[Pagina precedente]... del disco del Sole si scorgono sempre secondo la medesima linea retta; dal che si è preso gagliarda conghiettura, detta coda essere un distesa refrazzione del lume solare, diametralmente opposta al Sole; ned è, per quanto io sappia, sin qui caduto in considerazione ad alcuno, come il mostrarcisi il Sole e tutto il tratto della cometa in linea retta non concluda che necessariamente la linea retta tirata per l'estremità della coda e pel capo della cometa vada, prolungata, a terminar nel Sole. Per apparir tre o più termini in linea retta, basta che sieno collocati nel medesimo piano che l'occhio: e così, per essempio, Marte o la Luna talora si vederanno in mezo direttamente tra due stelle fisse, ma non perciò la linea retta che congiungesse le due stelle passerebbe per Marte o per la Luna. Dall'apparir, dunque, la coda della cometa direttamente opposta al Sole, altro non si può necessariamente concludere, che l'esser nel medesimo piano coll'occhio.
Or sia, nel quinto luogo, notata certa, dirò così, incostanza nelle parole verso il fine delle lette da V. S. Illustrissima e da me essaminate; dove il Sarsi si prende assunto di voler più a basso mostrare quanto malamente io, cioè il signor Mario, abbia attribuito alla cometa il moto retto, e poi, tre versi più a basso, dice non esser bisogno alcuno d'escluder questo moto retto, il qual era certo e manifesto già mai non ritrovarsi nelle comete. Ma se l'impossibilità di questo moto è certa e manifesta, a che proposito mettersi a volerla escludere? ed in qual modo è ella certa e manifesta, se, per detto del Sarsi, nessuno l'ha pur mai non solamente confutata, ma né anco considerata? Al Kepplero solo, dic'egli, è tal moto venuto in considerazione. Ma il Kepplero non lo confuta, anzi l'introduce per possibile e vero. Parmi che 'l Sarsi, sentendosi di non poter far altro, cerchi d'avviluppare il lettore: ma io cercherò di disfare i viluppi.
11. "Sed dum illud præterea hoc loco nobis obiicit: "Si cometes circa Solem ageretur, cum integro quadrante ab eodem Sole recesserit, futurum aliquando ut ad Terram usque descenderet", non venit illi in mentem fortasse, non uno modo circa Solem cometam agi potuisse. Quid enim, si circulus, quo vehebatur, eccentricus Soli fuisset, et maiori sui parte aut supra Solem existente, aut ad septentrionem vergente? Quid, si motus circularis non fuisset, sed ellipticus, et quidem summa imaque parte compressus, longe vero exporrectus in latera? Quid, si ne ellipticus quidem, sed omnino irregularis, cum præsertim, ex ipsius Galilæi systemate, nullo plane impedimento cometis, quocunque liberet, moveri licuerit? Ut sane propterea timendum non esset, ne cometarum lucem Tellus aut Tartarus e propinquo visurus umquam foret."
Qui, primieramente, se io ammetto l'accusa che mi dà il Sarsi di poco considerato, mentre non mi siano venuti in mente i diversi moti ch'attribuir si possono alla cometa, non so com'egli potrà scolpare dalla medesima nota il suo Maestro, il quale non considerò il potersi ella muover di moto retto; e s'egli scusa il suo Maestro col dire che tal considerazione sarebbe stata superflua, non sendo stato da niun altro autore introdotto tal movimento, non veggo di meritar d'essere accusato io, ma sì ben nell'istesso modo debbo essere scusato, non si trovando autor nessuno ch'abbia introdotti questi moti stranieri ch'ora nomina il Sarsi. In oltre, signor Sarsi, toccava al vostro Maestro, e non a me, a pensare a questi movimenti per li quali si potesse render convenevol ragione delle digressioni così grandi della cometa; e se alcuno ve n'è accommodato a tal bisogno, doveva nominarlo e quel solo accettare, e non lasciarlo sotto silenzio e introdurre con Ticone il semplice circolare intorno al Sole, inettissimo a salvar cotale apparenza, e voler poi che non esso ma noi avessimo commesso fallo, in non indovinare ch'ei potesse internamente aver dato ricetto a pensieri diversissimi da quello ch'aveva scritto. Di più, il signor Mario non ha mai detto che non sia in natura modo alcuno di salvar la digressione d'una quarta (anzi se tal digressione è stata, ben chiara cosa è che ci è anco il modo com'ella è stata); ma ha detto: "Nell'ipotesi ricevuta dal Padre non si può far tal digressione senza che la cometa tocchi la Terra, e anco la penetri." Vana, dunque, è sin qui la scusa del Sarsi. Ma fors'ei pretende ch'ogni leggiera scusa si debba ammettere per lo suo Maestro, ma che per me ogni più gagliarda resti invalida; e se questo è, io volentieri mi quieto, e liberamente gliel concedo.
