[Pagina precedente]...roverso se l'istessa Terra resti immobile o pur vadia vagando, mentre che noi siamo certissimi de i movimenti di non poche stelle? Voglio per tanto inferire, che se bene indarno si tenterebbe l'investigazione della sustanza delle macchie solari, non resta però che alcune loro affezioni, come il luogo, il moto, la figura, la grandezza, l'opacità , la mutabilità , la produzione ed il dissolvimento, non possino da noi esser apprese, ed esserci poi mezi a poter meglio filosofare intorno ad altre più controverse condizioni delle sustanze naturali; le quali poi finalmente sollevandoci all'ultimo scopo delle nostre fatiche, cioè all'amore del divino Artefice, ci conservino la speranza di poter apprender in Lui, fonte di luce e di verità , ogn'altro vero.
Il debito del ringraziare resta in me con molti altri obblighi che tengo a V. S. Illustrissima; perché, se averò investigato qualche proposizion vera, sarà stato frutto de i comandamenti suoi, e i medesimi diranno mia scusa quando non mi succeda il conseguir l'intero d'impresa nuova e tanto difficile.
Circa a quello che ella m'accenna del pensiero dell'Eccellentissimo Sig. Federico Cesi Principe, è ben vero che io mandai a S. E. copia delle due lettere solari, ma non con intenzione che fossero pubblicate con le stampe, ché in tal caso vi arei applicato studio e diligenza maggiore; perché, se ben l'assenso e l'applauso di V. S. sola è da me desiderato e stimato egualmente come di tutto 'l mondo insieme, tuttavia tal indulto mi prometto dalla benignità sua e dalla cortese propensione del suo genio verso me e le cose mie, quale prometter non mi devo dalle scrupolose inquÃsizioni e severe censure di molti altri. Ed alcune cose mi restano ancora non ben digeste, né determinate a modo mio; delle quali una principale è l'incidenza delle macchie sopra luoghi particolari della solar superficie, e non altrove: perché, rappresentandocisi i progressi di tutte le macchie sotto specie di linee rette (argomento necessario, l'asse di tali conversioni esser eretto al piano che passa per i centri del Sole e della Terra, il quale è il solo cerchio dell'eclittica), resta, per mio parere, degno di gran considerazione, onde avvenga che le caschino solamente dentro ad una zona che per larghezza non si allontana più di 29 o 30 gradi di qua e di là dal cerchio massimo di tal conversione, sì che appena delle mille una trasgredisca, e ben di poco, tali confini; imitando in ciò le leggi de i pianeti, alli quali vengono da simili intervalli limitate le digressioni dal cerchio massimo della conversion diurna. Questo e qualche altro rispetto mi fanno ritardar il pubblicar in più diffuso trattato questa materia. Con tutto ciò il Sig. Principe può disporre ed è padrone assoluto delle cose mie; l'esser poi io sicuro del purgatissimo suo giudizio e del zelo che egli ha della reputazion mia, mi assicura, col lasciarle egli vedere, di averle stimate degne della luce.
Quanto ad Apelle, a me ancora dispiace che e non abbia veduta la mia seconda lettera avanti la pubblicazione della sua Più Accurata Disquisizione, e che la mia ambiguità e pigrizia nello scrivere non abbia potuto tener dietro alla sua resoluzione e prontezza: ben è vero che buona causa della dilazione n'è stato l'esser trattenute le mie lettere più d'un mese in Venezia, dalla troppa stima che di esse fece l'Illustrissimo Sig. Gio. Francesco Sagredo, volendo che ne restasse copia in quella città , dove a me pareva d'essere a bastanza onorato da una semplice sua lettura; il che per la moltitudine delle figure ricercò assai tempo. Dispiacemi ancora della difficoltà che apporta ad Apelle l'aver io scritto nella nostra favella fiorentina; il che ho fatto per diversi rispetti, uno de i quali è il non volere in certo modo abusare la ricchezza e perfezion di tal lingua, bastevole a trattare e spiegar e' concetti di tutte le facoltadi; e però dalle nostre Accademie e da tutta la città vien gradito lo scrivere più in questo che in altro idioma. Ma in oltre ci ho auto un altro mio particolar interesse, ed è il non privarmi delle risposte di V. S. in tal lingua, vedute da me e da gli amici miei con molto maggior diletto e meraviglia che se fossero scritte del più purgato stile latino; e parci, nel leggere lettere di locuzione tanto propria, che Firenze estenda i suoi confini, anzi il recinto delle sue mura, sino in Augusta.
