[Pagina precedente]... per la straduccia dei Malavoglia, col vestito nuovo; e poco dopo si seppe per tutto il paese che quella domenica comare Grazia Piedipapera andava lei a spartire i capelli della sposa, e a levarle la spadina d'argento, perché Brasi Cipolla era orfano della madre, e i Malavoglia avevano invitato apposta la Piedipapera per ingraziarsi suo marito; e avevano anche invitato lo zio Crocifisso, e tutto il vicinato, e tutti gli amici e parenti, senza risparmio.
- Io non ci vengo! borbottava lo zio Crocifisso a compare Tino, colle spalle all'olmo della piazza. Ho mangiato troppa bile e non voglio dannarmi l'anima. Andateci voi che non ve ne importa niente, e non si tratta della roba vostra. Ancora c'è tempo per mandare l'usciere; l'ha detto l'avvocato.
- Voi siete il padrone, e farò come dite voi. Adesso non ve ne importa più perché Alfio Mosca se ne è andato. Ma vedrete che appena si marita Mena, egli torna qui e si piglia vostra nipote.
Comare Venera la Zuppidda faceva il diavolo perché avevano invitato comare Grazia a pettinare la sposa, mentre sarebbe toccato a lei, che stava per diventare parente dei Malavoglia, e la sua figliuola s'era fatta comare di basilico con la Mena, tanto che aveva fatto cucire alla Barbara in fretta e furia la veste nuova, ché non se lo aspettava quell'affronto. 'Ntoni ebbe un bel pregarla e scongiurarla di non attaccarsi a quel pelo, e lasciar correre. Comare Venera, tutta pettinata, e colle mani intrise di farina, che s'era messa apposta ad impastare il pane, per far veder che non le importava più d'andare al convito dei Malavoglia, rispondeva:
- Avete voluto la Piedipapera? tenetevela! O lei o io! Tutte e due al mondo non possiamo starci. I Malavoglia lo sapevano bene di aver preferito comare Grazia per amore di quei denari che dovevano a suo marito. Adesso erano tutti una cosa con compare Tino, dopo che padron Cipolla gli aveva fatto fare la pace con 'Ntoni di padron 'Ntoni nell'osteria della Santuzza, per quell'affare dei pugni.
- Gli leccano le scarpe perché gli devono quei soldi della casa! andava borbottando la Zuppidda.
- Anche a mio marito gli devono più di cinquanta lire per la Provvidenza. Domani voglio farmeli dare.
- Lasciate stare, mamma! lasciate stare! supplicava la Barbara. Ma anch'ella aveva tanto di muso, perché non aveva potuto mettere la veste nuova, e quasi quasi si pentiva dei soldi spesi pel basilico che aveva mandato a comare Mena; e 'Ntoni il quale era venuto a prenderle, lo rimandarono mogio mogio, che il giubbone nuovo gli cascava di dosso. Madre e figlia poi stavano a guardare dal cortile, mentre infornavano il pane, la babilonia che c'era in casa dei Malavoglia, tanto che le voci e le risate si udivano fin là , per farle arrabbiare maggiormente. La casa del nespolo era piena di gente, come quando era morto compare Bastianazzo; e Mena, senza spadina d'argento e coi capelli spartiti sulla fronte, pareva tutt'altra, talché tutte le comari le facevano ressa intorno, e non si sarebbe sentita una cannonata dal cicaleccio e dalla festa. Piedipapera sembrava che facesse il solletico alle donne, tante ne diceva, mentre l'avvocato stava preparando le carte, giacché a mandare l'usciere c'era tempo, aveva detto lo zio Crocifisso; persino padron Cipolla si lasciò andare a dir delle barzellette, alle quali rideva soltanto suo figlio Brasi; e tutti parlavano in una volta, mentre i monelli si disputavano le fave e le castagne fra le gambe della gente. La stessa Longa, poveretta, aveva dimenticato i suoi guai dalla contentezza; e padron 'Ntoni, seduto sul muricciuolo, diceva di sì col capo, e rideva tutto solo.
- Bada a non dar da bere ai tuoi calzoni, come l'altra volta, che non hanno sete, diceva al figlio compare Cipolla; e diceva pure che si sentiva in gamba meglio della sposa e voleva ballare la fasola con lei.
- Allora io non ho più nulla da far qui, e me ne posso andare! rispondeva Brasi il quale voleva dire le sue barzellette anche lui, e gli seccava che lo lasciavano in un cantuccio come un minchione, e non gli dava retta nemmeno comare Mena.
