[Pagina precedente]... la EA, e successivamente andarsi diminuendo per la più inclinata FA, e finalmente esser del tutto estinto nella orizontale CA, dove il mobile si trova indifferente al moto e alla quiete, e non ha per se stesso inclinazione di muoversi verso alcuna parte, né meno alcuna resistenza all'esser mosso; poiché, sì come è impossibile che un grave o un composto di essi si muova naturalmente all'in su, discostandosi dal comun centro verso dove conspirano tutte le cose gravi, così è impossibile che egli spontaneamente si muova, se con tal moto il suo proprio centro di gravità non acquista avvicinamento al sudetto centro comune: onde sopra l'orizontale, che qui s'intende per una superficie egualmente lontana dal medesimo centro, e perciò affatto priva d'inclinazione, nullo sarà l'impeto o momento di detto mobile.
Appresa questa mutazione d'impeto, mi fa qui mestier esplicare quello che in un antico trattato di mecaniche, scritto già in Padova dal nostro Academico sol per uso de' suoi discepoli, fu diffusamente e concludentemente dimostrato, in occasione di considerare l'origine e natura del maraviglioso strumento della vita; ed è con qual proporzione si faccia tal mutazione d'impeto per diverse inclinazioni di piani: come, per esempio, del piano inclinato AF tirando la sua elevazione sopra l'orizonte, cioè la linea FC, per la quale l'impeto d'un grave ed il momento del descendere è il massimo, cercasi qual proporzione abbia questo momento al momento dell'istesso mobile per l'inclinata FA; qual proporzione dico esser reciproca delle dette lunghezze: e questo sia il lemma da premettersi al teorema, che dopo io spero di poter dimostrare. Qui è manifesto, tanto essere l'impeto del descendere d'un grave, quanta è la resistenza o forza minima che basta per proibirlo e fermarlo: per tal forza e resistenza, e sua misura, mi voglio servire della gravità d'un altro mobile. Intendasi ora, sopra il piano FA posare il mobile G, legato con un filo che, cavalcando sopra l'F, abbia attaccato un peso H; e consideriamo che lo spazio della scesa o salita a perpendicolo di esso è ben sempre eguale a tutta la salita o scesa dell'altro mobile G per l'inclinata AF, ma non già alla salita o scesa a perpendicolo, nella qual sola esso mobile G (sì come ogn'altro mobile) esercita la sua resistenza. Il che è manifesto. Imperoché considerando, nel triangolo AFC il moto del mobile G, per esempio all'in su da A in F, esser composto del trasversale orizontale AC e del perpendicolare CF; ed essendo che quanto all'orizontale, nessuna, come s'è detto, è la resistenza del medesimo all'esser mosso (non facendo con tal moto perdita alcuna, né meno acquisto, in riguardo della propria distanza dal comun centro delle cose gravi, che nell'orizonte si conserva sempre l'istessa); resta, la resistenza esser solamente rispetto al dover salire la perpendicolare CF. Mentre che dunque il grave G, movendosi da A in F, resiste solo, nel salire, lo spazio perpendicolare CF, ma che l'altro grave H scende a perpendicolo necessariamente quanto tutto lo spazio FA, e che tal proporzione di salita e scesa si mantien sempre l'istessa, poco o molto che sia il moto de i detti mobili (per esser collegati insieme); possiamo assertivamente affermare, che quando debba seguire l'equilibrio, cioè la quiete tra essi mobili, i momenti, le velocità , o le lor propensioni al moto, cioè gli spazii che da loro si passerebbero nel medesimo tempo, devon rispondere reciprocamente alle loro gravità , secondo quello che in tutti i casi de' movimenti mecanici si dimostra: sì che basterà , per impedire la scesa del G, che lo H sia tanto men grave di quello, quanto a proporzione lo spazio CF è minore dello spazio FA. Sia fatto, dunque, come FA ad FC, così il grave G al grave H; ché allora seguirà l'equilibrio, cioè i gravi H, G averanno momenti eguali, e cesserà il moto de i detti mobili. E perché siamo convenuti, che di un mobile tanto sia l'impeto, l'energia, il momento, o la propensione al moto, quanta è la forza o resistenza minima che basta a fermarlo, e s'è concluso che il grave H è bastante a proibire il moto al grave G, adunque il minor peso H, che nella perpendicolare FC esercita il suo momento totale, sarà la precisa misura del momento parziale che il maggior peso G esercita per il piano inclinato FA; ma la misura del total momento del medesimo grave G è egli stesso (poiché per impedire la scesa perpendicolare d'un grave si richiede il contrasto d'altrettanto grave, che pur sia in libertà di muoversi perpendicolarmente); adunque l'impeto o momento parziale del G per l'inclinata FA, all'impeto massimo e totale dell'istesso G per la perpendicolare FC, starà come il peso H al peso G, cioè, per la costruzione, come essa perpendicolare FC, elevazione dell'inclinata, alla medesima inclinata FA: che è quello che per lemma si propose di dimostrare, e che dal nostro Autore, come vedranno, vien supposto per noto nella seconda parte della sesta proposizione del presente trattato.
