lancie, quando si desideri averle gagliarde e leggiere. Mostreremo per tanto, come:
Le resistenze di due cilindri eguali ed egualmente lunghi, l'uno de i quali sia voto e l'altro massiccio, hanno tra di loro la medesima proporzione che i lor diametri.
[v. figura 38]
Siano, la canna o cilindro voto AE, ed il cilindro IN massiccio, eguali in peso ed egualmente lunghi: dico, la resistenza della canna AE all'esser rotta alla resistenza del cilindro solido IN aver la medesima proporzione che 'l diametro AB al diametro IL. Il che è assai manifesto: perché, essendo la canna e 'l cilindro IN eguali ed egualmente lunghi, il cerchio IL, base del cilindro, sarà eguale alla ciambella AB, base della canna AE (chiamo ciambella la superficie che resta, tratto un cerchio minore dal suo concentrico maggiore), e però le loro resistenze assolute saranno eguali: ma perché nel romper in traverso ci serviamo, nel cilindro IN, della lunghezza LN per leva, e per sostegno del punto L, e del semidiametro o diametro LI per contralleva, e nella canna la parte della leva, cioè la linea BE, è eguale alla LN, ma la contralleva oltre al sostegno B è il semidiametro o diametro AB, resta manifesto, la resistenza della canna superar quella del cilindro solido secondo l'eccesso del diametro AB sopra 'l diametro IL: che è quello che cercavamo. S'acquista, dunque, di robustezza nella canna vota sopra la robustezza del cilindro solido secondo la proporzione de i diametri, tutta volta però che amendue siano dell'istessa materia, peso e lunghezza. Sarà bene che conseguentemente andiamo investigando quello che accaggia negli altri casi indifferentemente tra tutte le canne e cilindri solidi egualmente lunghi, benché in quantità di peso diseguali e più e meno evacuati. E prima dimostreremo, come:
Data una canna vota, si possa trovare un cilindro pieno, eguale ad essa.
[v. figura 39]
Facilissima è tal operazione. Imperò che sia la linea AB diametro della canna, e CD diametro del voto: applichisi nel cerchio maggiore la linea AE egual al diametro CD, e congiungasi la EB. E perché nel mezo cerchio AEB l'angolo E è retto, il cerchio il cui diametro è AB, sarà eguale alli due cerchi de i diametri AE, EB; ma AE è il diametro del voto della canna; adunque il cerchio il cui diametro sia EB, sarà egual alla ciambella ACBD: e però il cilindro solido, il cerchio della cui base abbia il diametro EB, sarà eguale alla canna, essendo egualmente lungo. Dimostrato questo, potremo speditamente
Trovare qual proporzione abbiano le resistenze d'una canna e di un cilindro, qualunque siano, pur che egualmente lunghi.
[v. figura 40]
Sia la canna ABE, ed il cilindro RSM egualmente lungo: bisogna trovare qual proporzione abbiano tra di loro le lor resistenze. Trovisi, per la precedente, il cilindro ILN eguale alla canna ed egualmente lungo, e delle linee IL, RS (diametri delle basi de i cilindri IN, RM) sia quarta proporzionale la linea V: dico, la resistenza della canna AE a quella del cilindro RM esser come la linea AB alla V. Imperò che, essendo la canna AE eguale ed egualmente lunga al cilindro IN, la resistenza della canna alla resistenza del cilindro starà come la linea AB alla IL: ma la resistenza del cilindro IN alla resistenza del cilindro RM sta come il cubo IL al cubo RS, cioè come la linea IL alla V; adunque, ex æquali, la resistenza della canna AE alla resistenza del cilindro RM ha la medesima proporzione che la linea AB alla V: che è quello che si cercava.
Finisce la seconda Giornata
GIORNATA TERZA
DEL MOTO LOCALE
Diamo avvio a una nuovissima scienza intorno a un soggetto antichissimo. Nulla v'è, forse, in natura, di più antico del moto, e su di esso ci sono non pochi volumi, né di piccola mole, scritti dai filosofi; tuttavia tra le sue proprietà ne trova molte che, pur degne di essere conosciute, non sono mai state finora osservate, nonché dimostrate. Se ne rilevano alcune più immediate, come quella, ad esempio, che il moto naturale dei gravi discendenti accelera continuamente; però, secondo quale proporzione tale accelerazione avvenga, non è stato sin qui mostrato: nessuno, che io sappia, infatti, ha dimostrato che un mobile discendente a partire dalla quiete percorre, in tempi eguali, spazi che ritengono tra di loro la medesima proporzione che hanno i numeri impari successivi ab unitate. È stato osservato che i corpi lanciati, ovverossia i proietti, descrivono una linea curva di un qualche tipo; però, che essa sia una parabola, nessuno l'ha mostrato. Che sia così, lo dimostrerò insieme ad altre non poche cose, né meno degne di essere conosciute, e, ciò che ritengo ancor più importante, si apriranno le porte a una vastissima e importantissima scienza, della quale queste nostre ricerche costituiranno gli elementi; altri ingegni più acuti del mio ne penetreranno poi più ascosi recessi.
Dividiamo in tre parti la trattazione: nella prima parte consideriamo ciò che concerne il moto equabile o uniforme; nella seconda trattiamo del moto naturalmente accelerato; nella terza, del moto violento, ossia dei proietti.
DEL MOTO EQUABILE
Circa il moto equabile o uniforme, ci occorre una sola definizione, che formulo così:
DEFINIZIONE
Moto eguale o uniforme intendo quello in cui gli spazi percorsi da un mobile in tempi eguali, comunque presi, risultano tra di loro eguali.
