[Pagina precedente]...arabattoli, e si godeva il ben di Dio stando sulla porta della bottega, a chiacchierare con questo o con quell'altro, e quando aveva pestato quel po' d'acqua sporca nel mortaio, aveva fatto il suo lavoro. Che bel mestiere gli aveva insegnato suo padre a colui di far denari coll'acqua delle cisterne! Ma a 'Ntoni suo nonno gli aveva insegnato il mestiere di rompersi le braccia e la schiena tutto il giorno, e arrischiare la pelle, e morir di fame, e non aver mai un giorno da sdraiarsi al sole come l'asino di Mosca. Un ladro di mestiere che si mangiava l'anima, per la madonna! e ne aveva fino al naso, che preferiva fare come Rocco Spatu, il quale almeno non faceva nulla. Già adesso non gliene importava più della Zuppidda e della Sara di comare Tudda, e di tutte le ragazze del mondo. Esse non cercano che di pescare un marito il quale lavori peggio di un cane per dar loro da mangiare, e comprarle dei fazzoletti di seta, quando si mettono sull'uscio la domenica, colle mani sulla pancia piena. Piuttosto voleva starci lui, colle mani sulla pancia, la domenica e il lunedì, ed anche gli altri giorni, giacché è inutile affaticarsi per nulla.
Così 'Ntoni faceva il predicatore, come lo speziale; almeno aveva imparato questo nel viaggio, ed ora aveva aperto gli occhi, come i gattini dopo i quaranta giorni che son nati. "La gallina che cammina torna a casa colla pancia piena". Se non altro egli se l'era riempita di giudizio, la pancia, e andava a raccontare quello che aveva imparato sulla piazza, nella bottega di Pizzuto, ed anche all'osteria della Santuzza. Ora non vi andava più di nascosto all'osteria della Santuzza, che s'era fatto grande, e il nonno non gli avrebbe tirato le orecchie, alla fin fine; ed egli avrebbe saputo rispondere il fatto suo se gli rimproveravano di andare a cercarsi quel po' di bene che poteva.
Il nonno, poveraccio, invece di prenderlo per le orecchie, lo prendeva colle buone. - Vedi, gli diceva, ora che sei qua tu ci arriveremo presto a fare i denari della casa, - gli cantava sempre la canzone della casa. - Lo zio Crocifisso ha detto che non la darà ad altri. Tua madre, poveretta, non ha potuto morirci, lei! Sulla casa potremo anche dare la dote a Mena. Poi, coll'aiuto di Dio, metteremo su un'altra barca; perché, devo dirtelo, alla mia età l'è dura andare a giornata, e vedersi comandare a bacchetta, quando si è stati padroni. Anche voi altri siete nati padroni. Vuoi che compriamo prima la barca coi denari della casa? Ora sei grande, e devi dirla anche tu la tua parola, perché devi avere più giudizio di me, che son vecchio. Cosa vuoi fare?
Nulla voleva fare, lui! Che gliene importava della barca e della casa? Poi veniva un'altra malannata, un altro colèra, un altro guajo, e si mangiava la casa e la barca, e si tornava di nuovo a fare come le formiche. Bella cosa! E poi quando si aveva la casa e la barca, che non si lavorava più? o si mangiava pasta e carne tutti i giorni? Mentre laggiù, dov'era stato lui, c'era della gente che andava sempre in carrozza, ecco quello che faceva. Gente appetto dei quali don Franco ed il segretario lavoravano come tanti asini a sporcar cartacce, e a pestare l'acqua sporca nel mortaio. Almeno voleva sapere perché al mondo ci doveva essere della gente che se la gode senza far nulla, e nasce colla fortuna nei capelli, e degli altri che non hanno niente, e tirano la carretta coi denti per tutta la vita?
Poi quella storia d'andare a giornata non gli andava affatto, a lui ch'era nato padrone, l'aveva detto anche il nonno. Vedersi comandare a bacchetta, da gente che erano venuti su dal nulla, che tutti lo sapevano, in paese, come avevano fatto i loro denari a soldo a soldo, sudando ed affaticandosi! A giornata ci andava proprio perché il nonno ve lo conduceva, e non gli bastava ancora l'anima di dir di no. Ma quando il soprastante gli stava addosso come un cane, e gli gridava dalla poppa: - Oh! laggiù, ragazzo! che facciamo? gli veniva voglia di dargli del remo sulla testa, e preferiva starsene ad aggiustare le nasse, e rifare le maglie delle reti, seduto sulla riva, colle gambe distese, e la schiena appoggiata ai sassi; che allora se pure stava un momento colle mani sotto le ascelle nessuno gli diceva nulla.
