[Pagina precedente]... nel vetro concavo, dove si vede un piccolo cerchietto luminoso, il quale sta concentrico ad esso vetro quando il telescopio è ben diritto verso il Sole. E per veder le macchie distintissime e terminate, è ben inscurir la stanza serrando ogni finestra, sì che altro lume non vi entri che quello che vien per il cannone; o almeno inscuricasi più che si può, ed al cannone si accomodi un cartone assai largo, che faccia ombra sopra la carta dove si ha da disegnare e impedisca che altro lume del Sole non vi caschi sopra, fuor che quello che vien per i vetri del cannone. Devesi appresso notare, che le macchie escono del cannone inverse, e poste al contrario di quello che sono nel Sole, cioè le destre vengono sinistre, e le superiori inferiori, essendo che i raggi s'intersegano dentro al cannone, avanti ch'eschino fuori del vetro concavo; ma perché noi le disegniamo sopra una superficie opposta al Sole, quando noi, volgendoci verso il Sole, tenghiamo la carta disegnata opposta alla nostra vista, già la superficie dove prima disegnammo non è più contrapposta ma aversa al Sole, e però le parti destre si sono già ridrizzate, rispondendo alle destre del Sole, e le sinistre alle sinistre, onde resta che solamente s'invertano le superiori ed inferiori; però, rivoltando il foglio a rovescio facendo venire il di sopra di sotto, e guardando per la trasparenza della carta contro al chiaro, si veggono le macchie giuste. come se guardassimo direttamente nel Sole; ed in tale aspetto si devono sopra un altro foglio lucidare e descrivere, per averle ben situate.
Io ho poi riconosciuto la cortesia della natura, la quale, mille e mille anni sono, porse facoltà di poter venire in notizia di tali macchie, e per esse di alcune gran consequenze; perché, senz'altri strumenti, da ogni piccolo foro per il quale passino i raggi solari viene in distanze grandi portata e stampata sopra qual si voglia superficie opposta l'immagine del Sole con le macchie. Ben è vero che non sono a gran pezzo così terminate come quelle del telescopio; tuttavia le maggiori si scorgono assai distinte: e V. S. vedendo in chiesa da qualche vetro rotto e lontano cader il lume del Sole nel pavimento, vi accorra con un foglio bianco e disteso, ché vi scorgerà sopra le macchie. Ma più dirò, esser la medesima natura stata così benigna, che per nostro insegnamento ha tal ora macchiato il Sole di macchia così grande ed oscura, ch'è stata veduta da infiniti con la sola vista naturale; ma un falso ed inveterato concetto, che i corpi celesti fossero esenti da ogni alterazione e mutazione, fece credere che tal macchia fosse Mercurio interposto tra il Sole e noi, e ciò non senza vergogna de gli astronomi di quell'età : e tale fu senza alcun dubbio quella di cui si fa menzione ne gli Annali ed Istorie de i Franzesi ex Bibliotheca P. Pithoei I. C. , stampat'in Parigi l'anno 1588, dove, nella vita di Carlo Magno, a fogli 62, si legge essersi per otto giorni continui veduta dal popol di Francia una macchia nera nel disco solare, della quale l'ingresso e l'uscita per l'impedimento delle nugole non potette esser osservata, e fu creduta esser Mercurio allora congiunto col Sole. Ma questo è troppo grand'errore, essendo che Mercurio non può restar congiunto col Sole né anco per lo spazio di ore sette; tale è il suo movimento, quando si viene a interporre tra 'l Sole e noi. Fu, dunque, tal fenomeno assolutamente una delle macchie grandissima ed oscurissima; e delle simili se ne potranno incontrare ancora per l'avvenire, e forse, applicandoci diligente osservazione, ne potremo veder alcuna in breve tempo. Se questo scoprimento fosse seguito alcuni anni avanti, averebbe levat'al Keplero la fatica d'interpretar e salvar questo luogo con le alterazioni del testo ed altre emendazioni di tempi: sopra di che io non starò al presente ad affaticarmi, sicuro che detto autore, come vero filosofo e non renitente alle cose manifeste, non prima sentirà queste mie osservazioni e discorsi, che gli presterà tutto l'assenso.
