[Pagina precedente]...to quello che si chiedeva.
SAGR. La contemplazione del componimento di questi impeti diversi, e della quantità di quell'impeto che da tal mistione ne risulta, mi giugne tanto nuova, che mi lascia la mente in non piccola confusione: non dico della mistione di due movimenti equabili, benché tra di loro diseguali, fatti uno per la linea orizontale e l'altro per la perpendicolare, ché di questi resto capacissimo farsi un moto in potenza eguale ad amendue i componenti; ma mi nasce confusione nel mescolamento dell'orizontale equabile, e perpendicolare naturalmente accelerato. Però vorrei che insieme digerissimo meglio questa materia.
SIMP. Ed io tanto più ne son bisognoso, quanto che non sono ancor totalmente quietato di mente, come bisogna, nelle proposizioni che sono come primi fondamenti dell'altre che gli seguono appresso. Voglio inferire che anco nella mistione de i due moti equabili, orizontale e perpendicolare, vorrei meglio intendere quella potenza del lor composto. Ora, Sig. Salviati, V. S. intende il nostro bisogno e desiderio.
SALV. Il desiderio è molto ragionevole, e tenterò se l'aver io più lungo tempo potuto pensarvi sopra, può agevolare la vostra intelligenza. Ma converrà comportarmi e scusarmi, se nel discorrere andrò replicando buona parte delle cose sin qui poste dall'Autore.
Discorrer determinatamente circa i movimenti e lor velocità o impeti, siano quelli o equabili o naturalmente accelerati, non possiamo noi senza prima determinar della misura che usar vogliamo per misurar tali velocità , come anco della misura del tempo. Quanto alla misura del tempo, già abbiamo la comunemente ricevuta per tutto, delle ore, minuti primi e secondi etc.; e come per misura del tempo ci è la detta comune, ricevuta da tutti, così bisogna assegnarne una per le velocità , che appresso tutti sia comunemente intesa e ricevuta, cioè che appresso tutti sia l'istessa. Atta per tale uso ha stimato l'Autore, come si è dichiarato, esser la velocità de i gravi naturalmente descendenti, de i quali le crescenti velocità in tutte le parti del mondo serbano l'istesso tenore; sì che quel grado di velocità che (per esempio) acquista una palla di piombo d'una libra nell'esser, partendosi dalla quiete, scesa perpendicolarmente quanto è l'altezza di una picca, è sempre e in tutti i luoghi il medesimo, e per ciò accomodatissimo per esplicar la quantità dell'impeto derivante dalla scesa naturale. Resta poi il trovar modo di determinare anco la quantità dell'impeto in un moto equabile in guisa tale, che tutti coloro che circa di quello discorrino, si formino l'istesso concetto della grandezza e velocità sua, sì che uno non se lo figuri più veloce e un altro meno, onde poi nel congiugnere e mescolar questo da sé concepito equabile con lo statuito moto accelerato, da diversi uomini ne vengano formati diversi concetti di diverse grandezze d'impeti. Per determinare e rappresentare cotal impeto e velocità particolare, non ha trovato il nostro Autore altro mezo più accomodato, che 'l servirsi dell'impeto che va acquistando il mobile nel moto naturalmente accelerato del quale qualsivoglia momento acquistato, convertito in moto equabile, ritien la sua velocità limitata precisamente, e tanta, che in altrettanto tempo quanto fu quello della scesa passa doppio spazio dell'altezza dalla quale è caduto. Ma perché questo è punto principale nella materia che si tratta, è bene con qualche esempio particolare farsi perfettamente intendere.
