[Pagina precedente]...sasse a lui, come compar Alfio Mosca. E mentre gli cuciva le camicie, e gli rattoppava i panni, la testa correva lontano lontano, a tante cose passate, che il cuore ne era tutto gonfio.
- Dalla casa del nespolo non posso passarci più - diceva quando stava a sedere accanto al nonno, - me la sento nella gola, e mi soffoca, dopo tante cose che sono avvenute dacché l'abbiamo lasciata!
E mentre preparava la roba del fratello, piangeva come se non dovesse vederlo più. Infine, quando ogni cosa fu in ordine, il nonno chiamò il suo ragazzo per fargli l'ultima predica, e dargli gli ultimi consigli per quando sarebbe stato solo, che avrebbe dovuto far capitale soltanto della sua testa, e non avrebbe avuti accanto i suoi di casa per dirgli come doveva fare, o per disperarsi insieme; e gli diede anche un po' di denaro, caso mai ne avesse bisogno, e il suo tabarro foderato di pelle, ché oramai lui era vecchio, e non gli serviva più.
I ragazzi vedendo il fratello maggiore affaccendarsi nei preparativi della partenza, gli andavano dietro pian piano per la casa, e non osavano dirgli più nulla, come fosse diggià un estraneo.
- Così se ne è andato mio padre, - disse infine la Nunziata la quale era andata a dirgli addio anche lei, e stava sull'uscio. Nessuno allora parlò più.
Le vicine venivano ad una ad una a salutare compare 'Ntoni, e poi stettero ad aspettarlo sulla strada per vederlo partire. Egli indugiava col fagotto sulle spalle, e le scarpe in mano, come all'ultimo momento gli fossero venute meno il cuore e le gambe tutt'a un tratto. E guardava di qua e di là per stamparsi la casa e il paese, ogni cosa in mente, e aveva la faccia sconvolta come gli altri. Il nonno prese il suo bastone per accompagnarlo sino alla città , e la Mena in un cantuccio piangeva cheta cheta. - Via! diceva 'Ntoni, orsù, via! Vado per tornare alla fin fine! e sono tornato un'altra volta da soldato. - Poi, dopo ch'ebbe baciata Mena e la Lia, e salutate le comari, si mosse per andarsene, e Mena gli corse dietro colle braccia aperte singhiozzando ad alta voce, quasi fuori di sé, e dicendogli: - Ora che dirà la mamma? ora che dirà la mamma? - Come se la mamma avesse potuto vedere e parlare. Ma ripeteva quello che le era rimasto più fitto nella mente, quando 'Ntoni aveva detto un'altra volta di voler andarsene, e aveva vista la mamma piangere ogni notte, che all'indomani trovava il lenzuolo tutto fradicio, nel rifare il letto:
- Addio, 'Ntoni! gli gridò dietro Alessi facendosi coraggio, come il fratello era già lontano; e allora la Lia cominciò a strillare. - Così se n'è andato mio padre, disse infine la Nunziata, la quale era rimasta sulla porta.
'Ntoni si voltò prima di scantonare dalla strada del Nero, cogli occhi lagrimosi anche lui, e fece un saluto colla mano. Mena allora chiuse l'uscio, e andò a sedersi in un angolo insieme alla Lia, la quale piangeva a voce alta. - Ora ne manca un altro della casa! disse lei. E se fossimo nella casa del nespolo parrebbe vuota come una chiesa.
Come se ne andavano ad uno ad uno tutti quelli che le volevano bene, ella si sentiva davvero un pesce fuori dell'acqua. E la Nunziata, là presente, colle sue piccine in collo, tornava a dire: - Così se ne è andato mio padre.
CAPITOLO 12
Padron 'Ntoni, ora che non gli era rimasto altri che Alessi pel governo della barca, doveva prendere a giornata qualcheduno, o compare Nunzio, che era carico di figliuoli, e aveva la moglie malata, o il figlio della Locca, il quale veniva a piagnucolare dietro l'uscio che sua madre moriva di fame, e lo zio Crocifisso non voleva dargli nulla, perché il colèra l'aveva rovinato, diceva, con tanti che erano morti e gli avevano truffati i denari, talché aveva preso il colèra anche lui, ma non era morto, aggiungeva il figlio della Locca, e scuoteva il capo tristamente. - Adesso ci avremmo da mangiare, io e mia madre e tutto il parentado, se fosse morto. Siamo stati a curarlo due giorni colla Vespa, che pareva avesse ad andarsene da un momento all'altro, ma poi non è morto!
