[Pagina precedente]...ntuzza, dopo che erano stati amici! ed ora avrebbero fatto chiacchierare la gente, - e lo abbracciava e lo tirava per la manica. Ma don Michele appuntava i piedi in terra come un mulo, e diceva di no. E chi era là presente, a godersi la scena, osservava che massaro Filippo faceva una bella figura com'è vero Dio! - Massaro Filippo ha bisogno d'aiuto, diceva Pizzuto. Non lo vedete? Quella Santuzza si mangerebbe anche il Crocifisso!
La Santuzza allora un bel giorno si mise la mantellina e andò a confessarsi, sebbene fosse lunedì, e l'osteria fosse piena di gente. La Santuzza andava a confessarsi ogni domenica, e ci stava un'ora col naso alla graticola del confessionario, a risciacquarsi la coscienza, che amava tenerla pulita meglio dei suoi bicchieri. Ma quella volta donna Rosolina, che era gelosa di suo fratello il vicario, e si confessava spesso anche lei per tenerci gli occhi addosso, restò colla bocca aperta, là dov'era ad aspettare ginocchioni, che la Santuzza ci avesse tanta roba nello stomaco, e osservò che suo fratello vicario si soffiò il naso più di cinque volte.
- Cosa aveva oggi Santuzza che non finiva più? domandò perciò a don Giammaria quando furono a tavola.
- Niente, niente, - rispondeva suo fratello stendendo la mano verso il piatto. Ma ella che gli conosceva il debole lasciava il coperchio sulla zuppiera e lo tormentava a furia di domande, sicché infine il poveretto dovette dire che c'era il sigillo della confessione, e sinché fu a tavola rimase col naso sul piatto, e ingozzava i maccheroni come se non avesse visto grazia di Dio da due giorni, tanto che gli andarono in veleno, e borbottava fra di sé perché non lo lasciavano mai quieto. Dopo pranzo prese il cappello e il ferraiuolo, e andò a fare una visita alla Zuppidda. - Ci dev'essere sotto qualche cosa! borbottava dal canto suo donna Rosolina. Ci dev'essere qualche sudiceria fra suor Mariangela e la Zuppidda, sotto il sigillo della confessione. E si mise alla finestra per vedere quanto ci stava suo fratello, nella casa di comare Venera.
La Zuppidda saltò su tutte le furie all'udire quello che le mandava a dire suor Mariangela con don Giammaria, e si mise sul ballatoio a gridare che lei non ne voleva roba degli altri, aprisse bene le orecchie la Santuzza! che se vedeva passare don Michele per la sua strada voleva cavargli gli occhi con la conocchia che teneva in mano, in barba alla pistola che portava sulla pancia, giacché ella non aveva paura né delle pistole né di nessuno, e sua figlia non l'avrebbe data a uno che si mangiava il pane del re e faceva lo sbirro, ed era nel peccato mortale colla Santuzza per giunta, glielo aveva detto don Giammaria sotto sigillo di confessione, ma ella se lo teneva nelle ciabatte, il sigillo della confessione, quando ci andava di mezzo la sua Barbara, - e ne disse tanti e tanti degli improperi, che la Longa e la cugina Anna dovettero chiudere la porta perché non udissero le ragazze; e mastro Turi suo marito, onde non restare indietro, sbraitava anche lui: - Se mi toccano la coda mi fanno fare qualche sproposito, benedetto Dio! Io non ho paura di don Michele, e di massaro Filippo, e di tutta la ciurma della Santuzza!
- State zitto! gli dava sulla voce comare Venera; non avete inteso che massaro Filippo non c'entra più colla Santuzza?
Gli altri invece continuavano a dire che la Santuzza ci aveva massaro Filippo per aiutarla a dire le orazioni, l'aveva visto Piedipapera. - Bravo! Massaro Filippo ha bisogno d'aiuto anche lui! ripeteva Pizzuto. Non l'avete visto che è venuto a pregare e strapregare don Michele per aiutarlo?
Nella spezieria don Franco chiamava la gente apposta per schiamazzare sull'avventura.
- Ve l'avevo detto, non è vero? Tutti così, quei leccasanti! col diavolo sotto le gonnelle! Bel lavoro, eh! due alla volta, per fare il paio! Ora che gli danno la medaglia a don Michele, l'appenderanno insieme a quella di Figlia di Maria che ci ha la Santuzza. - E sporgeva il capo fuori dall'uscio per vedere se ci fosse sua moglie alla finestra di sopra. - Eh! la chiesa e la caserma! Il trono e l'altare! sempre la stessa storia, ve lo dico io!