Là veniva anche a stirarsi le braccia Rocco Spatu, e Vanni Pizzuto, quando non aveva che fare, fra una barba e l'altra, ed anche Piedipapera, che era il suo mestiere di chiacchierare con questo e con quello per cercare le senserie. E si discorreva di ciò che succedeva in paese, di quello che donna Rosolina aveva raccontato a suo fratello, sotto il sigillo della confessione, quando era stato il tempo del colèra, che don Silvestro le aveva truffato le 25 onze, e non poteva andare dal giudice, perché le 25 onze donna Rosolina le aveva rubate a suo fratello il vicario, e si sarebbe saputo il motivo per cui aveva dato in mano a don Silvestro quel denaro, per sua vergogna.
- Poi, osservò Pizzuto, donde l'erano venute le 25 onze a donna Rosolina? "Roba rubata non dura".
- Almeno erano sempre nella casa, diceva Spatu; se mia madre avesse 12 tarì, e glieli prendessi, che passerei per ladro?
Di ladro in ladro vennero a parlare dello zio Crocifisso, il quale aveva perso più di 30 onze, dicevano, con tanta gente che era morta di colèra, e gli erano rimasti i pegni. Ora Campana di legno, per non saper che fare di tutti quegli anelli e di tutti quegli orecchini rimastigli in pegno, si maritava con la Vespa; la cosa era certa, che l'avevano visto persino andare a farsi scrivere al municipio, presente don Silvestro. - Non è vero che se la piglia per gli orecchini, diceva Piedipapera, il quale poteva saperlo. Gli orecchini e le collane alla fin fine sono d'oro ed argento colato, e avrebbe potuto andare a venderli alla città; anzi ci avrebbe guadagnato il tanto per tanto sui denari che ha dati. Se la piglia perché la Vespa gli fece vedere e toccare con mano che stava per andare dal notaio, con compare Spatu, ora che la Mangiacarrubbe s'è tirato in casa Brasi Cipolla. Scusate veh! compare Rocco.
- Niente niente, compare Tino; - rispose Rocco Spatu. - A me non me ne importa; perché chi si fida di quelle canaglie di femmine, è un porco. Per me la mia innamorata è la Santuzza, che mi fa credenza quando voglio; e ne vuol due delle Mangiacarrubbe nella sua bilancia! con quel petto, eh? compare Tino!
- "Ostessa bella conto caro!" disse Pizzuto sputacchiando.
- Cercano il marito per farsi mantenere da lui! aggiunse 'Ntoni. Tutte le stesse! - E Piedipapera seguitò: - Lo zio Crocifisso allora corse trafelato dal notaio, che aveva il fiato ai denti. Così se la piglia la Vespa.
- Bella sorte eh! quella della Mangiacarrubbe! esclamò 'Ntoni.
- Brasi Cipolla, da qui a cent'anni che muore suo padre, se Dio vuole, sarà ricco come un maiale, disse Spatu.
- Adesso suo padre fa il diavolo, ma col tempo chinerà il capo. Non ha altri figli, e non gli resta altro che maritarsi, se non vuole che la sua roba se la goda la Mangiacarrubbe alla sua barba.
- Io ci ho gusto, conchiuse 'Ntoni. - La Mangiacarrubbe non ha niente. O perché padron Cipolla deve essere ricco soltanto lui?
Qui prese parte al discorso lo speziale, il quale veniva a fumare la sua pipa sulla riva, dopo desinare, e pestava l'acqua nel mortaio che così il mondo non andava bene, e bisognava buttare in aria ogni cosa, e rifar da capo. Ma con quella gente lì, era proprio come pestar l'acqua nel mortaio. Il solo che ne capisse qualche cosa era 'Ntoni, che aveva visto il mondo, e aveva aperto un po' gli occhi come i gattini; da soldato gli avevano insegnato a leggere, perciò andava anche lui sulla porta della spezieria, a sentire quello che diceva il giornale, e a chiacchierare collo speziale, il quale era un buon diavolaccio con tutti, e non aveva pel capo i fumi di sua moglie, la quale lo sgridava: - O tu perché t'immischi negli affari che non ti riguardano?
