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E pur l'istesso disprezzo avuto da' medesimi scrittori sacri nel determinar quello che si deva credere di tali accidenti de' corpi celesti ci vien nel seguente cap. 10 replicato dal medesimo Sant'Agostino, nella quistione, se si deva stimare che 'l cielo si muova o pure stia fermo, scrivendo così: «De motu etiam cæli nonnulli fratres quæstionem movent, utrum stets an moveatur: quia si movetur, inquiunt, quomodo firmamentum est? Si autem stat, quomodo sydera, quæ in ipso fixa creduntur, ab oriente usque ad occidentem circumeunt, septentrionalibus breviores gyros iuxta cardinem peragentibus, ut cælum, si est alius nobis occultus cardo ex alio vertice, sicut sphera, si autem nullus alius cardo est, veluti discus, rotari videatur? Quibus respondeo, multum subtilibus et laboriosis ista perquiri, ut vere percipiatrur utrum ita an non ita sit; quibus ineundis atque tractandis nec mihi iam tempus est, nec illis esse debet quos ad salutem suam et Sanctæ Ecclesiæ necessariam utilitatem cupimus informari.»
Dalle quali cose descendendo più al nostro particolare, ne séguita per necessaria conseguenza, che non avendo voluto lo Spirito Santo insegnarci se il cielo si muova o stia fermo, né la sua figura sia in forma di sfera o di disco o distesa in piano, né se la Terra sia contenuta nel centro di esso o da una banda, non avrà manco avuto intenzione di renderci certi di altre conclusioni dell'istesso genere, e collegate in maniera con le pur ora nominate, che senza la determinazion di esse non se ne può asserire questa o quella parte; quali sono il determinar del moto e della quiete di essa Terra e del Sole.
E se l'istesso Spirito Santo a bello studio ha pretermesso d'insegnarci simili proposizioni, come nulla attenenti alla sua intenzione, ciò è alla nostra salute, come si potrà adesso affermare, che il tener di esse questa parte, e non quella, sia tanto necessario che l'una sia de Fide, e l'altra erronea? Potrà , dunque essere un'opinione eretica, e nulla concernente alla salute dell'anime? o potrà dirsi, aver lo Spirito Santo voluto non insegnarci cosa concernente alla salute? Io qui direi che quello che intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, ciò è l'intenzione delle Spirito Santo essere d'insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo.
Ma torniamo a considerare, quanto nelle conclusioni naturali si devono stimar le dimostrazioni necessarie e le sensate esperienze, e di quanta autorità le abbino reputate i dotti e i santi teologici; da i quali, tra cent'altre attestazioni, abbiamo le seguenti: «Illud etiam diligenter cavendum et omnino fugiendum est, ne in tractanda Mosis doctrina quidquam affirmate et asseveranter sentiamus et dicamus, quod repugnet manifestis experimentis et rationibus philosopiæ vel aliarum disciplinarum: namque, cum verum omne semper cum vero congruat, non potest veritas Sacrarum Literarum veris rationibus et experimentis humanarum doctrinarum esse contraria.» Ed appresso sant'Agostino si legge: «Si manifestæ certæque rationi velut Santarum Scripturarum obiicitur authoritas, non intelligit qui hoc facit; et non Scripturæ sensum, ad quem penetrare non potuit, sed suum potius, obiicit veritati; nec quod in ea, sed in ipso, velut pro ea, invenit, opponit.»