Egli non aveva paura della sciabola e dell'aspersorio; e se ne infischiava di don Michele, tanto che gli leggeva le corna quando la Signora non era alla finestra, e non poteva udire quello che si diceva nella spezieria; ma donna Rosolina diede una buona lavata di capo a suo fratello, appena venne a sapere che si era messo in quel pasticcio, perché quelli della sciabola bisogna tenerseli amici.
- Amici un corno! rispondeva don Giammaria. Con quelli che ci hanno levato il pan di bocca? Io ho fatto il debito mio. Io non ho bisogno di loro! Son loro piuttosto che hanno bisogno di noi altri.
- Almeno dovreste dire che vi ci ha mandato la Santuzza, sotto sigillo di confessione; sosteneva donna Rosolina; così non l'acchiappereste voi l'inimicizia.
Però in aria misteriosa andava ripetendo che era una cosa sotto sigillo di confessione, a tutte le comari e i vicini che venivano a ronzarle attorno per sapere come s'era venuto a scoprire quell'imbroglio. Piedipapera, dacché aveva sentito dire a don Silvestro che voleva far cadere la Barbara coi suoi piedi, come una pera matura, andava sussurrando: - Questa è tutta manovra di don Silvestro, che vuol far cadere la Zuppidda coi suoi piedi.
E tanto lo disse che arrivò all'orecchio di donna Rosolina, mentre cuoceva la conserva dei pomidoro, colle maniche rimboccate, e si sbracciava a difender don Michele davanti alla gente, perché si sapesse che, loro come loro, non gli volevano male a don Michele, sebbene ei fosse di quei del governo; e diceva che l'uomo è cacciatore, e la Zuppidda doveva pensarci lei a guardarsi la figliuola e se don Michele ci aveva degli altri intrighi cotesto riguardava lui e la sua coscienza.
- Questa è opera di don Silvestro, che vuol la Zuppidda, e ha scommesso dodici tarì che la farà cascare coi suoi piedi; - venne a dirle comare la Vespa, mentre aiutava donna Rosolina a fare la conserva dei pomidoro; ella ci veniva a pregare don Giammaria che facesse entrare gli scrupoli in testa a quel birbante dello zio Crocifisso, il quale ci aveva la testa più dura di un mulo. - Non lo vede che ha i piedi nella fossa? diceva. Che vuol portarsi anche questo scrupolo sulla coscienza?
Ma all'udire la storia di don Silvestro donna Rosolina di botto cambiò registro, e si mise a predicare col mestolo in aria, rossa come la conserva dei pomidoro, contro gli uomini che lusingano le ragazze da marito, e quelle pettegole le quali stanno alla finestra ad uccellarli. Già si sapeva che razza di civetta fosse la Barbara; ma faceva specie che ci cascasse anche uno come don Silvestro, il quale sembrava un uomo di proposito, e nessuno si sarebbe aspettato da lui un tradimento simile; invece poi andava a cercarsi i guai con la Zuppidda e con don Michele, mentre ci aveva la sorte in mano e se la lasciava scappare. - Al giorno d'oggi per conoscere un uomo bisogna mangiare sette salme di sale.
Però don Silvestro si faceva vedere a braccetto con don Michele, e nessuno osava dir parola in faccia a loro di quei discorsi che correvano. Ora donna Rosolina gli sbatteva la finestra sul naso, allorché il segretario stava a guardare in aria dalla porta dello speziale, e non voltava nemmeno il capo quando metteva al sole sul terrazzino la conserva dei pomidori; una volta poi volle andare a confessarsi ad Aci Castello, perché ci aveva un peccato che non poteva dire a suo fratello, e tanto fece che incontrò per caso don Silvestro, giusto mentre tornava dalla vigna.
- Oh! beato chi vi vede! cominciò a dirgli fermandosi a prender fiato, perch'era tutta rossa e scalmanata. Ci avete gran roba pel capo, che non vi ricordate più degli amici antichi.
- Io non ci ho nulla pel capo, donna Rosolina.
- A me mi hanno detto che ce l'avete, ma è una bestialità , che vi farebbe venire il capo grosso davvero.
- Chi ve l'ha detto?
- Lo dice tutto il paese.
