[Pagina precedente]...all'altra e confondendo le superiori con l'inferiori, senza riconoscerle di sera in sera; le quali cose gli sono state causa dell'inganno.
[...] Ma più: qual incostanza è questa d'Apelle a voler, per provare una sua fantasia, suppor in questo luogo che le stelle notate nelle sue osservazioni e conrassegnate con i medesimi caratteri si conservino le medesime; dicendo poi poco più a basso, creder fermamente che le si vadino continuamente producendo e successivamente dissolvendo, senza ritornar mai l'istesse? E se questo è, qual cosa vuol egli, e può, raccòrr da questi suoi discorsi?
All'altra ragione che Apelle adduce pur in confirmazione della vera esistenza del suo quinto pianeta Gioviale, non mi permettendo la fede e l'autorità , ch'ei tiene appresso di me, ch'io metta dubbio nell'an sit, non posso dir altro se non che io non son capace, come possa accadere che una stella, veduta col telescopio di mole e splendore pari ad una della prima grandezza, possa in manco 10 giorni, e, quel che più mi confonde, senza muoversi d'un quarto o di un ottavo di grado, anzi, per più ver dire, senza punto mutar luogo, possa, dico, diminuirsi in maniera, che anco del tutto si perda. Non so che simil portento sia mai stato veduto in cielo, fuori che le due, nominate, Stelle Nuove, del 72 in Cassiopea, e del 604 nel Serpentario: e se questa fu una tal cosa, o tanto inferior di condizione quanto men lucida e più fugace, provido fu il consiglio di Apelle nel procurargli durazion e lume dall'Illustrissima casa Velsera.
Non son dunque le Gioviali, né l'altre stelle, macchie ed ombre, né l'ombre e macchie solari sono stelle. Ben è vero ch'io metto così poca difficoltà sopra i nomi, anzi pur so ch'è in arbitrio di ciascuno l'imporgli, a modo suo, che, tuttavolta che col nome altri non credesse di conferirgli le condizioni intrinseche ed essenziali, poco caso farei del nominarle stelle: in quella guisa che stelle si dissero le sopranominate del 72 e del 604; stelle nominano i meteorologici le crinite, le cadenti e le discorrenti per aria, ed essendo in fin permesso a gli amanti ed a' poeti chiamare stelle gli occhi delle lor donne,
Quando si vidde il successor d'Astolfo
sopra apparir quelle ridenti stelle.
Con simile ragione potransi chiamare stelle anco le macchie solari; ma essenzialmente averanno condizioni differenti non poco dalle prime stelle: avvenga che le vere stelle ci si mostrano sempre di una sola figura, ed è la regolarissima fra tutte; e le macchie, d'infinite, ed irregolarissime tutte: quelle, consistenti né mai mutatesi di grandezza o di forma; e queste, instabili sempre e mutabili: quelle, l'istesse sempre, e di permanenza che supera le memorie di tutti i secoli decorsi; queste, generabili e dissolubili dall'uno all'altro giorno: quelle, non mai visibili, se non piene di luce; queste, oscure sempre, e splendide non mai: quelle, o in tutto immobili, o mobili ogn'una per sé, di moti proprii, regolari e tra di loro differentissimi; queste, mobili di un moto solo, comune a tutte, regolare solamente in universale, ma da infinite particolari disagguaglianze alterato: quelle, costituite tutte in particolare in diverse lontananze dal Sole; e queste, tutte contigue, o insensibilmente remote dalla sua superficie: quelle, non mai visibili se non quando sono assai separate dal Sole; queste, non mai vedute se non congiuntegli: quelle, di materia probabilissimamente densa ed opacissima; queste, rare a guisa di nebbia o fumo. Ora io non so per qual ragione le macchie si devino ascrivere tra quelle cose con le quali non hanno pure una particolar convenienza che non ve l'abbino ancora cento altre che stelle non sono, più presto che tra quelle con le quali mostrano di convenire in ogni particolare. Io le agguagliai alle nostre nugole o a fumi; e certo chi volesse con alcuna delle nostre materie imitarle, non credo che facilmente si trovasse più aggiustata imitazione, che 'l porre sopra una rovente piastra di ferro alcune piccole stille di qualche bitume