SAGR. Da questo che V. S. ha concluso fin qui, parmi che facilmente si possa dedurre, argumentando ex æquali con la proporzione perturbata, che i momenti dell'istesso mobile per piani diversamente inclinati, come FA, FI, che abbino l'istessa elevazione, son fra loro in reciproca proporzione de' medesimi piani.
SALV. Verissima conclusione. Fermato questo, passerò adesso a dimostrare il teorema, cioè che:
I gradi di velocità d'un mobile descendente con moto naturale dalla medesima sublimità per piani in qualsivoglia modo inclinati, all'arrivo all'orizonte son sempre eguali, rimossi gl'impedimenti.
Qui devesi prima avvertire, che stabilito che in qualsivoglino inclinazioni il mobile dalla partita dalla quiete vada crescendo la velocità , o la quantità dell'impeto, con la proporzione del tempo (secondo la definizione data dall'Autore al moto naturalmente accelerato), onde, com'egli ha per l'antecedente proposizione dimostrato, gli spazii passati sono in duplicata proporzione de' tempi, e conseguentemente de' gradi di velocità ; quali furono gl'impeti nella prima mossa, tali proporzionalmente saranno i gradi delle velocità guadagnati nell'istesso tempo, poiché e questi e quelli crescono con la medesima proporzione nel medesimo tempo.
[v. figura 46]
Ora sia il piano inclinato AB, la sua elevazione sopra l'orizonte la perpendicolare AC, e l'orizontale CB; e perché, come poco fa si è concluso, l'impeto d'un mobile per la perpendicolare AC, all'impeto del medesimo per l'inclinata AB, sta come AB ad AC, prendasi nell'inclinata AB la AD, terza proporzionale delle AB, AC: l'impeto dunque per AC all'impeto per la AB, cioè per la AD, sta come la AC all'AD; e perciò il mobile nell'istesso tempo che passerebbe lo spazio perpendicolare AC, passerà ancora lo spazio AD nell'inclinata AB (essendo i momenti come gli spazii), ed il grado di velocità in C al grado di velocità in D averà la medesima proporzione della AC alla AD. Ma il grado di velocità in B al medesimo grado in D sta come il tempo per AB al tempo per AD, per la definizione del moto accelerato, ed il tempo per AB al tempo per AD sta come la medesima AC, media tra le BA, AD, alla AD, per l'ultimo corollario della seconda proposizione; adunque i gradi in B ed in C al grado in D hanno la medesima proporzione della AC alla AD, e però sono eguali: che è il teorema che intesi di dimostrare.
Da questo potremo più concludentemente provare la seguente terza proposizione dell'Autore, nella quale egli si vale del principio; ed è che il tempo per l'inclinata al tempo per la perpendicolare ha l'istessa proporzione di essa inclinata e perpendicolare. Imperoché diciamo: quando BA sia il tempo per AB, il tempo per AD sarà la media tra esse, cioè la AC, per il secondo corollario della seconda proposizione; ma quando AC sia il tempo per AD, sarà anco il tempo per AC, per essere le AD, AC scorse in tempi eguali; e però quando BA sia il tempo per AB, AC sarà il tempo per AC; adunque, come AB ad AC, così il tempo per AB al tempo per AC.
