[Pagina precedente]...lo incontrava lo guardava bene in faccia, ammiccando gli occhi, come deve fare un giovanotto di fegato che è stato soldato, e non si lascia portar via il suo berretto in mezzo alla folla. Don Michele continuava a passare dalla straduccia per puntiglio, per non darla vinta a lui, ché se lo sarebbe mangiato come il pane, se non fosse stato pel cappello colla penna.
- Si mangiano! diceva Vanni Pizzuto a tutti coloro che andavano a farsi radere la barba, o venivano a comprare dei sigari, o delle lenze, o degli ami da pescare, o dei bottoni d'osso di quelli da cinque un grano. - Don Michele e 'Ntoni Malavoglia un giorno o l'altro si mangiano come il pane! È quel benedetto cappello colla penna che gli lega le mani a don Michele. Egli pagherebbe qualche cosa a Piedipapera se glielo levasse davanti, quel cetriolo di 'Ntoni. - Tanto che il figlio della Locca, il quale era sempre a gironzare tutto il giorno, colle braccia penzoloni, allorché li incontrava si metteva loro alle calcagna, per vedere come finiva.
Piedipapera, quando andava a farsi la barba, e sentiva che don Michele gli avrebbe dato qualche cosa per levargli davanti gli occhi 'Ntoni Malavoglia, si gonfiava come un gallo d'India, ché così lo tenevano da conto nel paese.
Vanni Pizzuto tornava a dirgli: - Il brigadiere pagherebbe qualunque cosa per avere in pugno i Malavoglia come li tenete voi. O perché gliel'avete fatta passar liscia quella storia dei pugni che vi ha dato 'Ntoni?
Piedipapera alzava le spalle e seguitava a scaldarsi le mani sul braciere. Don Silvestro si metteva a ridere e rispondeva per lui:
- A mastro Vanni gli piacerebbe levar le castagne dal fuoco collo zampino di Piedipapera. Già sapete che comare Venera non vuole né forestieri né berretti gallonati; così quando si sarebbe levato d'attorno 'Ntoni Malavoglia, resterebbe lui solo a far l'asino alla ragazza.
Vanni Pizzuto non disse nulla, ma ci pensò su tutta la notte.
- Non sarebbe poi una cosa sbagliata! ruminava fra di sé; tutto sta a prendere Piedipapera per il collo, e in un giorno buono.
Il giorno buono venne a proposito, che una sera Rocco Spatu non si era fatto vivo, Piedipapera era venuto due o tre volte, ad ora tarda, a chieder di lui, colla faccia bianca e gli occhi stravolti, e le guardie doganali s'erano viste correre di qua e di là , tutte in faccende, col naso a terra come cani da caccia, e don Michele insieme a loro colla pistola sulla pancia, e i calzoni infilati negli stivali. - Voi potreste fargli un gran servizio a don Michele, col levargli davanti 'Ntoni Malavoglia - tornò a dire Pizzuto a compare Tino, mentre costui per comprare un sigaro andava a cacciarsi nell'angolo più oscuro della botteguccia. Gli rendereste un famoso servizio, e ve lo fareste amico per davvero!
- Magari! sospirò Piedipapera, ché gli mancava il fiato quella sera, e non aggiunse altro.
Nella notte si udirono delle fucilate verso il Rotolo, e lungo tutta la spiaggia, che pareva la caccia alle quaglie. - Altro che quaglie! mormoravano i pescatori rizzandosi sul letto ad ascoltare. E' son quaglie a due piedi, di quelle che portano lo zucchero e il caffè, e i fazzoletti di seta di contrabbando. Don Michele ier sera andava per la strada coi calzoni dentro gli stivali e la pistola sulla pancia!
Piedipapera stava nella bottega di Pizzuto a bere il bicchierino, prima dell'alba, che c'era ancora il lanternino davanti all'uscio; ma stavolta aveva la faccia di un cane che ha rotta la pentola; non diceva le solite barzellette, e domandava a questo e a quello cos'era stato quel diavolio, e se si erano visti Rocco Spatu e Cinghialenta, e si sberrettava con don Michele, il quale aveva gli occhi gonfii e gli stivali polverosi, e voleva pagargli per forza il bicchierino. Ma don Michele era già stato all'osteria, dove la Santuzza gli diceva, mescendogliene di quel buono:
- Dove siete stato a rischiar la pelle, santo cristiano? Non lo sapete che se chiudete gli occhi voi, vi portate nella fossa anche degli altri?