E vengo, nel secondo luogo, a produrre altra scusa per me (vestito della persona del signor Mario); e con ingenuità confessando, non m'esser venuti in mente i movimenti per eccentrici o per linee ovali o per altre irregolari, dico ciò essere accaduto perch'io non soglio dar orecchio a' concetti che non à nno che fare in quel proposito di che si tratta. E che vuol fare il Sarsi del moto intorno al Sole in una figura ovale, per far digredir la cometa una quarta? cred'egli forse che, coll'allungar per un verso e stringer per l'altro tal figura, gli possa succedere l'intento? certo no, quando anco ei l'allungasse in infinito. E la medesima impossibilità cade nell'eccentrico che sia per la minor parte sotto il Sole. E per intelligenza del Sarsi, V. S. Illustrissima potrà una volta, incontrandolo, proporgli due tali linee rette [v. figura 2] AB, CD, delle quali la CD sia perpendicolare all'AB, e dirgli che supponendo la retta DC esser quella che va dall'occhio al Sole, quella per la quale si ha da vedere la cometa digredita 90 gradi, bisogna che di necessità sia la DA o vero DB, essendo communemente conceduto, il moto apparente della cometa esser nel piano d'un cerchio massimo: lo preghi poi, che per nostro ammaestramento egli descriva l'eccentrico o l'ovato nominati da lui, per li quali movendosi la cometa possa abbassarsi tanto ch'ella venga veduta per la linea ADB, perché io confesso di non lo saper fare. E sin qui vengono esclusi due de' proposti modi: ci resta l'altro eccentrico col centro declinante a destra o a sinistra della linea DC, e la linea irregolare. Quanto all'eccentrico, è vero che non è del tutto impossibile a disegnarsi in carta in maniera che causi la cercata digressione; ma dico bene al Sarsi che s'ei si metterà a delinear il Sole cogli orbi di Mercurio e di Venere attorno, e di più la Terra circondata dall'orbe della Luna, come di necessità convien fare l'uno e l'altro, e poi si porrà a volervi ingarbare un tale eccentrico per la cometa, credo certo che se gli rappresenteranno tali essorbitanze e mostruosità , che quando bene con tale scusa ei potesse sollevare il suo Maestro, si spaventerebbe a farlo. Quanto poi alle linee irregolari, non è dubbio nessuno che non solamente questa, ma qualsivoglia altra apparenza si può salvare: ma voglio avvertire il Sarsi che l'introdur tal linea non pur non gioverebbe alla causa del suo Maestro, ma più gravemente gli pregiudicherebbe, e questo non solamente perch'ei non l'ha nominata mai, anzi accettò la linea circolare regolarissima, per così dire, sopra ogn'altra, ma perché maggior leggerezza sarebbe stata il proporla; il che potrebbe intendere il Sarsi medesimo, tuttavolta ch'ei considerasse che cosa importi linea irregolare. Chiamansi linee regolari quelle che, avendo la loro descrizzione una, ferma e determinata, si possono definire, e di loro dimostrare gli accidenti e proprietà : e così la spirale è regolare, e si definisce nascer da due moti uniformi, l'un retto e l'altro circolare; così l'ellittica, nascendo dalla sezzion del cono e del cilindro, etc. Ma le linee irregolari son quelle che, non avendo determinazion veruna, sono infinite e casuali, e perciò indefinibili, né di esse si può, in conseguenza, dimostrar proprietà alcuna, né in somma saperne nulla. Sì che il voler dire "Il tale accidente accade mercé di una linea irregolare" è il medesimo che dire "Io non so perché ei s'accaggia"; e l'introduzzione di tal linea non è punto migliore delle simpatie, antipatie, proprietà occulte, influenze ed altri termini usati da alcuni filosofi per maschera della vera risposta, che sarebbe "Io non lo so", risposta tanto più tollerabile dell'altre, quant'una candida sincerità è più bella d'un'ingannevol doppiezza. Fu dunque molto più avveduto il P. Grassi a non propor cotali linee irregolari come bastanti a soddisfare al quesito, che il suo scolare a nominarle.