Però, quel che i Malavoglia guadagnavano non bastava spesso a pagare lo zio Nunzio, o il figlio della Locca, e si doveva metter mano a quei soldi raccolti con tanta fatica per la casa del nespolo. Ogni volta che Mena andava a pigliare la calza sotto la materassa, lei e il nonno sospiravano. Il povero figlio della Locca non ci aveva colpa; avrebbe voluto farsi in quattro per guadagnarsi la sua giornata; era il pesce che non voleva farsi prendere. E quando tornavano mogi mogi, sbattendo i remi e colla vela allentata, il figlio della Locca diceva a padron 'Ntoni: - Fatemi spaccar della legna, o legar dei sarmenti; io posso lavorare sino a mezzanotte se credete, come facevo collo zio Crocifisso. Non voglio rubarvela, la giornata.
Allora padron 'Ntoni dopo averci pensato su un pezzo, col cuore stretto, si decise a parlare colla Mena di quel che doveva farsi oramai. Ella era giudiziosa come sua madre, e non c'era altri in casa per parlarne, di tanti che c'erano prima! Il meglio era vendere la Provvidenza, che non rendeva nulla, e si mangiava le giornate di compare Nunzio e del figlio della Locca; se no quei soldi della casa se ne sarebbero andati tutti a poco a poco. La Provvidenza era vecchia e aveva sempre bisogno che ci spendessero dei denari per metterle delle toppe, e farla stare a galla. Più tardi, se tornava 'Ntoni e spirava un po' di fortuna in poppa, come quando avevano messo insieme quei denari della casa, avrebbero comprato un'altra barca nuova, e l'avrebbero chiamata di nuovo la Provvidenza.
La domenica andò sulla piazza a parlarne a Piedipapera, dopo la messa. Compare Tino scrollava le spalle, dimenava il capo, diceva che la Provvidenza era buona da mettere sotto la pentola, e così parlando lo tirava sulla riva; là si vedevano le toppe, sotto la impeciatura nuova, era come certe donnacce che sapeva lui, colle rughe sotto il corsetto; e tornava a darci dei calci nella pancia, col piede zoppo. Del resto il mestiere andava male; piuttosto che comprare, tutti avrebbero voluto vendere le loro barche, e più nuove della Provvidenza. Poi, chi avrebbe potuto comprarla? Padron Cipolla non voleva di quei vecchiumi. Quello era affare dello zio Crocifisso. Ma in quel momento lo zio Crocifisso aveva altro per la testa, con quell'ossessa della Vespa che gli faceva dannare l'anima, correndo dietro a tutti gli uomini che c'erano da maritare nel paese. Infine, per la santa amicizia, sarebbe andato a parlarne allo zio Crocifisso, nel buon momento, se padron 'Ntoni voleva vendere ad ogni costo la Provvidenza per un pezzo di pane; perché egli, Piedipapera, gli faceva fare quello che voleva lui allo zio Crocifisso.
Infatti, quando gliene parlò, tirandolo in disparte verso l'abbeveratoio, lo zio Crocifisso rispondeva a spallate, e dimenava il capo come Peppinino, e voleva scappargli dalle mani. Compare Tino, poveraccio, lo afferrava pel giubbone, perché stesse a sentire per forza; gli dava delle scrollate; lo abbracciava stretto per parlargli nell'orecchio. - Sì, siete una bestia se vi lasciate scappare quell'occasione! per un pezzo di pane! padron 'Ntoni la vende proprio perché non può tirare innanzi, ora che suo nipote l'ha piantato. Ma voi potreste darla in mano a compare Nunzio, o al figlio della Locca, che muoiono di fame, e verrebbero a lavorare per niente. Tutto quello che buscheranno ve lo papperete voi. Siete una bestia, vi dico! La barca è ben conservata, come se fosse nuova. Padron 'Ntoni se ne intendeva quando l'aveva fatta fare. Questo è un affare d'oro, come quello dei lupini, sentite a me!
Ma lo zio Crocifisso non voleva sentir parlare di niente, che quasi quasi gli spuntavano le lagrime, con quella faccia gialla, ora che aveva preso il colèra; e tirava per andarsene, e voleva lasciargli il giubbone nelle mani. - Non me ne importa! ripeteva. Non me ne importa niente. Voi non sapete cosa ci ho qui dentro, compare Tino! Tutti vogliono succhiarmi il sangue come le sanguisughe, e prendersi il fatto mio. Ora v'è anche Pizzuto che corre dietro la Vespa, tutti come cani da caccia!