Ripigliando dunque la velocità e l'impeto acquistato dal grave cadente, come dicemmo, dall'altezza d'una picca, della quale velocità vogliamo servirci per misura di altre velocità ed impeti in altre occasioni; e posto, per esempio, che il tempo di tal caduta sia 4 minuti secondi d'ora; per ritrovar da questa tal misura quanto fusse l'impeto del cadente da qualsivoglia altra altezza maggiore o minore, non doviamo dalla proporzione la quale quest'altra altezza avesse con l'altezza d'una picca, argomentare e concludere la quantità dell'impeto acquistato in questa seconda altezza, stimando, per esempio, che il cadente da quadrupla altezza avesse acquistato quadrupla velocità , perché ciò è falso: imperò che non cresce o cala la velocità nel moto naturalmente accelerato secondo la proporzione degli spazii, ma ben secondo quella de i tempi, della quale quella degli spazii è maggiore in duplicata proporzione, come già fu dimostrato. Però, quando noi avessimo in una linea retta assegnatane una parte per misura della velocità , ed anco del tempo e dello spazio in tal tempo passato (ché per brevità tutte tre queste grandezze con un'istessa linea spesse volte vengono rappresentate), per trovar la quantità del tempo e 'l grado di velocità che il mobile medesimo in altra distanza arebbe acquistato, ciò otterremo noi non immediatamente da questa seconda distanza, ma dalla linea che tra le due distanze sarà media proporzionale. Ma con un esempio meglio mi dichiaro. [v. figura 77] Nella linea ac, perpendicolare all'orizonte, intendasi la parte ab essere uno spazio passato da un grave naturalmente descendente di moto accelerato; il tempo del qual passaggio, potendo io rappresentarlo con qualsivoglia linea, voglio per brevità figurarlo esser quanto la medesima linea ab; e parimente per misura dell'impeto e velocità acquistata per tal moto pongo pur l'istessa linea ab: sì che di tutti gli spazii che nel progresso del discorso si hanno a considerare, la misura sia la parte ab. Stabilite ad arbitrio nostro sotto una sola grandezza ab queste 3 misure di generi di quantità diversissimi, cioè di spazii, di tempi e di impeti, siaci proposto di dover determinare, nell'assegnato spazio e altezza ac, quanto sia per essere il tempo della scesa del cadente da l'a in c, e quanto l'impeto che in esso termine c si troverà avere acquistato, in relazione al tempo ed all'impeto misurati per la ab. L'uno e l'altro quesito si determinerà pigliando delle due linee ac, ab la media proporzionale ad; affermando, il tempo della caduta per tutto lo spazio ac esser quanto il tempo ad in relazione al tempo ab, posto da principio per la quantità del tempo nella scesa ab. Diremo parimente, l'impeto o grado di velocità che otterrà 'l cadente nel termine c, in relazione all'impeto che ebbe in b, esser quale è la medesima linea ad in relazione alla ab, essendo che la velocità cresce con la medesima proporzione che cresce il tempo: la qual conclusione se ben fu presa come postulato, pur tuttavia volse l'Autore esplicarne l'applicazione di sopra, alla Proposizion terza.
Ben compreso e stabilito questo punto, venghiamo alla considerazione dell'impeto derivante da 2 moti composti; uno de i quali sia composto dell'orizontale e sempre equabile, e del perpendicolare all'orizonte e esso ancora equabile; ma l'altro sia composto dell'orizontale, pur sempre equabile, e del perpendicolare naturalmente accelerato. Se amendue saranno equabili, già s'è visto come l'impeto resultante dalla composizione di amendue è in potenza equale ad amendue, come per chiara intelligenza esemplificheremo così. [v. figura 78] Intendasi, il mobile descendente per la perpendicolare ab aver, per esempio, 3 gradi d'impeto equabile, ma, trasportato per la ab verso c, esser tal velocità ed impeto di 4 gradi, sì che nel tempo medesimo che scendendo passerebbe nella perpendicolare, v. g., 3 braccia, nella orizontale ne passerebbe 4: ma nel composto di amendue le velocità viene, nel medesimo tempo, dal punto a nel termine c, caminando sempre per la diagonale ac, la quale non è lunga 7, quanto sarebbe la composta delle 2, ab 3 e bc 4, ma è 5; la qual 5 è in potenza equale alle due 3 e 4. Imperò che, fatti li quadrati del 3 e del 4, che sono 9 e 16, e questi congiunti insieme, fanno 25 per il quadrato di ac, il quale alli due quadrati di ab e di bc è eguale; onde la ac sarà quanto è il lato, o vogliam dir la radice, del quadrato 25, che è 5. Per regola dunque ferma e sicura, quando si debba assegnare la quantità dell'impeto resultante da 2 impeti dati, uno orizontale e l'altro perpendicolare ed amendue equabili, si deve di amendue fare i quadrati, e, componendogli insieme, estrar la radice del composto, la quale ci darà la quantità dell'impeto composto di amendue quelli. E così nell'esempio posto, quel mobile che in virtù del moto perpendicolare arebbe percosso sopra l'orizonte con 3 gradi di forza, e col moto solo orizontale arebbe percosso in c con gradi 4, percotendo con amendue gl'impeti congiunti, il colpo sarà come quello del percuziente mosso con gradi 5 di velocità e di forza; e questa tal percossa sarebbe del medesimo valore in tutti i punti della diagonale ac, per esser sempre gl'impeti composti i medesimi, non mai cresciuti o diminuiti.
