I MALAVOGLIA, di Giovanni Verga - pagina 41
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- "Necessità abbassa nobiltà", rispose padron Cipolla; e la Santuzza disse un'avemaria pel poveretto.
Solo la cugina Anna e comare Grazia Piedipapera si asciugavano gli occhi col grembiule, come il carro se ne andava lentamente sobbalzando sui sassi.
Ma compare Tino rimbeccò alla moglie: - O perché mi fai il piagnisteo? Che son forse morto io? A te che te ne importa?
Alfio Mosca, mentre guidava il mulo, andava raccontando alla Nunziata come e dove avesse vista la Lia, ch'era tutta Sant'Agata, e ancora non gli pareva vero a lui stesso che l'avesse vista coi suoi occhi, tanto che la voce gli mancava nella gola, mentre ne parlava per ingannare la noia, lungo la strada polverosa.
- Ah Nunziata! chi l'avrebbe detto, quando stavamo a chiacchierare da un uscio all'altro, e c'era la luna, e i vicini discorrevano lì davanti, e si udiva colpettare tutto il giorno quel telaio di Sant'Agata, e quelle galline che la conoscevano soltanto all'aprire che faceva il rastrello, e la Longa che la chiamava pel cortile, che ogni cosa si udiva da casa mia come se fosse stato proprio là dentro! Povera Longa! Adesso, vedi, che ci ho il mulo, e ogni cosa come desideravo, che se fosse venuto a dirmelo l'angelo del cielo non ci avrei creduto, adesso penso sempre a quelle sere là, quando udivo la voce di voialtre, mentre governavo l'asino, e vedevo il lume nella casa del nespolo, che ora è chiusa, e quando son tornato non ho trovato più niente di quel che avevo lasciato, e comare Mena non mi è parsa più quella.
Uno che se ne va dal paese è meglio non ci torni più.
Vedi, ora penso pure a quel povero asino che ha lavorato con me tanto tempo, e andava sempre, sole o pioggia, col capo basso e le orecchie larghe.
Adesso chissà dove lo cacciano, e con quali carichi, e per quali strade, colle orecchie più basse ancora, ché anch'egli fiuta col naso la terra che deve raccoglierlo, come si fa vecchio, povera bestia!
Padron 'Ntoni, disteso sulla materassa, non udiva nulla, e ci avevano messo sul carro una coperta colle canne, sicché sembrava che portassero un morto.
- Per lui è meglio che non oda più nulla, seguitava compare Alfio.
L'angustia di 'Ntoni già l'ha sentita, e un giorno o l'altro gli toccherebbe anche di sentire come è andata a finire la Lia.
- Me lo domandava spesso, quando eravamo soli, rispose la Nunziata.
Voleva sapere dove fosse.
- È andata dietro a suo fratello.
Noi poveretti siamo come le pecore, e andiamo sempre con gli occhi chiusi dove vanno gli altri.
Tu non glielo dire, né lo dire a nessuno del paese, dove ho visto la Lia, ché sarebbe un colpo di coltello per Sant'Agata.
Ella mi riconobbe di certo, mentre passavo davanti all'uscio, perché si fece bianca e rossa nella faccia, ed io frustai il mulo per passare presto, e son certo che quella poveretta avrebbe voluto piuttosto che il mulo le fosse camminato sulla pancia, e la portassero distesa sul carro come portiamo adesso suo nonno.
Ora la famiglia dei Malavoglia è distrutta, e bisogna rifarla di nuovo tu e Alessi.
- I denari per la roba ci sono già; a San Giovanni venderemo anche il vitello.
- Bravi! così, quando ci avrete i denari da parte, non c'è pericolo che vi sfumino in un giorno, come accadrebbe se il vitello venisse a morire, Dio liberi! Ora siamo alle prime case della città, e tu potrai aspettarmi qui, se non vuoi venire sino all'ospedale.
