[Pagina precedente]...re qual sia la revoluzione di Venere, ma con assoluta necessità conchiuderanno, conforme alle posizioni de i Pitagorici e del Copernico, il suo rivolgimento esser intorno al Sole, intorno al quale come centro delle lor revoluzioni, si raggirano tutti gli altri pianeti. Non occorre, dunque, aspettar congiunzioni corporali per accertarsi di così manifesta conclusione, né produr razioni soggette a qualche risposta, ben che debole, per guadagnarsi l'assenso di quelli la cui filosofia viene stranamente perturbata da questa nuova costituzion dell'universo; perché loro, quand'altro non gli stringesse, diranno che Venere o risplenda per sé stessa, o sia di sustanza penetrabile da i raggi solari, sì che ella venga illustrata non solamente secondo la superficie, ma secondo tutta la profondità ancora; e tanto più animosamente potranno farsi scudo di questa risposta, quanto non sono mancati filosofi e matematici che hanno creduto così (e questo sia detto con pace d'Apelle che scrive altramente), ed al Copernico medesimo convien amettere come possibile, anzi pur come necessaria, una delle dette posizioni, non avendo egli potuto render ragione in qual guisa Venere, quando è sotto 'l Sole, non si mostri cornicolata: e veramente altro non poteva dirsi avanti che il telescopio venisse a farci vedere come ella è veramente per sé stessa tenebrosa come la Luna, e che come quella va mutando figure. Ma io, oltre a ciò, posso muover gran dubbio nell'inquisizione d'Apelle, mentre egli, nella congiunzione presa da lui, cerca di veder Venere nel disco del Sole, supponendo che veder vi si dovrebbe in guisa d'una macchia assai maggiore d'alcuna delle vedute, essendo il suo visibil diametro minuti tre, ed in consequenza la sua superficie più di una delle centotrenta parti di quella del Sole: ma ciò, con sua pace, non è vero, ed il visibil diametro di Venere non era allora né anco la sesta parte di un minuto, e la sua superficie era minore di una delle quarantamila parti della superficie del Sole, sì come io so per sensata esperienza ed a suo tempo farò manifesto ad ogn'uno. Vegga dunque V. S. gran campo che si lascerebbe a coloro che volessero pur con Tolomeo ritener Venere sotto il Sole, i quali potrebbon dire che in vano si cercasse di veder un sì picciol neo nell'immensa e lucidissima faccia di quello. E finalmente aggiungo, che tale esperienza non convincerà necessariamente quelli che negassero la revoluzione di Venere intorno al Sole, perché potrebbon sempre ritirarsi a dire che ella fosse superior al Sole, fortificandosi appresso con l'autorità di Aristotele che tale la stimò. Non basta, dunque, che Apelle mostri che Venere nelle corporali congiunzioni mattutine non passa sotto 'l Sole, se egli non mostrasse ancora come nelle congiunzioni vespertine ella gli passasse sotto: ma tali congiunzioni vespertine, che siano però corporali, si fanno rarissime volte, ed a noi non succederà il poterne vedere: adunque l'argomento d'Apelle è manchevole per concluder il suo intento.
Vengo ora alla terza lettera, nella quale Apelle più risolutamente determina del luogo, del movimento e della sustanza di queste macchie, concludendo che siano stelle, le quali, poco lontane dal corpo solare, intorno se gli vadino volgendo alla guisa di Mercurio e di Venere.
Per determinar del luogo comincia a dimostrar, quelle non esser nell'istesso corpo del Sole, il quale col rivolgersi in sé stesso ce le rappresenti mobili; perché, passando il veduto emisfero in giorni quindici, doveriano ogni mese ritornar l'istesse, il che non succede.
