[Pagina precedente]... che la Luna circonda, essendo ancora questo visto ed illuminato dal Sole, pure continuerebbe di incandire ancora la medesima faccia della Luna, e massimamente la parte conseguente all'ultimo orificio che si sommerse nell'ombra: al che troppo altamente repugna l'esperienza, la quale ce lo mostra bene alquanto sparso di luce, e, per mio credere, conferitale dallo etere suo ambiente, ma tal luce con infinita proporzione minore del vero candore; il quale, se nella profonda notte potesse conservarsi, io tengo per fermo che ei sarebbe potente a illuminarci, non ardirò di dire quanto la Luna nel suo plenilunio, ma che non cederebbe a quello che ci viene dalle corna della Luna posta presso all'aspetto sestile. E finalmente, del non potere il candore in verun modo essere effetto dell'etere ambiente, molto chiaramente lo mostra la gran diminuzione che in esso si scorge dal partirsi dalla congiunzione col Sole sino all'arrivare al quadrato, alla qual diminuzione converrebbe che proporzionalmente rispondesse la diminuzione del lume nell'etere ambiente; la quale non può esser se non piccolissima e per avventura insensibile, non si potendo, come il medesimo signor Liceti afferma, riconoscere da altro che dallo allontanamento di esso etere dal Sole. Ed ancorché né l'etere ambiente né il suo lume scorgiamo, nulladimeno quale possa essere la diminuzione di quello, lo possiamo argumentare dalla diminuzione di splendore che nel corpo stesso della Luna si scorge, mentre che alla lontananza, che è tra il Sole e la Luna posta nel quadrato, si aggiugne quello di più che ella si scosta passando dal quadrato all'opposizione: e veramente credo che niuna vista possa esser bastante a comprendere, lo splendore della Luna nel quadrato essere intensivamente maggiore che nella opposizione; e così il lume dell'etere ambiente nella congiunzione della Luna col Sole poco scapiterà nel ridursi alla quadratura, perché finalmente il suo discostamento non è altro che la trentesima parte della distanza tra il Sole e la Luna postagli in congiunzione; onde, a tal ragguaglio, il lume in questo luogo potrà diminuirsi per la trentesima parte appena, nel venire al quadrato. E tale per consequenza doverebbe essere la diminuzione del candore nella Luna, cioè appena sensibile: ma ella è non pur sensibile, ma assai grande; e ben grande può ella essere, mentre che nella congiunzione viene il disco lunare incandito dall'intero emisferio splendido della Terra, dalla cui metà solamente viene ella illustrata nella quadratura.
Ora venghiamo al secondo argumento, leggendo sino a «Deinde Luna prope coniunctiones» etc. Io di questo argumento concedo tutte le premesse, ma non concedo già che non ne segua quello che dalla concessione di esse seguir ne dovrebbe; anzi affermo che puntualmente ne séguita e che così si scorge, cioè che, per esser la Terra più da vicino illuminata dal Sole che la Luna posta in opposizione, e che per esser l'emisferio terrestre molto e molto maggiore, cioè circa dodici volte, di quello della Luna, il candore lunare dovrebbe di gran lunga superare il lume di Luna in Terra; ed affermo di più che così segue, che è quello che dal signor Liceti vien negato, affermando egli vedersi il contrario, cioè molto più debole il candore della Luna che l'illuminazione terrestre derivante dalla Luna piena: e perché ei dice ciò vedersi, mi sarebbe parso necessario il dichiarare la maniera come tal vista possa ottenersi con sicurezza e senza che il senso si ingannasse. Imperoché, mentre io vo ricercando di assicurarmi della verità del fatto, trovo che non mancano circustanze, per le quali il senso, nella prima apprensione, può errare ed esser bisognoso di correzzione, da ottenersi mediante l'aiuto del retto discorso razionale. Io