[Pagina precedente]...atomi da lei, acciò possa con suo comodo vederlo. Quello che mi scrive in proposito di quello che dicono i mattematici di costì, mi viene scritto da altre bande ancora, e fu similmente pensiero d'altri qui circunvicini, ai quali, col fargli io vedere lo strumento e i Pianeti Medicei, ne è rimossa ogni dubitazione. Il simile potrei fare ancora con i remoti, se potessi abboccarmi con loro. Ben è vero che le loro ragioni di dubitare sono molto frivole e puerili, potendosi persuadere che io sia tanto insensato, che con lo sperimentare centomila volte in centomila stelle e altri oggetti il mio strumento, non abbia potuto o saputo conoscere quegl'inganni che essi, senza averlo mai veduto, stimano avervi conosciuto; o pure che io sia così stolido, che senza necessità alcuna abbia voluto mettere la mia reputazione in compromesso e burlare il mio Principe. L'occhiale è arciveridico, e i pianeti Medicei sono pianeti, e saranno sempre, come gli altri: hanno i loro moti velocissimi intorno a Giove, sì che il più tardo fa il suo cerchio in 15 giorni incirca. Ho seguitato di osservargli, e séguito ancora, se bene oramai per la vicinanza dei raggi del sole cominceranno a non si poter veder più per qualche mese.
Questi che parlano, doveriano (per farci il giuoco del pari) mettersi come ho fatto io, cioè scrivere, e non commettere le parole al vento. Qua ancora si aspettavano 25 che mi volevano scrivere contro; ma finalmente sin ora non si è veduto altro che una scrittura del Keplero, Mattematico Cesareo, in confirmazione di tutto quello che ho scritto io, senza pur repugnare a un iota: la quale scrittura si ristampa ora in Venezia, e in breve V. S. la vedrà sicome ancora vedrà le mie osservazioni molto più ampliate e con le soluzioni di mille instanze, benché frivolissime; ma tuttavia bisogna rimuoverle, giacché il mondo e tanto abbondante di poveretti. Non sarò più lungo con V. S.; mi conservi la sua grazia e mi comandi.
Di Pad.a, li 24 di Maggio 1610
Di V. S. Ser.re Aff.mo
Galileo Galilei
III
A GIULIANO DE' MEDICI IN PRAGA
(Firenze, 13 novembre 1610)
Ma passando ad altro, già che il S. Keplero ha in questa ultima Narrazione stampate le lettere che io mandai a V. S. Ill.ma trasposte, venendomi anco significato come S. M.à ne desidera il senso, ecco che io lo mando a V. S. Ill.ma, per participarlo con S. M.à , col S. Keplero, e con chi piacerà a V Ill.ma, bramando io che lo sappi ogn'uno. Le lettere dunque, combinate nel loro vero senso, dicono così:
«Altissimum planetam tergeminum observavi».
Questo è, che Saturno, con mia grandissima ammirazione; ho osservato essere non una stella sola, ma tre insieme, le quali quasi si toccano; sono tra di loro totalmente immobili, e costituite in questa guisa oOo; quella di mezzo è assai più grande delle laterali; sono situate una da oriente e l'altra da occidente, nella medesima linea retta a capello; non sono giustamente secondo la dirittura del zodiaco, ma la occidentale si eleva alquanto verso borea; forse sono parallele all'equinoziale. Se si riguarderanno con un occhiale che non sia di grandissima multiplicazione, non appariranno 3 stelle ben distinte, ma parrà che Saturno sia una stella lunghetta in forma di una uliva, così (_); ma servendosi di un occhiale che multiplichi più di mille volte in superficie, si vedranno li 3 globi distintissimi, e che quasi si toccano, non apparendo tra essi maggior divisione di un sottil filo oscuro. Or ecco trovata la corte a Giove, e due servi a questo vecchio, che l'aiutano a camminare né mai se gli staccano dál fianco. Intorno a gl'altri pianeti non ci è novità alcuna. Etc.
IV
A BENEDETTO CASTELLI IN BRESCIA
(Firenze, 30 dicembre 1610)
Al molto R.do P. e mio Sig.re Col.mo
Il P. D. Benedetto Castelli, Monaco Casinense.
Brescia, S. Faustino.
Molto R.do P.re,
Alla gratissima di V. S. molto R. delli 5 di Xmbre darò breve risposta, ritrovandomi ancora aggravato da una mia indisposizione, la quale per molti giorni m'ha tenuto al letto.