È ben vero, s'io devo liberamente dire il mio parere, che io credo che il Sarsi medesimo abbia benissimo ed internamente compresa l'inefficacia delle sue risposte, e che poco fondamento ci abbia fatto sopra; il che conghietturo io dall'essersene con gran brevità spedito, ancor che il punto fusse principalissimo nella materia che si tratta, e le difficoltà promosse dal signor Mario gravissime: ed egli di se medesimo mi è buon testimonio mentre, alla fac. 16, parlando di certo argomento usato dal suo Maestro, scrive: "Cæterum, quanti hoc argumentum apud nos esset, satis arbitror ex eo poterat intelligi, quod paucis adeo ac plane ieiune propositum fuerit, cum prius reliqua duo longe accuratius ac fusius fuissent explicata." E con qual brevità e quanto sobriamente egli abbia tocco questo, veggasi, oltre all'altre cose, dal non aver pur fatte le figure degli eccentrici e dell'ellissi introdotte per salvare il tutto; dove che più a basso incontreremo un mar di disegni inseriti in un lungo discorso, per riprovar poi una esperienza che in ultimo non reca pure un minimo ristoro alla principale intenzione che si ha in quel luogo. Ma, senz'andar più lontano, entri pur V. S. Illustrissima in un oceano di distinzioni, sillogismi ed altri termini logicali, e troverà esser fatta dal Sarsi stima grandissima di cosa che, liberamente parlando, io stimo assai meno della lana caprina.
12. "Sed quando Magistro meo logicæ imperitiam Galilæus obiecit, patiatur experiri nos, quam exacte eiusdem ipse facultatis leges servaverit: neque hoc multis; uno enim aut altero exemplo contenti erimus.
Dixeramus, stellas tubo inspectas minimum, ad sensum, incrementum suscepisse. "Sed cum stellæ, inquit ille, quamplurimæ, quæ perspicacissimos quosque oculos fugiunt, per tubum conspiciantur, non insensibile, sed infinitum potius, incrementum ab illo accepisse dicendæ erunt; nihil enim atque aliquid infinito plane distant intervallo." Ex eo igitur, quod aliquid videatur cum prius non videretur, infert Galilæus obiecti incrementum infinitum, incrementum, inquam, apparens saltem, quantitatis. At ego, neque infinitum, neque incrementum quidem ullum, inferri posse existimo. Et primo quidem, quamquam verum sit, iter hoc quod est videri, et hoc quod est non videri, distantiam esse infinitam, una saltem ex parte, atque hæc duo proportionem illam habere quam nihil atque aliquid, hoc est proportionem prorsus nullam; cum tamen id quod non erat, esse incipit, crescere aut augeri non dicitur, quod augmentum omne aliquid semper ante supponat, neque mundum, cum primum a Deo creatus est, infinite auctum dicimus, cum nihil antea præfuisset: est enim augeri, fierialiquid maius, cum prius esset minus. Quare ex eo, quod aliquid prius non videretur, videatur autem postea, inferri non potest, ne in ratione quidem visibilis, augmentum infinitum. Sed hoc interim nihil moror; vocetur augmentum transitus de non esse ad esse: ulterius pergo. Ipse tamen, cum ex eo quod stellæ, antea non visæ, per tubum inspectæ fuerint, intulit a tubo illas infinitum incrementum accepisse, meminisse debuerat, affirmasse se alibi tubum eundem in eadem proportione augere omnia. Si ergo stellas, quas nudis oculis videmus, auget in certa ac determinata proportione, puta in centupla, illas etiam minimas, quæ oculos fugiunt, cum in aspectum profert, in eadem proportione augebit: non igitur infinitum erit illarum incrementum, hoc enim nullam admittit proportionem.
Secundo, ad hoc, ut inter visibile et non visibile intercedat augmentum infinitum in apparenti quantitate, id enim significat vox incre...
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