- No, voglio venire anch'io; così almeno vedrò dove lo mettono, ed egli pure mi vedrà sino all'ultimo momento.
Padron 'Ntoni poté vederla sino all'ultimo momento, e mentre la Nunziata se ne andava via con Alfio Mosca, adagio adagio pel camerone che pareva d'essere in chiesa al camminare, li accompagnava cogli occhi; poi si voltò dall'altra parte e non si mosse più.
Compar Alfio e la Nunziata risalirono sul carro, arrotolarono la materassa e la coperta, e se ne tornarono senza dir nulla, per la lunga strada polverosa.
Alessi si dava i pugni nella testa e si strappava i capelli, come non trovò più il nonno nel suo letto, e vide che gli riportavano la materassa arrotolata; e se la prendeva colla Mena, quasi fosse stata lei a mandarlo via.
Ma compar Alfio gli diceva: - Che volete? La casa dei Malavoglia ora è distrutta, e bisogna che la facciate di nuovo voi altri.
Egli voleva tornare a fargli il conto della roba e del vitello, di cui avevano chiacchierato lungo la strada colla ragazza; ma Alessi e Mena non gli davano retta, colla testa nelle mani e gli occhi fissi e lucenti di lagrime, seduti sulla porta della casa dove oramai erano soli davvero.
Compar Alfio in questo mentre cercava di confortarli col rammentar loro com'era prima la casa del nespolo, quando stavano a chiacchierare da un uscio all'altro, colla luna, e si udiva tutto il giorno il colpettare del telaio di Sant'Agata, e le galline che chiocciavano, e la voce della Longa che aveva sempre da fare.
Adesso tutto era cambiato, e quando uno se ne va dal paese, è meglio che non ci torni più, perché la strada stessa non sembrava più quella, dacché non c'era più quel passeggio per la Mangiacarrubbe, e don Silvestro non si faceva vedere nemmeno lui, aspettando che la Zuppidda cascasse coi suoi piedi, e lo zio Crocifisso s'era chiuso in casa a guardarsi la sua roba, o ad accapigliarsi colla Vespa, e persino non si udiva quistionar tanto nella spezieria, dacché don Franco aveva visto la giustizia nel mostaccio, ed ora andava a rincantucciarsi per leggere il giornale, e si sfogava a pestare nel mortaio tutto il giorno per passare il tempo.
Anche padron Cipolla non ci stava più a schiacciare gli scalini davanti la chiesa, dacché aveva perso la pace.
Un bel giorno corse la notizia che padron Fortunato si maritava, perché la sua roba non se la godesse la Mangiacarrubbe, alla barba di lui; per questo non ci stava più a schiacciare gli scalini, e si pigliava la Zuppidda.
- E mi diceva che il matrimonio è come una trappola di topi! andava brontolando allora lo zio Crocifisso.
- Ora state a fidarvi degli uomini?
Le ragazze invidiose dicevano che la Barbara sposava suo nonno.
Ma la gente di proposito, come Peppi Naso, e Piedipapera, ed anche don Franco, mormoravano: - Questa l'ha vinta comare Venera contro don Silvestro; è un gran colpo per don Silvestro, ed è meglio che se ne vada dal paese.
Già i forestieri, frustali! e qui non ci hanno messo mai radici i forestieri.
Con padron Cipolla non ardirà mettercisi a tu per tu don Silvestro.
- O che credeva? sbraitava comare Venera colle mani sui fianchi, - di prendersi mia figlia colla carestia? Stavolta comando io! e gliel'ho fatta capire a mio marito! Chi è buon cane mangia al trogolo; forestieri non ne vogliamo per la casa.
Una volta in paese si stava meglio, quando non erano venuti quelli di fuori a scrivere sulla carta i bocconi che vi mangiate, come don Silvestro, o a pestare fiori di malva nel mortaio, e ingrassarsi col sangue di quei del paese.