Stante questo, ed essendo, come si è detto, che due verità non possono contrariarsi, è officio de' saggi espositori affaticarsi per penetrare i veri sensi de' luoghi sacri, che indubitabilmente saranno concordanti con quelle conclusioni naturali, delle quali il senso manifesto e le dimostrazioni necessarie ci avessero prima resi certi e sicuri. Anzi, essendo, come si è detto, che le Scritture per l'addotte cagioni ammettono in molti luoghi esposizioni lontane dal significato delle parole, e, di più, non potendo noi con certezza asserire che tutti gl'interpreti parlino inspirati divinamente, poi che, se così fusse, niuna diversità sarebbe tra di loro circa i sensi de' medesimi luoghi, crederei che fusse molto prudentemente fatto se non si permettesse ad alcuno impegnare i luoghi della Scrittura ed in certo modo obligargli a dover sostener per vere queste o quelle conclusioni naturali, delle quali una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie ci potessero manifestare il contrario. E chi vuol por termine alli umani ingegni? Chi vorrà asserire, già essersi veduto e saputo tutto quello che è al mondo di sensibile e di scibile? Forse quelli che in altre occasioni confesseranno (e con gran verità ) che ea quæ scimus sunt minima pars eorum quæ ignoramus? Anzi pure, se noi abbiamo dalla bocca dell'istesso Spirito Santo, che Deus tradidit mundum disputationi eorum, ut non inveniat homo opus quod operatus est Deus ab initio ad finem, non si dovrà , per mio parere, contradicendo a tal sentenza, precluder la strada al libero filosofare circa le cose del mondo e della natura, quasi che elleno sien di già state con certezza ritrovate e palesate tute. Né si dovrebbe stimar temerità il non si quietare nelle opinioni già state quasi comuni, né dovrebb'esser chi prendesse a sdegno se alcuno non aderisce in dispute naturali a quell'opinione che piace loro, e massime intorno a problemi stati già migliaia d'anni controversi tra filosofi grandissimi, quale è la stabilità del sole e mobilità della Terra: opinione tenuta da Pittagora, e da tutta la sua setta, e da Eraclide Pontico, il quale fu dell'istessa opinione, da Filolao maestro di Platone, e dall'istesso Platone, come riferisce Aristotile, e del quale scrive Plutarco nella vita di Numa, che esso Platone già fatto vecchio diceva, assurdissima cosa essere il tenere altramente. L'istesso fu creduto da Aristarco Samio, come abbiamo appresso Archimede, da Seleuco matematico, da Niceta filosofo, referente Cicerone, e da molti altri, e finalmente ampliata e con molte osservazioni e dimostrazioni confermata da Niccolò Copernico. E Seneca, eminentissimo filosofo, nel libro De cometis ci avvertisce, doversi con grandissima diligenza cercar di venire in certezza, se sia il cielo o la Terra in cui risegga la diurna conversione.
E per questo, oltre agli articoli concernenti alla salute ed allo stabilimento della Fede, contro la fermezza de' quali non è pericolo alcuno che possa insurgere mai dottrina valida ed efficace, non saria forse se non saggio ed util consiglio il non ne aggregar altri senza necessità : e se così è, disordine veramente sarebbe l'aggiugnergli a richiesta di persone, le quali, oltre che noi ignoriamo se parlino inspirate da celeste virtù, chiaramente vediamo che in esse si potrebbe desiderare quella intelligenza che sarebbe necessaria prima a capire, e poi a redarguire, le dimostrazioni con le quali le acutissime scienze procedono nel confermare simili conclusioni. Ma più direi, quando mi fusse lecito produrre il mio parere, che forse più converrebbe al decoro ed alla maestà di esse Sacre Lettere il provvedere che non ogni leggiero e vulgare scrittore potesse, per autorizzar sue composizioni, bene spesso fondate sopra vane fantasie, spargervi luoghi della Scrittura Santa, interpetrati, o più presto stiracchiati, in sensi tanto remoti dall'intenzione retta di essa Scrittura, quanto vicini alla derisione di coloro che non senza qualche ostentazione se ne vanno adornando. Esempli di tale abuso se ne potrebbono addur molti: ma voglio che mi bastino due, non remoti da queste materie astronomiche. L'uno de' quali sieno le scritture che furon pubblicate contro a i pianeti Medicei, ultimamente da me scoperti, contro la cui esistenza furono opposti molti luoghi della Sacra Scrittura: ora che i pianeti si fanno veder da tutto il mondo, sentirei volentieri con quali nuove interpretazioni vien da quei medesimi oppositori esposta la Scrittura, e scusata la lor semplicità . L'altro esempio sia di quello che pur nuovamente ha stampato contro a gli astronomi e filosofi, che la Luna non altramente riceve lume dal Sole, ma è per se stessa splendida; la qual immaginazione conferma in ultimo, o, per meglio dire, si persuade di confermare, con varii luoghi della Scrittura, li quali gli par che non si potessero salvare, quando la sua opinione non fusse vera e necessaria. Tutta via, che la Luna sia per se stessa tenebrosa, è non men chiaro che lo splendor del Sole.