- E il mio dovere dove lo lasciate? Se li coglievo colla pasta in mano stanotte c'era un bel guadagno per noi, sangue di un cane!
- Se vogliono farvi credere che egli era massaro Filippo, che tentava di far entrare il suo vino di contrabbando, non ci credete, per quest'abito benedetto di Maria che ci ho sul petto, indegnamente! Tutte bugie di gente senza coscienza, che si danna l'anima a volere il male del prossimo.
- No, lo so cos'era! erano tutti fazzoletti di seta, e zucchero e caffè, più di mille lire di roba, corpo della madonna! che mi son sgusciati di mano come anguille; ma li ho sott'occhio tutti quelli della combriccola, e un'altra volta non mi scapperanno!
Piedipapera poi gli diceva: - Bevetelo un bicchierino, don Michele, che vi farà bene allo stomaco, col sonno che avete perso.
Don Michele era di cattivo umore e sbuffava.
- Giacché vi dice di prenderlo, prendetelo, aggiungeva Vanni Pizzuto. Se compare Tino paga lui vuol dire che ne ha da spendere. Denari ne ha, il furbaccio! tanto che ha comprato il debito dei Malavoglia; ed ora lo pagano a bastonate.
Don Michele si lasciò tirare a ridere un po'.
- Sangue di Giuda! esclamò Piedipapera, battendo il pugno sul banco, e fingeva di mettersi in collera davvero. A Roma non voglio mandarlo, quel ragazzaccio di 'Ntoni, a fare penitenza!
- Bravo! appoggiò Pizzuto. - Io non me la sarei lasciata passare liscia di certo. Eh? don Michele?
Don Michele approvò con un grugnito. - Ci penserò a ridurre come si deve 'Ntoni e tutta la sua parentela! minacciava Piedipapera. - Non voglio farmi ridere sul naso da tutto il paese. Potete star tranquillo, don Michele!
E se ne partì zoppicando e bestemmiando come se non ci vedesse più dagli occhi, mentre andava dicendo fra di sé "Convien tenerseli amici tutti, questi birri qui!"; e ruminando come potesse fare a tenerseli amici andò all'osteria, dove lo zio Santoro gli disse che non s'erano visti né Rocco Spatu né Cinghialenta, e passò dalla cugina Anna, la quale poveretta non aveva dormito, e stava sulla porta guardando di qua e di là , colla faccia pallida. Lì davanti incontrò pure la Vespa, la quale veniva a vedere se comare Grazia ci avesse un po' di lievito, per caso.
- Ho incontrato or ora compare Mosca; disse allora lui per far quattro chiacchiere. - Era senza il carro, e scommetto che andava a ronzare nella sciara, dietro l'orto della Sant'Agata. "Amare la vicina è un gran vantaggio, si vede spesso e non si fa viaggio".
- Bella santa da attaccarsi al muro, quella Mena! cominciò a sbraitare la Vespa, la vogliono dare a Brasi Cipolla, e seguita a civettare con questo e con quello! - Puh! che porcheria!
- Lasciatela fare! lasciatela fare! così gli altri conosceranno che roba è, e apriranno gli occhi. Ma non lo sa compare Mosca che vogliono darle Brasi Cipolla?
- Sapete come sono gli uomini, se c'è una fraschetta che li guarda, le corrono tutti dietro per divertirsi. Ma poi, quando vogliono far sul serio, cercano una come m'intendo io.
- Compare Mosca dovrebbe prendere una come voi.
- Io non ci penso per ora a maritarmi; ma certo che da me si troverebbe quel che ci vuole. A buon conto il mio pezzo di chiusa ce l'ho, e nessuno ci tiene le unghie addosso, come la casa del nespolo, che se soffia la tramontana se la porta via. Questa sarebbe da vedere, se soffia la tramontana!
- Lasciate fare! lasciate fare! che non è sempre bel tempo, e il vento se le porta all'aria le frasche. Oggi ho da parlare con vostro zio Campana di legno, per quell'affare che sapete.