veramente, domandando persone anco di bonissimo giudizio, quale si rappresenti all'occhio, più vivo e risplendente, o il lume di Luna in Terra, o il candore nella Luna, mi sento subito rispondere, che di gran lunga è superiore il lume di Luna; tuttavia credo che, applicando il discorso e la considerazione a gli accidenti che la prima apparenza possono perturbare, si troverà potere essere, ed in fatto essere, il contrario di quello che a prima vista si giudica. E prima, essendo assai manifesto che l'istesso corpo lucido, potente a illuminare altri corpi tenebrosi, più e più vivamente gli illustra secondo ch'ei sarà meno e meno lontano da essi; da questo effetto notissimo e chiaro parmi che con assai conveniente proporzione si possa anco affermare, che alla vista nostra meno risplendente si mostri il medesimo oggetto luminoso, posto in grandissima lontananza dall'occhio, che postoci molto da vicino. E se così è, vorrei che il signor Liceti avvertisse, che nel voler noi far paragone del lume di Luna in Terra col candor della Luna vicina alla congiunzione, e di essi giudicare quello che alla prima vista si rappresenta, avvertisse, dico, che la Terra illuminata dalla Luna non è dall'occhio nostro più lontana di tre o quattro braccia, lontananza incomparabilmente minore di quella della Luna candente posta alla congiunzione, la quale eccede di assai trecento milioni di braccia: qual dunque meraviglia è che, posto anco che il candor della Luna fusse eguale all'illuminazione della Luna in Terra, in tanta differenza di lontananza ci apparisse minore? Eccellentissimo signor Liceti, per giudicare nella presente causa senza fallacia, bisognerebbe che, notato a parte quello che vi si rappresenta alla vista mentre che, stando in Terra, guardate il lume di Luna in Terra, paragonandolo al candor della Luna quando poi è posta nella congiunzione, notaste ancora a parte quello che vi si rappresenterebbe alla vista quando voi foste constituito nella Luna incandita dal lume terrestre, e di lì poteste poi vedere la Terra, da voi lontanissima, illuminata dalla Luna; e se nell'una e nell'altra esperienza voi trovaste che la Terra si mostrasse più candida della Luna incandita postavi sotto i piedi, bene e concludentemente avereste sentenziato; ma dubito che la seconda esperienzia vi farebbe mutar parere, e giudicare tutto l'opposito di quello che la prima vista intorno a questo vi persuase. Cessi per tanto la fede che in questo caso l'intelletto deve prestare al senso. Ed aggiunghiamo di più, che di due oggetti visibili, ma in grandezza diseguali, il minore meno ingombrerà l'occhio di luce che il maggiore, ancorchè amendue fussero dell'istesso splendore in specie. Ora notisi che il disco lunare viene compreso sotto un angolo acutisimo, avvengaché la sua base non suttenda più che a mezo grado: ma l'angolo che dalla massima divaricazione de i raggi visivi si constituisce nell'occhio, essendo più grande che retto, suttende a più di novanta gradi interi e questo viene tutto ingombrato dall'area e piazza luminosa della Terra, mentre che da vicino la rimiriamo: essendo adunque l'ampiezza di questo grande angolo circa dugento volte maggiore dell'altro acuto, che comprende il disco lunare, meraviglia non abbiamo a prenderci dell'apparente maggioranza di luce nel rimirar la Terra, che la Luna incandita. Taccio che della differenzia dei nominati due angoli lineari molto e molto maggiore è quella delli angoli solidi, da essi lineari nascenti: e veramente angoli solidi sono i compresi dentro a i coni formati da i raggi visuali, de i quali angoli quello che ha per base la parte, ancorché piccolissima, della terrestre superficie all'occhio esposta, a ben più di quaranta mila volte maggiore dell'altro, che si fonda sul disco lunare.