Quello che V. S. mi scrive essergli intervenuto nel leggere il mio trattato Delle cose che stanno su l'acqua, cioè che quelli che da principio gli parvero paradossi, in ultimo gli riuscirono conclusioni vere e manifestamente dimostrate, sappia che è accaduto qua a molti, reputati per altri lor giudizii persone di gusto perfetto e saldo discorso. Restano solamente in contradizzione alcuni severi difensori di ogni minuzia peripatetica, li quali, per quel che io posso comprendere, educati e nutriti sin dalla prima infanzia de i lor studii in questa opinione, che il filosofare non sia né possa esser altro che un far gran pratica sopra i testi di Aristotele, sì che prontamente ed in gran numero si possino da diversi luoghi raccòrre ed accozzare per le prove di qualunque proposto problema, non vogliono mai sollevar gli occhi da quelle carte, quasi che questo gran libro del mondo non fosse scritto dalla natura per esser letto da altri che da Aristotele, e che gli occhi suoi avessero a vedere per tutta la sua posterità . Questi, che si sottopongono a così strette leggi, mi fanno sovvenire di certi obblighi a i quali tal volta per ischerzo si astringono capricciosi pittori, di voler rappresentare un volto umano o altra figura con l'accozzamento ora de' soli strumenti dell'agricoltura, ora de' frutti solamente o de i fiori di questa o di quella stagione: le quali bizzarrie, sin che vengono proposte per ischerzo, son belle e piacevoli, e mostrano maggior perspicacità in questo artefice che in quello, secondo che egli averà saputo più acconciamente elegger ed applicar questa cosa o quella alla parte imitata; ma se alcuno, per aver forse consumati tutti i suoi studii in simil foggia di dipignere, volesse poi universalmente concludere, ogni altra maniera d'imitare esser imperfetta e biasimevole, certo che 'l Cigoli e gli altri pittori illustri si riderebbono di lui. Di questi che mi son contrarii di opinione, alcuni hanno scritto ed altri stanno scrivendo; in pubblico non si è veduto sin ora altro che due scritture, una di Accademico Incognito, e l'altra di un lettor di lingua greca nello Studio di Pisa, ed amendue le invio con la presente a V. S. Gli amici miei son di parere, ed io da loro non discordo, che non comparendo opposizioni più salde, non sia bisogno di risponder altro; e stimano che per quietar questi che restano ancora inquieti, ogn'altra fatica sarebbe vana, non men che superflua per i già persuasi; ed io devo stimar le mie conclusioni vere e le ragioni valide, poi che, senza perder l'assenso di alcuno di quei che sin da principio sentivano meco, ho guadagnato quel di molti che erano di contrario parere. Però staremo attendendo il resto, e poi si risolverà quello che parrà più a proposito.
Vengo ora all'altra lettera di V. S. Illustrissima, condolendomi sopra modo che la pertinacia della sua infermità conturbi, con l'afflizione di V. S., la quiete di tanti suoi amici e servidori, e di me sopra tutti gli altri, travagliato altresì da più mie indisposizioni familiari, le quali, con l'impedirmi quasi continuamente tutti gli esercizii, mi tengono ricordato quanto, rispetto alla velocità de gli anni, sarebbe necessario lo stare in esercizio continuo a chi volesse lasciar qualche vestigio di esser passato per questo mondo. Or, qualunque si sia il corso della nostra vita, doviamo riceverlo per sommo dono dalla mano di Dio, nella quale era riposto il non ci far nulla; anzi non pur doviamo riceverlo in grado ma infinitamente ringraziar la sua bontà , la quale con tali mezzi ci stacca dal soverchio amore delle cose terrene e ci solleva a quello delle celesti e divine.
