[Pagina precedente]...e le autorità sacre in dispute naturali ed in esplicazione del luogo di Giosuè, vi vanno esclamando sopra, e ritrovandovi, per quanto dicono, molte eresie, ed insomma si sono aperti un nuovo campo di lacerarmi Ma perché da ogni altro che ha veduta detta lettera non mi è stato fatto pur minimo segno di scrupolo, vo dubitando che forse chi l'ha trascritta possa inavvertentemente aver mutata qualche parola; la qual mutazione, congiunta con un poco di disposizione alle censure, possa far apparire le cose molto diverse dalla mia intenzione. E perché alcuni di questi Padri, ed in particolare quest'istesso che ha parlato, se ne son venuti costà per far, come intendo, qualche altro tentativo con la sua copia di detta mia lettera, mi è parso non fuor di proposito mandarne una copia a Vostra Signoria Reverendissima nel modo giusto che l'ho scritta io, pregandola che mi favorisca di leggerla insieme col Padre Grembergiero Gesuita, matematico insigne e mio grandissimo amico e padrone, ed anche lasciargliela, se forse parrà opportuno a Sua Reverenza di farla con qualche occasione pervenire in mano dell'illustrissimo Cardinal Bellarmino, al quale questi Padri Domenicani si son lasciati intendere di voler far capo, con isperanza di far, per lo meno, dannar il libro del Copernico e la sua oppinione e dottrina
La lettera fu da me scritta currenti calamo; ma queste ultime concitazioni ed i motivi che questi Padri adducono per mostrare i demeriti di questa dottrina, ond'ella meriti di essere abolita mi hanno fatto veder qualche cosa di più scritta in simili materie: e veramente non solo ritrovo, tutto quello che ho scritto essere stato detto da loro, ma molto più ancora, mostrando con quanta circonspezione bisogni andar intorno a quelle conclusioni naturali che non son de Fide, alle quali possono arrivare l'esperienze e le dimostrazioni necessarie, e quanto perniciosa cosa sarebbe l'asserir come dottrina risoluta nelle Sacre Scritture alcuna proposizione della quale una volta si potesse aver dimostrazione in contrario. Sopra questi capi ho distesa una scrittura molto copiosa ma non l'ho ancora al netto in maniera che ne possa mandar copia a Vostra Signoria, ma lo farò quanto prima: nella quale, quel che si sia dell'efficacia delle mie ragioni e discorsi, di questo ben son sicuro, che ci si troverà molto più zelo verso Santa Chiesa e la dignità delle Sacre Lettere, che in questi miei persecutori; poi che loro proccurano di proibir un libro ammesso tanti anni da Santa Chiesa, senza averlo pur mai lor veduto, non che letto o inteso; ed io non fo altro che esclamare che si esamini la sua dottina e si ponderino le sue ragioni da persone cattolichissime ed intendentissime, che si rincontrino le sue posizioni con l'esperienze sensate, e che in somma non si danni se prima non si trova falso, se è vero che una proposizione non possa insieme esser vera ed erronea. Non mancano nella cristianità uomini intendentissimi della professione, il parer de' quali circa la verità o falsità della dottrina non doverà esser posposto all'arbitrio di chi non è punto informato e che pur troppo chiaro si conosce essere da qualche parziale affetto alterato, sì come benissimo conoscono molt; che si trovono qua in fatto, e che veggono tutti gli andamenti e son informati, almeno in parte, delle macchine e trattato
Niccolò Copernico fu uomo non pur cattolico, ma religioso e canonico; fu chiamato a Roma sotto Leone X, quando nel Concilio Lateranense si trattava l'emendazione del calendario ecclesiastico, facendosi capo a lui come a grandissimo astronomo. Restò nondimeno indecisa tal riforma per questa sola cagione, perché la quantità de gli anni e de' mesi de' moti del Sole e della Luna non erano abbastanza stabiliti: onde egli, d'ordine del vescoro Semproniense, che allora era sopraccapo di questo negozio, si messe con nuove osservazioni ed accuratissimi studii all'investigazione di tali periodi; e ne conseguì in somma tal cognizione, che non solo regolò tutti i moti de' corpi celesti, ma si acquistò il titolo di sommo astronomo, la cui dottrina fu poi seguita da tutti, e conforme ad essa regolato ultimamente il calendario. Ridusse le sue fatiche intorno a' corsi e costituzioni de' corpi celesti in sei libri, li quali, a richiesta di Niccolò Scombergio, cardinale Capuano, mandò in luce, e gli dedicò a Papa Paolo III, e da quel tempo in qua si son veduti publicamente senza scrupolo nessuno. Ora questi buoni frati, solo per un sinistro affetto contro di me, sapendo che; stimo questo autore, si vantano di dargli il premio delle sue fatiche con farlo dichiarare eretico.
