[Pagina precedente]...Michele, per amore dei galloni, fingeva di non vederlo, e cercava di andarsene; ma 'Ntoni ora che don Michele faceva il minchione si sentiva cuocere il fegato, e gli rideva e gli sghignazzava sul mostaccio, a lui e alla Santuzza; e sputava sul vino che beveva, dicendo che era tossico di quello che avevano dato a Gesù sacramentato! - E battezzato per giunta, che la Santuzza ci aveva messa l'acqua, ed era una vera minchioneria venire a lasciarsi rubare i soldi in quella bettolaccia; per questo ei non ci veniva più! - La Santuzza, toccata nel debole, non seppe più contenersi, e gli disse che non ci veniva più perché erano stanchi di mantenerlo per carità , che erano stati costretti a cacciarlo fuori dell'uscio colla scopa, tanto era affamato. Allora 'Ntoni cominciò a fare il diavolo, gridando e rompendo i bicchieri, che l'avevano messo fuori per tirarsi in casa quell'altro baccalà col berretto gallonato; ma gli bastava l'anima di fargli uscire il vino dal naso, se voleva, perché lui non aveva paura di nessuno. Don Michele, giallo anche lui, col berretto di traverso, balbettava: - Per la santa parola d'onore, stavolta finisce brutta! - intanto che la Santuzza faceva piovere i bicchieri e le mezzette addosso a tutte e due. Così finalmente si azzuffarono e cominciarono a darsi dei pugni, e a rotolarsi sotto le panche, che volevano mangiarsi il naso, mentre la gente li prendeva a calci e a pugni per separarli; e ci riescì infine Peppi Naso colla cinghia di cuoio che s'era levata dai calzoni, e dove arrivava levava il pelo.
Don Michele si spolverò la montura, andò a raccattare la sciabola che aveva persa, e se ne uscì borbottando fra i denti, senz'altro, per amor dei galloni. Ma 'Ntoni Malavoglia, il quale mandava un fiume di sangue dal naso, vedendolo sgattaiolare, non lo potevano tenere dal gridargli dietro un mare d'improperi dalla porta dell'osteria, mostrandogli il pugno, e asciugandosi colla manica il sangue che gli colava dal naso; e gli prometteva che voleva dargli il resto quando l'incontrava.
CAPITOLO 14
Quando 'Ntoni Malavoglia incontrò don Michele per dargli il resto fu un brutto affare, di notte, mentre diluviava, ed era scuro che non ci avrebbe visto neppure un gatto, all'angolo della sciara verso il Rotolo, dove bordeggiavano quatte quatte le barche che facevano finta di pescar merluzzi a mezzanotte, e dove 'Ntoni andava a ronzare, con Rocco Spatu, e Cinghialenta, ed altri malarnesi, colla pipa in bocca, che le guardie le conoscevano ad una ad una quelle punte di fuoco delle pipe, mentre stavano appiattate fra gli scogli con le carabine in mano.
- Comare Mena, - aveva detto don Michele un'altra volta passando dalla strada del Nero; - ditegli a vostro fratello di non andarci di notte al Rotolo, con Rocco Spatu e Cinghialenta.
Ma 'Ntoni aveva fatto il sordo perché "ventre affamato non sente ragione"; e don Michele non gli faceva più paura, dopo che si erano rotolati a pugni e a cazzotti sotto le panche all'osteria; inoltre gli aveva promesso di dargli il resto quando l'incontrava, e non voleva passare per canaglia e per spaccone agli occhi della Santuzza e di tutti quelli che erano stati presenti alla minaccia. - Gli ho detto che gli darò il rimanente dove l'incontrerò; e se l'incontro al Rotolo glielo dò al Rotolo! - ripeteva coi suoi amici, e ci avevano tirato anche il figlio della Locca. Avevano passato la sera all'osteria, a bere e schiamazzare, che la bettola è come un porto di mare, e la Santuzza non avrebbe potuto mandarlo via, ora che ci aveva dei soldi in tasca e li faceva ballare nella mano. Don Michele era passato a far la ronda, ma Rocco Spatu, che sapeva la legge, diceva sputacchiando: - Finché c'è il lume sulla porta abbiamo il diritto di star qua! - e si appoggiava al muro per star meglio. 'Ntoni Malavoglia se la godeva anche a far sbadigliare la Santuzza, la quale dormicchiava dietro i bicchieri, colla testa posata su quei cuscini che portavano la medaglia di Figlia di Maria. - E ci sta sul morbido meglio che su un fascio d'erba fresca! - diceva 'Ntoni, il quale aveva il vino chiacchierone; mentre Rocco, pieno come una botte, non fiatava più, colle spalle al muro.