Le scuse dell'esser breve nello scrivere sono superflue appresso di me, che sempre sono per appagarmi nell'intender solamente che ella mi continui la sua buona grazia: dovrei ben io scusar la mia prolissità , o, per meglio dire, pregar lei a scusarla, e lo farei quando io dubitassi delle scuse che io mi prometto dalla sua cortesia.
Ricevei con la lettera di V. S. la seconda scrittura del finto Apelle, e mi messi a leggerla con gran curiosità , mosso sì dal nome dell'autore, come dalla qualità del titolo, il quale promette una più accurata disquisizione non solo intorno alle macchie solari, ma ancora intorno a i pianeti Medicei. E perché il termine relativo di «disquisizione più accurata» non può non riferirsi all'altre disquisizioni fatte intorno alla medesima materia, non si può dubitare che ei non abbia riguardo ancora al mio Avviso Sidereo, che pure è in rerum natura e non viene eccettuato da Apelle: onde io entrai in speranza d'esser per trovar resoluto tutto quest'argomento, del quale non potei toccarne, in detto mio Avviso, altro che i primi abbozzamenti. Oltre alle cose promesse nel titolo, vi ho trovato l'osservazion di Venere più diffusamente esplicata che nelle prime lettere, e di più alcuni particolari intorno alla Luna: nelle quali tutte materie scorgo molte opinioni di Apelle contrarie alle mie, e varie ragioni e risposte implicite alle cose prodotte da me nella prima lettera che scrissi a V. S.; le quali, per la stima che io fo dell'autore, non conviene che io trapassi o dissimuli, perché, non avendo dinanzi tavola che m'asconda e possa impedirmi la vista di chi passa innanzi e indietro, convien che per termine io gli saluti almeno. E perché tutto il progresso di queste differenze si è sin qui trattato innanzi e indietro, convien che per termine io gli saluti almeno. E perché tutto il progresso di queste differenze si è sin qui trattato innanzi a V. S. Illustrissima, di nuovo costituendomivi produrrò, più brevemente che potrò, quanto mi occorre in questo proposito. E seguendo l'ordine tenuto da Apelle, considero l'ultimo scopo della sua prima parte, che è di dimostrare come la circolazion di Venere è intorno al Sole, e non in altra guisa; e fonda tutta la sua dimostrazione, come anco fece nella prima scrittura, sopra la congiunzione mattutina di essa stella col Sole, occorsa circa li 11 di Dicembre 1611, aggiugnendoci adesso una investigazione della quantità del suo moto sotto 'l disco solare, raccolta con calcoli e dimostrazioni geometriche. E qui mi nascono due scrupoli: l'uno intorno alla maniera di maneggiare tali demostrazioni, non interamente da sodisfare a perfetto matematico; e l'altro circa l'utilità che apporta tal apparato e progresso all'intenzion primaria dell'autore.
Quanto alla maniera del dimostrare, trappasso che qualche astronomo più scrupoloso di me potrebbe risentirsi nel veder trattar archi di cerchi come se fossero linee rette, sottoponendogli a gli stessi sintomi: ma io non ne voglio tener conto, perché nel caso nostro particolare non cascano in uso archi così grandi, che l'error nel computo riesca poi di soverchio notabile.
Ma ammessa anco per esquisita tutta la dimostrazione di Apelle, io non però posso ancor penetrar interamente quello che egli abbia, in virtù di essa, preteso di ottenere da chi volesse persistere in negare la conversione di Venere intorno al Sole: perché, o gli avversarii ammetteranno per giusti i calcoli del Magini, o gli averanno per dubbii e fallaci; se gli hanno per dubbii, la fatica d'Apelle resta come inefficace, con dimostrando ella che Venere veramente venisse alla corporal congiunzione; ma se gli concedono per veri, non era necessario altro computo, bastando la sola differenza de i movimenti del Sole e della stella, insieme con la sua latitudine, presa dall'istesse Efemeridi, a intender come tal congiunzione doveva necessariamente durar tante ore, che molte e molte volte si poteva replicar l'osservazione. Né meno era necessariio il far triplicato esame sopra 'l principio ...
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