Ma quello che è più degno di considerazione, la prima lor mossa contro questa oppinione fu il lasciarsi metter su da alcuni miei maligni che gliela dipinsero per opera mia propria, senza dirli che ella fosse già 70 anni fa stampata; e questo medesimo stile vanno tenendo con altre persone, nelle quali cercano d'imprimer sinistro concetto di me: e questo gli va succedendo in modo tale, che, sendo pochi giorni sono arrivato qua Monsignor Gherardini, vescovo di Fiesole, nelle prime visite a pien popolo, dove si abbatterono alcuni amici miei, proroppe con grandissima veemenza contro di me, mostrandesi gravemente alterato, e dicendo che n'era per far gran passata con Loro Altezze Serenissime, poi che tal mia stravagante oppinione ed erronea dava che dire assai in Roma; e forse avrà a quest'ora fatto il debito, se già non l'ha ritenuto l'essere destramente fatto avvertito, che l'autore di questa dottrina non è altramente un Fiorentino vivente, ma un Tedesco morto, che la stampò già 70 anni sono, dedicando il libro al Sommo Pontefice
Io vo scrivendo, né mi accorgo che parlo a persona informatissima di questi trattamenti, e forse tanto più di me, quanto che ella si trova nel luogo dove si fanno gli strepiti maggiori. Scusimi della prolissità ; e se scorge equità nessuna nella causa mia prestimi il suo favore, chè gliene viverò perpetunente obbligato. Con che le bacio riverentemente le mani, e me gli ricordo servitore devotissimo, e dal Signore Dio gli prego il colmo di felicità .
Di Firenze, li 16 Febbraio 1615
Di V. S. molto Illustre e Reverendissima
Servitore Obbligatissimo
Galileo Galilei
Poscritta. Ancorché io difficilmente possa credere che si fosse per precipitare in prendere una tal risoluzione di annullar questo autore, tuttavia, sapendo per altre prove quanta sia la potenza della mia disgrazia, quando è congiunta con la malignità ed ignoranza de' miei avversari, mi par di aver cagione di non mi assicurar del tutto sopra la somma prudenza e santità di quelli da chi ha da dipender l'ultima risoluzione, sì che quella ancora non possa esser in parte affascinata da questa fraude che va in volta sotto il manto di zelo e di carità . Però, per non mancare, per quanto posso, a me stesso ed a quello che dalla mia scrittura vedrà in breve Vostra Signoria Reverendissima che è vero e purissimo zelo, desiderando che almanco ella possa prima esser veduta, e poi prendasi quella risoluzione che piaceri a Dio (ché io quanto a me son tanto bene edificato e disposto, che prima che contravvenire a' miei superiori, quando non potessi far altro, e che quello che ora mi pare di credere e toccar con mano mi avesse ad essere di pregiudizio all'anima, eruerem oculum meum ne me scandalizaret) ; io credo che il più presentaneo rimedio sia il battere alli Padri Gesuiti come quelli che sanno assai sopra le comuni lettere de' frati: però gli potrà dar la copia della lettera, ed anco leggergli se le piacerà , questa che scrivo a lei; e poi, per la sua solita cortesia, si degnerà di farmi avvisato di quanto avrà potuto ritrarre. Non so se fosse opportuno essere col signor Luca Valerio, e dargli copia di detta lettera, come uomo che è di casa del Cardinale Aldobrandino e potrebbe fare con Sua Santità qualche offizio. Di questo e di ogni altra cosa mi rimetto alla sua bontà e prudenza, e gli raccomando la riputazion mia, e di nuovo gli bacio le mani.