- E voi prendetevela la Vespa! O infine non è sangue vostro, lei e la sua chiusa? Non sarà una bocca di più, no! che ha le mani benedette quella donna, e non lo perderete il pane che gli darete da mangiare! Ci avrete una serva in casa, senza darle salario, e vi prenderete anche la chiusa. Sentite a me, zio Crocifisso, questo è un altro affare come quello dei lupini!
Padron 'Ntoni intanto aspettava la risposta davanti alla bottega di Pizzuto, e guardava come un'anima del Purgatorio quei due che pareva si azzuffassero, per cercare di indovinare se lo zio Crocifisso diceva di sì. Piedipapera veniva a dirgli quel che aveva potuto ottenere dallo zio Crocifisso, e poi tornava a parlare con lui; e andava e veniva per la piazza come la spola nel telaio, tirandosi dietro la sua gamba storta, finché riescì a metterli d'accordo. - Benone! - diceva a padron 'Ntoni; e allo zio Crocifisso: - Per un pezzo di pane! - così combinò anche la vendita di tutti gli attrezzi, ché i Malavoglia non sapevano che farsene, ora che non possedevano più una tavola sull'acqua; ma a padron 'Ntoni gli parve che gli strappassero le budella dallo stomaco, come si portavano via le nasse, le reti, le fiocine, le canne, e ogni cosa.
- Ci penserò io a trovarvi d'andare a giornata, voi e vostro nipote Alessi, non dubitate; - gli diceva Piedipapera. - Bisogna che vi contentiate di poco, sapete! "Forza di giovane e consiglio di vecchio". Per la mia senseria poi mi rimetto al vostro buon cuore.
"In tempo di carestia pane d'orzo". Rispondeva padron 'Ntoni. "Necessità abbassa nobiltà ".
- Va bene, va bene, siamo intesi! conchiuse Piedipapera, e andò davvero a parlarne con padron Cipolla, nella spezieria, dove don Silvestro era riuscito a tirarli un'altra volta, lui, massaro Filippo e qualche altro pesce grosso, per discorrere degli affari del comune, che infine erano denari loro, ed è una minchioneria non contare per nulla nel paese quando si è ricchi, e le tasse si pagano peggio degli altri. - Voi che siete tanto ricco, potreste dargli del pane a quel poveraccio di padron 'Ntoni, - soggiungeva Piedipapera. - A voi non vi farebbe nulla di prenderlo a giornata, con suo nipote Alessi; sapete che ne sa più di ogni altro del mestiere, e si contenterebbe di poco, ché son proprio senza pane. Fareste un affar d'oro, sentite a me, padron Fortunato.
Padron Fortunato, preso così in quel momento, non seppe dir di no; ma dopo che ebbero tirato e stiracchiato un po' sul prezzo; giacché i tempi erano magri, gli uomini non avevano da lavorare, padron Cipolla faceva proprio un atto di carità a prendersi padron 'Ntoni.
- Sì, lo prendo se viene a dirmelo lui! Lo credereste che mi porta il broncio dacché mandai in aria quel matrimonio di mio figlio colla Mena. Eh! bell'affare che ci avrei fatto! Ed hanno il coraggio di portarmi il broncio per giunta!
Don Silvestro, massaro Filippo, ed anche Piedipapera, tutti, s'affrettavano a dire che padron Fortunato aveva ragione. Brasi non gli lasciava più pace, dopo che gli avevano fatto venire il pensiero di maritarlo, e correva dietro a tutte le donne come un gatto in gennaio, ch'era una sollecitudine continua pel povero padre. Ora era entrata in ballo anche la Mangiacarrubbe, la quale s'era messo in testa di pigliarselo lei, Brasi Cipolla, giacché era di chi se lo pigliava; lei almeno era una bella ragazza con tanto di spalle, e non vecchia e spelata come la Vespa. Ma la Vespa aveva la sua chiusa, e la Mangiacarrubbe non ci aveva altro che le sue trecce nere, dicevano gli altri.
La Mangiacarrubbe sapeva quel che doveva fare se si voleva pigliare Brasi Cipolla, ora che suo padre se l'era rimorchiato di nuovo in casa pel colèra, e non andava a nascondersi più nella sciara, o per la chiusa, o dallo speziale e nella sacristia. Ella gli passava davanti lesta lesta, colle scarpette nuove; e passando si faceva urtare nel gomito, in mezzo alla folla che veniva dalla messa; oppure lo aspettava sulla p...
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