[Pagina precedente]... pezzo avanti che si scorghino i Gemelli o il Cingolo di Orione. E spero di aver trovato il modo da poter determinare i periodi di tutti quattro; cosa stimata per impossibile dal Keplero e da altri matematici.
Io speravo di esser per venir costà questa quadragesima, per ristampar queste mie osservazioni: ma mi sono tanto multipliplicate per le mani, che mi sarà forza indugiare a fatto Pasqua. Intanto non voglio mancar di dire a V. S. molto R. e all'Illustris. Sign. Sebastiano Veniero, che caso che gl'Illustriss. Signori Riformatori non abbino fin qui fatto provisione di Matematico per Padova, voglino proccurar di trattenergli; perché spero di esser per metter loro per le mani persona di grande stima ed atta a poter difendere la dignità ed eccellenza di così nobil professione contro a quelli che cercano di esterminarla, li quali in Padova non mancano, come benissimo sanno. E so che tali proccureranno che sia condotto qualche soggetto da poterlo dominare e spaventare, acciocché se mai si scuopre qualche cosa vera e di garbo, ella resti dalla loro tirannide soffogata Ma mi giova sperare nella prudenza di tanti che intendono in cotesto Senato, che non seguirà elezione se non ottima.
Ora io l'ho impedita assai: perdoni al diletto che ho di parlar con lei; e volendo favorirmi di sue lettere, potrà mandarmele come questa, sotto quelle dell'Illustriss. Signor Veniero. Restami a pregarla di farmi grazia di ricordarmi servitore devotissimo a tanti Illustriss. miei Signori, dei quali vivo, come sempre fui devotissimo servitore; e con ogni affetto gli bacio le mani.
Di Firenze, li 12 di Febbraio 1611
Di V. S. molto R. Servitore Devotissimo
Galileo Galilei.
VIIIa
PRIMA LETTERA DEL SIG. GALILEO GALILEI
AL SIG. MARCO VELSERI I CIRCA LE MACCHIE SOLARI
(Villa delle Selve, 4 maggio 1612)
Illustrissimo Sig. e Padron Colendissimo,
Alla cortese lettera di V. S. Illustrissima, scrittami tre mesi fa, rendo tarda risposta, essendo stato quasi necessitato a usare tanto silenzio da varii accidenti, ed in particolare da una lunga indisposizione, o, per meglio dire, da lunghe e molte indisposizioni, le quali, vietandomi tutti gli altri esercizii ed occupazioni, mi toglievano principalmente di potere scrivere, sì come anco in gran parte me lo levano al presente, pure non tanto rigidamente, che io non possa almeno rispondere ad alcuna delle lettere de gli amici e padroni, delle quali mi ritrovo non picciol numero, che tutte aspettano risposta. Ho anco taciuto su la speranza di potere dar qualche satisfazione alla domanda di V. S. intorno alle macchie solari, sopra il quale argomento ella mi ha mandato quei brevi discorsi del finto Apelle; ma la difficoltà della materia e 'l non avere io potuto far molte osservazioni continuate mi hanno tenuto e tengono ancora sospeso ed irresoluto: ed a me conviene andare tanto più cauto e circospetto, nel pronunziare novità alcuna, che a molti altri, quanto che le cose osservate di nuovo e lontane da i comuni e popolari pareri, le quali, come ben sa V. S., sono state tumultuosamente negate ed impugnate, mi mettono in necessità di dovere ascondere e tacere qual si voglia nuovo concetto, sin che io non ne abbia dimostrazione più che certa e palpabile; perché da gl'inimici delle novità , il numero de i quali è infinito, ogni errore, ancor che veniale, mi sarebbe ascritto a fallo capitalissimo, già che è invalso l'uso che meglio sia errar con l'universale, che esser singolare nel rettamente discorrere. Aggiugnesi che io mi contento più presto di esser l'ultimo a produrre qualche concetto vero, che prevenir gli altri per dover poi disdirmi nelle cose con maggior fretta e con minor considerazione profferite. Questi rispetti mi hanno reso lento in risponder alle domande di V. S. Illustrissima, e tuttavia mi fanno timido in produrre altro che qualche proposizion negativa, parendomi di saper più tosto quello che le macchie solari non sono, che quello che elleno veramente siano, ed essendomi molto più difficile il trovar il vero, che 'l convincere il falso. Ma per satisfare almeno in parte al desiderio di V. S., anderò considerando quelle cose che mi paiono degne di esser avvertite nelle tre lettere del finto Apelle, già che ella così comanda, e che in quelle si contiene ciò che sin qui è stato immaginato per definire circa l'essenza il luogo ed il movimento di esse macchie.