XIII
A MONSIGNOR PlERO DINI IN ROMA
(Firenze, 23 marzo 1615)
Molto Illustre e Reverendissimo Sig. mio Colendissimo,
Risponderò succintamente alla cortesissima lettera di Vostra Signoria molto Illustre e Reverendissima, non mi permettendo il poter far altramente il mio cattivo stato di sanità .
Quanto al primo particolare che ella mi tocca, che al più che potesse esser deliberato circa il libro del Copernico, sarebbe il mettervi qualche postilla, che la sua dottrina fusse introdotta per salvar l'apparenze, nel modo ch'altri introdussero gli eccentrici e gli epicicli senza poi credere che veramente e' sieno in natura, gli dico (rimettendomi sempre a chi più di me intende, e solo per zelo che ciò che si è per fare sia fatto con ogni maggior cautela) che quanto a salvar l'apparenze il medesimo Copernico aveva già per avanti fatta la fatica, e satisfatto alla parte de gli astrologi secondo la consueta e ricevuta maniera di Tolomeo; ma che poi, vestendosi l'abito di filosofo, e considerando se tal costituzione delle parti dell'universo poteva realmente sussistere in rerum natura, e veduto che no, e parendogli pure che il problema della vera costituzione fusse degno d'esser ricercato, si messe all'investigazione di tal costituzione, conoscendo che se una disposizione di parti finta e non vera poteva satisfar all'apparenze, molto più ciò si arebbe ottenuto dalla vera e reale, e nell'istesso tempo si sarebbe in filosofia guadagnato una cognizione tanto eccellente, qual è il sapere la vera disposizione delle parti del mondo; e trovandosi egli per l'osservazioni e studii di molti anni, copiosissimo di tutti i particolari accidenti osservati nelle stelle, senza i quali tutti diligentissimamente appresi e prontissimamente affissi nella mente è impossibile il venir in notizia di tal mondana constituzione, con replicati studii e lunghissime fatiche conseguì quello che l'ha reso poi ammirando a tutti quelli che con diligenza lo studiano, sì che restino capaci de' suoi progressi tal che il voler persuadere che il Copernico non stimasse vera la mobilità della Terra, per mio credere non potrebbe trovar assenso se non forse appresso chi non l'avesse letto, essendo tutti 6 i suoi libri pieni di dottrina dependente dalla mobilità della Terra, e quella esplicante e confermante. E se egli nella sua dedicatoria molto ben intende e confessa che la posizione della mobilità della Terra era per farlo reputare stolto appresso l'universale, il giudizio del quale egli dice di non curare, molto più stolto sarebb'egli stato a voler farsi reputar tale per un'opinione da sé introdotta, ma non interamente e veramente creduta.
Quanto poi al dire che gli attori principali che hanno introdotto gli eccentrici e gli epicicli non gli abbino poi reputati veri, questo non crederò io mai; e tanto meno, quanto con necessità assoluta bisogna ammettergli nell'età nostra, mostrandocegli il senso stesso. Perché, non essendo l'epiciclo altro che un cerchio descritto dal moto d'una stella la quale non abbracci con tal suo rivolgimento il globo terrestre, non veggiamo noi di tali cerchi esserne da quattro stelle descritti quattro intorno a Giove? e non gli è più chiaro che 'l Sole, che Venere descrive il suo cerchio intorno ad esso Sole senza comprender la Terra, e per conseguenza forma un epiciclo? e l'istesso accade anco a Mercurio. In oltre, essendo l'eccentrico un cerchio che ben circonda la Terra, ma non la contiene nel suo centro, ma da una banda, non si ha da dubitare se il corso di Marte sia eccentrico alla Terra, vedendosi egli ora più vicino ed ora più remoto, in tanto che ora lo veggiamo piccolissimo ed altra volta di superficie 60 volte maggiore; adunque, qualunque si sia il suo rivolgimento, egli circonda la Terra, e gli è una volta otto volte più presso che un'altra. E di tutte queste cose e d'altre simili in gran numero ce n'hanno data sensata esperienza gli ultimi scoprimenti: tal che il voler ammettere la mobilità della Terra solo con quella concessi...
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