[Pagina precedente]...si nella Scrittura altra conclusione repugnante, devono gli stessi professori di quella scienza procurar per se medesimi di quella scienza procurare per se medesimi di scioglier le lor dimostrazioni e scoprir le fallacie delle proprie esperienze, senza ricorrere a i teologi e scritturali; non convenendo, come si è detto, alla dignità della teologia abbassarsi all'investigazione delle fallacie delle scienze soggette, ma solo bastando a lei il determinargli la verità della conclusione, con l'assoluta autorità e con la sicurezza di non poter errare. Le conclusioni poi naturali nelle quali dicon essi che noi doviamo fermarci sopra la Scrittura, senza glosarla o interpretarla in sensi diversi dalle parole, dicono essere quelle delle quali la Scrittura parla sempre nel medesimo modo, e i Santi Padri tutti nel medesimo sentimento le ricevono ed espongono. Ora intorno a queste determinazioni mi accascano da considerare alcuni particolari, li quali proporrò per esserne reso cauto da chi più di me intende di queste materie, al giudizio de' quali io sempre mi sottopongo.
E prima, dubiterei che potesse cader qualche poco di equivocazione, mentre che non si distinguessero le preminenze per le quali la sacra teologia è degna del titolo di regina. Imperò che ella potrebbe esser tale, o vero perché quello che da tutte l'altre scienze viene insegnato, si trovasse compreso e dimostrato in lei, ma con mezi più eccellenti e con più sublime dottrina, nel modo che, per essempio, le regole del misurare i campi e del conteggiare molto più eminentemente si contengono nell'aritmetica e geometria d'Euclide, che nelle pratiche degli agrimensori e de' computisti; o vero perché il suggetto, intorno al quale si occupa la teologia, superasse di dignità tutti gli altri suggetti che son materia dell'altre scienze, ed anco perché i suoi insegnamenti procedessero con mezi più sublimi. Che alla teologia convenga il titolo e la autorità regia nella prima maniera, non credo che poss'essere affermato per vero da quei teologi che avranno qualche pratica nell'altre scienze; de' quali nissuno crederò io che dirà che molto più eccellente ed esattamente si contenga la geometria, la astronomia, la musica e la medicina ne' libri sacri, che in Archimede, in Tolommeo, in Boezio ed in Galeno. Però pare che la regia sopreminenza se gli deva nella seconda maniera, ciò è per l'altezza del suggetto, e per l'ammirabil insegnamento delle divine revelazioni in quelle conclusioni che per altri mezi non potevano dagli uomini esser comprese e che sommamente concernono all'acquisto dell'eterna beatitudine. Ora, se la teologia, occupandosi nell'altissime contemplazioni divine e risedendo per dignità nel trono regio, per lo che ella è fatta di somma autorità , non discende alle più basse ed umili speculazioni delle inferiori scienze, anzi, come di sopra si è dichiarato, quelle non cura, come non concernenti alla beatitudine, non dovrebbono i ministri e i professori di quella arrogarsi autorità di decretare nelle professioni non essercitate né studiate da loro; perché questo sarebbe come se un principe assoluto, conoscendo di poter liberamente comandare e farsi ubbidire, volesse, non essendo egli né medico né architetto, che si medicasse e fabbricasse a modo suo, con grave pericolo della vita de' miseri infermi, e manifesta rovina degli edifizi.
