[Pagina precedente]...erpendicolo, potrà scorgersi quello che facciano i gravi differenti di peso; e passando più avanti, ho anco voluto liberarmi da qualche impedimento che potesse nascer dal contatto di essi mobili su 'l detto piano declive: e finalmente ho preso due palle, una di piombo ed una di sughero, quella ben più di cento volte più grave di questa, e ciascheduna di loro ho attaccata a due sottili spaghetti eguali, lunghi quattro o cinque braccia, legati ad alto; allontanata poi l'una e l'altra palla dallo stato perpendicolare, gli ho dato l'andare nell'istesso momento, ed esse, scendendo per le circonferenze de' cerchi descritti da gli spaghi eguali, lor semidiametri, passate oltre al perpendicolo, son poi per le medesime strade ritornate indietro; e reiterando ben cento volte per lor medesime le andate e le tornate, hanno sensatamente mostrato, come la grave va talmente sotto il tempo della leggiera, che né in ben cento vibrazioni, né in mille, anticipa il tempo d'un minimo momento, ma camminano con passo egualissimo. Scorgesi anco l'operazione del mezzo, il quale, arrecando qualche impedimento al moto, assai più diminuisce le vibrazioni del sughero che quelle del piombo, ma non però che le renda più o men frequenti; anzi quando gli archi passati dal sughero non fusser più che di cinque o sei gradi, e quei del piombo di cinquanta o sessanta, son eglin passati sotto i medesimi tempi.
SIMP. Se questo è, come dunque non sarà la velocità del piombo maggiore della velocità del sughero, facendo quello sessanta gradi di viaggio nel tempo che questo ne passa appena sei?
SALV. Ma che direste, Sig. Simplicio, quando amendue spedissero nell'istesso tempo i lor viaggi, mentre il sughero, allontanato dal perpendicolo trenta gradi, avesse a passar l'arco di sessanta, e 'l piombo, slargato dal medesimo punto di mezzo due soli gradi, scorresse l'arco di quattro? non sarebbe allora altrettanto più veloce il sughero? e pur l'esperienza mostra ciò avvenire. Però notate: slargato il pendolo del piombo, v. g., cinquanta gradi dal perpendicolo e di lì lasciato in libertà , scorre, e passando oltre al perpendicolo quasi altri cinquanta, descrive l'arco di quasi cento gradi e ritornando per se stesso indietro, descrive un altro poco minore arco, e continuando le sue vibrazioni, dopo gran numero di quelle si riduce finalmente alla quiete. Ciascheduna di tali vibrazioni si fa sotto tempi eguali, tanto quella di novanta gradi, quanto quella di cinquanta, di venti, di dieci e di quattro; sì che, in conseguenza, la velocità del mobile vien sempre languendo, poiché sotto tempi eguali va passando successivamente archi sempre minori e minori. Un simile, anzi l'istesso, effetto fa il sughero pendente da un filo altrettanto lungo, salvo che in minor numero di vibrazioni si conduce alla quiete, come meno atto, mediante la sua leggerezza, a superar l'ostacolo dell'aria: con tutto ciò tutte le vibrazioni, grandi e piccole, si fanno sotto tempi eguali tra di loro, ed eguali ancora a i tempi delle vibrazioni del piombo. Onde è vero che, se mentre il piombo passa un arco di cinquanta gradi, il sughero ne passa uno di dieci, il sughero allora è più tardo del piombo; ma accaderà ancora, all'incontro, che il sughero passi l'arco di cinquanta, quando il piombo passi quel di dieci o di sei: e così, in diversi tempi, or sarà più veloce il piombo ed ora il sughero. Ma se gli stessi mobili passeranno ancora, sotto i medesimi tempi eguali, archi eguali, ben sicuramente si potrà dire allora essere le velocità loro eguali.
SIMP. Mi pare e non mi pare che questo discorso sia concludente, e mi sento nella mente una tal confusione, che mi nasce dal muoversi, e l'uno e l'altro mobile, or veloce or tardo ed or tardissimo, che non mi lascia ridurre in chiaro come vero sia che le velocità loro sian sempre eguali.
