[Pagina precedente]...e la gente? - diceva loro Piedipapera. Ma a padron 'Ntoni, e a chi ne aveva da vendere, per conchiudere il negozio, diceva invece che col colèra la gente non voleva guastarsi lo stomaco con le acciughe, e simili porcherie; piuttosto mangiava pasta e carne; perciò bisognava chiudere gli occhi, ed essere correnti pel prezzo. Questa non ce l'avevano messa nel conto i Malavoglia! Quindi per non andare indietro a mo' dei gamberi, la Longa andava a portare le ova e il pane fresco di qua e di là per le casine dei forestieri, mentre gli uomini erano in mare, e così si faceva qualche soldo. Ma bisognava guardarsi bene dai cattivi incontri, e non accettare nemmeno una presa di tabacco da chi non si conosceva! Andando per la strada bisognava camminare nel bel mezzo, e lontano dai muri, dove si correva rischio di acchiapparsi mille porcherie; e badare di non mettersi a sedere sui sassi, o lungo i muricciuoli. La Longa una volta, mentre tornava da Aci Castello, col paniere al braccio, si sentì così stanca che le gambe le tremavano, e sembrava fossero di piombo. Allora si lasciò vincere dalla tentazione di riposare due minuti su quelle quattro pietre liscie messe in fila all'ombra del caprifico che c'è accanto alla cappelletta, prima d'entrare nel paese; e non si accorse, ma ci pensò dopo, che uno sconosciuto, il quale pareva stanco anche lui, poveraccio, c'era stato seduto pochi momenti prima, e aveva lasciato sui sassi delle gocce di certa sudiceria che sembrava olio. Insomma ci cascò anche lei; prese il colera e tornò a casa che non ne poteva più, gialla come un voto della Madonna, e colle occhiaie nere; talché la Mena che era sola in casa, si mise a piangere al solo vederla, e la Lia corse a cogliere dell'erba santa, e delle foglie di malva. Mena tremava come una fronda, mentre faceva il letto; eppure l'ammalata, seduta sulla scranna, stanca morta, col viso giallo e le occhiaie nere, badava a dirle: - Non è nulla, non vi spaventate: quando mi sarò messa in letto ogni cosa passerà , - e cercava di aiutare anche lei, ma ad ogni momento le mancavano le forze, e tornava a sedersi.
- Vergine santa! balbettava Mena. Vergine santa! E gli uomini che sono in mare! - Lia si sfogava a piangere.
Mentre padron 'Ntoni tornava a casa coi nipoti, e vide l'uscio socchiuso, e il lume dalle imposte, si mise le mani nei capelli. Maruzza era già coricata, con certi occhi, che visti così nel buio, a quell'ora, sembravano vuoti come se la morte se li avesse succhiati, e le labbra nere al pari del carbone. In quel tempo non andavano intorno né medico né speziale dopo il tramonto; e le vicine stesse si sprangavano gli usci, per la paura del colèra, e ci incollavano delle immagini di santi a tutte le fessure. Perciò comare Maruzza non poté avere altro aiuto che dei suoi, poveracci, i quali correvano per la casa come pazzi, al vederla andarsene in tal modo, in quel lettuccio, e non sapevano che fare, e davano della testa nelle pareti. Allora la Longa vedendo che non c'era più speranza, volle che le mettessero sul petto quel soldo di cotone coll'olio santo che aveva comperato a Pasqua, e disse pure che lasciassero la candela accesa, come quando stava per morire padron 'Ntoni, ché voleva vederseli tutti davanti al letto, e saziarsi di guardarli ad uno ad uno con quegli occhi sbarrati che non ci vedevano più. La Lia piangeva in modo da spezzare il cuore; e tutti gli altri, bianchi come un cencio, si guardavano in faccia quasi chiedendosi aiuto l'un l'altro; e si stringevano il petto per non scoppiare a piangere davanti alla moribonda, la quale nondimeno se ne accorgeva bene, sebbene non ci vedesse più, e nell'andarsene le rincresceva di lasciare così desolati quei poveretti. Li andava chiamando per nome ad uno ad uno, colla voce rauca; e voleva alzare la mano, che non la poteva più muovere, per benedirli, come se sapesse di lasciare loro un tesoro. - 'Ntoni! ripeteva, colla voce che già non si sentiva più, 'Ntoni! A te che sei il maggiore raccomando questi orfanelli! - E sentendola parlar così, mentre era ancor viva, tutti gli altri non poterono trattenersi di scoppiare a piangere e singhiozzare.