AVVERTENZA
Ci è parso opportuno aggiungere alla vecchia definizione (che semplicemente parla di moto equabile, allorché in tempi eguali vengono percorsi spazi eguali) l'espressione comunque presi, cioè per tutti i tempi che siano eguali: infatti, può accadere che in determinati tempi eguali un mobile percorra spazi eguali, mentre spazi, percorsi in frazioni di tempo minori, sebbene eguali, non siano eguali. Dalla precedente definizione dipendono quattro assiomi, cioè:
ASSIOMA 1
In uno stesso moto equabile, lo spazio percorso in un tempo più lungo è maggiore dello spazio percorso in un tempo più breve.
ASSIOMA 2
In uno stesso moto equabile, il tempo in cui è percorso uno spazio maggiore è più lungo del tempo impiegato a percorrere uno spazio minore.
ASSIOMA 3
Lo spazio, percorso in un dato tempo a velocità maggiore, è maggiore di quello percorso, nello stesso tempo, a velocità minore.
ASSIOMA 4
La velocità, con cui in un dato tempo viene percorso uno spazio maggiore, è maggiore di quella con cui, nello stesso tempo, viene percorso uno spazio minore.
TEOREMA1. PROPOSIZIONE 1
Se un mobile, dotato di moto equabile, percorre due spazi con una stessa velocità, i tempi dei moti staranno tra di loro come gli spazi percorsi.
TEOREMA 2. PROPOSIZIONE 2
Se un mobile percorre due spazi in tempi eguali, quegli spazi staranno tra loro come le velocità. E se gli spazi stanno tra loro come le velocità, i tempi saranno eguali.
TEOREMA 3. PROPOSIZIONE 3
Se il medesimo spazio viene percorso con velocità diseguali, i tempi dei moti rispondono contrariamente [sono inversamente proporzionali] alle velocità.
TEOREMA 4. PROPOSIZIONE 4
Se due mobili si muovono di moto equabile, ma con diseguale velocità, gli spazi percorsi da essi in tempi diseguali avranno tra di loro una proporzione composta della proporzione tra le velocità e della proporzione tra i tempi.
TEOREMA 5. PROPOSIZIONE 5
Se due mobili si muovono di moto equabile, ma le loro velocità sono diseguali e diseguali gli spazi percorsi, la proporzione tra i tempi risulterà composta della proporzione tra gli spazi e della proporzione tra le velocità permutatamente prese [proporzione inversa delle velocità].
TEOREMA 6. PROPOSIZIONE 6
Se due mobili si muovono di moto equabile, la proporzione tra le loro velocità risulterà composta della proporzione tra gli spazi percorsi e della proporzione tra i tempi permutatamente presi [proporzione inversa dei tempi].
SALV. Questo che abbiamo veduto, è quanto il nostro Autore ha scritto del moto equabile. Passeremo dunque a più sottile e nuova contemplazione intorno al moto naturalmente accelerato, quale è quello che generalmente è esercitato da i mobili gravi descendenti: ed ecco il titolo e l'introduzione.
DEL MOTO NATURALMENTE ACCELERATO
Le proprietà del moto equabile sono state considerate nel libro precedente: ora dobbiamo trattare del moto accelerato.
E in primo luogo conviene investigare e spiegare la definizione che corrisponde esattamente al moto accelerato di cui si serve la natura. Infatti, sebbene sia lecito immaginare arbitrariamente qualche forma di moto e contemplare le proprietà che ne conseguono (così, infatti, coloro che si immaginarono linee spirali o concoidi, originate da certi movimenti, ne hanno lodevolmente dimostrate le proprietà argomentando ex suppositione, anche se di tali movimenti non usi la natura), tuttavia, dal momento che la natura si serve di una certa forma di accelerazione nei gravi discendenti, abbiamo stabilito di studiarne le proprietà, posto che la definizione che daremo del nostro moto accelerato abbia a corrispondere con l'essenza del moto naturalmente accelerato. Questa coincidenza crediamo di averla raggiunta finalmente, dopo lunghe riflessioni; soprattutto per il fatto che le proprietà, da noi successivamente dimostrate [dalla nostra definizione], sembrano esattamente corrispondere e coincidere con ciò che gli esperimenti naturali presentano ai sensi. Infine a studiare il moto naturalmente accelerato siamo stati condotti quasi per mano dall'osservazione della consuetudine e della regola seguite dalla natura medesima in tutte le altre sue opere, nella cui attuazione suole far uso dei mezzi più immediati, più semplici, più facili. Ritengo infatti che non vi sia nessuno, il quale creda che si possa praticare il nuoto o il volo in una maniera più semplice e più facile di quella usata, per istinto naturale, dai pesci e dagli uccelli.
Quando, dunque, osservo che una pietra, che discende dall'alto a partire dalla quiete, acquista via via nuovi incrementi di velocità, perché non dovrei credere che tali aumenti avvengano secondo la più semplice e più ovvia proporzione? Ora, se consideriamo attentamente la cosa, non troveremo nessun aumento o incremento più semplice di quello che aumenta sempre nel medesimo modo. Il che facilmente intenderemo considerando la stretta connessione tra tempo e moto: come infatti la equabilità e uniformità del moto si definisce e si concepisce sulla base della eguaglianza dei tempi e degli spazi (infatti chiamiamo equabile il moto, allorché in tempi eguali vengono percorsi spazi egua...
[Pagina successiva]