[Pagina precedente]...tamente negherà tale assunto e la prova che di esso apporta Apelle, fondata su l'opinione, per suo detto, comune di tutti i filosofi e matematici: né piccola ragione averà di negarla, sì perché l'autorità dell'opinione di mille nelle scienze non val per una scintilla di ragione di un solo, sì perché le presenti osservazioni spogliano d'autorità i decreti de' passati scrittori, i quali se vedute l'avessero, avrebbono diversamente determinato. In oltre, quei medesimi autori che hanno stimato il Sole non esser cedente né mutabile, hanno molto men creduto ch'e' fosse sparso di macchie tenebrose; e però dove fosse forza che l'opinione del non esser macchiato cedesse all'esperienza, indarno si ricorrerebbe per difesa all'opinione della durezza e dell'immutabilità , perché dove cede quella che pareva più salda, molto meno resisteranno le men gagliarde: anzi gli avversarii, acquistando forza, negheranno il Sole esser duro o immutabile, poi che non la semplice opinione, ma l'esperienza glie lo mostra macchiato. E quanto a i matematici, non si sa che alcuno abbia mai trattato della durezza ed immutabilità del corpo solare, né che l'istessa scienza matematica sia bastante a formar dimostrazioni di simili accidenti.
La seconda ragione, fondata sul vedersi alcune macchie più oscure verso la circonferenza del Sole che poi quando sono verso le parti medie, dove par che si vadino rischiarando, non par che stringa l'avversario a doverle por fuori del Sole; sì perché l'esperienza del fatto per lo più, se non sempre, accade in contrario, sì perché la rarefazione e condensazione, accidenti non negati alle macchie, son bastanti per render ragione di tal effetto, e forse non men di quello che Apelle n'apporta dicendo che l'irradiazione più diretta e più forte, fatta quando la macchia è intorno al mezo del disco che quando è vicina alla circonferenza, produce tal diminuzion di negrezza. [...] E però, per mio parere, meglio per avventura sarebbe il dire (qual volta non si volesse ricorrere al più o men denso e raro) che l'istessa macchia appar meno oscura intorno al centro che verso l'estremità , perché qui vien veduta per coltello e quivi per piatto, accadendo in questo l'istesso che in una piastra di vetro, la quale veduta per taglio appare oscura e opaca molto, ma per piano chiara e trasparente; e questo servirebbe per argomento a dimostrar che la larghezza di tali macchie è molto maggior che la loro profondità .
Quello che si soggiugne per provare che le macchie non son lagune o cavernose voragini nel corpo solare, si può liberamente concedere tutto, perché io non credo che alcuno sia per introdur mai una tale opinione per vera. Ma perché né io né, che io sappia, altri ha conteso che le macchie siano immerse nella sustanza del Sole, ma ben ho replicatamente scritto a V. S., e, s'io non m'inganno, necessariamente concluso, che le siano o contigue al Sole o per distanza a noi insensibile separate da quello, è bene che io esamini le ragioni che Apelle produce per argomenti irrefragabili onde la di loro lontananza non piccola dalla solar superficie ci si faccia manifesta.