Quindi resta manifesto che tali autori, per non aver penetrato i veri sensi della Scrittura, l'avrebbono, quando la loro autorità fosse di gran momento, posta in obligo di dover costringere altrui a tener per vere, conclusioni repugnanti alle ragioni manifeste ed al senso: abuso che Deus avertat che andasse pigliando piede o autorità , perché bisognerebbe vietar in breve tempo tutte le scienze speculative; perché, essendo per natura il numero degli uomini poco atti ad intendere perfettamente le Scritture Sacre e l'altre scienze maggiore assai del numero degl'intelligenti, quelli, scorrendo superficialmente le Scritture, si arrogherebbono autorità di poter decretare sopra tutte le questioni della natura, in vigore di qualche parola mal intesa da loro ed in altro proposito prodotta dagli scrittori sacri: né potrebbe il piccol numero degl'intendenti reprimer il furioso torrente di quelli, i quali troverebbono tanti più seguaci, quanto il potersi far reputar sapienti senza studio e senza fatica è più soave che il consumarsi senza riposo intorno alle discipline laboriosissime. Però grazie infinite doviamo render a Dio benedetto, il quale per sua benignità ci spoglia di questo timore, mentre spoglia d'autorità simil sorte di persone, riponendo il consultare, risolvere e decretare sopra determinazioni tanto importanti nella somma sapienza e bontà di prudentissimi padri e nella suprema autorità di quelli, che, scorti dallo Spirito Sabnto non possono se non santamente ordinare, permettendo che della leggerezza di quelli altri non sia fatto stima. Questa sorte d'uomini, per mio credere, son quelli contro i quali, non senza ragione, si riscaldano i gravi e santi scrittori, e de i quali in particolare scrive San Girolamo: «Hanc» (intendendo della Scrittura Sacra) «garrula anus, hanc delirus senex, hanc sophista verbosus, hanc universi præsumunt, lacerant, docent antequam discant. Alii, adducto supercilio, grandia verba trutinantes, inter mulierculas de Sacris Literis philosophantur; alii discunt, proh pudor, a fæminis quod viros doceant, et, ne parum hoc sit, quadam facilitate verborum, imo audacia, edisserunt aliis quod ipsi non intelligunt. Taceo de mei similibus, qui, si forte ad Scriputras Sanctas post seculares literas venerint, et sermone composito aurem populi mulserint, quidquid dixerint, hoc legem Dei putant, nec scire dignantur quid Prophetæ quid Apostoli senserint, sed ad sensum suum incongrua aptant testimonia; quasi grande sit, et non vitiosissimum docendi genus, depravare sententias, et ad voluntatem suam Scripturam trahere repugnantem.»
Io non voglio metter nel numero di simili scrittori secolari alcuni teologi, riputati da me per uomini di profonda dottrina e di santissimi costumi, e per ciò tenuti in grande stima e venerazione; ma non posso già negare di non rimaner con qualche scrupolo, ed in conseguenza con desiderio che mi fusse rimosso, mentre sento che essi pretendono di poter costringere altri, con l'autorità della Scrittura, a seguire in dispute naturali quella opinione che pare a loro che più consuoni con i luoghi di quella, stimandosi insieme di non essere in obbligo di solvere le ragioni o esperienze in contrario. In esplicazione e confirmazione del qual lor parere, dicono che essendo la teologia regina di tutte le scienze, non deve in conto alcuno abbassarsi per accomodarsi a' dogmi dell'altre men degne ed a lei inferiori, ma sì ben l'altre devono riferirsi ad essa, come a suprema imperatrice, e mutare ed alterar le lor conclusioni conforme alli statuti e decreti teologicali: e più aggiungono che quando nell'inferiore scienza si avesse alcuna conlusione per sicura, in vigor di dimostrazioni o di esperienze, alla quale si trovas...
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