Allora ognuno si conosceva, e si sapeva quel che faceva, e quel che avevano sempre fatto suo padre e suo nonno, e perfino quel che mangiava, e quando si vedeva passare uno si sapeva dove andava, e le chiuse erano di quelli che c'erano nati, e il pesce non si lasciava prendere da questo e da quello.
Allora la gente non si sbandava di qua e di là, e non andava a morire all'ospedale.
Giacché tutti si maritavano, Alfio Mosca avrebbe voluto prendersi comare Mena, che nessuno la voleva più, dacché la casa dei Malavoglia s'era sfasciata, e compar Alfio avrebbe potuto dirsi un bel partito per lei, col mulo che ci aveva; così la domenica ruminava fra di sé tutte le ragioni per farsi animo, mentre stava accanto a lei, seduto davanti alla casa, colle spalle al muro, a sminuzzare gli sterpolini della siepe per ingannare il tempo.
Anche lei guardava la gente che passava, e così facevano festa la domenica: - Se voi mi volete ancora, comare Mena, disse finalmente, io per me son qua.
La povera Mena non si fece neppur rossa, sentendo che compare Alfio aveva indovinato che ella lo voleva, quando stavano per darla a Brasi Cipolla, tanto le pareva che quel tempo fosse lontano, ed ella stessa non si sentiva più quella.
- Ora sono vecchia, compare Alfio, rispose, e non mi marito più.
- Se voi siete vecchia, anch'io sono vecchio, ché avevo degli anni più di voi, quando stavamo a chiacchierare dalla finestra, e mi pare che sia stato ieri, tanto m'è rimasto in cuore.
Ma devono esser passati più di otto anni.
E ora quando si sarà maritato vostro fratello Alessi, voi restate in mezzo alla strada.
Mena si strinse nelle spalle, perché era avvezza a fare la volontà di Dio, come la cugina Anna; e compare Alfio, vedendo così, riprese:
- Allora vuol dire che non mi volete bene, comare Mena, e scusatemi se vi ho detto che vi avrei sposata.
Lo so che voi siete nata meglio di me, e siete figlia di padroni; ma ora non avete più nulla, e se si marita vostro fratello Alessi, rimarrete in mezzo alla strada.
Io ci ho il mulo e il mio carro, e il pane non ve lo farei mancare giammai, comare Mena.
Ora perdonatemi la libertà!
- Non mi avete offesa, no, compare Alfio; e vi avrei detto di sì anche quando avevamo la Provvidenza e la casa del nespolo, se i miei parenti avessero voluto, che Dio sa quel che ci avevo in cuore quando ve ne siete andato alla Bicocca col carro dell'asino, e mi pare ancora di vedere quel lume nella stalla, e voi che mettevate tutta la vostra roba sul carretto, nel cortile; vi rammentate?
- Sì, che mi rammento! Allora perché non mi dite di sì, ora che non avete più nulla, e ci ho il mulo invece dell'asino al carretto, e i vostri parenti non potrebbero dir di no?
- Ora non son più da maritare; tornava a dire Mena col viso basso, e sminuzzando gli sterpolini della siepe anche lei.
Ho 26 anni, ed è passato il tempo di maritarmi.
- No, che non è questo il motivo per cui non volete dirmi di sì! ripeteva compar Alfio col viso basso come lei.
- Il motivo non volete dirmelo! - E così rimanevano in silenzio a sminuzzare sterpolini senza guardarsi in faccia.
Dopo egli si alzava per andarsene, colle spalle grosse e il mento sul petto.
Mena lo accompagnava cogli occhi finché poteva vederlo, e poi guardava al muro dirimpetto e sospirava.
Come aveva detto Alfio Mosca, Alessi s'era tolta in moglie la Nunziata, e aveva riscattata la casa del nespolo.
- Io non son da maritare, aveva tornato a dire la Mena; - maritati tu che sei da maritare ancora; - e così ella era salita nella soffitta della casa del nespolo, come le casseruole vecchie, e s'era messo il cuore in pace, aspettando i figliuoli della Nunziata per far la mamma.