Ho con grandissimo gusto sentito il suo pensiero di venir a stanziare in Firenze, il quale mi rinova la speranza di poterla ancora godere e servire qualche tempo: mantengasi in questo proposito, e sia certa che mi averà sempre prontissimo ad ogni suo comodo, benché la felicità del suo ingegno non la fa bisognosa dell'opera mia né di altri. Quanto alle sue dimande, posso in parte satisfarla; il che fo volentierissimo.
Sappia dunque che io, circa tre mesi fa, cominciai a osservar Venere con lo strumento, e la vidi di figura rotonda, e assai piccola; andò di giorno in giorno crescendo in mole, e mantenendo pur la medesima rotondità , sin che finalmente, venendo in assai gran lontananza dal sole, cominciò a sciemar dalla rotondità dalla parte orientale, e in pochi giorni si ridusse al mezo cerchio. In tale figura si è mantenuta molti giorni, ma però crescendo tuttavia in mole: ora comincia a farsi falcata, e sin che si vederà vespertina, anderà assotigliando le sue cornicelle, sin che svanirà : ma ritornando poi matutina, sio vedrà con le corna sottilissime e pure averse al sole, e anderà crescendo verso il mezo cerchio sino alla sua massima digressione. Manterassi poi semicircolare per alquanti giorni, diminuendo però in mole; e poi dal mezo cerchio passerà al tutto tondo in pochi giorni, e quindi per molti mesi si vedrà , e Lucifero e Vesperugo, tutta tonda, ma piccoletta di mole. Le evidentissime conseguenze che di qui si traggono, sono a V.R.a notissime.
Quanto a Marte, non ardirei di affermare niente di certo; ma osservandolo da quattro mesi in qua, parmi che in questi ultimi giorni, sendo in mole a pena il terzo di quello che era il Settembre passato, si mostri da oriente alquanto scemo, se già l'affetto non m'inganna, il che non credo. Pure meglio si vedrà al principio di Febraio venturo, intorno al suo quadrato; se bene, per l'apparire egli così piccolo, difficilmente si distingue la sua figura, se sia perfetta rotonda o se manchi alcuna cosa. Ma Venere la veggo così spedita e terminata quanto l'istessa luna, mostrandomela l'occhiale di diametro uguale al semidiametro di essa luna veduta con l'occhio naturale.
O quante e quali conseguenze ho io dedutte, D. Benedetto mio, da queste e da altre mie osservazioni! «Sed quid inde?» Mi ha quasi V. R.a fatto ridere, col dire che con queste apparenti osservazioni si potranno convincere gl'ostinati. Adunque non sapete, che a convincere i capaci di ragione, e desiderosi di saper il vero, erano a bastanza le altre demostrazioni, per l'addietro addotte, ma che a convincere gl'ostinati, e non curanti altro che un vano applauso dello stupidissimo e stolidissimo volgo, non basterebbe il testimonio delle medesime stelle, che sciese in terra parlassero di sé stesse? Procuriamo pure di sapere qualche cosa per noi, quietandosi in questa sola sodisazione; ma dell'avanzarsi dell'opinione popolare, o del guadagnarsi l'assenso dei filosofi «in libris», lasciamone il desiderio e la speranza.
Che dirà V. R.a. di Saturno, che non è una stella sola, ma tre congionte insieme e immobili tra di loro, poste in linea parallela all'equinoziale, così o O o? La media è maggiore delle laterali tre o quattro volte; tale io l'ho osservato da Luglio in qua, ma ora in mole sono diminuite assai.
Orsù, venga a Firenze, che ci goderemo e averemo mille cose nove e ammirande da discorrere. E io in tanto, restandogli servitore, gli bacio le mani e gli prego da Dio felicità . Renda i saluti duplicati al P.D. Serafino e alli Sig.ri Lana e Albano.
Di Firenze, li 30 di Xmbre 1610.