- La festa si fa per comare Mena, diceva la Nunziata, ma essa non è contenta come tutti gli altri.
Allora la cugina Anna finse che le scappasse di mano il boccale, nel quale c'era ancora più di un quartuccio di vino, e cominciò a gridare:
- Allegria! allegria! "Dove ci sono i cocci ci son feste", e il vino che si spande è di buon augurio.
- Un altro po' me lo versava sui calzoni anche questa volta! brontolò Brasi, il quale dacché gli era accaduta quella disgrazia sul vestito stava guardingo.
Piedipapera s'era messo a cavalcioni sul muro, col bicchiere fra le gambe, che sembrava il padrone, per quell'usciere che poteva mandare, e disse: - All'osteria non c'è nemmeno Rocco Spatu, oggi tutta l'allegria è qui, e pare di essere dalla Santuzza.
- Qui è meglio assai! osservò il figlio della Locca, il quale era venuto in coda alla folla, e l'avevano fatto entrare per dare da bere anche a lui. Dalla Santuzza se ci andate senza denari non vi danno niente.
Piedipapera dal muro stava guardando un piccolo crocchio di persone che discorrevano fra di loro vicino alla fontana, colla faccia seria come se fosse per cascare il mondo. Alla spezieria c'erano i soliti sfaccendati, che si dicevano le orazioni, col giornale in mano, o si piantavano le mani sulla faccia, chiacchierando, quasi volessero accapigliarsi; e don Giammaria rideva e ci tirava su una presa, che si vedeva di là il piacere che gli faceva.
- O perché non sono venuti il vicario e don Silvestro? domandò Piedipapera.
- Gliel'ho detto anche a loro, ma vuol dire che hanno da fare, rispose padron 'Ntoni.
- Son là , alla spezieria, che sembra ci sia quello dei numeri del lotto. O cosa diavolo è successo?
Una vecchia andava strillando per la piazza, e si strappava i capelli, quasi le avessero portata la malanuova; e davanti alla bottega di Pizzuto c'era folla come quando casca un asino sotto il carico, e tutti si affollano a vedere cos'è stato, talché anche le donnicciuole guardavano da lontano colla bocca aperta senza osare d'accostarsi.
- Io, per me, vado a vedere cos'è successo; disse Piedipapera, e scese dal muro adagio adagio.
In quel crocchio, invece dell'asino caduto, c'erano due soldati di marina, col sacco in spalla e le teste fasciate, che tornavano in congedo. Intanto si erano fermati dal barbiere a farsi dare un bicchierino d'erbabianca. Raccontavano che si era combattuta una gran battaglia di mare, e si erano annegati dei bastimenti grandi come Aci Trezza, carichi zeppi di soldati; insomma un mondo di cose che parevano quelli che raccontano la storia d'Orlando e dei paladini di Francia alla Marina di Catania, e la gente stava ad ascoltare colle orecchie tese, fitta come le mosche.
- Il figlio di Maruzza la Longa ci era anche lui sul Re d'Italia, osservò don Silvestro, il quale si era accostato per sentire.
- Ora vado a dirlo a mia moglie! saltò su mastro Turi Zuppiddu, così si persuaderà ad andarci da comare Maruzza, ché i musi lunghi non mi piacciono, fra vicini ed amici.
Ma intanto la Longa non ne sapeva nulla, poveraccia! e rideva ed era in festa coi parenti e gli amici.
Il soldato non finiva di chiacchierare con quelli che volevano ascoltarlo, giocando colle braccia come un predicatore. - Sì, c'erano anche dei siciliani; ce n'erano di tutti i paesi. Del resto, sapete, quando suona la generale nelle batterie, non si sente più né scia né vossia, e le carabine le fanno parlar tutti allo stesso modo. Bravi giovanotti tutti! e con del fegato sotto la camicia. Sentite, quando si è visto quello che hanno veduto questi occhi, e come ci stavano quei ragazzi a fare il loro dovere, per la Madonna! questo cappello qui lo si può portare sull'orecchio!
Il giovanotto aveva gli occhi lustri, ma diceva che non era nulla, ed era perché aveva bevuto. - Si chiamava il Re d'Italia, un bastimento come non ce n'erano altri, colla corazza, vuol dire come chi dicesse voi altre donne che avete il busto, e questo busto fosse di ferro, che potrebbero spararvi addosso una cannonata senza farvi nulla. È andato a fondo in un momento, e non l'abbiamo visto più, in mezzo al fumo, un fumo come se ci fossero state venti fornaci di mattone, lo sapete?