Lo zio Santoro intanto a tastoni aveva ritirato il lume e chiudeva la porta. - Ora andatevene che ho sonno; disse la Santuzza.
- Io non ho mica sonno io! Massaro Filippo a me mi lascia dormire la notte.
- A me non me ne importa se vi lascia dormire; ma non voglio che mi prendano la multa per amor vostro, se mi trovano l'uscio aperto a quest'ora.
- Chi ve la piglia la multa? quello sbirro di don Michele? Fatelo venire qui che gliela dò io la multa! ditegli che c'è qui 'Ntoni Malavoglia, sangue della Madonna!
La Santuzza intanto lo aveva preso per le spalle e lo spingeva fuori dell'uscio. - Andate a dirglielo voi stesso; e andate a cercarvi i guai fuori di qui. Io non ne voglio chiacchiere colla polizia pei vostri begli occhi.
'Ntoni, vistosi cacciare in quel modo sulla strada, nel fango, e coll'acqua che veniva giù come Dio la mandava, tirò fuori tanto di coltello, e giurava e sacramentava che voleva pungerli tutti quanti, lei e don Michele! Cinghialenta era il solo che stesse in sensi per tutti, e lo tirava pel giubbone, e gli diceva: - Lascia stare per stasera! Non lo sai quello che abbiamo da fare?
Al figlio della Locca allora gli venne una gran voglia di mettersi a piangere, al buio.
- È ubbriaco, osservò Rocco Spatu, messo sotto la gronda. Portatelo qui che gli farà bene.
'Ntoni, un po' calmato dall'acqua che gli pioveva dalla gronda, si lasciò condurre da compare Cinghialenta, seguitando a sbuffare, mentre sguazzava nelle pozzanghere, e sacramentava che se incontrava don Michele voleva dargli quello che gli aveva promesso. Tutt'a un tratto si trovò davvero naso a naso con don Michele, il quale ronzava lì intorno anche lui; colla pistola sulla pancia e i calzoni dentro gli stivali. Allora 'Ntoni si calmò di botto, e tutti e tre si allontanarono quatti quatti, verso la bottega di Pizzuto. Arrivati dietro l'uscio, adesso che don Michele era ben lontano, 'Ntoni volle a forza che si fermassero per udire quello che diceva.
- Lo vedete dove andava don Michele? e la Santuzza che diceva d'aver sonno! Adesso come faranno se c'è tuttora massaro Filippo nella stalla?
- E tu lascia stare don Michele - disse Cinghialenta, così ci lascerà andare pei fatti nostri.
- Voi altri siete tante canaglie! disse 'Ntoni, che avete paura di don Michele.
- Stasera sei ubbriaco! ma ti farei vedere se ho paura di don Michele! Ora che ho venduto il mulo non voglio che nessuno venga a vedere come mi guadagno il pane, sangue di un cane!
LÃ si misero a cianciare a voce bassa a ridosso del muro, intanto che lo scroscio della pioggia copriva i loro discorsi. Ad un tratto suonarono le ore, e tacquero tutti e quattro per stare ad ascoltare.
- Entriamo da compare Pizzuto, disse Cinghialenta. Egli è padrone di tenere la porta aperta sino che vuole, e senza lume fuori.
- È scuro che non ci si vede! disse il figlio della Locca.
- Bisogna bere qualche cosa, col tempo che fa; rispose Rocco Spatu. Se no ci romperemo il naso nella sciara.
Cinghialenta si mise a brontolare: - Come se andassimo a giuocare! Ora vi farò dare dell'acqua col limone da mastro Vanni.
- Io non ho bisogno dell'acqua col limone! saltò su 'Ntoni; e vedrete se il fatto mio lo saprò fare meglio di voi altri!
Compare Pizzuto non voleva aprire a quell'ora, e rispondeva che era in letto; ma siccome continuavano a picchiare, e minacciavano di svegliare tutto il paese e di far correre la guardia a mettere il naso nei fatti loro, si fece dare la voce e venne ad aprire in mutande.
- Che siete pazzi a picchiare in questo modo? esclamava. Or ora ho visto passare don Michele.
- Sì, l'abbiamo visto anche noi; adesso sta recitando il rosario colla Santuzza.
- Che lo sai d'onde viene don Michele? gli domandò Pizzuto guardandolo negli occhi: 'Ntoni fece una spallata; e Vanni mentre si faceva da parte per lasciarli entrare, ammiccò a Rocco e a Cinghialenta:
- È stato dalle Malavoglia, soffiò loro nell'orecchio. - L'ho visto escire io!
