[Pagina precedente]...esperienze, con lunghe osservazioni e con necessarie dimostrazioni, indubitata certezza, quale è, se la Terra e 'l Sole si muovino o no, se la Terra sia sferica o no. Quanto alle prime, io non dubito punto che dove gli umani discorsi non possono arrivare, e che di esse per conseguenza non si può avere scienza, ma solamente opinione e fede, piamente convenga conformarsi assolutamente col puro senso della Scrittura. Ma quanto alle altre, io crederei, come di sopra si è detto, che prima fosse d'accertarsi del fatto, il quale ci scorgerebbe al ritrovamento de' veri sensi delle Scritture, li quali assolutamente si troverebbero concordi col fatto dimostrato, ben che le parole nel primo aspetto sonassero altramente; poi che due veri non possono mai contrariarsi. E questa mi par dottrina tanto retta e sicura, quanto io la trovo scritta puntualmente in sant'Agostino, il quale, parlando a punto della figura del cielo e quale essa si deve credere essere, poi che pare che quel che ne affermano gli astronomi sia contrario alla Scrittura, stimandola quegli rotonda, e chiamandola la scrittura distesa come una pelle, determina che niente si ha da curar che la Scrittura contrarii a gli astronomi, ma credere alla sua autorità , se quello che loro dicono sarà falso e fondato solamente sopra conietture dell'infirmità umana; ma se quello che loro affermano fosse provato con ragioni indubitabili, non dice questo Santo Padre che si comandi a gli astronomi che lor medesimi, solvendo le lor dimostrazioni, dichiarino la lor conclusione per falsa, ma dice che si deve mostrare che quello che è detto nella Scrittura della pelle, non è contario a quelle vere dimostrazioni. Ecco le sue parole: «Sed ait aliquis: Quomodo non est contrarium iis qui figuram spheræ cælo tribuunt, quod scriptum est in libris nostris, Qui extendit cælum sicut pellem? Sit sane contarium, si falsum est quod illi dicunt; hoc enim verum est, quod divina dicit authoritas, potius quam illud quod humana infirmitas coniicit. Sed si forte illud talibus illi documentis probare potuerint, ut dubitari inde non debeat, demonstrandum est, hoc quod apud nos est de pelle dictum, veris illis rationibus non esse contrarium.» Segue poi di ammonirci che noi non doviamo esser meno osservanti in concordare un luogo della Scrittura con una proposizione naturale dimostrata, che con un altro luogo della Scrittura che sonasse il contrario. Anzi mi par degna d'esser ammirata ed immitata la circuspezzione di questo Santo, il quale anco nelle conclusioni oscure, e delle quali si può esser sicuri che non se ne possa avere scienza per dimostrazioni umane, va molto riservato nel determinar quello che si deva credere, come si vede da quello che egli scrive nel fine del 2° libro De Genesi ad literam, parlando se le stelle sieno da credersi animate: «Quod licet in præsenti facile non possit conpræhendi, arbitror tamen, in processu tractandarum Scripturarum opportuniora loca posse occurrere, ubi nobis de hac re secundum sanctæ authoritatis literas, etsi non ostendere certum aliquid, tamen credere, licebit. Nunc autem, servata semper moderatione piæ gravitatis, nihil credere de re obscura temere debemus, ne forte quod postea veritas patefecerit, quamvis libris sanctis, sive Testamenti Veteris sive Novi, nullo modo esse possit adversum, tamen propter amorem nostri erroris oderimus.»
Di qui e da altri luoghi parmi, s'io non m'inganno, la intenzione de' Santi Padri esser, che nelle quistioni naturali e che non son de Fide prima si deva considerar se elle sono indubitabilmente dimostrate o con esperienze sensate conosciute, o vero se una tal cognizione e dimostrazione aver si possa: la quale ottenendosi, ed essendo ella ancora dono di Dio, si deve applicare all'investigazione de' veri sensi delle Sacre Lettere in quei luoghi che in apparenza mostrassero di sonar diversamente; i quali indubitatamente saranno penetrati da' sapienti teologi, insieme con le ragioni per che lo Spirito Santo gli abbia volsuti tal volta, per nostro essercizio o per altra a me recondita ragione, velare sotto parole di significato diverso.