Non è dunque meraviglia che il senso nella prima apparenza distortamente giudichi nella presente causa: però sarà bene che veggiamo se ci è modo di correggerlo; e potendo per avventura i modi e le maniere esser molte, io per ora ne proporrò una o due. E già che noi non possiamo mettere a petto a petto il candor della Luna ed il lume di Luna in terra, parmi che assai sicuramente potremmo giudicare tra essi facendo parallelo di amendue ad un terzo lume di un corpo illuminato: imperoché se accadesse che lo splendore di questo terzo superasse il lume di Luna, ma fusse superato dal candor della Luna, senza dubbio credo che potremmo asserire, il candor della Luna superare il lume di Luna in terra. Mi si rappresenta, atto mezo termine per ciò fare esser lo splendore del crepuscolo, facendo comparazione ad esso del lume de gli altri due. Tramontato che sia il Sole, vedesi rimanere per buono spazio di tempo la superficie della Terra assai chiara, mercé del crepuscolo, cioè molto più che quando è illustrata dalla Luna piena; il che manifestamente si scorge dal veder noi qualsivoglino minuzie in terra molto più distintamente in virtù del crepuscolo, che non si scorgono, passato esso, nell'illuminazione della Luna. Il quale effetto anco apertamente si conferma: perché se averemo in Terra qualche corpo oscuro, come, per esempio, una colonna o la nostra persona medesima, la illuminazione della Luna piena non farà far ombra in Terra a esso corpo tenebroso sin che il lume del crepuscolo non sarà di molto scemato, cioè sin tanto che il lume della Luna gli prevaglia; segno evidente, questo della Luna esser a quello, da principio e per lungo spazio di tempo, assai inferiore. Ma aggiunghiamo un'altra esperienzia, che pure ci conferma, l'illuminazione del crepuscolo superare di assai l'illuminazione del plenilunio. Osservisi qualche grande edifizio posto sopra luogo eminente, in lontananza da noi di quattro o sei o più miglia: certo per assai lungo spazio dopo il tramontar del Sole dureremo noi a scorgerlo bene, e tal vista non perderemo se non dopo notabile diminuzione del lume crepuscolino; ma se, estinta la illuminazione del crepuscolo, sopraverrà la illuminazione del plenilunio, potrà molto bene accadere che il medesimo edifizio più da noi non si scorga. Cede dunque di assai il lume di Luna al lume del crepuscolo: ma all'incontro, per scorgere il candore nella Luna non ci fa di mestiero aspettare che tanto si debiliti il lume crepuscolino, ma di non piccol tempo avanti che la Luna muova l'ombre, lo vedremo noi biancheggiare nel medesimo lume crepuscolino: cede dunque il lume di Luna al candor della lunare superficie.
Ma finalmente con nodo, al mio parere insolubile, veggiamo stretta e confermata la verità della mia conclusione dico dell'essere il candor della Luna effetto del reflesso de' raggi solari ripercossi dal globo terrestre. Stima il signor Liceti, il candor della Luna essere effetto del reflesso de' raggi solari nell'etere alquanto condensato che da vicino circonda il globo lunare, in quella guisa che l'orbe vaporoso circonda la Terra; e del tutto esclude il reflesso della Terra, come nullo: io ammetto al signor Liceti il reflesso dell'etere ambiente, ma vi aggiungo il reflesso della Terra, che egli nega, e questo assai più potente che quello dell'etere: ed avvenga che il signor Liceti reputi nullo questo, da me stimato per principale, adunque di niuno pregiudizio dovrà essere al candore della Luna il privarla di questo, che io reputo benefizio concernente al produr tal candore, purché se gli lasci il reflesso dell'etere ambiente. E per ciò fare compitamente, ponghiamo la Luna in opposizione al Sole, onde verso di lei nulla si esponga dell'emisferio terrestre luminoso, ma solo riguardi verso lei l'emisferio tenebroso; ed in tal consultazione ponghiamo che segua l'eclisse totale della Luna, sì che ella perda ancora la illuminazione de i raggi primarii del Sole, onde resti spogliata di questi e del tutto priva della vista della faccia luminosa della Terra. Qui è manifesto, che non così immediatamente che il corpo lunare si è finito d'immergere nel cono dell'ombra terrestre, si è finito di immergere ancora l'orbe dell'etere che lo circonda, ma ne resta parte fuori; la qual parte godendo ancora de i raggi solari, può incandire quella parte del corpo lunare che fu l'ultima a cadere nell'ombra ed in questo tempo potremo noi scorgere qual sia il candore prodotto dal solo etere ambiente. Ma questo poco che si vede, non ...
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