- Buon prò, rispose Cinghialenta; ma bisognerebbe dire a 'Ntoni che raccomandi a sua sorella di trattenere don Michele tutta la notte, quando abbiamo da fare...
- Che cosa volete da me? chiese 'Ntoni colla lingua grossa.
- Niente, non è affare per questa sera.
- Se non è affare per questa sera perché mi avete fatto lasciar l'osteria, che son tutto fradicio dalla pioggia? disse Rocco Spatu.
- È un altro discorso che stavamo facendo con compare Cinghialenta.
E Pizzuto aggiunse:
- Sì, è venuto l'uomo dalla città , e ha detto che per questa sera la roba è là , ma sarà un affare grosso sbarcarla con questo tempo.
- Tanto meglio; così nessuno ci vede a sbarcarla.
- Sì, ma le guardie hanno l'orecchio fino; e badate che m'è parso di vederle ronzare qui davanti, e guardare dentro la bottega.
Allora successe un momento di silenzio, e compare Vanni, per finirla, andò a riempire tre bicchieri di erbabianca.
- Me ne impipo delle guardie! esclamò Rocco Spatu dopo che ebbe bevuto. - Peggio per loro se vengono a mettere il naso nei fatti miei; ho qui il mio temperino che non fa tanto chiasso come le loro pistole.
- Noi ci buschiamo il pane come possiamo, e non vogliamo far male a nessuno! aggiunse Cinghialenta. - O che uno non è più padrone di farsi sbarcare la roba dove vuole?
- Loro stanno a spasso come i ladri, per farsi pagare il dazio di ogni fazzoletto da naso che volete portare a terra, e nessuno li prende a schioppettate; aggiunse 'Ntoni Malavoglia. - Sapete cos'ha detto don Giammaria? che rubare ai ladri non è peccato. E i primi ladri son quelli coi galloni, che ci mangiano vivi.
- Vogliamo farne tonnina! conchiuse Rocco Spatu, cogli occhi lucenti al pari di un gatto.
Ma a quel discorso il figlio della Locca posò il bicchierino senza accostarlo alla bocca, giallo come un morto.
- Che sei già ubbriaco? gli chiese Cinghialenta.
- No, rispose lui, non ho bevuto.
- Esciamo fuori che l'aria aperta farà bene a tutti. Buona notte a chi resta.
- Un momento! gridò Pizzuto colla mano sul battente. - Non è pei soldi dell'erbabianca; questa ve l'ho data per niente, come amici che siete; ma vi raccomando, eh! La mia casa è qui per voi altri, se l'affare va bene. Sapete che ci ho lì dietro una camera dove ci starebbe un bastimento di roba, e nessuno ci mette il naso, ché con don Michele e le sue guardie siamo come pane e cacio. Di compare Piedipapera non mi fido, perché l'altra volta mi fece le corna, e andò a portare la roba in casa di don Silvestro. Don Silvestro non si contenterebbe mai di quel che gli dareste di sua parte, col pretesto che arrischia di perdere il posto; ma con me non avete questo timore, e mi darete quel ch'è giusto. E sì che a compare Piedipapera non gli ho mai negato la senseria, e gli dò il bicchierino ogni volta che viene qui, e la barba gliela faccio per niente. Ma santo diavolone! se mi fa le corna un'altra volta non voglio passar per minchione, e andrò a contare a don Michele tutte queste bricconate.
- No, no! compare Vanni; non c'è bisogno d'andarle a contare a don Michele! E Piedipapera s'è visto stasera?
- Neanche sulla piazza; era lì nella spezieria a fare la repubblica collo speziale. Ogni volta che si fa il colpo egli voga al largo, per provare che lui non ci entra in tutto quel che può succedere. È volpe vecchia e le palle delle guardie non lo coglieranno mai, sebbene sia zoppo come il diavolo. Poi domattina, a cose fatte, verrà a riscuotere la senseria, colla faccia tosta. Ma le palle le lascia pegli altri.
- Piove sempre! disse Rocco Spatu. Che non vuol finire stanotte?
- Con questo tempaccio non ci sarà nessuno al Rotolo, soggiunse il figlio della Locca, ed è meglio tornarsene a casa.
'Ntoni, Cinghialenta e Rocco Spatu, che erano sulla soglia, davanti alla pioggia che scrosciava come il pesce nella padella, rimasero un momento zitti, guardando nel buio.
- Minchione che sei! esclamò Cinghialenta per fargli coraggio, e Vanni Pizzu...
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