L'argomento sarebbe concludente, tuttavolta che prima constasse che tali macchie fussero permanenti, cioè che non si producessero di nuovo, ed anco si cancellassero e svanissero; ma chi dirà che altre si fanno ed altre si disfanno, potrà anco sostenere che il Sole, rivolgendosi in sé stesso, le porti seco senza necessità di rimostrarci mai le medesime, o nel medesimo ordine disposte, o delle medesime forme figurate. Ora, il provar che elle sian permanenti, l'ho per cosa difficile, anzi impossibile ed a cui il senso repugni; ed il medesimo Apelle ne averà vedute alcune mostrarsi, nel primo apparir, lontane dalla circonferenza del Sole, ed altre svanire e perdersi prima che finischino di traversare il Sole, perché io ancora di tali ne ho osservate molte. Non però affermo o nego che le siano nel Sole, ma solamente dico non esser a sufficienza stato dimostrato che le non vi siino.
Nel resto poi, che l'autore soggiugne per dimostrare che le non sono in aria o in alcun de gli orbi inferiori al Sole, mi par di scorgervi qualche confusione, ed in un certo modo incostanza, ripigliand'ei, pur come vero, l'antico e comune sistema di Tolomeo, della cui falsità ei medesimo poco avanti ha mostrato di essersi accorto, mentre che ha concluso che Venere non ha altramente la sua sfera inferiore al Sole, ma che intorno a quello si raggira, essendo ora di sopra ed ora di sotto, ed affermato l'istesso di Mercurio, le cui digressioni, essendo assai minori di quelle di Venere, necessitano a porlo più propinquo al Sole; tuttavia in questo luogo, quasi rifiutando quella che egli ha poco fa creduta, e che in effetto è, verissima costituzione, introduce la falsa, facendo alla Luna succeder Mercurio, ed a lui Venere. Volsi scusar questo poco di contradizione con dir che egli non avesse fatto stima di nominar, dopo la Luna, prima Mercurio che Venere, o questa che quello, come che poco importasse il registrargli preposteramente in parole, pur che in fatto si ritenessero nella vera disposizione: ma il vedergli poi provar per via della parallasse che le macchie solari non sono nella sfera di Mercurio, e soggiugner che tal mezzo non sarebbe per avventura efficace in Venere per la piccolezza della parallasse simile a quella del Sole, rende nulla la mia scusa, perché Venere averà delle parallassi maggiori assai che quelle di Mercurio e del Sole.
Parmi per tanto di scorgere che Apelle, come d'ingegno libero e non servile, e capacissimo delle vere dottrine, cominci, mosso dalla forza di tante novità , a dar orecchio ed assenso alla vera e buona filosofia, e massime in questa parte che concerne alla costituzione dell'universo, ma che non possa ancora staccarsi totalmente dalle già impresse fantasie, alle quali torna pur talora l'intelletto abituato dal lungo uso a prestar l'assenso: il che si scorge altresì, pur in questo medesimo luogo, mentre egli cerca di dimostrare che le macchie non sono in alcun de gli orbi della Luna di Venere o di Mercurio, dove ei va ritenendo come veri e reali e realmente tra loro distinti e mobili quelli eccentrici totalmente o in parte, quei deferenti, equanti, epicicli etc., posti da i puri astronomi per facilitar i lor calcoli, ma non già da ritenersi per tali da gli astronomi filosofi, li quali, oltre alla cura del salvar in qualunque modo l'apparenze, cercano d'investigare, come problema massimo ed ammirando, la vera costituzione dell'universo, poi che tal costituzione è, ed è in un modo solo, vero, reale ed impossibile ad esser altramente, e per la sua grandezza e nobiltà degno d'esser anteposto ad ogn'altra scibil questione da gl'ingegni specolativi. Io non nego già i movimenti circolari intorno alla Terra e sopra altro centro che quello di lei, né tanpoco gli altri moti circolari separati totalmente dalla Terra, cioé che non la circondano e riserrano dentro i cerchi loro; perché Marte, Giove e Saturno, con i loro appressamenti e discostamenti, mi accertano di quelli, e Venere e Mercurio e più i quattro pianeti Medicei; mi fanno toccar con mano questi, e per consequenza son sicurissimo che ci sono moti circolari che descrivono cerchi eccentrici ed epicicli: ma che per descriverli tali la natura si serva realmente di quella faragine di sfere ed orbi figurati da gli astronomi, ciò