Ora, per raccòr qualche frutto dalle inopinate meraviglie che sino a questa nostra età sono state celate, sarà bene che per l'avvenire si torni a porgere orecchio a quei saggi filosofi che della celeste sustanza diversamente da Aristotele giudicarono, e da i quali Aristotele medesimo non si sarebbe allontanato se delle presenti sensate osservazioni avesse auta contezza: poi che egli non solo ammesse le manifeste esperienze tra i mezi potenti a concludere circa i problemi naturali, ma diede loro il primo luogo. Onde se egli argomentò l'immutabilità de' cieli dal non si esser veduta in loro ne' decorsi tempi alterazione alcuna, è ben credibile che quando 'l senso gli avesse mostrato ciò che a noi fa manifesto, arebbe seguita la contraria opinione, alla quale con sì mirabili scoprimenti venghiamo chiamati noi. Anzi dirò di più, ch'io stimo di contrariar molto meno alla dottrina d'Aristotele col porre (stanti vere le presenti osservazioni) la materia celeste alterabile, che quelli che pur la volessero sostenere inalterabile; perché son sicuro che egli non ebbe mai per tanto certa la conclusione dell'inalterabilità , come questa, che all'evidente esperienza si deva posporre ogni umano discorso: e però meglio si filosoferà prestando l'assenso alle conclusioni dependenti da manifeste osservazioni, che persistendo in opinioni al senso stesso repugnanti, e solo confermate con probabili o apparenti ragioni. Quali poi e quanti sieno i sensati accidenti che a più certe conclusioni c'invitano, non è difficile l'intenderlo. Ecco, da virtù superiore, per rimuoverci ogni ambiguità , vengono inspirati ad alcuno metodi necessarii, onde s'intenda, la generazion delle comete esser nella regione celeste; a questo, come testimonio che presto trascorre e manca, resta ritroso il numero maggiore di quelli che insegnano a gli altri: eccoci mandate nuove fiamme di più lunga durazione, in figura di stelle lucidissime, prodotte pure e poi dissolutesi nelle remotissime parti del Cielo: né basta questo per piegar quelli alla mente de i quali non arrivano le necessità delle dimostrazioni geometriche: ecco finalmente scoperto in quella parte del Cielo che meritamente la più pura e sincera stimar si deve, dico in faccia del Sole stesso, prodursi continuamente ed in brevi tempi dissolversi innumerabile moltitudine di materie oscure dense e caliginose; eccoci una vicissitudine di produzioni e disfacimenti che non finirà in tempi brevi, ma, durando in tutti i futuri secoli darà tempo a gl'ingegni umani di osservare quanto lor piacerà e di apprendere quelle dottrine che del sito loro gli possa rendere sicuri. Ben che anco in questa parte doviamo riconoscere la benignità divina; poi che di assai facile e presta apprensione son quei mezi che per simile intelligenza ci bastano; e chi non è capace di più, procuri di aver disegni fatti in regioni remotissime, e gli conferisca con i fatti da sé ne gli stessi giorni, ché assolutamente gli ritroverà aggiustarsi con i suoi: ed io pur ora ne ho ricevuti alcuni fatti in Brusselles dal Sig. Daniello Antonini ne i giorni 11, 12, 13, 14, 20 e 21 di Luglio, li quali si adattano a capello con i miei e con altri mandatimi di Roma dal Sig. Lodovico Cigoli, famosissimo pittore ed architetto; argomento che dovrebbe bastar per sé solo a persuader ogn'uno, tali macchie esser di lungo tratto superiori alla Luna.
E con questo voglio finir di occupar più V. S. Illustrissima. Favoriscami di mandar con suo comodo i disegni ad Apelle, accompagnati con un mio singolare affetto verso la persona sua; ed a V. S. reverentemente bacio le mani, e dal Signore Dio gli prego felicità .
Di Firenze, li 14 di Agosto 1612.
Di V. S. Illustrissima
Servitore Devotissimo
Galileo Galilei L.