- A Catania c'era una casa del diavolo! aggiunse lo speziale. - La gente si affollava attorno a quelli che leggevano i giornali, che pareva una festa.
- I giornali son tutte menzogne stampate! sentenziò don Giammaria.
- Dicono che è stato un brutto affare; abbiamo perso una gran battaglia, disse don Silvestro.
Padron Cipolla era accorso anche lui a vedere cos'era quella folla.
- Voi ci credete? sogghignò egli alfine. Son chiacchiere per chiappare il soldo del giornale.
- Se lo dicono tutti che abbiamo perso!
- Che cosa? disse lo zio Crocifisso mettendosi la mano dietro l'orecchio.
- Una battaglia.
- Chi l'ha persa?
- Io, voi, tutti insomma, l'Italia; disse lo speziale.
- Io non ho perso nulla! rispose Campana di legno stringendosi nelle spalle; adesso è affare di compare Piedipapera e ci penserà lui; e guardava la casa del nespolo, dove facevano baldoria.
- Sapete com'è? conchiuse padron Cipolla, è come quando il comune di Aci Trezza litigava pel territorio col Comune di Aci Castello. Cosa ve n'entrava in tasca, a voi e a me?
- Ve n'entra! esclamò lo speziale tutto rosso. Ve n'entra... che siete tante bestie!...
- Il guaio è per tante povere mamme! s'arrischiò a dire qualcheduno; lo zio Crocifisso che non era mamma alzò le spalle.
- Ve lo dico io in due parole com'è, raccontava intanto l'altro soldato. È come all'osteria, allorché ci si scalda la testa, e volano i piatti e i bicchieri in mezzo al fumo ed alle grida. L'avete visto? Tale e quale! Dapprincipio, quando state sull'impagliettatura colla carabina in pugno, in quel gran silenzio, non sentite altro che il rumore della macchina, e vi pare che quel punf! punf! ve lo facciano dentro lo stomaco: null'altro. Poi, alla prima cannonata, e come incomincia il parapiglia, vi vien voglia di ballare anche voi, che non vi terrebbero le catene, come quando suona il violino all'osteria, dopo che avete mangiato e bevuto, e allungate la carabina dappertutto dove vedete un po' di cristiano, in mezzo al fumo. In terra è tutt'altra cosa. Un bersagliere che tornava con noi a Messina ci diceva che non si può stare al pinf panf delle fucilate senza sentirsi pizzicar le gambe dalla voglia di buttarsi avanti a testa bassa. Ma i bersaglieri non sono marinari, e non sanno come si fa a stare nel sartiame col piede fermo sulla corda e la mano sicura al grilletto, malgrado il rollio del bastimento, e mentre i compagni vi fioccano d'attorno come pere fradicie.
- Per la madonna! esclamò Rocco Spatu. Avrei voluto esserci anch'io a far quattro pugni!
Tutti gli altri stavano ad ascoltare con tanto d'occhi aperti. L'altro giovanotto poi raccontò pure in qual modo era saltata in aria la Palestro, - la quale ardeva come una catasta di legna, quando ci passò vicino, e le fiamme salivano alte sino alla penna di trinchetto. Tutti al loro posto però, quei ragazzi, nelle batterie o sul bastingaggio. Il nostro comandante domandò se avevano bisogno di nulla. - No, grazie tante, risposero. Poi passò a babordo e non si vide più.
- Questa di morire arrostito non mi piacerebbe, conchiuse Spatu; ma pei pugni ci sto. E la Santuzza come tornò all'osteria gli disse: - Chiamateli qua, quei poveretti, che devono aver sete, dopo tanta strada che hanno fatto, e ci vuole un bicchiere di vino schietto. Quel Pizzuto avvelena la gente colla sua erbabianca, e non va a confessarsene. Certuni la coscienza l'hanno dietro le spalle, poveretti loro!
- A me mi sembrano tanti pazzi, costoro! diceva padron Cipolla soffiandosi il naso adagio adagio. Che vi fareste ammazzare voi quando il re vi dicesse: fatti ammazzare per conto mio?
- Poveracci, non ci hanno colpa! osservava don Silvestro. Devono farlo per forza, perché dietro ogni soldato ci sta un caporale col fucile carico, e non ha a far altro che star a vedere se il soldato vuol...
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