- Le donne bisogna lasciarle dire, e far le cose di nascosto; diceva don Franco appena la Signora se ne saliva nella stanza. Lui non aveva difficoltà di starsene in sinedrio anche con quelli senza scarpe, purché non mettessero i piedi sui regoli delle scranne; e spiegava loro parola per parola quello che diceva il giornale, mettendoci il dito, che il mondo avrebbe dovuto andare come era scritto là.
Don Franco, arrivando sul greto quando gli amici tenevano quei discorsi, ammiccava a 'Ntoni Malavoglia, il quale rimendava le maglie delle reti colle gambe distese e la schiena appoggiata ai sassi, e gli faceva dei cenni col capo, scuotendo la barbona in aria. - Eh! bella giustizia che certuni abbiano a rompersi la schiena contro i sassi, e degli altri stiano colla pancia al sole, a fumar la pipa, mentre gli uomini dovrebbero essere tutti fratelli, l'ha detto Gesù, il più gran rivoluzionario che ci sia stato, e i suoi preti al giorno d'oggi fanno i birri e le spie! Non lo sapevano che l'affare di don Michele colla Santuzza l'aveva scoperto don Giammaria, nella confessione?
- Altro che don Michele! La Santuzza ci ha massaro Filippo; e don Michele ronza sempre per la via del Nero, senza nessuna paura di comare Zuppidda e della sua conocchia! Lui ci ha la pistola.
- Tutte e due vi dico! Coteste che si confessano ogni domenica hanno il sacco grande da metterci i peccati; per questo la Santuzza porta la medaglia sul petto! per coprire le porcherie che ci stan sotto.
- Don Michele perde il tempo colla Zuppidda; il segretario ha detto che vuol farla cascare coi suoi piedi come una pera matura.
- Ma sì! Intanto don Michele si diverte colla Barbara, e con le altre che stanno nella via. - Lo so io - e ammiccava di soppiatto a 'Ntoni. - Non ha niente da fare, e ogni giorno ha i suoi quattro tarì di soldo.
- Quello che dico sempre! ripeteva lo speziale tirandosi la barba. - Tutto il sistema è così; pagar degli sfaccendati per non far niente, e farci le corna, a noi che li paghiamo! ecco che cos'è. Della gente che ha quattro tarì al giorno per stare a passeggiare sotto le finestre della Zuppidda; e don Giammaria che si pappa la lira al giorno per confessare la Santuzza, e sentire le porcherie che gli racconta; e don Silvestro che... so io! e mastro Cirino che è pagato per romperci gli stivali colle sue campane, ma i lumi poi non li accende, e si mette in tasca l'olio, ché lì, al municipio poi, ci son altre porcherie! in fede mia! E volevano far casa nuova di tutti nella baracca, ma poi si sono intesi un'altra volta, don Silvestro e gli altri, e non ne hanno parlato più... Tale e quale come quegli altri ladri del parlamento, che chiacchierano e chiacchierano fra di loro; ma ne sapete niente di quel che dicono? Fanno la schiuma alla bocca, e sembra che vogliano prendersi pei capelli di momento in momento, ma poi ridono sotto il naso dei minchioni che ci credono. Tutte vesciche pel popolo che paga i ladri e i ruffiani, e gli sbirri come don Michele.
- Che bella cosa, disse 'Ntoni, quattro tarì al giorno per andare a passeggiare di qua e di là. Io vorrei essere guardia doganale.
- Ecco! ecco! esclamò don Franco cogli occhi che gli schizzavano dalla testa. - Vedete la conseguenza del sistema! La conseguenza è che tutti diventano canaglia. Non vi offendete, compare 'Ntoni. "Il pesce puzza dalla testa". Anch'io sarei come voi, se non avessi studiato, e non avessi quel mestiere da guadagnarmi il pane.
Infatti dicevano che era un bel mestiere quello che gli aveva insegnato suo padre allo speziale, di pestare nel mortaio, e di far denari coll'acqua sporca; mentre c'era gente che doveva cuocersi le corna al sole, e cavarsi gli occhi colle maglie delle reti, e prendersi il granchio alle gambe e alla schiena per guadagnarsi dieci soldi; e così lasciarono le reti e le chiacchiere, e se ne tornarono all'osteria sputacchiando per la strada.
CAPITOLO 13
Padron 'Ntoni, come il nipote gli arrivava a casa ubbriaco, la sera, faceva di tutto per mandarlo a letto senza che gli altri se ne avvedessero, perché questo non c'era mai stato nei Malavoglia, e gli venivano le lagrime agli occhi. La notte,...
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