Così passarono tutta la notte davanti al lettuccio, dove Maruzza non si muoveva più, sin quando la candela cominciò a mancare e si spense anch'essa, e l'alba entrava dalla finestra, pallida come la morta, la quale aveva il viso disfatto e affilato al pari di un coltello, e le labbra nere. Ma pure Mena non si stancava di baciarla nella bocca, e parlarle, come se potesse sentirla. 'Ntoni si picchiava il petto singhiozzando: - O mamma! che ve ne siete andata prima di me! e volevo lasciarvi! - Alessi non se la levò più davanti agli occhi, la sua mamma, con quei capelli bianchi, e quel viso giallo e affilato come un coltello, nemmeno quando arrivò ad avere i capelli bianchi anche lui.
Sul tardi vennero a pigliarsi la Longa in fretta e in furia, e nessuno pensò a fare la visita del morto; che ciascuno pensava alla pelle, e lo stesso don Giammaria rimase sulla soglia, quando spruzzò l'acqua santa coll'aspersorio, tenendo raccolta e sollevata la tonaca di san Francesco, - da vero frate egoista che era! - predicava lo speziale. Lui invece, se gli avessero portato la ricetta del medico per qualche medicina, avrebbe aperto la spezieria anche di notte, che non aveva paura del colèra; e diceva pure che era una minchioneria di credere che il colera lo buttassero per le strade e dietro gli usci. - Segno che è lui che sparge il colèra! - andava soffiando don Giammaria. Per questo nel paese volevano fargli la festa allo speziale; ma lui si metteva a ridere come una gallina, preciso come faceva don Silvestro, e diceva: - Io che sono repubblicano! Se fossi un impiegato, o qualcuno di quelli che fanno i tirapiedi al governo, non direi!... - Ma i Malavoglia rimasero soli, davanti a quel lettuccio vuoto.
Per un pezzo non aprirono più l'uscio, dopo che ne era uscita la Longa. Fortuna che ci avevano in casa le fave, la legna e l'olio, perché padron 'Ntoni aveva fatto come la formica nel buon tempo, se no morivano di fame, e nessuno andava a vedere se erano morti o vivi. Poi, a poco a poco, cominciarono a mettersi il fazzoletto nero al collo, e ad uscire nella strada, come le lumache dopo il temporale, colla faccia pallida e ancora sbalorditi. Le comari da lontano domandavano come fosse accaduta la disgrazia; ché comare Maruzza c'era capitata una delle prime. E quando passava don Michele o qualcun altro di quelli che mangiavano il pane del re, e portavano il berretto col gallone, li guardavano cogli occhi lustri, e correvano a chiudersi in casa. Nel paese era un gran squallore, e per le strade non si vedevano nemmeno le galline; persino mastro Cirino non si faceva più vivo, e lasciava stare di suonare mezzogiorno e l'avemaria, ché mangiava il pane del comune anche lui, per quei dodici tarì al mese che gli davano di bidello comunale, e temeva che gli facessero la festa come tirapiedi del governo.
Adesso don Michele era padrone della strada, dacché Pizzuto, don Silvestro, e tutti gli altri erano andati a rintanarsi come conigli, e non c'era che lui a passeggiare davanti all'uscio chiuso della Zuppidda. Peccato che lo vedessero soltanto i Malavoglia, i quali adesso non avevano più nulla da perdere, e perciò se ne stavano a vedere chi passava, seduti sulla soglia, immobili, e col mento in mano. Don Michele per non perdere la sua gita, guardava la Sant'Agata, ora che tutti gli altri usci erano chiusi; e lo faceva anche per far vedere a quel ragazzaccio di 'Ntoni che lui non aveva paura di nessuno al mondo. E poi la Mena, così pallida, pareva tutta Sant'Agata davvero; e la sorellina, con quel fazzoletto nero, cominciava a farsi una bella ragazzina anche lei.