Il comandar poi a gli stessi professori d'astronomia, che procurino per lor medesimi di cautelarsi contro alle proprie osservazioni e dimostrazioni, come quelle che non possino esser altro che fallacie e sofismi, è un comandargli cosa più che impossibile a farsi; perché non solamente se gli comanda che non vegghino quel che e' veggono e che non intendino quel che gl'intendono, ma che, cercando, trovino il contrario di quello che gli vien per le mani. Però, prima che far questo, bisognerebbe che fusse lor mostrato il modo di far che le potenze dell'anima si comandassero l'una all'altra, e le inferiori alle superiori, sì che l'immaginativa e la volontà potessero e volessero credere il contrario di quel che l'intelletto intende (parlo sempre delle proposizioni pure naturali e che non sono de Fide, e non delle sopranaturali e de Fide). Io vorrei pregar questi prudentissimi Padri, che volessero con ogni diligenza considerare la differenza che è tra le dottrine opinabili e le dimostrative; acciò, rappresentandosi bene avanti la mente con qual forza stringhino le necessarie illazioni, si accertassero maggiormente come non è in potestà de' professori delle scienze demostrative il mutar l'opinioni a voglia loro, applicandosi ora a questa ed ora a quella, e che gran differenza è tra il comandare a un matematico o a un filosofo e 'l disporre un mercante o un legista, e che non con, l'istessa facilità si possono mutare le conclusioni dimostrate circa le cose della natura e del cielo, che le opinioni circa a quello che sia lecito o no in un contratto, in un censo, in un cambio. Tal differenza è stata benissimo conosciuta da i Padri dottissimi e santi, come l'aver loro posto grande studio in confutar molti argumenti, o, per meglio dire, molte fallacie filosofiche ci manifesta, e come espressamente si legge appresso alcuni di loro; ed in patrticolare aviamo in sant'Agostino le seguenti parole: «Hoc indubitanter tenendum est, ut quicquid sapientes huius mundi de natura rerum veraciter demonstrare potuerint, ostendamus nostris Literis non esse contrarium; quicquid autem illi in suis voluminibus contrarium Sacris Literis docent, sine ulla dubitatione credamus id falsissimum esse, et, quoquomodo possumus, etiam ostendamus; atque ita teneamus fidem Domini nostri, in quo sunt absconditi omnes theasuri sapientæ, ut neque falsæ philosophiæ loquacitate seducamur, neque simulatæ religionis superstitione terreamur.»
Dalle quali parole mi par che si cavi questa dottrina, cioè che nei libri de' sapienti di questo mondo si contenghino alcune cose della natura dimostrate veracemente, ed altre semplicemente insegnate; e che, quanto alle prime, sia ofizio de' saggi teologi mostrare che le non son contrarie alle Sacre Scritture; quanto all'altre, insegnate ma non necessariamente dimostrate, se vi sarà cosa contraria alle Sacre Lettere, si deve stimare che sia indubitatamente falsa, e tale in ogni possibil modo si deve dimostrare. Se, dunque, le conclusioni naturali, dimostrate veracemente, non si hanno a posporre a i luoghi della Scrittura, ma sì ben dichiarare come tali luoghi non contrariano ad esse conclusioni, adunque bisogna, prima che condannare una proposizion naturale, mostrar ch'ella non sia dimostrata necessariamente: e questo devon fare non quelli che la tengon per vera, ma quelli che la stiman falsa; e ciò par molto ragionevole e conforme alla natura; ciò è che molto più facilmente sien per trovar le fallacie in un discorso quelli che lo stiman falso, che quelli che lo reputan vero e concludente; anzi in questo particolare accadrà che i seguaci di questa opinione, quanto più andran rivolgendo le carte, esaminando le ragioni, replicando l'osservazione e riscontrando l'esperienze, tanto più si confermino in questa credenza. E l'Altezza Vostra sa quel che occorse al matematico passato dello Studio di Pisa, che messosi nella sua vecchiezza a vedere la dottrina del Copernico con speranza di poter fondatamente confutarla (poi che in tanto la reputava falsa, in quanto non l'aveva mai veduta), gli avvenne, che non prima restò capace de' suoi fondamenti, progressi e dimostrazioni, che ei si trovò persuaso, e d'impugnatore ne divenne saldissimo mantenitore. Potrei anco nominargli altri matematici, i quali, mossi da gli ultimi miei scoprimenti, hanno confessato esser necessario mutare la già concepita costituzione del mondo, non potendo in conto alcuno più sussistere.