Prende Apelle la sua ragione dal vedersi le macchie dimorar a tempi ineguali sotto la faccia del Sole, e quelle che la traversano per la linea massima, passando per lo centro, dimorar più che quelle che passano per linee remote dal centro; e ne adduce l'osservazion di due, l'una delle quali dimorò giorni 16 nel diametro, e l'altra, passando alquanto lontana dal centro, scorse la sua linea in giorni 14. Or qui vorrei trovar parole di poter senza offesa di Apelle, il quale io intendo di onorar sempre, negare tale esperienza; perché, avendo io circa questo particolare fatte molte e molte diligentissime osservazioni, non ho trovato incontro alcuno onde si possa concluder altro, se non che le macchie tutte indifferentemente dimorano sotto 'l solar disco tempi eguali, che al mio giudizio sono qualche cosa più di giorni 14: e questo affermo tanto più resolutamente, quanto che sarà per avanti in potestà di ciascheduno il farne senza incomodo mille e mille osservazioni. E quanto alla particolare esperienza che Apelle ci propone, v'ho qualche scrupolo, per aver egli eletto nella prima osservazione non il transito di una macchia sola, ma di un drappello assai numeroso, e di macchie che molto si andarono variando di posizione tra di loro; dalle quali cose ne conséguita che tale osservazione, come soggetta a molte accidentarie alterazioni, non sia a bastanza sicura per determinare essa sola una tanta conclusione. Anzi gl'irregolari movimenti particolari di esse macchie rendono le osservazioni soggette a tali alterazioni, che non è da prender resoluzione se non dalla conferenza di molti e molti particolari: il che ho fatto sopra la moltitudine di più di 100 disegni grandi ed esatti, ed ho incontrate bene alcune piccole differenze di tempi ne i passaggi, ma ho anco trovato alternatamente esser non meno talor più tarde le macchie de' cerchi più vicini al centro del disco, che altra volta quelle de' più remoti.
Ma quando anco non ci fosse in pronto di poter far incontri sopra i disegni già fatti e sopra quelli che si faranno, parmi ad ogni modo di poter dalle cose stesse proposte ed ammesse da Apelle ritrar certa contradizione, per la quale molto ragionevolmente si possa dubitare circa la verità dell'addotta osservazione ed, in consequenza, della conclusione che indi si deduce. Imperò che io prima considero, che dovendo egli valersi della disegualità de' tempi de' passaggi delle macchie come di argomento necessariamente concludente la notabil lontananza loro dalla superficie del Sole, è forza che e' supponga, quelle essere in una sola sfera che di un moto comune a tutte si vada volgendo; perché se e' volesse che ciascuna avesse suo moto particolare, niente da ciò si potrebbe raccòrre che concernesse alla prova della remozion loro dal Sole, perché si potria sempre dire che la maggior o la minor dimora di queste o di quelle nascesse non dalla distanza della lor sfera dal Sole, ma dalla vera e reale desegualità de' lor proprii moti. [...]
E perché, come ho detto ancora, questo è punto principalissimo in questa materia, e la differenza tra Apelle e me è grande (poi che le conversioni delle macchie a me paiono tutte eguali e traversare il disco solare in giorni l4 e mezzo in circa, e ad esso tanto ineguali, che alcuna consumi in tal passaggio giorni 16 o più, ed altra 9 solamente), parmi che sia molto necessario il tornar con replicato esame a ricercar l'esatto di questo particolare; ricordandoci che la natura, sorda ed inesorabile a' nostri preghi, non è per alterare o ner mutare il corso de' suoi effetti, e che quelle cose che noi procuriamo adesso d'investigare e poi persuadere a gli altri, non sono state solamente una volta e poi mancate, ma seguitano e seguiteranno gran tempo il loro stile, sì che da molti e molti saranno vedute ed osservate: il che ci deve esser gran freno per renderci tanto più circospetti nel pronunziare le nostre proposizioni, e nel guardarci che qualche affetto, o verso noi stessi o verso altri, non ci faccia punto piegare dalla mira della pura verità . [...]
Io spero che da quanto sin qui ho detto Apelle doverà restar satisfatto, e massime aggiugnendovi quello che ho scritto nella seconda lettera; e crederò ch'e' non sia per metter difficoltà non solo nella massima vicinanza delle macchie al globo solare ma né anco nella di lui revoluzione in sé medesimo. In confirmazion di che, posso aggiugnere alle ragioni che scrissi nella seconda lettera a V. S., che nella medesima faccia del Sole, si veggono tal volta alcune piazzette più chiare del resto, nelle quali, con diligenza osservate, si vede il medesimo movimento che nelle macchie; e che queste sieno nell'istessa superficie del Sole, non credo che possa restar dubbio ad alcuno, non essendo in verun modo credibile che si trovi fuor del Sole sustanza alcuna più di lui risplendente: e se questo è, non mi par che rimanga luogo di poter dubitare del rivolgimento del globo solare in sé medesimo. E tale è la connession de' veri, che di qua poi corrispondentemente ne séguita la contiguità delle macchie alla superficie del Sole, e l'esser dalla sua conversione menate in volta; non apparendo veruna probabil ragione, come esse (quando fossero per molto spazio separate dal Sole) dovessero seguitare il di lui rivolgimento.