Di V. S. molto R. Ser.re Aff.mo
Galileo Galilei
V
A CRISTOFORO CLAVIO IN ROMA
(Firenze, 30 dicembre 1610)
Molto Rev.do P.re e mio Sig.r Col.mo
La lettera di V.R. mi è stata tanto più grata, quanto più desiderata e meno aspettata; e avendomi ella trovato assai indisposto e quasi fermo a letto, mi ha in gran parte sollevato dal male, portandomi il guadagno di un tanto testimonio alla verità delle mie nuove osservazioni: il quale, prodotto, ha guadagnato alcuno degl'increduli; ma però i più ostinati persistono, e reputano la lettera di V.R. o finta o scrittami a compiacenza, e in somma aspettano che io trovi modo di far venire almeno uno dei quattro Pianeti Medicei di cielo in terra a dar conto dell'esser loro e a chiarir questi dubbii; altramente, non bisogna che io speri il loro assenso. Io credevo, a quest'ora dovere essere a Roma, avendo non piccolo bisogno di venirvi; ma il male mi ha trattenuto: tuttavia spero in breve di venirvi, dove con strumento eccellente vedremo il tutto. In tanto non voglio celare a V.R. quello che ho osservato di Venere da 3 mesi in qua.
Sappia dunque, come nel principio della sua apparizione vespertina la cominciai ad osservare e la veddi di figura rotonda, ma piccolissima; continuando poi le osservazioni, venne crescendo in mole notabilmente, e pur mantenendosi circolare, sin che, avvicinandosi alla maxima digressione, cominciò a diminuir dalla rotondità nella parte aversa al sole, e in pochi giorni si ridusse alla figura semicircolare; nella qual figura si è mantenuta un pezzo, ciò è sino che ha cominciato a ritirarsi verso il sole, allontanandosi pian piano dalla tangente: ora comincia a farsi notabilmente cornicolata, e così anderà assottigliandosi sin che si vedrà vespertina, e a suo tempo la vedremo mattutina, con le sue cornicelle sottilissime e averse al sole, le quali intorno alla massima digressione faranno mezzo cerchio, il quale manterranno inalterato per molti giorni. Passerà poi Venere dal mezzo cerchio al tutto tondo prestissimo, e poi per molti mesi la vedremo così interamente circolare, ma piccolina, sì che il suo diametro non sarà la 6a parte di quello che apparisce adesso. Io ho modo di vederla così netta, così schietta e così terminata, come veggiamo l'istessa luna con l'occhio naturale; e la veggo adesso adesso di diametro eguale al semidiametro della luna veduta con la vista semplice. Ora, eccoci, Signor mio, chiariti come Venere (e indubitamente farà l'istesso Mercurio) va intorno al sole, centro senza alcun dubbio delle massime rivoluzioni di tutti i pianeti; in oltre siamo certi che essi pianeti sono per sé tenebrosi e solo risplendono illustrati dal sole, il che non credo che occorra delle stelle fisse, per alcune mie osservazioni, e come questo sistema de i pianeti sta sicuramente in altra maniera di quello che si è comunemente tenuto, così nel determinare la grandezza delle stelle (trattone il sole e la luna) si sono presi errori nella maggior parte de i pianeti e in tutte le fisse, di 3, 4 e 5 mila per cento, e più ancora.
Quanto a Saturno, non mi meraviglio che non l'abbino potuto distintamente osservare; prima perché ci bisogna strumento che multiplichi le superficie almanco 1000 volte; di più, Satutno adesso è tanto lontano dalla terra, che non si vede se non piccolissimo; tuttavia l'ho fatto vedere qui a molti dei loro fratelli così distintamente, che non vi hanno alcuna dubitanza; e si vede giusto così oOo. Cinque mesi sono, si vedeva assai maggiore: da quel tempo è diminuito molto, né però si è mutata pure un capello la costituzione delle sue 3 stelle, le quali per quanto io stimo, sono esattamente parallele non al zodiaco ma all'equinoziale. [...]
Ora, per rispondere interamente alla sua lettera, restami di dirgli come ho fatto alcuni vetri assai grandi, benché non ne ricuopra gran parte, e questo per due ragioni: l'una, per potergli lavorar più giusti, essendo che una superficie spaziosa si mantiene meglio nella debita figura, che una piccola; l'altra è, che volendo veder più grande in un'occhiata, si può scoprire il vetro: ma bisogna presso all'occhio mettere un vetro meno acuto e scorciare il cannone, altramente si vedrebbono gli oggetti assai annebbiati. Che poi tale strumento sia incomodo ad usarsi, un poco di pratica leva ogni incomodità ; e io gli mostrerò come lo uso facilissimamente e con minor fatica assai che altri no...
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