reputo io così poco necessario a credersi, quanto accomodato all'agevolezza de' computi astronomici; e sono d'un parer medio tra quegli astronomi li quali ammettono non solo i movimenti eccentrici delle stelle, ma gli orbi e le sfere ancora eccentriche, le quali le conduchino, e quei filosofi che parimente negano e gli orbi e i movimenti ancora intorno ad altro centro che quello della Terra. Però, mentre si tratta d'investigar il luogo delle macchie solari, avrei desiderato che Apelle non l'avesse scacciate da un luogo reale che si trova tra gli immensi spazii ne i quali si raggirano i piccioli corpicelli della Luna di Venere e di Mercurio, scacciate, dico, in virtù d'una immaginaria supposizione, che tali spazii sieno interamente occupati da orbi eccentrici epicicli e deferenti, disposti, anzi necessitati, a portar con loro ogn'altro corpo che in essi venisse situato, sì ch'ei non potesse per se stesso vagare verso niun'altra banda, se non dove con troppo dura catena il ciel ambiente gli rapisse: e tanto meno vorrei questo, quanto io veggo il medesimo Apelle a canto a canto conceder questo stesso che prima avea negato. Avea detto che le macchie non possono essere in alcuno de gli orbi della Luna di Venere o di Mercurio, perché se in quelli fossero, seguiterebbono il movimento loro: suppone, dunque, che elleno movimento alcuno proprio aver non vi potessero: concludendo poi che le siano nell'orbe del Sole, ammette che le vi si muovino con revoluzioni proprie; sì che le siano potenti a vagar per la solare sfera: ma se mi sarà conceduto che le possino muoversi per il cielo del Sole, non doverà essermi negato che le possino similmente discorrer per quel di Venere; e se mi vien conceduto il muoversi un poco ed il non ubbidire interamente al rapimento della sfera continente, io non averò per inconveniente il muoversi molto e 'l non ubbidir punto.
Io non voglio passar un altro poco di scrupolo che mi nasce sopra questo medesimo luogo, nel chiuder che fa Apelle la sua ultima illazione: dove par ch'ei determini che le macchie siano finalmente nel ciel del Sole (ed è ben necessario il porvele, poi che, per suo parere, le si raggirano intorno ad esso, ed in cerchi molto angusti); soggiugne poi, quelle non poter essere nell'eccentrico del Sole, né negli eccentrici «secundum quid», né in altro orbe, e altro ve ne fosse. Or qui non posso intendere, in qual modo e possino essere nel cielo del Sole ed intorno al corpo solare aggirarsi, senza esser in alcun de gli orbi de' quali la sfera del Sole vien composta.
Li tre argomenti che Apelle pone appresso per necessariamente convincenti, le macchie muoversi circolarmente intorno al Sole, par che abbino ben assai del probabile; non però mancano di qualche ragione di dubitare. Quanto al primo, lo scemar la larghezza delle macchie vicino al lembo del Sole darebbe segno che le fussero stelle, che girandosi in cerchi poco più ampli del corpo solare, cominciassero a mostrar la parte illustrata alla guisa della Luna o di Venere, onde la parte tenebrosa venisse a diminuirsi. Se non che ad alcuni che diligentemente hanno osservato, pare che la diminuzione delle tenebre si faccia al contrario di quello che bisognerebbe, cioè non nella parte che risguarda verso il centro del Sole, ma nell'aversa; ed a me non appare altro, se non che le si assottigliano. Quanto al secondo, il dividersi quella, che vicino alla circonferenza pareva una macchia sola, in molte, ha questa difficoltà , che anco nella parti di mezzo si scorgono grandissime mutazioni d'accrescimento, di diminuzione, di accoppiamento e di separazione tra esse macchie; ed io porrò appresso alcune mutazioni osservate da me. La differenza poi che si scorge tra la velocità del moto loro circa le parti medie e la tardità nell'estreme, presa per il terzo argomento, essendo, come pare, molto notabile, parrebbe che arguisse più presto, quelle dover esser nell'istesso corpo solare e muoversi al movimento di quello in sé stesso, che il raggirarsegli intorno in altri cerchi, perché simil differenza di velocità resterebbe quasi impercettibile al semplice senso, ogni volta che tali cerchi per qualche notabile spazio, ben che non molto grande, si alla...
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