Ci avevano pure le galline nel pollaio, e il vitello nella stalla, e la legna e il mangime sotto la tettoia, e le reti e ogni sorta di attrezzi appesi, il tutto come aveva detto padron 'Ntoni; e la Nunziata aveva ripiantato nell'orto i broccoli ed i cavoli, con quelle braccia delicate che non si sapeva come ci fosse passata tanta tela da imbiancare, e come avesse fatti quei marmocchi grassi e rossi che la Mena si portava in collo pel vicinato, quasi li avesse messi al mondo lei, quando faceva la mamma.
Compare Mosca scrollava il capo, mentre la vedeva passare, e si voltava dall'altra parte, colle spalle grosse.
- A me non mi avete creduto degno di quest'onore! le disse alfine quando non ne poté più, col cuore più grosso delle spalle.
- Io non ero degno di sentirmi dir di sì!
- No, compar Alfio! - rispose Mena la quale si sentiva spuntare le lagrime.
- Per quest'anima pura che tengo sulle braccia! Non è per questo motivo.
Ma io non son più da maritare.
- Perché non siete più da maritare, comare Mena?
- No! no! - ripeteva comare Mena, che quasi piangeva.
- Non me lo fate dire, compar Alfio! Non mi fate parlare! Ora se io mi maritassi, la gente tornerebbe a parlare di mia sorella Lia, giacché nessuno oserebbe prendersela una Malavoglia, dopo quello che è successo.
Voi pel primo ve ne pentireste.
Lasciatemi stare, che non sono da maritare, e mettetevi il cuore in pace.
- Avete ragione, comare Mena! rispose compare Mosca; - a questo non ci avevo mai pensato.
Maledetta la sorte che ha fatto nascere tanti guai!
Così compare Alfio si mise il cuore in pace, e Mena seguitò a portare in braccio i suoi nipoti, quasi ci avesse il cuore in pace anche lei, e a spazzare la soffitta, per quando fossero tornati gli altri, che c'erano nati anche loro, - come se fossero stati in viaggio per tornare! - diceva Piedipapera.
Invece padron 'Ntoni aveva fatto quel viaggio lontano, più lontano di Trieste e d'Alessandria d'Egitto, dal quale non si ritorna più; e quando il suo nome cadeva nel discorso, mentre si riposavano, tirando il conto della settimana e facendo i disegni per l'avvenire, all'ombra del nespolo e colle scodelle fra le ginocchia, le chiacchiere morivano di botto, che a tutti pareva d'avere il povero vecchio davanti agli occhi, come l'avevano visto l'ultima volta che erano andati a trovarlo in quella gran cameraccia coi letti in fila, che bisognava cercarlo per trovarlo, e il nonno li aspettava come un'anima del purgatorio, cogli occhi alla porta, sebbene non ci vedesse quasi, e li andava toccando, per accertarsi che erano loro, e poi non diceva più nulla, mentre gli si vedeva in faccia che aveva tante cose da dire, e spezzava il cuore con quella pena che gli si leggeva in faccia e non la poteva dire.
Quando gli narrarono poi che avevano riscattata la casa del nespolo, e volevano portarselo a Trezza di nuovo, rispose di sì, e di sì, cogli occhi, che gli tornavano a luccicare, e quasi faceva la bocca a riso, quel riso della gente che non ride più, o che ride per l'ultima volta, e vi rimane fitto nel cuore come un coltello.
Così successe ai Malavoglia quando il lunedì tornarono col carro di compar Alfio per riprendersi il nonno, e non lo trovarono più.
Rammentando tutte queste cose lasciavano il cucchiaio nella scodella, e pensavano e pensavano a tutto quello che era accaduto, che sembrava scuro scuro, come ci fosse sopra l'ombra del nespolo.