Alla povera Mena pareva che tutt'a un tratto le fossero caduti venti anni sulla schiena. Adesso faceva colla Lia come la Longa aveva fatto con lei; le pareva di doversela tenere sotto le ali come una chioccia, e di averci tutta la casa sulle spalle. S'era abituata a rimaner sola colla sorellina, quando gli uomini andavano in mare, e a stare con quel lettuccio vuoto sempre dinanzi agli occhi. Se non aveva nulla da fare, si metteva a sedere colle mani in mano, guardando quel lettuccio vuoto, e allora sentiva che la mamma l'aveva lasciata davvero; e quando dicevano nella strada: - È morta la tale; è morta la tal'altra; pensava - Anche così hanno sentito dire - È morta la Longa! - la quale l'aveva lasciata sola con quella povera orfanella che aveva il fazzoletto nero come lei.
La Nunziata, o la cugina Anna, venivano di tanto in tanto, col passo leggero e il viso lungo, senza dir nulla; e si mettevano sulla porta a guardar la strada deserta, colle mani sotto il grembiule. Quelli che tornavano dal mare andavano in fretta, guardinghi, colle reti in collo, e i carri non si fermavano nemmeno all'osteria.
Chissà dove andava il carro di compar Alfio? e se in quel momento moriva di colera buttato dietro una siepe, quel poveretto che non ci aveva nessuno al mondo? Passava anche qualche volta Piedipapera, con una faccia di affamato, guardandosi intorno; o lo zio Crocifisso, che ci aveva la sua roba di qua e di là , e andava a toccare il polso ai suoi debitori, ché se morivano gli rubavano il debito. Il viatico andava anch'esso di fretta, nelle mani di don Giammaria, colla sottana rimboccata, e un ragazzo scalzo che suonava il campanello, perché mastro Cirino non si vedeva più. Quel campanello, nelle strade deserte, dove non passava nemmeno un cane, e perfino don Franco teneva chiusa metà della sua porta, faceva stringere il cuore.
La sola persona che si vedesse andare di qua e di là giorno e notte, era la Locca, coi capelli bianchi e arruffati, che si metteva a sedere davanti alla casa del nespolo, o aspettava le barche alla riva, e nemmeno il colèra la voleva, poveretta.
I forestieri erano fuggiti anch'essi, come gli uccelli quando viene l'inverno; e il pesce non trovava chi lo comprasse. Sicché diceva ciascuno: - Dopo il colèra verrà la fame. Padron 'Ntoni aveva dovuto metter mano ai denari della casa, e li vedeva assottigliare a soldo a soldo. Ma ei non pensava ad altro se non che Maruzza era morta fuori della sua casa, e cotesto non gli poteva uscir di mente. - 'Ntoni come vedeva spendere i denari tentennava il capo anche lui.
Finalmente, quando il colèra finì, e dei denari raccolti con tanto stento ne restarono appena la metà , tornò a dire che così non si poteva durare, a quella vita di fare e disfare; che era meglio di tentare un colpo solo per levarsi dai guai tutti in una volta, e che là , dov'era morta sua madre in mezzo a tutta quella porca miseria, non voleva più starci.
- Non ti rammenti che tua madre ti ha raccomandato la Mena? gli diceva padron 'Ntoni.
- Che aiuto posso darci alla Mena se resto qui? ditelo voi!
Mena lo guardò cogli occhi timidi, ma dove ci si vedeva il cuore, tale e quale come sua madre, e non osava proferir parola. Ma una volta, stringendosi allo stipite dell'uscio, si fece coraggio per dirgli:
- A me non me ne importa dell'aiuto, purché tu non ci lasci soli. Ora che non c'è più la mamma mi sento come un pesce fuori dell'acqua, e non m'importa più di niente. Ma mi dispiace per quell'orfanella che resta senza nessuno al mondo, se tu vai, come la Nunziata quando l'è partito il padre.
- No! diceva 'Ntoni, no! Io non posso aiutarti se non ho nulla. Il proverbio dice "aiutati che t'aiuto". Quando avrò guadagnato dei denari anch'io, allora tornerò, e staremo allegri tutti.
La Lia e Alessi spalancavano gli occhi, e lo guardavano sbigottiti; ma il nonno si lasciava cadere la testa sul petto - Ora non hai più né padre né madre, e puoi fare quello che ti pare e piace, gli disse alfine. - Finché vivrò a quei ragazzi ci penserò io, quando non ci sarò più, il Signore farà il resto.
La Mena, poiché 'Ntoni voleva andarsene a ogni costo, gli metteva in ordine tutta la roba, come avrebbe fatto la mamma, e pensava che laggiù, in paese forestiero, suo fratello non avrebbe avuto più nessuno che pen...
[Pagina successiva]