[Pagina precedente]...endo due dita nel taschino del farsetto per cavar fuori il dodici tarì nuovo. Non c'è tasse che bastano, e un giorno o l'altro bisognerà finirla davvero. S'ha a mutar registro con Baco da seta che si lascia metter la gonnella dalla figlia, e il sindaco lo fa lei; - a massaro Filippo poi non gliene importava un cavolo, e padron Cipolla, aveva la superbia di non voler fare il sindaco neanche se l'accoppavano. - Tutti una manica di borbonici della consorteria; dei minchioni che oggi dicono bianco e domani nero, e l'ultimo che parla ha ragione lui. La gente fa bene a strillare con questo governo che ci succhia il sangue peggio di una mignatta; ma i denari devono venir fuori per amore o per forza. Qui ci vorrebbe un sindaco di testa e liberale come voi.
Lo speziale allora cominciava a dire quel che avrebbe fatto lui, e come aggiustava ogni cosa; e don Silvestro stava ad ascoltarlo zitto ed intento che pareva fosse alla predica. Bisognava pensare anche a rinnovare il consiglio; padron 'Ntoni non ce lo volevano, perché egli aveva la testa stramba, ed era stato causa della morte di suo figlio Bastianazzo, - un uomo di giudizio colui, se fosse stato vivo! - poi in quell'affare dei lupini aveva fatto mettere la mano nel debito a sua nuora, e l'aveva lasciata in camicia. Se gli interessi del comune li faceva a quel modo!...
Ma intanto se la Signora si affacciava alla finestra, don Franco cambiava discorso, e gridava: - Bel tempo, eh? - ammiccando di nascosto a don Silvestro, per fargli capire quel che ci aveva nello stomaco da dire. - Andate a fidarvi di quel che vuol fare uno che ha paura della moglie! pensava fra di sé don Silvestro. - Padron 'Ntoni era di quelli che si stringevano nelle spalle e se ne andavano coi remi in collo; e al nipote, il quale avrebbe voluto correre in piazza anche lui, a vedere quel che si faceva, gli andava ripetendo:
- Tu bada ai fatti tuoi, ché tutti costoro gridano ognuno pel suo interesse, e l'affare più grosso per noi è quello del debito.
Anche compare Mosca era di quelli che badavano ai fatti propri, e se ne andava tranquillamente, insieme al suo carro, in mezzo alla gente che gridava coi pugni in aria. - A voi non ve ne importa se mettono la tassa del pelo? gli domandava Mena, come lo vedeva arrivare coll'asino tutto ansante e colle orecchie basse. - Sì che me ne importa, ma bisogna camminare per pagarla, la tassa; se no si pigliano il pelo con tutto l'asino, e il carro pure.
- Dice che vogliono ammazzarli tutti, Gesummaria! Il nonno ha raccomandato di tenere la porta chiusa, e non aprire se non tornan loro. Voi andrete ancora via domani?
- Io andrò a prendere un carico di calce per mastro Croce Callà!
- O cosa ci andate a fare? non lo sapete che è il sindaco, e vi ammazzeranno anche voi?
- Egli dice che non gliene importa a lui; che fa il muratore, e deve allestire quel muro della vigna per conto di massaro Filippo, e se non vogliono il dazio della pece, don Silvestro ci penserà lui a qualche altra cosa.
- Ve l'aveva detto io ch'è tutta roba di don Silvestro! sclamava la Zuppidda la quale era sempre lì, a soffiare nel fuoco colla conocchia in mano. È roba di ladri e di gente che non ha nulla da perdere, e non paga nulla col dazio della pece, perché non ha mai avuto nemmeno un pezzo di tavola in mare. - La colpa è di don Silvestro, seguitava poscia a sbraitare di qua e di là, per tutto il paese, e di quell'imbroglione di Piedipapera, il quale non ha barche, e vive alle spalle del prossimo, tiene il sacco a questo e a quello. - Volete saperne una? Non è vero niente che ha comprato il credito dello zio Crocifisso! È tutta una finzione fra lui e Campana di legno, per spogliare quei poveretti. Piedipapera non li ha mai visti cogli occhi cinquecento lire!