VIIIc
TERZA LETTERA DEL SIG. GALILEO GALILEI
AL SIG. MARCO VELSERI DELLE MACCHIE SOLARI
nella quale anco si tratta di Venere, della Luna e Pianeti Medicei,
e si scoprono nuove apparenze di Saturno.
(Villa delle Selve, I° dicembre 1612)
Illustrissimo Sig. e Padron Colendissimo
Trovomi a dover rispondere a due gratissime lettere di V. S. Illustrissima, scritte l'una sotto li 28 di Settembre, e l'altra li 5 di Ottobre. Con la prima ricevei i secondi discorsi del finto Apelle, e nell'altra mi avvisa la ricevuta della mia seconda lettera in proposito delle macchie solari, la quale io gl'inviai sino li 23 di Agosto: risponderò prima brevemente alla seconda, poi verrò alla prima, ponderando un poco più diffusamente alcuni particolari contenuti in questa replica di Apelle; già che l'aver considerate le sue prime lettere, e l'aver egli vedute le mie considerazioni, mi mette in certo modo in obbligo di soggiugnere alcune cose concernenti alla mia prima lettera ed alle sue seconde scritture.
Quanto all'ultima di V. S., ho ben sentito con diletto che ella in una repentina scorsa abbia trapassate come verisimili ed assai probabili le ragioni da me addotte per confermar le conclusioni che io prendo a dimostrare; ma il punto sta in quello a che la persuaderà la seconda e le altre letture, non essendo impossibile: che alcuni, ben che di perspicacissimo giudizio, possino talora in una prima occhiata ricever per opera di mediocre perfezione quello che poi, ricercato più accuratamente, gli riesca di assai minor merito, e massime dove una particolare affezione verso l'autore ed una concepita opinion buona preoccupino l'affetto indifferente ed ignudo: onde io con animo ancor sospeso starò attendendo altro suo giudizio, il quale mi servirà per quietarmi, sin che, come prudentissimamente dice V. S., ci sortisca, per grazia del vero Sole, puro ed immacolato, apprendere in Lui con tutte le altre verità quello che ora, abbagliati e quasi alla cieca, andiamo ricercando nell'altro Sole materiale e non puro.
Ma non però doviamo, per quel che io stimo, distorci totalmente dalle contemplazioni delle cose, ancor che lontanissime da noi, se già non avessimo prima determinato, esser ottima resoluzione il posporre ogni atto specolativo a tutte le altre nostre occupazioni. Perché, o noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venir in notizia d'alcune loro affezioni. Il tentar l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e per fatica non men vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti: e a me pare essere egualmente ignaro della sustanza della Terra che della Luna, delle nubi elementari che delle macchie del Sole; né veggo che nell'intender queste sostanze vicine aviamo altro vantaggio che la copia de' particolari, ma tutti egualmente ignoti, per i quali andiamo vagando, trapassando con pochissimo o niuno acquisto dall'uno all'altro. E se, domandando io qual sia la sustanza delle nugole, mi sarà detto che è un vapore umido, io di nuovo desidererò sapere che cosa sia il vapore; mi sarà per avventura insegnato, esser acqua, per virtù del caldo attenuata, ed in quello resoluta; ma io, egualmente dubbioso di ciò che sia l'acqua, ricercandolo, intenderò finalmente, esser quel corpo fluido che scorre per i fiumi e che noi continuamente maneggiamo e trattiamo: ma tal notizia dell'acqua è solamente più vicina e dependente da più sensi, ma non più intrinseca di quella che io avevo per avanti delle nugole. E nell'istesso modo non più intendo della vera essenza della terra o del fuoco, che della Luna o del Sole; e questa è quella cognizione che ci vien riservata da intendersi nello stato di beatitudine, e non prima. Ma se vorremo fermarci nell'appressione di alcune affezioni, non mi par che sia da desperar di poter conseguirle anco ne i corpi lontanissimi da noi, non meno che ne i prossimi, anzi tal una per aventura più esattamente in quelli che in questi. E chi non intende meglio i periodi de i movimenti de i pianeti, che quelli dell'acque di diversi mari? chi non sa che molto prima e più speditamente fu compresa la figura sferica nel corpo lunare che nel terrestre? e non è egli ancora cont...
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