E prima, che esse siano cose reali, e non semplici apparenze o illusioni dell'occhio o de i cristalli, non ha dubbio alcuno, come ben dimostra l'amico di V. S. nella prima lettera; ed io le ho osservate da 18 mesi in qua, avendole fatte vedere a diversi miei intrinseci, e pur l'anno passato, appunto in questi tempi, le feci osservare in Roma a molti prelati ed altri signori. È vero ancora, che non restano fisse nel corpo solare, ma appariscono muoversi in relazion di esso, ed anco di movimenti regolati, come il medesimo autore ha notato nella medesima lettera. È ben vero che a me pare che il moto sia verso le parti contrarie a quelle che l'Apelle asserisce, cioè da occidente verso oriente, declinando dal mezzogiorno in settentrione, e non da oriente verso occidente e da borea verso mezzogiorno; il che anco nell'osservazioni descritte da lui medesimo, le quali in questo confrontano con le mie e con quante io ne ho vedute di altri, assai chiaramente si scorge: dove si veggon le macchie osservate nel tramontar del Sole mutarsi di sera in sera, descendendo dalle parti superiori del Sole verso le inferiori; e quelle della mattina ascendendo dalle inferiori verso le superiori, scoprendosi nel primo apparire nelle parti più australi del corpo solare, ed occultandosi o separandosi da quello nelle parti più boreali, descrivendo in somma nella faccia del Sole linee per quel verso appunto che fariano Venere o Mercurio, quando nel passar sotto 'l Sole s'interponessero tra quello e l'occhio nostro. Il movimento, dunque, delle macchie rispetto al Sole appar simile a quello di Venere e di Mercurio e de gli altri pianeti ancora intorno al medesimo Sole, il qual moto è da ponente a levante, e per l'obliquità dell'orizonte ci sembra declinare da mezzogiorno in settentrione. Se Apelle non supponesse che le macchie girassero intorno al Sole, ma che solamente gli passassero sotto, è vero che il moto loro doveria chiamarsi da levante a ponente; ma supponendo che quelle gli descrivino intorno cerchii, e che ora gli siano superiori ora inferiori, tali revoluzioni devono chiamarsi fatte da occidente verso oriente, perché per tal verso si muovono quando sono nella parte superiore de i loro cerchi.
Stabilito che ha l'autore, che le macchie vedute non sono illusioni dell'occhiale o difetti dell'occhio, cerca di determinare in universale qualche cosa circa il luogo loro, mostrando che non sono né in aria né nel corpo solare. Quanto al primo, la mancanza di parallasse notabile mostra di concluder necessariamente, le macchie non esser nell'aria, cioè vicine alla Terra, dentro a quello spazio che comunemente si assegna all'elemento dell'aria. Ma che le non possin esser nel corpo solare, non mi par con intera necessità dimostrato; perché il dire, come egli mette nella prima ragione, non esser credibile che nel corpo solare siano macchie oscure, essendo egli lucidissimo, non conclude: perché in tanto doviamo noi dargli titolo di purissimo e lucidissimo, in quanto non sono in lui state vedute tenebre o impurità alcuna; ma quando ci si mostrasse in parte impuro e macchiato, perché non doveremmo noi chiamarlo e macolato e non puro? I nomi e gli attributi si devono accomodare all'essenza delle cose, e non l'essenza a i nomi; perché prima furon le cose, e poi i nomi. La seconda ragione concluderebbe necessariamente, quando tali macchie fussero permanenti ed immutabili; ma di questa parlerò più di sotto.