Ora quando veniva la cugina Anna a filare un po' con le comari, aveva i capelli bianchi, e diceva che aveva perso il riso della bocca, perché non aveva tempo di stare allegra, colla famiglia che aveva sulle spalle, e Rocco che tutti i giorni bisognava andare a cercare di qua e di là, per le strade e davanti la bettola, e cacciarlo verso casa come un vitello vagabondo.
Anche dei Malavoglia ce n'erano due vagabondi; e Alessi si tormentava il cervello a cercarli dove potevano essere, per le strade arse di sole e bianche di polvere, che in paese non sarebbero tornati più, dopo tanto tempo.
Una sera, tardi, il cane si mise ad abbaiare dietro l'uscio del cortile, e lo stesso Alessi, che andò ad aprire, non riconobbe 'Ntoni il quale tornava colla sporta sotto il braccio, tanto era mutato, coperto di polvere, e colla barba lunga.
Come fu entrato, e si fu messo a sedere in un cantuccio, non osavano quasi fargli festa.
Ei non sembrava più quello, e andava guardando in giro le pareti, come non le avesse mai viste; fino il cane gli abbaiava, ché non l'aveva conosciuto mai.
Gli misero fra le gambe la scodella, perché aveva fame e sete, ed egli mangiò in silenzio la minestra che gli diedero, come non avesse visto grazia di Dio da otto giorni, col naso nel piatto; ma gli altri non avevano fame, tanto avevano il cuore serrato.
Poi 'Ntoni, quando si fu sfamato e riposato alquanto, prese la sua sporta e si alzò per andarsene.
Alessi non osava dirgli nulla, tanto suo fratello era mutato.
Ma al vedergli riprendere la sporta, si sentì balzare il cuore dal petto, e Mena gli disse tutta smarrita: - Te ne vai?
- Sì! rispose 'Ntoni.
- E dove vai? chiese Alessi.
- Non lo so.
Venni per vedervi.
Ma dacché son qui la minestra mi è andata tutta in veleno.
Per altro qui non posso starci, ché tutti mi conoscono, e perciò son venuto di sera.
Andrò lontano, dove troverò da buscarmi il pane, e nessuno saprà chi sono.
Gli altri non osavano fiatare, perché ci avevano il cuore stretto in una morsa, e capivano che egli faceva bene a dir così.
'Ntoni continuava a guardare dappertutto, e stava sulla porta, e non sapeva risolversi ad andarsene.
- Ve lo farò sapere dove sarò; disse infine, e come fu nel cortile, sotto il nespolo, che era scuro, disse anche:
- E il nonno?
Alessi non rispose; 'Ntoni tacque anche lui, e dopo un pezzetto:
- E la Lia che non l'ho vista?
E siccome aspettava inutilmente la risposta, aggiunse colla voce tremante, quasi avesse freddo: - È morta anche lei?
Alessi non rispose nemmeno; allora 'Ntoni che era sotto il nespolo, colla sporta in mano, fece per sedersi, poiché le gambe gli tremavano, ma si rizzò di botto, balbettando:
- Addio addio! Lo vedete che devo andarmene?
Prima d'andarsene voleva fare un giro per la casa, onde vedere se ogni cosa fosse al suo posto come prima; ma adesso, a lui che gli era bastato l'animo di lasciarla, e di dare una coltellata a don Michele, e di starsene nei guai, non gli bastava l'animo di passare da una camera all'altra se non glielo dicevano.
Alessi che gli vide negli occhi il desiderio, lo fece entrare nella stalla, col pretesto del vitello che aveva comperato la Nunziata, ed era grasso e lucente; e in un canto c'era pure la chioccia coi pulcini; poi lo condusse in cucina, dove avevano fatto il forno nuovo, e nella camera accanto, che vi dormiva la Mena coi bambini della Nunziata, e pareva che li avesse fatti lei.
'Ntoni guardava ogni cosa, e approvava col capo, e diceva: - Qui pure il nonno avrebbe voluto metterci il vitello; qui c'erano le chioccie, e qui dormivano le ragazze, quando c'era anche quell'altra...