Veggiamo ora quello che accaschi nel comporre il moto orizontale equabile con un moto perpendicolare all'orizonte, il quale, cominciando dalla quiete, vadia naturalmente accelerandosi. Già è manifesto che la diagonale, che è la linea del moto composto di questi due, non è una linea retta, ma semiparabolica, come si è dimostrato; nella quale l'impeto va sempre crescendo, mercé del continuo crescimento della velocità del moto perpendicolare. Là onde, per determinar qual sia l'impeto in un assegnato punto di essa diagonale parabolica, prima bisogna assegnar la quantità dell'impeto uniforme orizontale, e poi investigar qual sia l'impeto del cadente nell'assegnato punto, il che non si può determinare senza la considerazione del tempo decorso dal principio della composizione de i 2 moti, la qual considerazione di tempo non si richiede nella composizione de i moti equabili, le velocità ed impeti de i quali son sempre i medesimi; ma qui, dove entra nella mistione un moto che, cominciando dalla somma tardità , va crescendo la velocità conforme alla continuazion del tempo, è necessario che la quantità del tempo ci manifesti la quantità del grado di velocità nell'assegnato punto: ché quanto al resto poi, l'impeto composto di questi 2 è (come nei moti uniformi) eguale in potenza ad amendue i componenti. Ma qui ancora meglio mi dichiaro con un esempio. [v. figura 79] Sia nella perpendicolare all'orizonte ac presa qualsivoglia parte ab, la quale figuro che serva per misura dello spazio del moto naturale fatto in essa perpendicolare, e parimente sia misura del tempo ed anco del grado di velocità , o vogliam dire de gl'impeti: è primieramente manifesto, che se l'impeto del cadente in b dalla quiete in a si convertirà sopra la bd, parallela all'orizonte, in moto equabile, la quantità della sua velocità sarà tanta, che nel tempo ab passerà uno spazio doppio dello spazio ab; e tanta sia la linea bd. Posta poi la bc eguale alla ba, e tirata la parallela ce alla bd, e ad essa eguale, descriveremo per i punti b, e la linea parabolica bei. E perché nel tempo ab con l'impeto ab si passa l'orizontale bd o ce, doppia della ab, e passasi ancora in altrettanto tempo la perpendicolare bc con acquisto d'impeto in c eguale al medesimo orizontale; adunque il mobile, in tanto tempo quanto è ab, si troverà dal b giunto in e per la parabola be con un impeto composto di due, ciascheduno eguale all'impeto ab: e perché l'uno di essi è orizontale e l'altro perpendicolare, l'impeto composto di essi sarà in potenza eguale ad amendue, cioè doppio di uno; onde, posta la bf eguale alla ba e tirata la diagonale af, l'impeto e la percossa in e sarà maggiore della percossa in b del cadente dall'altezza a, o vero della percossa dell'impeto orizontale per la bd, secondo la proporzione di af ad ab. Ma quando, ritenendo pur sempre la ba per misura dello spazio della caduta dalla quiete in a sino in b e per misura del tempo e dell'impeto del cadente acquistato in b, l'altezza bo non fusse eguale, ma maggiore della ab, presa la bg media proporzionale tra esse ab, bo, sarebbe essa bg misura del tempo e dell'impeto in o, per la caduta nell'altezza bo acquistato in o; e lo spazio per l'orizontale, il quale passato con l'impeto ab nel tempo ab sarebbe doppio della ab, sarà in tutta...
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