Quello che in questo luogo vien detto da Apelle, cioè che le macchie apparenti nel Sole siano molto più negre di quelle che mai si siano vedute nella Luna, credo che assolutamente sia falso; anzi stimo che le macchie vedute nel Sole siano non solamente meno oscure delle macchie tenebrose che nella Luna si scorgono, ma che le siano non meno lucide delle più luminose parti della Luna, quand'anche il Sole più direttamente l'illustra: e la ragione che a ciò creder m'induce, è tale. Venere nel suo esorto vespertino, ancor che ella sia di così gran splendor ripiena, non si scorge se non poi che è per molti gradi lontana dal Sole, e massime se amndue saranno elevati dall'orizonte; e ciò avviene per esser le parti dell'etere, circonfuse intorno al Sole, non meno risplendenti dell'istessa Venere: dal che si può arguire, che se noi potessimo por la Luna accanto al Sole, splendida dell'istessa luce che ella ha nel plenilunio, ella veramente resterebbe invisibile, come quella che verria collocata in un campo non meno splendente e chiaro della sua propria faccia. Ora pongasi mente, quando col telescopio, cioè con l'occhiale, rimiriamo il lucidissimo disco solare, quanto e quanto egli ci appar più splendido del campo che lo circonda; ed, in oltre, paragoniamo la negrezza delle macchie solari sì con la luce dell'istesso Sole come con l'oscurità dell'ambiente contiguo: e troveremo, per l'uno e per l'altro paragone, non esser le macchie del Sole più oscure del campo circonfuso. Se dunque l'oscurità delle macchie solari non è maggior di quella del campo che circonda il medesimo Sole, e se, di più, lo splendor ella Luna resterebbe impercettibile nella chiarezza del medesimo ambiente, adunque per necessaria consequenza si conclude, le macchie solari non esser punto men chiare delle parti più splendide della Luna, ben che, situate nel fulgidissimo campo del disco solare, ci si mostrino tenebrose e nere: e se esse non cedono di chiarezza alle più luminose parti della Luna, quali saranno elleno in comparazione delle più oscure macchie di essa Luna? e massime se noi volessimo intender delle macchie tenebrose cagionate dalle proiezzioni dell'ombre delle montuosità lunari, le quali in comparazione delle parti illuminate non sono manco nere che l'inchiostro rispetto a questa carta. E questo voglio che sia detto non tanto per contradire ad Apelle, quanto per mostrare come non è necessario por la materia di esse macchie molto opaca e densa, quale si deve ragionevolmente stimare che sia quella della Luna e de gli altri pianeti; ma una densità ed opacità simile a quella di una nugola è bastante, nell'interporsi tra 'l Sole e noi, a far una tale oscurità e negrezza.
Quanto poi a quello che l'Apelle in questo luogo accenna e che più diffusamente tratta nella seconda epistola, cioè di poter con quella strada venir in certezza se Venere e Mercurio faccino le loro revoluzioni sotto o pur intorno al Sole, io mi sono alquanto maravigliato che non gli sia pervenuto all'orecchie, o, se pur gli è pervenuto, che ei non abbia fatto capitale del mezzo esquisitissimo, sensato e che frequentemente potrà usarsi, scoperto da me quasi due anni sono, e communicato a tanti che ormai è fatto notorio: e questo è, che Venere va mutando le figure nell'istesso modo che la Luna, ed in questi tempi potrà Apelle osservarla col telescopio, e la vedrà di figura perfetta circolare e molto piccola, se bene assai minore si vedeva nel suo esorto vespertino; potrà poi seguitare di osservarla, e la vedrà , intorno alla sua massima digressione, in figura di mezzo cerchio; dalla qual figura ella passerà alla forma falcata, assottigliandosi pian piano secondo che ella si anderà avvicinando al Sole; intorno alla cui congiunzione si vedrà così sottile come la Luna di due o tre giorni; la grandezza del suo visibil cerchio sarà in guisa accresciuta, che ben si conoscerà l'apparente suo diametro nell'esorto vespertino esser meno che la sesta parte di quello che si mostrerà nell'occultazione vespertina o esorto mattutino, ed in consequenza il suo disco apparir quasi 40 volte maggiore in questa positura che in quella: le quali cose non lascieranno luogo ad alcuno di dubita...
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