SAGR. Concedami in grazia, Sig. Salviati, che io dica due parole. E ditemi, Sig. Simplicio, se voi ammettete che dir si possa con assoluta verità , le velocità del sughero e del piombo essere eguali ogni volta che, partendosi amendue nell'istesso momento dalla quiete e movendosi per le medesime inclinazioni, passassero sempre spazii eguali in tempi eguali?
SIMP. In questo non si può dubitare, né se gli può contradire.
SAGR. Accade ora ne i pendoli, che ciaschedun di loro passi or sessanta gradi, or cinquanta, or trenta, or dieci, or otto, or quattro, or due, etc.; e quando amendue passano l'arco di sessanta gradi, lo passano nell'istesso tempo; nell'arco di cinquanta, metton l'istesso tempo l'uno che l'altro mobile; così nell'arco di trenta, di dieci, e ne gli altri: e però si conclude, che la velocità del piombo nell'arco di sessanta gradi è eguale alla velocità del sughero nell'arco medesimo di sessanta, e che le velocità nell'arco di cinquanta son pur tra loro eguali, e così ne gli altri. Ma non si dice già che la velocità che si esercita nell'arco di sessanta, sia eguale alla velocità che si esercita nell'arco di cinquanta, né questa a quella dell'arco di trenta, etc.; ma son sempre minori le velocità ne gli archi minori: il che si raccoglie dal veder noi sensatamente, il medesimo mobile metter tanto tempo nel passar l'arco grande de i sessanta gradi, quanto nel passare il minor di cinquanta o 'l minimo di dieci, ed in somma nell'esser passati tutti sempre sotto tempi eguali. È vero dunque che ben vanno, e 'l piombo e 'l sughero, ritardando il moto secondo la diminuzione de gli archi, ma non però alterano la concordia loro nel mantener l'egualità della velocità in tutti i medesimi archi da loro passati. Ho voluto dir questo più per sentire se ho ben capito il concetto del Sig. Salviati, che per bisogno ch'io credessi che avesse il Sig. Simplicio di più chiara esplicazione di quella del Sig. Salviati, che è, come in tutte le sue cose, lucidissima, e tale che, sciogliendo egli il più delle volte questioni non solo in apparenza oscure, ma repugnanti alla natura ed al vero, con ragioni o osservazioni o esperienze tritissime e familiari ad ogn'uno, ha (come da diversi ho inteso) dato occasione a tal uno de i professori più stimati di far minor conto delle sue novità , tenendole come a vile, per dependere da troppo bassi e popolari fondamenti; quasi che la più ammirabile e più da stimarsi condizione delle scienze dimostrative non sia lo scaturire e pullulare da principii notissimi, intesi e conceduti da tutti. Ma seguitiamo pur noi d'andarci pascendo di questi cibi leggieri: e posto che il Sig. Simplicio sia restato appagato nell'intender ed ammettere come l'interna gravità de i diversi mobili non abbia parte alcuna nel diversificar le velocità loro, sì che tutti, per quanto da quella depende, si moverebber con l'istesse velocitadi, diteci, Sig. Salviati, in quello che voi riponete le sensate ed apparenti disegualità di moto, e rispondete a quell'instanza che oppone il Sig. Simplicio, e ch'io parimente confermo, dico del vedersi una palla d'artiglieria muoversi più velocemente d'una migliarola di piombo; ché poca sarà la differenza di velocità rispetto a quella che v'oppongo io, di mobili dell'istessa materia, de i quali alcuni de i maggiori scenderanno in meno d'una battuta di polso, in un mezzo, quello spazio che altri minori non lo passeranno in un'ora, né in quattro, né in venti; quali sono le pietre e la minuta rena, e massime quella sottilissima che intorbida l'acqua, nel qual mezzo in molte ore non scende per due braccia, che pietruzze, né molto più grandi, passano in una battuta di polso.