Quanto all'altro punto, riguardando noi al primario scopo di esse Sacre Lettere, non crederei che l'aver loro sempre parlato nell'istesso senso avesse a perturbar questa regola; perché, se occorrendo alla Scrittura, per accomodarsi alla capacità del vulgo, pronunziare una volta una proposizione con parole di sentimento diverso dalla essenza di essa proposizione; perché non dovrà ella aver osservato l'istesso, per l'istesso rispetto, quante volte gli occorreva la medesima cosa? Anzi mi pare che 'l fare altramente averebbe cresciuta la confusione, e scemata la credulità nel popolo. Che poi della quiete o movimento del Sole e della Terra fosse necessario, per accomodarsi alla capacità popolare, asserirne quello che suonan le parole della Scrittura, l'esperienza ce lo mostra chiaro: poi che anco all'età nostra popolo assai men rozo vien mantenuto nell'istessa opinione da ragioni che, ben ponderate ed essaminate, si troveranno esser frivolissime, ed esperienze o in tutto false o totalmente fuori del caso; né si può pur tentar di rimuoverlo, non sendo capace delle ragioni contrarie, dependenti da troppo esquisite osservazioni e sottili dimostrazioni, appoggiate sopra astrazioni, che ad esser concepite richieggon troppo gagliarda imaginativa. Per lo che, quando bene appresso i sapienti fusse più che certa e dimostrata la stabilità del Sole e 'l moto della Terra, bisognerebbe ad ogni modo, per mantenersi il credito appresso il numerosissimo volgo, proferire il contrario; poi che de i mille uomini vulgari che venghino interrogati sopra questi particolari, forse non se ne troverà uno solo, che non risponda, parergli, e così creder per fermo, che 'l Sole si muova e che la Terra stia ferma. Ma non però deve alcun prendere questo comunissimo assenso popolare per argumento della verità di quel che viene asserito; perché se noi interrogheremo gli stessi uomini delle cause e motivi per i quali e' credono in quella maniera, ed, all'incontro, ascolteremo quali esperienze e dimostrazioni induchino quegli altri pochi a creder il contrario, troveremo questi esser persuasi da saldissime ragioni, e quelli da semplicissime apparenze e rincontri vani e ridicoli.
Che dunque fosse necessario attribuire al Sole il moto, e la quiete alla Terra, per non confonder la poca capacità del vulgo e renderlo renitente e contumace nel prestar fede a gli articoli principali e che sono assolutamente de Fide, è assai manifesto: e se così era necessario a farsi, non è punto da meravigliarsi che così sia stato con somma prudenza esseguito nelle divine Scritture. Ma più dirò, che non solamente il rispetto dell'incapacità del Vulgo, ma la corrente opinione di quei tempi, fece che gli scrittori sacri nelle cose non necessarie alla beatitudine più si accomodorno all'uso ricevuto che alla essenza del fatto. Di che parlando san Girolamo scrive: «Quasi non multa in Scripturis Sanctis dicantur iuxta opinionem illius temporis quo gesta referuntur, et non iuxta quod rei veritas continebat.» Ed altrove il medesimo Santo: «Consuetudinis, Scripturarum est, ut opinionem multarum rerum sic narret Historicus, quomodo eo tempore ab omnibus credebatur.» E san Tommaso in Iob, al cap. 27, sopra le parole «Qui extendit aquilonem super vacuum, et appendit Terram super nihilum», nota che la Scrittura chiama vacuo e niente lo spazio che abbraccia e circonda la Terra, e che noi sappiamo non esser vòto, ma ripieno d'aria: nulla dimeno, dice egli che la Scrittura, per accomodarsi alla credenza del vulgo, che pensa che in tale spazio non sia nulla, lo chiama vacuo e niente. Ecco le parole di san Tommaso: «Quod de superiori hemisphærio cæli nihil nobis apparet. nisi saptium äere plenum, quod vulgares homines reputant vacuum: loquitur enim secundum extimationem vulgarium hominum, pro ut est mos in Sacra Scriptura.» Ora da questo luogo mi pare che assai chiaramente argumentar si possa, che la Scrittura Sacra, per il medesimo rispetto, abbia avuto più gran cagione di chiamare il Sole mobile e la Terra stabile. Perché, se noi tenteremo la capacità degli uomini vulgari, gli troveremo molto più inetti a restar persuasi della stabilità del Sole e mobilità della Terra, che dell'esser lo spazio, che ci circonda, ripieno d'aria: adunque, se gli autori sacri in questo punto, che non aveva tanta difficoltà appresso la capacità del vulgo ad esser persuaso, nulla dimeno si sono astenuti dal tentare di persuaderglielo, non dovrà parere se non molto ragionevole che in altre proposizioni molto più recondite abbino osservato il medesimo stile.