Col medesimo discorso si proverà , che il tempo per AC al tempo per altra inclinata AE sta come la AC alla AE; adunque, ex æquali, il tempo per l'inclinata AB al tempo dell'inclinata AE sta omologamente come la AB alla AE, etc.
Potevasi ancora dall'istesso progresso del teorema, come vedrà benissimo il Sig. Sagredo, dimostrar immediatamente la sesta proposizione dell'Autore: ma basti per ora tal digressione, che forsi gli è riuscita troppo tediosa, benché veramente di profitto in queste materie del moto.
SAGR. Anzi di mio grandissimo gusto, e necessarissima alla perfetta intelligenza di quel principio.
SALV. Ripiglierò dunque la lettura del testo.
TEOREMA 3. PROPOSIZIONE 3
Se un medesimo mobile si muove, a partire dalla quiete, su un piano inclinato e lungo una perpendicolare, che abbiano eguale altezza, i tempi dei moti staranno tra di loro come le lunghezze [rispettivamente] del piano e della perpendicolare.
[v. figura 47]
SAGR. Parmi che assai chiaramente e con brevità si poteva concludere il medesimo, essendosi già concluso che la somma del moto accelerato de i passaggi per AC, AB è quanto il moto equabile il cui grado di velocità sia sudduplo al grado massimo CB; essendo dunque passati li due spazii AC, AB con l'istesso moto equabile, già è manifesto, per la proposizione prima del primo, che i tempi de' passaggi saranno come gli spazii medesimi.
COROLLARIO
Di qui si ricava che i tempi impiegati a scendere su piani diversamente inclinati, purché però abbiano la medesima elevazione, stanno tra di loro come le rispettive lunghezze.
TEOREMA 4. PROPOSIZIONE 4
I tempi dei moti su piani di eguale lunghezza, ma di diversa inclinazione, stanno tra di loro in sudduplicata proporzione delle elevazioni dei medesimi piani permutatamente prese [in un rapporto pari alla radice quadrata del rapporto inverso tra le elevazioni].
TEOREMA 5. PROPOSIZIONE 5
La proporzione tra i tempi delle discese su piani di diversa inclinazione e lunghezza e di elevazione pure diseguale, è composta dalla proporzione tra le rispettive lunghezze e della sudduplicata proporzione delle elevazioni permutatamente prese.
[v. figura 48]
TEOREMA 6. PROPOSIZIONE 6
Se dal più alto o dal più basso punto di un cerchio eretto sull'orizzonte si conducono piani inclinati qualsiasi fino alla circonferenza, i tempi delle discese lungo tali piani saranno eguali.
COROLLARIO 1
Di qui si ricava che i tempi delle discese lungo tutte le corde condotte dagli estremi C o D, sono tra di loro eguali.
COROLLARIO 2
Si ricava inoltre che, se da un medesimo punto partono una perpendicolare e un piano inclinato tali, che i tempi di discesa lungo di essi siano eguali, quella perpendicolare e quel piano inclinato risultano [inscrivibili] in un semicerchio, il cui diametro è la perpendicolare medesima.
[v. figura 49]
COROLLARIO 3
Si ricava anche che i tempi dei moti sopra piani inclinati sono eguali allorché le elevazioni di tratti eguali di tali piani staranno tra di esse come le lunghezze dei piani medesimi: si è infatti mostrato, nella penultima(2) figura, che i tempi delle discese per CA e DA sono eguali, quando l'elevazione del tratto AB, eguale ad AD, ossia BE, sta alla elevazione DF come CA sta a DA.
SAGR. Sospenda in grazia V. S. per un poco la lettura delle cose che seguono, sin che io mi vo risolvendo sopra certa contemplazione che pur ora mi si rivolge per la mente; la quale, quando non sia una fallacia, non è lontana dall'essere uno scherzo grazioso, quali sono tutti quelli della natura o della necessità .
È manifesto, che se da un punto segnato in un piano orizontale si faranno produr sopra 'l medesimo piano infinite linee rette per tutti i versi, sopra ciascuna delle quali s'intenda muoversi un punto con moto equabile, cominciandosi a muover tutti nell'istesso momento di tempo dal segnato punto, e che siano le velocità di tutti eguali, si verranno conseguentemente a figurar da essi punti mobili circonferenze di cerchi, tuttavia mag...
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