- Ma allora non aggiunse altro, e stette zitto a guardare intorno, cogli occhi lustri.
In quel momento passava la Mangiacarrubbe, che andava sgridando Brasi Cipolla per la strada, e 'Ntoni disse: - Questa qui l'ha trovato il marito; ed ora, quando avranno finito di quistionare, andranno a dormire nella loro casa.
Gli altri stettero zitti, e per tutto il paese era un gran silenzio, soltanto si udiva sbattere ancora qualche porta che si chiudeva; e Alessi a quelle parole si fece coraggio per dirgli:
- Se volessi anche tu ci hai la tua casa.
Di là c'è apposta il letto per te.
- No! rispose 'Ntoni.
Io devo andarmene.
Là c'era il letto della mamma, che lei inzuppava tutto di lagrime quando volevo andarmene.
Ti rammenti le belle chiacchierate che si facevano la sera, mentre si salavano le acciughe? e la Nunziata che spiegava gli indovinelli? e la mamma, e la Lia, tutti lì, al chiaro di luna, che si sentiva chiacchierare per tutto il paese, come fossimo tutti una famiglia? Anch'io allora non sapevo nulla, e qui non volevo starci, ma ora che so ogni cosa devo andarmene.
In quel momento parlava cogli occhi fissi a terra, e il capo rannicchiato nelle spalle.
Allora Alessi gli buttò le braccia al collo.
- Addio, ripeté 'Ntoni.
Vedi che avevo ragione d'andarmene! qui non posso starci.
Addio, perdonatemi tutti.
E se ne andò colla sua sporta sotto il braccio; poi quando fu lontano, in mezzo alla piazza scura e deserta, che tutti gli usci erano chiusi, si fermò ad ascoltare se chiudessero la porta della casa del nespolo, mentre il cane gli abbaiava dietro, e gli diceva col suo abbaiare che era solo in mezzo al paese.
Soltanto il mare gli brontolava la solita storia lì sotto, in mezzo ai fariglioni, perché il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci Trezza ha un modo tutto suo di brontolare, e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe, e par la voce di un amico.
Allora 'Ntoni si fermò in mezzo alla strada a guardare il paese tutto nero, come non gli bastasse il cuore di staccarsene, adesso che sapeva ogni cosa, e sedette sul muricciuolo della vigna di massaro Filippo.
Così stette un gran pezzo pensando a tante cose, guardando il paese nero, e ascoltando il mare che gli brontolava lì sotto.
E ci stette fin quando cominciarono ad udirsi certi rumori ch'ei conosceva, e delle voci che si chiamavano dietro gli usci, e sbatter d'imposte, e dei passi per le strade buie.
Sulla riva, in fondo alla piazza, cominciavano a formicolare dei lumi.
Egli levò il capo a guardare i Tre Re che luccicavano, e la Puddara che annunziava l'alba, come l'aveva vista tante volte.
Allora tornò a chinare il capo sul petto, e a pensare a tutta la sua storia.
A poco a poco il mare cominciò a farsi bianco, e i Tre Re ad impallidire, e le case spuntavano ad una ad una nelle vie scure, cogli usci chiusi, che si conoscevano tutte, e solo davanti alla bottega di Pizzuto c'era il lumicino, e Rocco Spatu colle mani nelle tasche che tossiva e sputacchiava.
- Fra poco lo zio Santoro aprirà la porta, pensò 'Ntoni, e si accoccolerà sull'uscio a cominciare la sua giornata anche lui.
- Tornò a guardare il mare, che s'era fatto amaranto, tutto seminato di barche che avevano cominciato la loro giornata anche loro, riprese la sua sporta e disse: - Ora è tempo d'andarmene, perché fra poco comincierà a passar gente.
Ma il primo di tutti a cominciar la sua giornata è stato Rocco Spatu.
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