di difficil combustione, il quale sul ferro imprimerebbe una macchia nera, dalla quale, come da sua radice, si eleverebbe un fumo oscuro, che in figure stravaganti e mutabili si anderebbe spargendo. E se alcuno pur volesse opinabilmente stimare, che alla restaurazione dell'immensa luce che da sì gran lampada continuamente si diffonde per l'espansion del mondo, facesse di mestiere che continuamente fusse somministrato pabulo e nutrimento, ben averebbe non una sola, ma 100 e tutte l'esperienze concordemente favorevoli, nelle quali vediamo tutte le materie, fatte prossime all'incendersi e convertirsi in luce, ridursi prima ad un color nero ed oscuro; così vediamo ne' legni nella paglia, nella carta, nelle candele, ed in somma in tutte le cose ardenti, esser la fiamma impiantata e sorgente dalle contigue parti di tali materie, prima convertite in color nero. E più direi, che forse più accuratamente osservando le sopranominate piazzette, lucide più del resto del disco solare, si potrebbe ritrovare, quelle esser i luoghi medesimi dove poco avanti si fossero dissolute alcune delle macchie più grandi. Io però non intendo di asserire alcuna di queste cose per certa, né di obbligarmi a sostenerla, non mi piacendo di mescolar le cose dubbie tra le certe e resolute.
Di qua dall'Alpi va attorno, come intendo tra non piccol numero de i filosofi peripatetici a i quali non grava il filosofare per desiderio del vero e delle sue cause (perché altri che indifferentemente negano tutte queste novità e sene burlano, stimandole illusioni, è ormai ternpo che ci burliamo di loro, e che essi restino invisibili ed inaudibili insieme), va attorno, dico, per difender l'inalterabilità del cielo (la quale forse Aristotele medesimo in questo secolo abbandonerebbe), una opinione conforme a questa d'Apelle, e solamente diversa, che dove egli pone per ciascuna macchia una stella sola, questi fanno le macchie congerie di molte minutissime, le quali con loro differenti movimenti aggregandosi, or in maggior copia, ora in minore, e quindi separandosi, formino e maggiori e minori macchie, e di sregolate e diversissime figure. Io, già che ho passato il segno della brevità con V. S., sì che ella è per leggere in più volte la presente lettera, mi prenderò libertà di toccare qualche particolare sopra questo punto.
Nel quale il primo concetto che mi viene in mente è, che i seguaci di questa opinione non abbino auto occasione di far molte e molto diligenti e continuate osservazioni; perché mi persuado che alcune difficoltà gli averebbono resi non poco dubbii e perplessi nell'accomodare una tal posizione alle apparenze. Perché, se bene è vero in genere che molti oggetti, ben che per la lor piccolezza o lontananza invisibili ciascuno per sé solo, uniti insieme possono formare un aggregato che divenga percettibile alla nostra vista, tuttavia non è da fermarsi su questa generalità , ma bisogna che descendiamo a i particolari proprii delle stelle ed a quelli che si osservano nelle macchie, e che diligentemente andiamo esaminando, con qual concordia questi e quelli possino mischiarsi e convenire insieme; e per non far come quel castellano che, sendo con piccol numero di soldati alla difesa d'una fortezza, per soccorrer quella parte che vede assalita vi accorre con tutte le forze lasciando intanto altri luoghi indifesi ed aperti, conviene che, mentre ci sforziamo di difender l'immutabilità del cielo, non ci scordiamo de i pericoli a i quali per avventura potriano restar esposte altre proposizioni, pur necessarie alla conservazione della filosofia peripatetica. E però, se questa deve restare nella sua integrità e saldezza, conviene che, per mantenimento d'altre sue proposizioni, diciamo primieramente, delle stelle altre esser fisse, altre erranti: chiamando fisse quelle che, sendo tutte in un medesimo cielo, al moto di quello si muovono tutte, restando intanto immobili tra di loro; ma erranti, quelle.che hanno ogn'una per sé movimento proprio: affermando di più, che le conversioni non meno di queste