Don Silvestro, per sentire quello che dicevasi di lui, andava spesso a comprare qualche sigaro all'osteria, e allora Rocco Spatu, e Vanni Pizzuto, uscivano fuori bestemmiando; o si fermava a chiacchierare collo zio Santoro, tornando dalla vigna, e così venne a sapere tutta la storia della finta compera di Piedipapera; ma lui era "cristiano" con uno stomaco fondo come un pozzo, e metteva tutto là dentro. Egli sapeva il fatto suo, e come Betta l'accoglieva colla bocca spalancata peggio di un cane arrabbiato, e mastro Croce Callà s'era lasciato scappare il detto che a lui non gliene importava, rispose: - Volete scommettere che ora vi pianto? - e non si fece più vedere in casa del sindaco; così ci avrebbero pensato loro a cavarsi d'impiccio, e la Betta non avrebbe potuto più dirgli sul mostaccio che voleva rovinare suo padre Callà, e i suoi consigli erano quelli di Giuda, che aveva venduto Cristo per trenta denari, e così egli voleva riescire a buttar giù il sindaco pei suoi fini, e fare il gallo in paese. Sicché la domenica in cui doveva radunarsi il consiglio, don Silvestro, dopo la santa messa, andò a ficcarsi nello stanzone del municipio, dove c'era prima il posto della Guardia Nazionale, e si mise tranquillamente a temperare le penne, davanti alla tavola d'abete, per ingannare il tempo, mentre la Zuppidda e le altre comari vociferavano nella strada, filando al sole, e volevano strappare gli occhi a tutti loro.
Baco da seta, come corsero a chiamarlo dal muro della vigna di massaro Filippo, s'infilò il giubbone nuovo, si lavò le mani, si spolverò dalla calce, ma non volle muoversi se prima non gli chiamavano don Silvestro. Betta aveva un bel sgridarlo, e spingerlo per le spalle fuori dell'uscio, dicendogli che chi l'aveva preparata la minestra l'avrebbe mangiata, e lui doveva lasciar fare agli altri, purché lo lasciassero star sindaco. Stavolta mastro Callà aveva visto quella folla davanti al municipio, colle conocchie in mano, e puntava i piedi in terra, restio peggio di un mulo. - Non ci vado se non viene don Silvestro! ripeteva cogli occhi fuori della testa; - don Silvestro lo sa trovare, un ripiego.
- Il ripiego ve lo trovo io, - rispondeva Betta. - Non lo vogliono il dazio sulla pece? E voi lasciatelo stare.
- Brava! e i denari di dove si prendono?
- Di dove si prendono? Fateli pagare a chi ne ha, allo zio Crocifisso, a mo' d'esempio, o a padron Cipolla, o a Peppi Naso.
- Brava! se sono loro i consiglieri!
- Allora mandateli via e chiamatene degli altri; già non saranno loro che vi faranno restare sindaco quando tutti gli altri non vi vorranno più. Voi dovete far contenti quelli che sono in maggior numero.
- Ecco come discorrono le donne! Quasi fossero quelli che mi tengono su! Tu non sai nulla. Il sindaco lo fanno i consiglieri, e i consiglieri non possono essere che quelli e non altri. Chi vuoi che facciano? i pezzenti di mezzo alla strada?
- Allora lasciate stare i consiglieri e mandate via il segretario, quell'imbroglione di don Silvestro.
- Brava, e chi lo fa il segretario? chi lo sa fare? Tu o io, o padron Cipolla? sebbene sputi sentenze peggio di un filosofo!
Allora la Betta non seppe più che dire, e si sfogò a scaricare ogni sorta d'improperi alle spalle di don Silvestro, ch'era il padrone del paese, e se li teneva tutti in tasca.
- Brava, soggiunse Baco da seta. Ecco, se non c'è lui io non so cosa dire. Vorrei vederci te nei miei panni!
Finalmente arrivò don Silvestro, colla faccia più dura del muro, le mani dietro la schiena, e zufolando un'arietta. - Eh, non vi perdete d'animo, mastro Croce, che non casca il mondo per questa volta! - Mastro Croce da don Silvestro si lasciò menar via e metter alla tavola d'abete del consiglio, col calamaio davanti; ma dei consiglieri non c'erano altri che Peppi Naso il macellaio, tutto unto e colla faccia rossa, che non aveva paura di nessuno al mondo, e compare Tino Piedipapera. - Quello lì non ha nulla da perdere! vociava dall'uscio la Zuppidda, e ci viene per succhiare il sangue alla povera gente, peggio di una sanguisuga, perché vive alle spalle del prossimo, e tiene il sacco a questo e a quello per fare le birbonate! Razza di ladri e di assassini!