- Lasciatelo dire. E poi, volete saperla? io faccio quel che mi piace a me; e se ci avrò la testa pesante ci ho da pensar io.
- Buon prò vi faccia, - rispose donna Rosolina col viso rosso. - Vuol dire che cominciate ad avercela d'adesso, se mi rispondete in questo modo, tanto che non me l'aspettavo, e vi ho avuto sinora per giudizioso; scusate se mi sono sbagliata. Vuol dire che "acqua passata non macina più", e "buon tempo e mal tempo non dura tutto il tempo". Pensateci che il proverbio dice: "Chi cambia la vecchia per la nuova, peggio trova", e "chi piglia bellezze piglia corna". Godetevi la Zuppidda in santa pace, perché a me non me ne importa. E per tutto l'oro del mondo non vorrei che si dicesse di me quello che si dice della vostra Zuppidda.
- State tranquilla, donna Rosolina, ché oramai non si può dir più nulla di voi.
- Almeno non si dice che mi mangio mezzo paese; avete inteso don Silvestro?
- Lasciateli dire, donna Rosolina, "chi ha bocca mangia, e chi non mangia se ne muore".
- E non si dice pure quel che si dice di voi, che siete un truffatore! seguitò donna Rosolina, verde come l'aglio. Mi avete inteso, don Silvestro? e di tutti non si può dire la stessa cosa! Quando non vi servono più, poi, datemele quelle venticinque onze che vi ho prestate. Io non li rubo i denari, come certa gente.
- Non dubitate, donna Rosolina, io non l'ho detto che le avete rubate le vostre venticinque onze, e non andrò a dirglielo a vostro fratello don Giammaria. A me non me ne importa di sapere se gliele avete rubate sulla spesa o no; so che non ve le devo io. Mi avevate detto di metterle a frutto, per farvi la dote, se qualcuno vi avesse voluta, ed io li avevo messi in una banca per conto vostro, sotto il mio nome, per non far scoprire la cosa a vostro fratello il quale vi avrebbe domandato di dove vi erano venuti quei denari. Ora la banca è fallita. Che colpa ce ne ho io?
- Imbroglione! gli sputava in faccia donna Rosolina colla schiuma alla bocca. Truffatore! Io non vi avevo dato quei denari per andare a metterli in una banca che falliva. Io ve li avevo dati per tenerci gli occhi addosso come se fosse stata roba vostra!...
- Sì! ho fatto come se fosse stata roba mia! - rispondeva il segretario con la faccia tosta, tanto che donna Rosolina gli voltò le spalle per non crepare dalla rabbia, e se ne tornò a Trezza sudata come una spugna, nell'ora calda, collo scialle sulla schiena. Don Silvestro rimase lì fermo a sogghignare, davanti al muro dell'orto di massaro Filippo, finché ella non ebbe scantonato, e si strinse nelle spalle, borbottando fra di sé: - A me non me ne importa nulla di quel che dicono.
Ed aveva ragione di non curarsi di quel che dicevano. Dicevano che se don Silvestro si era messo in testa di far cascare la Barbara coi suoi piedi, ci sarebbe caduta, tal briccone matricolato egli era! Però gli facevano di berretto, e gli amici gli accennavano col capo, sogghignando, quando andava a chiacchierare nella spezieria. - Siete un bel prepotente! gli diceva don Franco accarezzandolo sulle spalle. - Un vero feudatario! Siete l'uomo fatale, mandato in terra per provare come quattro e quattr'otto che bisogna fare il bucato alla vecchia società . - E allorché veniva 'Ntoni a prendere il medicamento pel nonno: - Tu sei il popolo. Finché sarai paziente come il somaro ti toccheranno le bastonate. - La Signora, che faceva la calzetta dietro il banco, per mutar discorso domandava: - Come sta ora il nonno? 'Ntoni non osava aprir bocca davanti la Signora, e se ne andava brontolando, col bicchiere nelle mani.
Il nonno ora stava meglio, e lo mettevano sull'uscio, al sole, avvolto nel tabarro, e col fazzoletto in testa, che sembrava un morto risuscitato, tanto che la gente andava a vederlo per curiosità ; ed il poveraccio chinava il capo a questo e a quello, come un pappagallo, e sorrideva, tutto contento di trovarsi là , nel suo cappotto, accanto all'uscio, con Maruzza che gli filava accanto, il telaio della Mena che si udiva nelle stanze, e le galline che razzolavano nella strada. Ora che non aveva altr...
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