Se per rimuover dal mondo questa opinione e dottrina batasse il serrar la bocca ad un solo, come forse si persuadono quelli che, misurando i giudizi degli altri co 'l loro proprio, gli par impossibile che tal opinione abbia a sussistere e trovar seguaci, questo sarebbe facilissimo a farsi; ma il negozio cammina altramente; perché, per eseguire una tal determinazione, sarebbe necessario proibir non solo il libro del Copernico e gli scritti degli altri autori che seguono l'istessa dottrina, ma bisognerebbe interdire tutta la scienza d'astronomia intiera, e più, vietar a gli uomini guardare verso il cielo, acciò non vedessero Marte e Venere or vicinissimi alla terra or remotissimi con tanta differenza che questa si scorge 40 volte, e quello fa 60, maggior una volta che l'altra, ed acciò che la medesima Venere non si scorgesse or rotonda or falcata con sottilissime corna, e molte altre sensate osservazioni, che in modo alcuno non si possono adattare al sistema Tolemaico, ma son saldissimi argumenti del Copernicano. Ma il proibire il Copernico, ora che per molte nuove osservazioni e per l'applicazione di molti literati alla sua lettura si va di giorno in giorno scoprendo più vera la sua posizione e ferma la sua dottrina, avendol'ammesso per tanti anni mentre egli era men seguito e confermato, parrebbe, a mio giudizio, un contravvenire alla verità , e cercar tanto più di occultarla e supprimerla, quanto più ella si dimostra palese e chiara. Il non abolire interamente tutto il libro, ma solamente dannar per erronea questa particolar proposizione, sarebbe, s'io non m'inganno, detrimento maggior per l'anime, lasciandogli occasione di veder provata una proposizione, la qual fusse poi peccato il crederla. Il proibir tutta la scienza, che altro sarebbe che un reprovar cento luoghi delle Sacre Lettere, i quali ci insegnano come la gloria e la grandezza del sommo Iddio mirabilmente si scorge in tutte le sue fatture, e divinamente si legge nell'aperto libro del cielo? Né sia chi creda che la lettura degli altissimi concetti, che sono scritti in quelle carte, finisca nel solo veder lo splendor del Sole e delle stelle e 'l lor nascere ed ascondersi, che è il termine sin dove penetrano gli occhi dei bruti e del vulgo; ma vi son dentro misteri tantro profondi e concetti tanto sublimi, che le vigilie, le fatiche e gli studi di cento e cento acutissimi ingegni non gli hanno ancora interamente penetrati con l'investigazioni continuate per migliaia e migliaia d'anni. E credino pure gli idioti che, sì come quello che gli occhi loro comprendono nel riguardar l'aspetto esterno d'un corpo umano è piccolissima cosa in comparazione de gli ammirandi artifizi che in esso ritrova un esquisito e diligentissimo anatomista e filosofo, mentre va investigando l'uso di tanti muscoli, tendini, nervi ed ossi, esaminando gli offizi del cuore e de gli altri membri principali, ricercando le sedi delle facultà vitali, osservando le maravigliose strutture de gli strumenti de' sensi, e, senza finir mai di stupirsi e di appagarsi, contemplando i ricetti dell'immaginazione, della memoria e del discorso; così quello che 'l puro senso della vista rappresenta, è come nulla in proporzion de' l'alte meraviglie che, mercé delle lunghe ed accurate osservazioni, l'ingegno degl'intelligenti scorge nel cielo. E questo è quanto mi occorre considerare circa a questo particolare.
Quanto poi a quello che soggiungono, che quelle proposizioni naturali delle quali la Scrittura pronunzia sempre l'istesso e che i Padri tutti concordemente nell'istesso senso ricevono, debbino esser intese conforme al nudo significato delle parole, senza glose e interpretazioni, e ricevute e tenute per verissime, e che in conseguenza, per esser tale la mobilità del Sole e la stabilità della Terra, sia de Fide il tenerle per vere, ed erronea l'opinion contraria; mi occorre di considerar, prima, che delle proposizioni naturali alcune sono delle quali, con ogni umana specolazione e discorso, solo se ne può conseguire più presto qualche probabile opinione e verisimil coniettura, che una sicura e dimostrata scienza, come, per esempio, se le stelle sieno animate; altre sono, delle quali o si ha, o si può credere fermamente che aver si possa, con ...
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