Piedipapera, sebbene volesse far l'indifferente, pel decoro della carica, finì col perdere la pazienza, e si rizzò sulla gamba storta, gridando a mastro Cirino, l'inserviente comunale, il quale era incaricato del buon ordine, e per questo ci aveva il berretto col rosso quando non faceva il sagrestano: - Fatemi tacere quella linguaccia là.
- Eh, a voi vi piacerebbe che nessuno parlasse, eh! compare Tino?
- Come se tutti non lo sapessero il mestiere che fate, che poi chiudete gli occhi quando 'Ntoni di padron 'Ntoni viene a parlare con vostra figlia Barbara.
- Gli occhi li chiudete voi, becco che siete! quando vostra moglie fa il comodino alla Vespa, la quale viene tutti i giorni a mettersi sulla vostra porta per cercare Alfio Mosca, e voi altri tenete il candeliere. Bel mestiere! Ma compare Alfio non vuol saperne, ve lo dico io; ci ha pel capo Mena di padron 'Ntoni, e voi altri ci perdete l'olio della lucerna, se la Vespa ve l'ha promesso.
- Ora vengo a romperti le corna! minacciò Piedipapera, e cominciò ad arrancare dietro la tavola d'abete.
- Oggi va a finir male! borbottava mastro Croce Giufà.
- Ohè! ohè! che maniere son queste, vi par d'essere in piazza! urlava don Silvestro. - Volete scommettere che vi caccio fuori tutti a calci? Ora l'aggiusto io questa faccenda.
La Zuppidda non voleva sentirne affatto d'aggiustarla, e si dibatteva contro don Silvestro il quale la spingeva fuori tirandola pei capelli, e poi se la menò in disparte dietro il rastrello della chiusa.
- Infine che volete? le disse come furono soli, a voi che ve ne importa se mettono il dazio sulla pece? forse che lo pagate voi o vostro marito? o non devono pagarlo piuttosto quelli che hanno bisogno di far accomodare le loro barche? Sentite a me: vostro marito è una bestia ad essere in collera col municipio, e a far tutto questo chiasso. Ora si devono fare gli assessori nuovi, in cambio di padron Cipolla o di massaro Mariano, che non valgono niente, e si potrebbe metterci vostro marito.
- Io non ne so nulla, rispose la Zuppidda, calmatasi tutt'a un tratto. - Io non me ne immischio negli affari di mio marito. So che si mangia le mani dalla collera. Io non posso far altro che andare a dirglielo, se la cosa è certa.
- Andate a dirglielo, è certo come è certo Dio, vi dico! Siamo galantuomini o no? santissimo diavolo!
La Zuppidda partì correndo a prendere suo marito, il quale stava rincantucciato nel cortile a cardar stoppa, pallido come un morto, e non voleva escire per tutto l'oro del mondo, gridando che gli facevano fare qualche sproposito, santo Dio!
Per aprire il sinedrio, e vedere che pesci si pigliavano, ci mancava ancora padron Fortunato Cipolla, e massaro Filippo l'ortolano, i quali non spuntavano mai, sicché la gente incominciava ad annoiarsi, tanto che le comari s'erano messe a filare lungo il muricciuolo della chiusa.
Infine mandarono a dire che non venivano perché avevano da fare; e il dazio, se volevano, avrebbero potuto metterlo senza di loro. - Il discorso di mia figlia Betta tale e quale! brontolava mastro Croce Giufà.
- Allora fatevi aiutare da vostra figlia Betta! esclamò don Silvestro. Baco da seta non fiatò più e continuò a masticarsi fra i denti il suo brontolio. - Ora, disse don Silvestro, vedrete che i Zuppiddi verranno loro stessi a dire che mi danno la Barbara, ma voglio farmi pregare, io.
La seduta fu sciolta senza concludere nulla. Il segretario voleva un po' di tempo per prender lume; in questo mentre era suonato mezzogiorno e le comari se n'erano andate leste leste. Le poche che erano rimaste, come videro mastro Cirino chiudere la porta e mettersi la chiave in tasca, se ne andarono anch'esse pei fatti loro di qua e di là, chiacchierando degli improperii che s'erano detti Piedipapera e la Zuppidda.
La sera 'Ntoni di padron 'Ntoni seppe quelle chiacchiere, e sacramento! voleva fargli vedere che era stato soldato, a Piedipapera! Lo incontrò giusto che veniva dalla sciara, vicino alla casa dei Zuppiddi, con quel suo piede del diavolo, e cominciò a dirgli il fatto suo, che era una carogna, e si guardasse bene dal dir m...
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