Campana di legno era proprio ben disposto per parlare di quell'affare che non finiva più, "e le cose lunghe diventano serpi". Padron 'Ntoni gli cantava sempre che i Malavoglia erano galantuomini, e avrebbero pagato, ma ei voleva poi vedere di dove li avrebbero scavati i denari. Già nel paese si sapeva quel che possedeva ciascuno, fino all'ultimo centesimo, e quei galantuomini dei Malavoglia, magari a vendersi l'anima al turco, non avrebbero potuto pagare nemmeno la metà , di lì a Pasqua; e per prendersi la casa del nespolo ce ne voleva della carta bollata, e delle altre spese, questo lo sapeva, e avevano ragione don Giammaria e lo speziale quando parlavano del governo ladro; lui, com'è vero che si chiamava zio Crocifisso, ce l'aveva non solo con quelli che mettevano le tasse, ma anche con quelli che non le volevano, e mettevano talmente in subbuglio il paese che un galantuomo non era più sicuro di starsene in casa sua colla sua roba, e quando erano venuti a domandargli se voleva fare il sindaco, egli aveva risposto: - Bravo! e i miei affari chi me li fa? Io bado ai fatti miei. - Intanto padron 'Ntoni pensava a maritare la nipote, che l'avevano visto andare attorno con compare Cipolla - l'aveva visto lo zio Santoro - e aveva visto anche Piedipapera che faceva il mezzano alla Vespa, e serviva di comodino a quello spiantato di Alfio Mosca, il quale voleva arraffarsi la sua chiusa. - Ve lo dico io che ve l'arraffa! gli gridava Piedipapera nell'orecchio per persuaderlo. - Avete un bel strillare e fare il diavolo per la casa. Vostra nipote è cotta come una pera per colui, e gli sta sempre alle calcagna. Io non posso mica chiuderle l'uscio sul muso, quando viene a far quattro chiacchiere con mia moglie, per riguardo vostro, che infine è sempre vostra nipote e sangue vostro.
- Bel riguardo che mi avete! Così mi fate perdere la chiusa, col riguardo!
- Sicuro che la perdete! Se la Malavoglia si marita con Brasi Cipolla, compare Mosca non avrà più che fare, e si prende la Vespa e la chiusa, per mettersi il cuore in pace.
- Che se la pigli anche il diavolo! esclamò alfine lo zio Crocifisso stordito dalle chiacchiere di compare Tino. - A me non me ne importa nulla; son più i peccati che mi ha fatto fare, quella scomunicata, che altro. Io voglio la roba mia, che l'ho fatta col sangue mio come il sangue di Gesù Cristo che c'è nel calice della messa, e par roba rubata, che tutti fanno a chi piglia piglia, compare Alfio, la Vespa e i Malavoglia. Ora incomincio la lite e mi piglio la casa.
- Voi siete il padrone. Se dite di far la lite la faccio subito.
- Ancora no. Aspettiamo a Pasqua; "l'uomo per la parola e il bue per le corna"; ma voglio esser pagato sino all'ultimo centesimo, e non darò più retta a nessuno per accordare dilazioni.
La Pasqua infatti era vicina. Le colline erano tornate a vestirsi di verde, e i fichidindia erano di nuovo in fiore. Le ragazze avevano seminato il basilico alla finestra, e ci si venivano a posare le farfalle bianche; fin le povere ginestre della sciara avevano il loro fiorellino pallido. La mattina, sui tetti, fumavano le tegole verdi e gialle, e i passeri vi facevano gazzarra sino al tramonto.
Anche la casa del nespolo sembrava avesse un'aria di festa; il cortile era spazzato, gli arnesi in bell'ordine lungo il muricciuolo e appesi ai piuoli, l'orto tutto verde di cavoli e di lattughe, e la camera aperta e piena di sole che sembrava contenta anch'essa, e ogni cosa diceva che la Pasqua si avvicinava. I vecchi si mettevano sull'uscio verso mezzogiorno, e le ragazze cantavano al lavatoio. I carri tornavano a passare nella notte, e la sera si udiva un'altra volta il brusio della gente che chiacchierava nella stradicciuola.
- Comare Mena la fanno sposa, si diceva. Sua madre ha tutta la roba del corredo per le mani.
Era passato del tempo, e il tempo si porta via le cose brutte come le cose buone. Adesso comare Maruzza era tutta in faccende a tagliare e cucire della roba, e Mena non domandava nemmeno per chi servisse; e una sera le avevano condotto in casa Brasi Cipolla, con padron Fortunato suo padre, e tutto il parentado. - Qui ci è compare Cipolla che è venuto a farvi una visita; disse padron 'Ntoni, facendoli entrare, come se nessuno ne sapesse niente, mentre nella cucina c'era preparato il vino ed i ceci abbrustoliti, e i ragazzi e le donne avevano i vestiti della festa. Mena sembrava davvero Sant'Agata, con quella veste nuova e quel fazzoletto nero in testa, talché Brasi non le levava gli occhi d'addosso, come il basi...
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