SALV. Quel che operi il mezzo nel ritardar più i mobili, secondo che tra di loro sono in spezie men gravi, già si è dichiarato, mostrando ciò accadere dalla suttrazione di peso: ma come il medesimo mezzo possa con sì gran differenza scemar la velocità ne i mobili differenti solo in grandezza, ancor che siano della medesima materia e dell'istessa figura, ricerca per sua dichiarazione discorso più sottile di quello che basta per intender come la figura del mobile più dilatata, o 'l moto del mezzo che sia fatto contro al mobile, ritarda la velocità di quello. Io del presente problema riduco la cagione alla scabrosità e porosità , che comunemente, e per lo più necessariamente, si ritrova nelle superficie de i corpi solidi, le quali scabrosità nel moto di essi vanno urtando nell'aria o altro mezzo ambiente: di che segno evidente ce ne porge il sentir noi ronzar i corpi, ancor che quanto più si possa rotondati, mentre velocissimamente scorrono per l'aria; e non solo ronzare, ma sibilare e fischiar si sentono, se qualche più notabil cavità o prominenza sarà in essi. Vedesi anco nel girar sopra 'l torno ogni solido rotondo far un poco di vento. Ma che più? non sentiam noi notabil ronzio, ed in tuono molto acuto, farsi dalla trottola, mentre per terra con somma celerità va girando? l'acutezza del qual sibilo si va ingravendo secondo che la velocità della vertigine va di grado in grado languendo: argomento parimente necessario de gl'intoppi nell'aria delle scabrosità , ben che minime, delle superficie loro. Queste non si può dubitare che, nello scendere i mobili, soffregandosi con l'ambiente fluido, apporteranno ritardamento alla velocità , e tanto maggiore quanto la superficie sarà più grande, quale è quella de i solidi minori paragonati a i maggiori.
SIMP. Fermate, in grazia, perché qui comincio a confondermi. Imperò che, se bene io intendo ed ammetto che la confricazione del mezzo con la superficie del mobile ritardi il moto, e che più lo ritardi dove, ceteris paribus, la superficie sia maggiore, non capisco però con qual fondamento voi chiamiate maggiore la superficie de i solidi minori; ed oltre a ciò, se, come voi affermate, la maggior superficie deve arrecar maggior ritardamento, i solidi maggiori devriano esser più tardi, il che non è. Ma questa instanza facilmente si toglie con dire, che se bene il maggiore ha maggior superficie, ha anco maggior gravità , contro la quale l'impedimento della maggior superficie non ha a prevalere all'impedimento della superficie minore contro alla minor gravità , sì che la velocità del solido maggiore ne divenga minore. E però non veggo ragione per la quale si debba alterare l'egualità delle velocità , mentre che, quanto si diminuisce la gravità movente, altrettanto si diminuisce la facoltà della superficie ritardante.
SALV. Risolverò congiuntamente tutto quello che opponete. Per tanto voi, Sig. Simplicio, senza controversia ammettete, che quando di due mobili eguali, della stessa materia e simili di figura (i quali indubitabilmente si moverebber egualmente veloci), all'uno di loro si diminuisse tanto la gravità quanto la superficie (ritenendo però la similitudine della figura), non perciò si scemerebbe la velocità nel rimpiccolito.
SIMP. Veramente parmi che così dovrebbe seguire, stando però nella vostra dottrina, che vuol che la maggiore o minor gravità non abbia azzione nell'accelerare o ritardar il moto.
SALV. E questo confermo io, e vi ammetto anco 'l vostro detto, dal qual mi par che in consequenza si ritragga, che quando la gravità si diminuisse più che la superficie, nel mobile in tal maniera diminuito si introdurrebbe qualche ritardamento di moto, e maggiore e maggiore quanto a proporzione maggior fusse la diminuzion del peso che la diminuzion della superficie.
SIMP. In ciò non ho io repugnanza veruna.
SALV. Or sappiate, Sig. Simplicio, che non si può ne i solidi diminuir tanto la superficie quanto 'l peso, mantenendo la similitudine delle figure. Imperò che, essendo manifesto che nel diminuir un solido grave tanto scema il suo peso quanto la mole, ogni volta che la mole venisse sempre diminuita più che la superficie (nel conservarsi massime la similitudine di figura), la gravità ancora più che la superficie verrebbe diminuita. Ma la geometria c'insegna che molto maggior proporzione è tra la mole e la mole, ne i solidi simili, che tra le loro superficie: il che per vostra maggiore intelligenza vi esplicherò in qualche caso particolare. Però figuratevi, per esempio, un dado, un lato del quale sia...
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