Anzi, conoscendo l'istesso Copernico qual forza abbia nella nostra fantasia un'invecchiata consuetudine ed un modo di concepir le cose già sin dall'infanzia fattoci familiare, per non accrescer confusione e difficoltà nella nostra astrazione, dopo aver prima dimostrato che i movimenti li quali a noi appariscono esser del sole o del firmamento son veramente della Terra, nel venir poi a ridurgli in tavole ed all'applicargli all'uso, gli va nominando per del Sole e del cielo superiore a i pianeti, chiamando nascere e tramontar del sole, delle stelle, mutazioni nell'obliquità dello zodiaco e variazione ne' punti degli equinozii, movimento medio, anomalia e prostaferesi del Sole, ed altre cose tali, quelle che son veramente della Terra. Ma perché, sendo noi congiunti con lei, ed in conseguenza a parte d'ogni suo movimento, non gli possiamo immediate riconoscere in lei, ma ci convien far di lei relazione a i corpi celesti ne' quali ci appariscono, però gli nominiamo come fatti là dove fatti ci rassembrano. Quindi si noti quanto sia ben fatto l'accomodarsi al nostro più consueto modo d'intendere.
Che poi la comun concordia de' Padri, nel ricever una proposizione naturale dalla Scrittura nel medesimo senso tutti, debba autenticarla in maniera che divenga de Fide il tenerla per tale, crederei che ciò si dovesse al più intender di quelle conclusioni solamente, le quali fussero da essi Padri state discusse e ventilate con assoluta diligenza e disputate per l'una e per l'altra parte, accordandosi poi tutti a reprovar quella e tener questa. Ma la mobilità della Terra e stabilità del Sole non son di questo genere, con ciò sia che tale opinione fosse in quei tempi totalmente sepolta e remota dalle quistioni delle scuole, e non considerata, non che seguita, da veruno: onde si può credere che né pur cascasse concetto a' Padri di disputarla, avendo i luoghi della Scritture, la lor opinione, e l'assenso de gli uomini tutti, concordi nell'istesso parere, senza che si sentisse la contradizione di alcuno. Non basta dunque il dir che i Padri tutti ammettono la stabilità della Terra, etc., adunque il tenerla è de Fide; ma bisogna provar che gli abbino condennato l'opinione contraria; imperò che io potrò sempre dire, che il non avere avuta loro occasione di farvi sopra reflessione e discuterla, ha fatto che l'hanno lasciata ed ammessa solo come corrente, ma non già come resoluta e stabilita. E ciò mi par di poter dir con assai ferma ragione: imperò che o i Padri fecero reflessione sopra questa conclusione come controversa, o no: se no, adunque niente ci potettero, né anco in mente loro, determinare, né deve la loro non curanza mettere in obligo noi a ricevere quei precetti che essi non hanno, né pur con l'intenzione, imposti: ma se ci fecero applicazione e considerazione, già l'averebbono dannata se l'avessero giudicata per erronea; il che non si trova che essi abbino fatto. Anzi, dopo che alcuni teologi l'hanno cominciata a considerare, si vede che non l'hanno stimata erronea, come si legge ne i Comentari di Didaco a Stunica sopra Iob, al c. 9, v. 6, sopra le parole «Qui commovet Terram de loco suo» etc: dove lungamente discorre sopra la posizione Copernicana, e conclude, la mobilità della Terra non esser contro alla Scrittura.
Oltre che io averei qualche dubbio circa la verità di tal determinazione, ciò è se sia vero che ...
[Pagina successiva]