Restami ora il considerare alcune consequenze che Apelle va deducendo dalle cose disputate: la somma delle quali par che tenda al sostentamento di quel ch'egli si trova avere stabilito nelle sue prime lettere, cioè che tali macchie in fine altro non sieno che stelle vaganti intorno al Sole; perché non solamente e' torna a nominarle stelle solari, ma va accomodando alcune convenienze e requisiti tra esse e l'altre stelle, acciò resti tolta ogni discrepanza e ragione di segregarle dalle vere stelle. Per tal rispetto ed anco per applauder alle mie montuosità lunari (del quale affetto io gli rendo grazie), dice che tal mia opinione non è improbabile scorgendosi anco l'istesso nella maggior parte di queste macchie; ragione, in vero, che congiunta con le altre dimostrazioni ch'io produco, doverà quietare ogn'uno.
Che il parer di quelli che pongono abitatori in Giove, in Venere in Saturno e nella Luna sia falso e dannando, intendendo però per abitatori gli animali nostrali e sopra tutto gli uomini, io non solo concorro con Apelle in reputarlo tale, ma credo di poterlo con ragioni necessarie dimostrare. Se poi si possa probabilmente stimare, nella Luna o in altro pianeta esser viventi e vegetabili diversi non solo da i terrestri, ma lontanissimi da ogni nostra immaginazione, io per me né lo affermerò né lo negherò, ma lascerò che più di me sapienti determinino sopra ciò, e seguiterò le loro determinazioni; sicuro che sieno per esser meglio fondate della ragione addotta da Apelle in questo luogo, cioè che sarebbe assurdo il mettergli in tanti corpi, quasi che il porre animali, per essempio, nella Luna non si potesse far senza porgli anco nelle macchie solari. Né anco ben capisco l'illazione che fa Apelle del doversi conceder qualche lume reflesso alla Terra, persuadendone ciò le macchie solari: anzi, perché la loro reflessione non è molto cospicua, e quello che in esse scorgiamo non può esser altro che lume refratto, se nulla convenisse dedur da tale accidente sarebbe più presto che la Terra fosse di sostanza trasparente e permeabile dal lume del Sole; il che poi non appar vero. Non però dico che la Terra non lo refletta; anzi per molte ragioni ed esperienze son sicurissimo ch'ella non meno s'illustra di qualunque altra stella, e che con la sua reflessione luce assai maggiore rende alla Luna di quella che da lei riceve.
Ma poi che Apelle si rende così difficile a conceder questa così potente reflessione di lume fatta dal globo terreste, e così facile ad ammettere il corpo lunare traspicuo e penetrabile da i raggi solari, come in questo luogo ed ancor più apertamente replica verso il fine di questi discorsi, voglio produrre una o due delle molte ragioni che mi persuadono quella conclusione per vera e questa per falsa; le quali, per avventura risolute con qualche occasione da Apelle, potrebbono farmi cangiar opinione. Non tacerò intanto che io fortemente dubito, che questo comun concetto, che la Terra, come opachissima oscura ed aspra che l'è, sia inabile a reflettere il lume del Sole, sì come all'incontro molto lo reflette la Luna e gli altri pianeti, sia invalso tra 'l popolo perché non ci avvien mai il poterla vedere da qualche luogo tenebroso e lontano nel tempo che il Sole la illumina, come, per l'opposito, frequentemente vediamo la Luna, quando ed ella si trova nel campo oscuro del cielo, e noi siamo ingombrati dalle tenebre notturne; ed accadendoci, dopo aver non senza qualche meraviglia fissati gli occhi nello splendor della Luna e delle stelle, abbassargli in Terra, restiamo dalla sua oscurità in certo modo attristati, e di lei formiamo una tale apprensione, come...
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