che di quelle sono ciascheduna equabile in sé medesima, non convenendo dare alle lor motrici intelligenze briga di affaticarsi or più or meno, che saria condizione troppo repugnante alla nobiltà ed alla inalterabilità loro e delle sfere. Stanti queste proposizioni, non si può, primieramente, dire che tali stelle solari sien fisse; perché, quando non si mutassero tra di loro, impossibil sarebbe vedere le mutazioni continue che pur si scorgono nelle macchie, ma sempre vedremo ritornar le medesime configurazioni. Resta, dunque, che le siano mobili, ciascheduna per sé, di movimenti diseguali fra di loro, ma ben ciascuno equabile in sé medesimo: ed in tal guisa potrà seguire l'accozzamento e la separazione di alcune di loro, ma non però potranno mai formar le macchie; il che intenderemo considerando alcuni particolari che nelle macchie si scorgono. Uno de' quali è, che vedendosene alcune molto grandi prodursi e dissolversi, è forza che le siano composte non di due o di quattro stelle solamente, ma di 50 e 100, perché altre macchiette pur si veggono, minori della cinquantesima parte d'una delle grandi; se, dunque, una di queste si dissolve, sì che totalmente svanisce da gli occhi nostri, è necessario che la si divida in più di 50 stellette, ciascheduna delle quali ha il suo proprio e particolar moto, equabile e differente da quello d'ogn'altra, perché due che avessero il moto comune non si congiugnerebbono o non si separerebbono già mai in faccia del Sole: ma se queste cose son vere, chi non vede essere assolutamente impossibile la formazione delle macchie? e massime durando esse non solamente molte ore, ma molti giorni; sì come è impossibile che cinquanta barche, movendosi tutte con velocità differenti, si unischino già mai, e per lungo spazio vadino di conserva. Quando le stellette fussero disunite, e però invisibili, non potriano essere se non per lunghi ordini disposte, l'una dopo l'altra, secondo la lunghezza de' lor paralleli, ne i quali (sì come nelle visibili macchie si scorge) tutte verso la medesima parte si vanno movendo; onde tantum abest che 40 o 50 o100 di loro potessero tanto frequentemente aggregarsi e così unite per lungo spazio conservarsi, che per l'opposito rarissime volte accader potrebbe che, tra momenti diseguali, cadesse sì numeroso concorso di stelle in un sol luogo: ma assolutamente poi sarebbe impossibile che e' non si dissolvesse in brevissimo tempo; e pur, all'incontro, si veggono molte macchie conservarsi talora per molti giorni, con poca alterazion di figura. Chi, dunque, vorrà sostener, le macchie esser congerie di minute stelle, bisogna che introduca nel cielo ed in esse stelle e movimenti innumerabili, tumultuarii, difformi e lontani da ogni regolarità ; il che non ben consuona con alcuna probabil filosofia.
Sarà , di più, necessario porle più numerose di tutte l'altre visibili stelle: perché, se noi riguarderemo la moltitudine e grandezza di tutte le macchie che tal volta si son vedute sotto l'emisferio del Sole, e quelle andremo risolvendo in particelle così piccole che divenghino incospicue, troveremo bisognar che necessariamente le siano molte centinaia; ed essendo, di più, credibile che altre ne siano non solamente sopra l'altro emisferio, ma dalle bande ancora del Sole, non si potrà ragionevolmente sfuggire di dover porle oltre al migliaio. Or qual simmetria si andrà conservando tra le lontananze delle stelle erranti ed i tempi delle lor conversioni, se discendendo dall'immenso cerchio di Saturno sin all'angustissirno di Mercurio non s'incontrano più di 10 o 12 stelle né più di 6 conversioni di periodi differenti intorno al Sole, dovendone poi collocar centinaia e migliaia dentro a così piccolo orbe? ché pur saria necessario racchiuderle dentro alle digressioni di Mercurio, poi che già mai non si rendono visibili in aspetto lucido e separate dal Sole. Ma che dico io di racchiuderle dentro all'orbe di Mercurio? diciamo pure, che essendosi necessariamente dimostra...
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